Contributo Conferenza d'Organizzazione 2015

Conferenza di Organizzazione Bari

Approvato a Maggioranza

Nella parte generale, al capitolo B.2 “il cambio di passo”, emendare il titolo, togliendo le parole “...il risultato della nostra linea politica e...” e sostituire i commi 4 e 5, da “In questo senso...” a “...partiti comunisti della nostra epoca.” con:

“In questo senso, anche in Italia come in Grecia si può aprire uno spazio per la costruzione di un ampio schieramento sociale e politico anticapitalista e antiliberista che rompa con le politiche di austerity e coi governi che le sostengono, in connessione con le posizioni del GUE-NGL e della SE nel Parlamento Europeo, favorendo la più ampia partecipazione dal basso ma valorizzando e non mettendo cancellando il ruolo dei soggetti organizzati esistenti. Si può così proseguire l’impegno del PRC nel promuovere un processo di aggregazione, democratico e partecipato, della sinistra di alternativa e delle forze antiliberiste del nostro paese come descritto nel dispositivo finale dell’ultimo Congresso, un processo reale da costruire e radicare nei conflitti sociali sulla base di piattaforme e programmi comuni e che si connoti per una chiara alternatività al PD fuori dall’orizzonte del centrosinistra a tutti i livelli, nazionali e locali, in cui questo si connota come puntello delle politiche di austerity e dei Patti di Stabilità che fanno da corollario alle attuali controriforme del mondo del lavoro, cancellazione del welfare e manomissione della democraia a variabile funzionale agli interessi del capitale finanziario nostrano ed europeo.
Non la forma organizzativa scelta, ma la rottura della subalternità con le politiche di UE-BCE-FMI e coi partiti di governo del PSE (oggi alleato quasi ovunque col PPE in nome della Troika) è il vero tratto comune che in Europa hanno le sinistre nel GUE come Izquierda Unida, PCP, Syriza, Front de Gauche, Die Linke, ma anche le esperienze in America Latina di molti partiti comunisti e forze anticapitaliste che si sono collocate dentro alleanze o fronti più ampi, non solo di carattere elettorale.
In Italia il nostro contributo può essere determinante per riaggregare una coalizione della sinistra ed un blocco sociale di alternativa alla gestione capitalistica della crisi, anche se siamo consapevoli che questo processo è ancora fragile e contraddittorio, deve ancora chiarire definitivamente l’abbandono dalle “terre di mezzo” rispetto al rapporto col centrosinistra e rispetto all’illusione di democratizzare le istituzioni del capitale finanziario europeo, è troppo indeterminato nell’individuare i settori sociali di riferimento ed è ancora alla ricerca di una sua forma politica stabile, come testimoniato dalla stessa Assemblea di Bologna dell'Altra Europa dello scorso gennaio. E’ importante quindi lasciare aperta la partita dell'aggregazione a sinistra, rafforzandola nella costruzione dell’opposizione al governo Renzi e alle politiche della UE e della BCE, evitando strette organizzative altamente problematiche e premature: essere protagonisti della situazione in evoluzione nelle relazioni a sinistra nel loro complesso, preparandosi dunque ad interlocuzioni più organiche, in un polo unitario, con tutti coloro che non intendono aggregarsi al carro del Partito Democratico e gettando basi programmatiche solide in vista di un possibile coalizione della sinistra alternativa alle prossime elezioni politiche.
Per essere all’altezza di questa sfida per l’unità della sinistra alternativa, bisogna infatti definire
quale aggregazione è utile e per fare cosa, sena ondeggiare da una posizione all’altra. Occorre imparare dagli errori degli ultimi anni: l’unica garanzia che non si ripetano esperienze fallimentari, progetti subalterni e scorciatoie politiciste o elettoralistiche è che, oltre al nuovo contesto sopra descritto, il nostro partito abbia ben chiari i suoi compiti: costruire una forte coalizione della sinistra di alternativa e rafforzare Rifondazione in quanto partito comunista. Una polo unitario ma esplicitamente alternativo e opposto alle politiche del PD e del governo Renzi nel quale i comunisti organizzati possono e devono trovare il loro naturale spazio politico, mantenendo la loro autonomia di analisi e di elaborazione politica ispirate ai principi del marxismo.
Contestualmente a ciò, è fondamentale dedicare tutti gli sforzi al consolidamento del Partito e dei circoli, difendendo la loro autonomia, provando altresì a rilanciare una ricomposizione delle comuniste e dei comunisti, che veda la stessa Rifondazione Comunista quale forza trainante di questo processo, così da metterci in grado di far valere il nostro punto di vista nel più largo ambito delle sinistre di alternativa.
In tal senso diventa fondamentale ricominciare a lavorare su temi nazionali quali Lavoro, Democrazia e Beni Comuni che siano l'asse portante dell'identità politica del partito e siano ben presenti al centro delle piattaforme di sinistra. Tali temi devono essere affrontati concretamente sui territori e nei luoghi di lavoro, individuando le battaglie prioritarie e tutte le alleanze utili a sostenerle. Non pensiamo che tutto questo lavoro politico possa essere delegato alla costruzione di una soggettività indistinta, non crediamo alla distinzione fittizia, e antipolitica, tra Partiti “vecchi” e una presunta “società civile” nuova. Tutto quello che lotta e si organizza è di per sé “società politica” e all’interno di questo ampio movimento noi dobbiamo essere visibilmente i primi promotori di un modello di società più equo e più giusto, alternativo a quella attuale. Perchè l’unica uscita a sinistra dalla crisi del capitalismo, è l’uscita dal capitalismo stesso. Verso il socialismo nel XX° secolo.
Per rafforzare una sinistra non subalterna che prefiguri un’alternativa al duopolio dei partiti del PSE e del PPE, c’è bisogno in Italia di una forte visibilità del PRC nella società attraverso il proprio programma e le proprie strutture di base. Unità della sinistra alternativa e autonomia del PRC non sono in contraddizione, sono i compiti dei partiti comunisti della nostra epoca.”

