Contributo Conferenza d'Organizzazione 2015

Federazione di Salerno - Documenti approvati all'unanimità

Ordine del giorno: conferenza d’organizzazione provinciale

Jobs act #conoscerlopercombatterlo

Sono mesi e ormai anche un anno che subiamo bombardamenti mediatici riguardo il Jobs Act e i suoi tanti ben sventolati benefici.
Già in molte altre sedi come Giovani Comunisti e Partito della Rifondazione Comunista della Federazione di Salerno abbiamo spiegato tramite comunicati, iniziative, assemblee e campagne, cos’è realmente il Jobs act, cosa modifica e cosa comporta.
La spiegazione totalmente didattica può fornire solo mere conoscenze sulla materia, che nella pragmaticità della realtà si dissolvono, ed è quindi utile nel sol ambito della formazione politica personale che se non fatta germogliare resta immobile e dimenticata come un seme non innaffiato in un terreno già piuttosto arido.
Per andare oltre le parole, gli scritti, i dossier è utile pensare ad un progetto che abbia il meccanismo della inchiesta diretta, che sia tangibile agli occhi di chi fomenta la discussione osannando il riformismo ultraliberista, di chi apprezza il Jobs act e lo considera utile per il Paese e per i giovani, per chi non pensa realmente al potenziale danno al mondo del lavoro o per chi semplicemente non lo conosce o è disinteressato.
Ma quante volte al circolo, ad un tavolo di bar o ad un cineforum, ci siamo ritrovati a parlare con conoscenti, amici, parenti o semplici sconosciuti che iperqualificati o non, laureati e non, con master e magari anche tanta esperienza, non riescono ad entrare o sono stati buttati fuori da quel che è il mondo del lavoro? E magari aggrottiamo la fronte e sfoggiamo in automatico una faccia costernata quasi di scuse da chi magari varca la porta e si confida sperando anche in una risoluzione dei propri problemi
Tale atteggiamento a volte disperato di chi si affida a parti politiche a destra e a manca non è da ritenere giusto ma giustificabile.
Siamo in un Partito extraparlamentare e come tale possiamo fare ben “poco” se non: lottare per i diritti, creare coscienza lavorativa, attuare pratiche di assistenza e solidarietà , innescare democrazia partecipata con proposte di iniziativa e referendum abrogativi.
E voi direte, chiamalo poco!
Tuttavia a volte ci sentiamo, e forse giustamente, impotenti di fronte a tante ingiustizie ed il solo dissenso o l’assistenzialismo sic et simpliciter non paga l’affitto ad un disoccupato.
Probabilmente almeno in questo determinato periodo storico, non riusciremo come comunisti ad ottenere l’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo o vedremo mai attuare per intero le decennali rivendicazioni in questo ambito, ma possiamo utilizzare con fini a lungo periodo situazioni, storie, persone, dati per creare un database che abbia un senso oltre quello meramente statistico.
I giovani comunisti lanciano il progetto Jobs act #conoscerlopercombatterlo, in correlazione ad una video inchiesta lavorativa per comprendere in maniera tangibile lo stato lavorativo o non lavorativo di giovani e adulti, donne e uomini, occupati o non, neet o studenti lavoratori, sommersi o visibili.
Tramite lo strumento della radio e delle riprese, sarebbe possibile intervistare, invitare in trasmissione, giovani precari, disoccupati, lavoratori, per farsi raccontare le proprie esperienze lavorative o storie riguardanti la ricerca del lavoro. Si parte descrivendo situazioni e comportamenti, garanzie fino ad eventuali problemi e ripercussioni.
Con la raccolta delle più svariate esperienze, dalla “quasi-schiavitù” al precariato, dalle partite iva agli operai, dai disoccupati agli inoccupati agli esodati, ne deriverebbe un quadro complessivo circa quel che è attualmente, nella nostra provincia, lo stato occupazionale, le garanzie o le non-garanzie ad esso correlato e la difficoltà a trovare un lavoro che abbia le caratteristiche di equità, onestà, garanzia e sicurezza, senza che si venga etichettati come “schizzinosi”.
Dalle persone intervistate o invitate o che abbiano mandato del materiale a riguardo presso un indirizzo di posta elettronica creato ad hoc, potrebbero derivare spunti di riflessione e argomenti sulla quale una vera e propria riforma del lavoro sarebbe in grado di creare occupazione, arrestare la fuga all’estero e dettare i margini al liberismo che si configura il più spietato di sempre.
Ovviamente in questo odg si parte da un input che potrà e dovrà essere ben delineato e tratteggiato da chiunque sia interessato.

Rossella Puca – Circolo G.Puletti Baronissi

Ordine del giorno: conferenza d’organizzazione provinciale

La scuola cambia verso: Sì! In quello sbagliato

C’era una volta la scuola pubblica che formava persone.
C’era un volta la scuola pubblica che accendeva coscienze.
C’era una volta la scuola pubblica che creava passioni.

Anno 2015 del mese di marzo, viene approvato il disegno di legge in materia di autonomia scolastica, offerta formativa, assunzioni e formazione del personale docente, dirigenza scolastica, edilizia scolastica e semplificazione amministrativa.
Le parole che sobbalzano agli occhi sono alquanto familiari, all’articolo 1 che fa da apri fila al disegno di legge si parla di “massima flessibilità” oltre che di “efficacia” ed “efficienza”. Le stesse parole vengono ripetute altre volte nel corso del disegno di legge dando l’impressione di ritrovarsi in un dossier aziendale con all’interno la descrizione della propria mission.
Produttività, economicità, sembra essere finiti nel decreto Brunetta, quello della cd. semplificazione amministrativa, quello del ciclo della gestione della performance.
Sembra che la scuola non sia più quel luogo dove si cresce, si matura, si impara, si sbaglia anche, ma solo un fast food dove si ordinano concetti: da Foscolo a Mazzini, dalla rivoluzione industriale a Keplero, dal coseno alla termodinamica, dall’aoristo passivo greco al gerundivo latino.
Più informatica, più innovazione, più autonomia, più semplificazione.
Si rinnovano le scuole con lavagne elettroniche e sale informatiche, si potenziano le ore “telematiche”, si sostituiscono oggetti obsoleti con le mode del momento, senza mai potenziare il sistema della conoscenza.
Quiz a crocette, compiti cronometrati, ma sarà vero che una Buona scuola è composta da ansie da prestazione, fast intelligence, come se tutto fosse mosso dalla sola legge del mercato?
Slide e proiettori, file e computer, tutti inseriti nel business elettronico, dove chi ne guadagna qualcosa non è di certo l’insegnamento.
Un insegnamento sempre più dimenticato. Il web ha certamente più risposte di un “semplice” insegnante, ma può mai sostituirsi? La scuola può essere relegata al ruolo meramente nozionistico, una ricerca con nome?
Certamente no, altrimenti sarebbe la fine. Bisogna capire che il progresso a volte può far regredire.
La Buona Scuola di Matteo Renzi, deupapera la scuola pubblica per arricchire le scuole private che oltre ai finanziamenti diretti godranno anche dello sgravio fiscale alle famiglie che le sceglieranno, fino a 400 euro annui, dà pieni poteri al Preside designandone una figura manageriale alla Marchionne, dove gli insegnanti devono attenersi al modello così come prefigurato, onde evitare conseguenze.
Il 5% del corpo docenti di ogni scuola potrà accedere al premio produttività come incentivo all’efficienza, tutto come se fosse una grande fabbrica che sforna studenti-merci, dove i difetti vengono scartati e sostituiti, invece di lavorarci su e “perdere tempo”. Come se non esistesse alcun sistema scolastico a lungo periodo ma tutto dovesse dare un feedback positivo in pochi secondi.
Macchine, numeri, catene di montaggio, schede elettroniche e chip.