Approvato a Maggioranza

Aggiungere punto B.3) Fuori dai diktat della Troika e dai vincoli euromonetaristi. Fuori dalla Nato.

Nel contesto attuale concepire una linea politica nazionale senza inserirla nel contesto sovranazionale è rischioso e velleitario. Sul terreno internazionale la linea di demarcazione per la ricostruzione di una linea di classe per i comunisti e per tutta la sinistra di alternativa, necessariamente non può che passare per un ruolo di collegamento sul terreno di resistenza all’imposizione delle linee guida del capitale finanziario e agli interventi neo-imperialisti nello scacchiere internazionale.
Il ruolo del nostro paese e delle maggiori potenze europee nei conflitti alle porte del Mediterraneo (vedi venti di guerra in Libia e Siria) e ai confini orientali (vedi annessione alla UE dell’Ucraina con l’imposizione di un governo filo-nazista e con le ingerenze della NATO che alimentano il conflitto contro la popolazione russa e la Russia stessa) ci impongono di considerare la guerra come possibilità concreta di sbocco della crisi economica e della competizione globale.
Compito dei comunisti è delle comuniste è in primis quello di contrastare il ruolo imperialista o filo-imperialista delle classi dominanti in casa propria e non solo quello altrui. Infatti, se le maggiori potenze capitaliste scontrano i propri interessi e competono in concorrenza per il controllo dei mercati e della manodopera a livello internazionale, ritrovano poi una certa sintonia quando si tratta di colpire le classi subalterne all’interno dei propri paesi e quando si tratta di colpire le resistenze dei popoli e paesi in lotta contro la loro arroganza e le loro ingerenze.
Questo vuol dire, nel nostro specifico, che il terreno di confronto internaionale per i comunisti è quello di come creare un movimento di massa che metta in discussione il ruolo economico-militare e l’assetto monetarista delle politiche italiane ed Europee. Vanno messi apertamente in discussione i vincoli imposti dalla UE e dalla BCE (Fiscal Compact, Trattati di Maastricht e di Lisbona), le riforme strutturali imposte dal FMI e va rilancioato un movimento per la pace e contro la guerra, per l’uscita dalle alleanze militari imperialiste (ritiro delle truppe, fuori dalla Nato e fuori le basi ecc…) legando queste rivendicazioni agli effetti sociali della crisi e ai costi che devono pagare le classi subalterne.
Difficile pensare a una semplice “democratizzazione” per via parlamentare di istituzioni quali l’Unione Europea che dimostra ormai la sua natura di mera integrazione monetaria tra le potenze capitaliste dell’area, funzionale solo agli interessi dei maggiori gruppi monopolisti. Un’idea di Europa dei padroni e delle banche (che tra l’altro non coincide nemmeno con l’Europa geografica), basata sul potere reale di organismi antidemocratici non eletti necessari per tentare di limitare la concorrenza interna (a favore dei paesi più forti, come la Germania) ed essere competitivi nei confronti delle altre potenze mondiali. Sostanzialmente un’alleanza traballante tra imperialismi e sub-imperialismi per i quali una vera fusione sovra-statuale risulta oggi “impossibile”, perché non possono unirsi del tutto politicamente, per lo meno senza l’imposizione di un dominio incontrastato delle potenze più forti, ma anche “reazionaria”, perché le uniche due cose su cui riescono a trovare sintonia è nell’attacco alle masse salariate al proprio interno e nel sostegno alle politiche di ingerenza e guerrafondaie verso l’esterno.
Quindi parlare seriamente di Europa dei popoli e dei lavoratori significa prospettare nuove relazioni internazionali solidali e integrate con altre aree geopolitiche e rompere il tabù della messa in discussione dei vincoli e dei Trattati della UE (visto che “democratizzarli” è impossibile) e dell’euro stessa. Ovviamente il dibattito “euro-sì/euro-no” rischia di essere fuorviante se non si comprende che le classi dominanti finchè sono al potere faranno sempre pagare i costi delle loro crisi alle classi subalterne, in qualsiasi condizione statuale e monetaria si trovassero.
Serve da subito un programma di lotta per la difesa dei salari e delle pensioni attraverso la reintroduzione di un sistema di indicizzazione delle retribuzioni che neutralizzi gli effetti della svalutazione; la nazionalizzazione delle banche e dei principali settori industriali strategici; la riduzione generalizzata degli orari di lavoro senza la quale è velleitario pensare che si possa venire a capo della disoccupazione; l’introduzione di una tassa strutturale sui grandi patrimoni dentro un sistema fiscale che restituisca progressività all’imposizione tributaria; l’assunzione di misure cogenti contro le delocalizzazioni di impresa e la reintegrazione dei diritti del lavoro espropriati dalla crociata antioperaia oggi in corso; la ridefinizione delle regole della finanza e degli scambi commerciali a protezione del lavoro.
Tutte queste misure implicano certo rapporti di forza che oggi sono molto lontani dalla realtà. Ma questa è una proposta che parla chiaro all’esercito dei proletari e alle forze intellettuali sane di questo paese e indica una strada che nessuna destra e nessun riformismo possono fare propria o soltanto immaginare. E’ una proposta che può avere in sé la forza di rilanciare le lotte e dare il senso di una mobilitazione nazionale, ma non nazionalista, solidale, ma non corporativa, europeista, ma non prigioniera dei dogmi del monetarismo liberista.
Il problema è ribaltare i rapporti di forza e costruire un’alternativa visto che non è possibile sperare nella semplice democratizzazione dell’Unione Europea (tema che può essere anche “agitato” in qualche occasione, ma che sappiamo illusorio e pericoloso). Il Parlamento europeo (all’interno del quale bisogna essere e in cui va sempre condotta una battaglia di denuncia politica delle politiche capitalise), infatti, è uno strumento di facciata non decisionale ed il potere reale è nelle mani di organismi non eletti come le Commissioni e la BCE. Ancor di più vale questo discorso nei confronti delle alleanze militari imperialiste come la NATO o la UEO e la PESD.