Ma chi deciderà il 5 per cento meritevole della scuola? (E poi perché il 5%?)
Al preside manager l’arduo compito di scegliere tra le file degli insegnanti.
Ma che cos’è il merito se non un ingegnoso mezzo per abbattere diritti in virtù della tanto dibattuta “meritocrazia” ? E su quali criteri si baserà se non su quello dell’obbedienza, al rispetto, alla regolarità? Come se la libertà di insegnamento potesse seguire schemi rigidi ministeriali.
Sempre più progetti, con qualsiasi nome e qualsiasi tematica, attività extracurriculari che arricchiscono alle volte solo le tasche dei proponenti, senza lasciar null’altro che una voce sui curricula degli studenti, una mappatura completa dall’alfa all’omega, utilizzabile dal “mondo del lavoro”, quello dello sfruttamento.
“Gli studi devono essere funzionali all’immissione nel mercato del lavoro.”
La scuola potrà avere donazioni esterne, tutto ciò sembra quasi possa rendere la scuola come un’impresa, asservendola al donatore-factotum di turno, snaturandola.
Gli studenti-operai dovranno stipulare contratti di apprendistato in : almeno 400 ore nel triennio finale dei tecnici e professionali e almeno 200 in quello dei licei; e, come se non bastasse, all’esame di maturità sarà presente anche il “tutor aziendale”.
Il preside Marchionne, in virtù dell’autonomia, assicura il buon andamento della scuola, come recita l’art.7. svolge compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento ed è responsabile delle scelte didattiche, formative e della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti. Il dirigente scolastico propone gli incarichi di docenza per la copertura dei posti assegnati all’Istituzione scolastica.
Come Marchionne vale 2000 dei suoi operai, nello stesso decreto è previsto un incremento della retribuzione della posizione di dirigente scolastico (stanziati 12 milioni per il 2015, 35 milioni per il 2016).
Il meccanismo degli INVALSI cambia solo nel nome, si chiameranno in futuro IPAV, e per quest’anno si terranno il 5 e 6 Maggio per la scuola dell’infanzia e le elementari e il 12 Maggio per le scuole medie e superiori.

Date queste analisi. Proponiamo:
- Il boicottaggio per i giorni sopracitati dei QUIZ INVALSI, non entrando a scuola o consegnando in bianco o cancellando il codice di identificazione relativo ad ogni studente;
-Assemblee e manifestazioni contrarie alla BUONA SCUOLA di Renzi;
-Un nuovo modello di scuola alternativo al modello renziano, composto da partecipazione, cultura,
da un potenziamento ai fondi per le scuole pubbliche, ad un investimento che tolga fondi all’industria bellica per poterli stanziare sull’ edilizia scolastica, la possibilità di un vero e proprio welfare studentesco che non preveda indebitamenti delle famiglie tramite l’autotassazione.
La LIP potrebbe diventare una valida “Altra scuola” se arricchita da più proposte e potenziata da progetti di finanziamento statale a lungo periodo.
I soli slogan non fanno che far regredire la potenzialità delle rivendicazioni studentesche e non.
Ed è per questo che auspichiamo ad un incontro che coinvolga tutte le parti sociali interessate, affinché le idee sulla “vera” buona scuola diventino un terreno fertile dalla quale partire.

“Non solo ci vogliono togliere la speranza del cambiamento, ma persino il bisogno”
(Slavoj Žižek)

Rossella Puca -
Circolo G.Puletti Baronissi

DOCUMENTO: Non c’è comunicazione senza analisi e progetto.

L’importanza della comunicazione oggi. Livelli e funzioni.

Oggi, per una forma partito organizzata, è fondamentale la comunicazione. Un partito ben organizzato è consapevole dell’importanza della comunicazione, dei vari livelli di questa e delle funzioni ultime attraverso le quali sfruttare la potenzialità comunicativa propria di ogni militante e gruppo dirigente.
La comunicazione dovrebbe fungere da strumento attraverso il quale si rendono consapevoli delle attività, delle analisi, delle lotte e proposte del partito i militanti presenti sui territori, i quali, attraverso delle piattaforme ben collaudate, comunicano a loro volta le analisi e le lotte territoriali al fine di condividere continuamente ed arricchire i militanti e la classe dirigente del partito. Si parla, in tal caso, di un tipo di comunicazione interna al partito al fine di fornire a tutti gli iscritti i mezzi per comprendere tutto ciò che avviene nel mondo della politica e le risposte che il partito fornisce in termini di proposta, di lotta e di analisi. In quest’ottica va a posizionarsi la notevole importanza che la costituzione di piattaforme mediatiche ed informative colleganti più realtà partitiche ed associative a livello nazionale, europeo ed internazionale riveste per un partito e per la sua azione politica. E’, dunque, in tal senso, imprescindibile il carattere della comunicazione rispetto ad una funzione qual è quella della condivisione.
Alla comunicazione che abbiamo definito interna se ne affianca un’altra che è quella esterna. Un partito deve fornirsi di tutti i mezzi possibili materiali ed immateriali attraverso i quali rende consapevoli della propria posizione e della propria storia l’elettorato, i cittadini e tutti coloro che si sentono vicini alle idee del partito. In tale dimensione vanno ad inserirsi le piattaforme comunicative in rete e cartacee di cui una forma partito dispone, ma anche tutte le pratiche immateriali di diffusione delle lotte ed analisi: volantinaggio, attacchinaggio etc. Attraverso tali modalità e pratiche della comunicazione ogni organizzazione si propone l’obiettivo di rinvigorire il corpo militante e cercare di fare breccia all’interno dei tessuti sociali facendo, in termini Gramsciani, egemonia culturale rispetto ad un modo di intendere e fare politica sui territori e a livello nazionale.
Come detto queste pratiche della comunicazione non possono che porre al centro il modello Gramsciano, ma al tempo stesso devono cercare di comprendere come la società, in particolare negli ultimi vent’anni,si sia sviluppata rispetto al modo di fare ed intendere i processi comunicativi. Questo perché non c’è comunicazione che tenga se non ha alle spalle una solida analisi dei cambiamenti sociali a partire dai cambiamenti dei rapporti tra i media e i cittadini. Questo perché non c’è comunicazione senza analisi e progetto.