Approvato a Maggioranza

punto D.4) rinnovamento profondo dei circoli... in fondo al capitolo da “ricostruire una nuova centralità...” fino in fondo sostituire con:

“Ricostruire una nuova centralità dei circoli quali strumenti di base dell'iniziativa del partito, significa verificarne la consistenza per territori omogenei, tenendo conto dell'attuale situazione organizzativa del partito, significa definire programmi di lavoro di circolo e di federazione su precisi problemi e sulle vertenze nel territorio, nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Sembra a questo proposito necessario sperimentare forme più agili della presenza organizzata dei comunisti capaci di aderire plasticamente alle attuali forme del lavoro e del conflitto: potrebbero chiamarsi “coordinamenti”, “nuclei” o “cellule”, le forme capaci di organizzare i lavoratori e le lavoratrici, per il lavoro che svolgono, per l'ambiente che frequentano o anche per il singolo tema o problema che li impegna e li appassiona, e ciò anche nei casi in cui la scarsità di iscritti/e renda impossibile far assumere a tali organizzazioni comuniste la forma "classica" del Circolo di luogo di lavoro. Il Circolo territoriale di zona resterebbe il ganglio che annoda stabilmente questi nostri nuovi insediamenti organizzativi.”

EMENDAMENTI AL DOCUMENTO NAZIONALE DELLA CONFERENZA DI ORGANIZZAZIONE 2015 DI RIFONDAZIONE COMUNISTA - Tutti approvati dalla Conferenza di Organizz di Bari

Emendamento n. 1
a pag. 1, sostituire
“E' ora: fermare l'austerità in Europa, costruire la sinistra antiliberista, rilanciare il partito”
con
“E' ora: rilanciare il partito, costruire la sinistra antiliberista, fermare l'austerità in Europa”

Emendamento n. 2
a pag. 5, alla fine del terzultimo paragrafo, sostituire
“costruire la sinistra e rafforzare il Partito”
con
“ricostruire il Partito per rafforzare la sinistra”.

Emendamento n. 3 Unanimità
a pag. 6, alla fine del primo capoverso, prima del paragrafo C), aggiungere dopo il punto:
“Un partito senza autosufficienza economica, senza un organo di informazione interna ed esterna, senza un minimo di apparato, senza il supporto dal centro in termini sia di linea, sia di idee che di materiali politici e organizzativi è un partito che non esiste.”

Emendamento n. 4
a pag. 7, al quinto paragrafo, prima di “Compito dei comunisti [...]” aggiungere:
“Ancora oggi il riflesso condizionato dell'istituzionalismo è presente nel nostro partito, le cui riunioni e congressi si ingrossano ancora in occasione di decisioni che riguardano organismi interni di rappresentanza e in vista della compilazione di liste o posti nelle liste elettorali e si svuotano nel corso quotidiano del lavoro politico e militante.”

Emendamento n. 5
a pag. 7 e pag. 8, ultimo paragrafo, eliminare da “Noi non ci sentiamo [...]” a “[...] fare altrettanto”

Emendamento n. 6
a pag. 8, alla fine del secondo paragrafo, prima del punto D), aggiungere:
“Ci convince sempre meno la spiegazione che la crisi della politica dipenda dal fatto che questa non ascolti abbastanza ciò che viene dal basso o dalla società, iniziamo a pensare che la crisi nasca invece dal fatto che la politica non parli abbastanza, non dica la sua e non lo dica con autorevolezza e competenza. Come comunisti abbiamo tanto da apprendere e imparare (spesso molto di più dai nostri avversari di classe che dai presunti intellettuali “compagni” di strada), ma dobbiamo essere anche consapevoli che qualcosa possiamo e dobbiamo anche insegnarla.
Abbiamo dimostrato, in occasione di collaborazioni e coalizioni (da Rivoluzione civile all'Altra Europa) che una forza politica organizzata può essere utile e imprescindibile, ad es. nella raccolta di firme per la presentazione di liste elettorali o per sfruttare una rete territoriale il meno possibile a macchia di leopardo.
È vero che il nuovo mondo globale è complesso, è cambiato ma come altri attori e altri soggetti hanno la loro visione e la loro narrazione “semplificatrice” che offre una guida, una direzione, una traduzione a chi chiede, a chi ascolta, anche noi dobbiamo avere sempre una visione, una risposta per indirizzare, guidare, essere in campo.”

Emendamento n. 7
a pag. 10, alla fine del quarto paragrafo, aggiungere:
“ricostruire un partito non significa soltanto riprendere quella funzione di “traduttore sociale”, ma anche riaffermare il primato della politica che ricompone, che interviene, che sceglie anche le priorità e gerarchizza spazi e tempi, facendo piazza pulita con i luoghi comuni dominanti del “partecipazionismo”, dell'“orizzontalismo”, dell'anti-verticalismo di principio sempre e comunque, definite giustamente “utopie letali” per la loro contiguità con il pensiero neoliberale.
Ovviamente questo partito non si costruisce con il sol fatto di affermare certi principii e certe prerogative, non serve né l'arroganza né la boria di partito per cui la parola del partito si afferma magicamente nei contesti sociali larghi e in quelli politici plurali solo perché pensiamo, giustamente, che il partito possa e debba avere una funzione dirigente.
Solo se si è parte della “classe” si può essere riconosciuti come riferimento politico autentico. Serve dunque promuovere e partecipare ma, a differenza del passato, senza sottostare a pregiudizi ideologici per cui gli appartenenti a un partito o il partito stesso devono spogliarsi della loro identità. Bisogna riaffermare un orgoglio di appartenenza, ma quest'orgoglio deve avere gambe e risorse su cui manifestarsi”.

Emendamento n. 8 Unanimità
a pag. 10, ultimo paragrafo, eliminare:
“Confermiamo la scelta congressuale che su di esse, oltre alla attivazione di una grande discussione nel partito si dia luogo obbligatoriamente per la decisione finale a referendum tra le iscritte e gli iscritti”.

Emendamento n. 9 Unanimità
a pag. 12, punto F), eliminare:
“LA PROPOSTA DEL PARTITO SOCIALE”

Emendamento n. 10
a pag. 13, al quarto paragrafo, eliminare:
da “Più in generale [...]” a “[...] pervasive dell'impresa”;