Il Prc, la comunicazione ed il rilancio.

In questi anni le difficoltà politiche, economiche e la rincorsa continua all’appuntamento elettorale hanno impedito alla forma organizzata partito Prc di comprendere a pieno le notevoli trasformazioni che stavano avvenendo rispetto al modo di fare comunicazione politica. A limitare l’azione del partito in questo settore non solo le leggi in termini di finanziamento della stampa pubblica che hanno impedito che l’esperienza di Liberazione continuasse, la mancanza di fondi propri da destinare alle dinamiche delle comunicazione, il depotenziamento della base militante figlio di numerose sconfitte politiche ed elettorali, il totale oscuramento dei media tradizionali delle esperienze di lotta, delle proposte e delle critiche lanciate dal partito o da entità vicine ad esso, ma soprattutto il totale disinteresse a farlo nel momento in cui Rifondazione Comunista deteneva un buon patrimonio politico, elettorale ed economico. Notevoli sono, infatti, le lacune che oggi attanagliano il partito incapace di comprendere e fare proprie l’importanza di talune dinamiche da un lato e totalmente disinteressato, a differenza di altri partiti e organizzazioni presenti all’interno della Sinistra Europea Ngl/Gue, a sviluppare un certo tipo di ragionamento rispetto alla comunicazione dall’altro.
Partendo da queste premesse è chiaro che oggi il tempo delle scuse è terminato. E’ ora giunto il momento di mettere in moto un certo di ragionamento rispetto alla comunicazione.
Il “tema della comunicazione oggi” rappresenta un nodo centrale per un partito qual è quello della Rifondazione Comunista. Di vitale importanza è la costruzione di un chiaro progetto comunicativo a lungo termine correlato e non distante dal progetto politico, culturale, di formazione e di autofinanziamento che il Prc mette in campo nella quotidianità. Questa necessità diviene sempre più evidente nel momento in cui si giunge ad analizzare e comprendere a pieno i notevoli cambiamenti attuatisi all’interno di quel mondo cui viene dato il nome di “Comunicazione Politica”.
Fondanti per questo progetto sono, dunque, l’analisi, la comprensione e il controllo delle dinamiche che caratterizzano e stanno alla base delle nuove forme della comunicazione e il recupero delle forme più avanzate della comunicazione tradizionale, da un utilizzo più consapevole di piattaforme come possono essere quelle dei social networks e del blog fino alle pratiche di autofinanziamento tramite tecniche e piattaforme crowfunding passando per il recupero di una testata di riferimento a livello nazionale e la costruzione di piattaforme comunicative locali, territoriali, provinciali, regionali e di area.
L’acquisizione di queste peculiarità non può non passare dalla costruzione gruppi di lavoro/ dipartimenti/ commissioni che si occupino di comunicazione in modo permanente (sia a livello territoriale dove è possibile, che a livello nazionale) allo scopo di acquisire le conoscenze rispetto alle dinamiche alla base delle nuove forme di comunicazione, ampliare e potenziare l’uso delle forme più avanzate della comunicazione attuata tramite media tradizionali, analizzare ed importare i modelli messi in atto da alcuni soggetti della sinistra Europea e, dunque, costruire un progetto comunicativo che sia correlato a quello politico, culturale, di formazione e di autofinanziamento.
Ovviamente questa costruzione non può non tenere conto dei vari livelli della comunicazione e delle varie funzioni della comunicazione. Proverò in questo documento ad andare a fondo analizzando quelle che, a mio parere, sono i livelli ai quali bisogna dare una più grande importanza e facendo proposte concrete di cambiamento rispetto al modo di muoversi sul tema comunicazione da parte del partito.