Emendamento n. 11
a pag. 13, sostituire il sesto paragrafo con:
“Non vogliamo però che questa parola d'ordine del “partito sociale” produca equivoci e diffonda illusioni semplicistiche di salvezza o di rigenerazione della politica nel corpo largo del partito, nei suoi militanti. Sono tutte attività utili, auspicabili e funzionali alla crescita delle organizzazioni territoriali del partito ma sarebbe un errore politico-culturale confondere queste attività con il “fare società”, anzi confondere queste attività con l'essenza stessa della politica di trasformazione che un partito comunista deve darsi.
Le iniziative in questi anni del “partito sociale” e cioè i gruppi di acquisto popolari o la fornitura di servizi, consulenze, prestazioni sociali a vario titolo – siano esse gratuite o a prezzi “calmierati” – crediamo che siano utili per il partito, vadano proseguite, rafforzate e anche “difese” dal momento che sono in “competizione” con altre analoghe iniziative messe in campo da altri soggetti.
Sono utili perché danno alle organizzazioni di partito, e agli attivisti che le attuano, la possibilità concreta di entrare in contatto con fasce ulteriori della popolazione fino ad allora mai incrociata tramite le abituali e classiche iniziative di partito, offrono quindi una platea più larga su cui intervenire anche politicamente ma, appunto, non sono le attività del “partito sociale” a essere esse stesse intervento politico compiuto. Quelle attività creano solo l'occasione di cui approfittare per “fare politica”.
Dobbiamo dunque fare attenzione a scambiare queste attività con il “fare società” perché puntare tutto o quasi sull'aspettativa generata da queste attività può procurare delusioni e non genera quel salto di qualità e quantità del nostro ruolo e della nostra forza politica e organizzativa.
Non cadiamo anche noi nella ideologia e nella retorica della società civile “buona” che si auto-organizza dal basso rispetto ai poteri istituzionali che “dall'alto” reprimono i bisogni e le libertà, facciamo molta attenzione perché questa rappresentazione non coglie il fatto che i poteri economici e politici “dall'alto”, che regolano e regolamentano il meccanismo sociale ed economico, sono al contempo capaci di recuperare e accontentare parzialmente gruppi particolari di individui colpiti dalla crisi e dalle disfunzioni del sistema.
In altre parole, chi ha bisogno si rivolge alle nostre iniziative di sostegno e supporto sopra citate come può farlo benissimo nei confronti di altri soggetti che magari sono associazioni, partiti, sindacati o soggetti anche in grado di offrire più servizi o vantaggi economici. E magari si tratta di soggetti (associazioni, partiti, sindacati, patronati e caf, organizzazioni no profit del terzo settore) che, attraverso individui o tramite canali di finanziamento più o meno istituzionali oppure convenienze imprenditoriali e private, contribuiscono dall'altro lato o in altra sede (istituzionale, politica, sindacale, economica) a quelle scelte di sistema che generano la crisi e l'aumento di bisogni essenziali.
Quindi senza denunciare, smascherare, aggredire e modificare questi nodi politici di sistema non si va molto lontano, anzi si rischia di alimentare l'anti-politica delle persone comuni che stanno “in basso” contro i poteri e le caste che stanno “in alto”.
Significa, perciò, che serve un intervento più propriamente politico presso le persone e i gruppi sociali, per diffondere l'idea che senza conflitto non si producono salti in avanti, che senza battaglia politica e culturale è facile essere “riassorbiti”, che senza organizzazione politica non si cambiano i meccanismi di fondo delle disuguaglianze.
Parafrasando Tronti, bisogna tornare a “fare società con la politica” nel senso che “non conosciamo più la struttura della società perché manca la forma dell’organizzazione politica: organizzazione del conflitto sociale, della lotta politica, della battaglia culturale, organizzazione del governo” perché “tra i compiti più attuali della sinistra ci siano oggi quelli di ritrovare e ridare alcune certezze, mettere dei punti fermi, offrire segni di orientamento, riprendersi un senso di affidabilità, basato sulla durata, sulla consistenza, sulla serietà, sulla profondità”.”

Emendamento n. 12
a pag. 15, al punto H), sostituire il titolo con: “RICOSTRUIRE L'ORGANIZZAZIONE DEL PARTITO”