Comunicazione e formazione.
Un buon progetto comunicativo non può che mirare alla formazione di una base militante e di una classe dirigente altamente specializzata nell’ambito della comunicazione. E’ per questo che fondamentale è l’organizzazione di corsi di formazione, laboratori e workshops a scadenza trimestrale, semestrale o annuale allo scopo di tenere sempre in aggiornamento i compagni rispetto alle molteplici forme della comunicazione in continuo e velocissimo mutamento.
In tale dimensione è importante confrontarsi, attraverso tali seminari, con le realtà avanzate della sinistra radicale in Europa e nel mondo (soprattutto nel sud America) capaci di sviluppare progetti comunicativi che hanno portato non solo vantaggi politici ed elettoralistici, ma soprattutto economici nell’ambito delle tecniche di autofinanziamento e di diffusione della propria proposta politica.

Comunicazione ed autofinanziamento.
Grave pecca del Partito della Rifondazione Comunista è stata l’incapacità di comprendere che le dinamiche della comunicazione si intrecciano inevitabilmente con quelle dei processi di autofinanziamento possibili.
Agli eventi di autofinanziamento che il partito organizza, al 2X1000 a cui finalmente siamo stati ammessi come partito e alla libera scelta dei compagni di finanziare la lotta politica bisogna affiancare delle dinamiche di autofinanziamento legato al mondo della comunicazione e, in particolar modo, alla rete.
Emblematica è in questo senso l’esperienza di Podemos che è stata in grado di estrapolare dalla rete quell’algoritmo in grado di deviare l’opinione pubblica da un lato e di utilizzare i big data a proprio vantaggio e nella prospettiva dell’autofinanziamento (ovviamente sempre a partire da studi della società). Questo perché ci sono delle dinamiche interne alla rete che permettono di finanziarsi (in alcuni casi partendo da somme irrisorie o addirittura da zero). Stiamo parlando del crowfunding e delle piattaforme crowfunding, del controllo dell’architettura semantica di alcuni motori di ricerca.
Senza remore ideologiche non bisogna dimenticarsi della prima campagna che ha portato Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti, dove ai social media è stato dedicato un 4% del budget totale della campagna, che è riuscito però a moltiplicare la rendita di quell’investimento in maniera spaventosa. Stiamo parlando di cifre astronomiche che si aggirano intorno ai 500 milioni: ben tre volte la cifra raggiunta dallo sfidante McCain finanziato in maniera prevalente dalle banche, dalle lobbies delle armi, della sanità e degli Ogm.
Allo stesso modo si può guardare con interesse alla riorganizzazione interna rispetto alla comunicazione attuata dal Labour Party nelle prime elezioni vincenti dopo numerosi governi di stampo Thatcheriano.

Proposte concrete e necessità per rilanciare la comunicazione.

Partendo dal presupposto che bisogna distinguere i processi comunicativi esterni al partito da quelli interni, il rilancio della comunicazione non può che partire da alcune proposte concrete:
Innanzitutto la costruzione di reti comunicative tese a collegare tra loro le realtà territoriali, provinciali, regionali e d’area. Questo perché la comunicazione deve essere intesa anche nel suo carattere di condivisione di lotte, pratiche analisi e proposte politiche;

Rilancio di una testata nazionale di riferimento per il partito. Vista l’impossibilità economica di rilanciare la forma cartacea di Liberazione, auspicabile sarebbe il recupero della testata online. Questo per dare un punto di riferimento a tutti i compagni presenti sul territorio nazionale e per coloro che si definiscono comunisti oggi;

Costruzione di gruppi di lavoro/ dipartimenti/ commissioni che si occupino di comunicazione in modo permanente (sia a livello territoriale dove è possibile, che a livello nazionale);

L’organizzazione di corsi di formazione, laboratori e workshops a scadenza trimestrale, semestrale o annuale allo scopo di tenere sempre in aggiornamento i compagni rispetto alle molteplici forme della comunicazione in continuo e velocissimo mutamento.


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