Emendamento n. 13
a pag. 15, dopo il punto H), eliminare i primi tre paragrafi, da “Non sembra ragionevole...” a “lavorare per progetti” e inserire:
“Come ricostruire un partito organizzato se il “partito sociale” non ha dunque un valore politico immediato? Significa che i gruppi di acquisto popolare, il supporto legale ad es. per il diritto alla casa, i centri di assistenza fiscale e patronati vanno dismessi, abbandonati? No, tutt'altro!
Depurati dell'improprio valore direttamente politico assegnato loro, vanno valorizzati, potenziati e messi a sistema come una delle due gambe principali di intervento prioritario e di riorganizzazione del volto del partito nei prossimi anni.
È impensabile, oltre che errato, continuare a lasciare che le singole realtà territoriali si muovano isolatamente o ci si affidi alla intraprendenza particolare di un gruppo o di un'esperienza locale. Le esperienze particolari sono utili ed essenziali nella misura in cui il centro del partito, in collaborazione con i gruppi che hanno avviato queste attività, metta su un pacchetto organizzato e semilavorato di attività implementabili su nuovi territori.
È impensabile che il partito, dopo aver sperperato le occasioni e le possibilità dei tempi in cui c'era il finanziamento pubblico, continui a non avere una struttura sindacale, di centri di assistenza fiscale, di patronato di riferimento. Bisogna crearne una per evitare che le reltà territoriali debbano inseguire strutture preesistenti rimanendo al carro di altre strutture sindacali.
È impensabile che il partito non abbia un riferimento privilegiato di una struttura associativa culturale e ricreativa nazionale in grado di offrire tesseramento, occasioni di formazione tecnica, facilitazioni nell'ottenimento di licenze di somministrazione al pubblico, tutti elementi utili per implementare nuove attività di sostegno messe su da militanti del partito ed eventualmente anche piccole attività economiche autosufficienti economicamente parlando.
È impensabile che il partito e il suo centro non abbiano pubblicizzato né dato indicazione politico-organizzativa pressante affinché una rete di acquisto popolare fosse in grado di offrire a ogni realtà territoriale tutto il “know how” su come impiantare localmente un gruppo analogo.
Strutture sindacali e di servizio, rete associativa e gruppi di acquisto costituiscono il primo ambito di attività da organizzare centralmente da parte del partito. Ci sono già competenze sviluppate localmente che il centro dirigente nazionale è tenuto a coinvolgere pressantemente e non per organizzare ulteriori momenti di confronto e conferenze pubbliche, ma per mettere in piedi nel giro di un anno le strutture parallele all'organizzazione del partito cui ogni realtà territoriale potrà attingere per irrobustire la sua presenza sul territorio.
Concentriamoci su alcune priorità come queste e lavoriamo su questo mandato da approvare in sede di conferenza d'organizzazione, dopodiché reperiamo anche le risorse economiche e umane di attivisti fidati e professionisti in grado di assicurarci il raggiungimento di questi obiettivi entro l'estate del prossimo anno.
Riduciamo le aree di lavoro nazionale e i relativi referenti che siano effettivamente in grado di seguire il settore, offrire materiali e indicazioni di lavoro e a disposizione delle realtà territoriali (bastano le seguenti aree: Organizzazione, Esteri, Economia Ecologia e Lavoro, Beni Comuni Enti Locali e Democrazia, Formazione e Cultura).
All'area Organizzazione, in accordo con la segreteria, affidiamo risorse per portare a termine in un anno i compiti di creazione delle strutture parallele del partito in grado di facilitare il radicamento.”

Emendamento n. 14
a pag. 16, sostituire il quinto paragrafo da “La prima indicazione...” ad “...appartenenze sindacali.”con:
“L'altra gamba di intervento imprescindibile consiste nel ricollocare l'iniziativa del partito tutto, centrale e territoriale, ancorandolo al mondo del lavoro. Negli ultimi tempi vari gruppi e soggettività hanno ridimostrato l'utilità dell'approccio e del metodo dell'inchiesta, non accademica, sul mondo del lavoro, sfatando miti e luoghi comuni che in un ventennio avevano finito per essere moneta comune anche nel nostro partito (ad es. la fine della classe operaia oppure la riduzione del lavoro dipendente e altre amenità come la nuova risorsa delle classi “creative” o del “cognitariato”).
È alla luce di questa nuova centralità da diffondere in tutto il corpo del partito che va inquadrato prioritariamente il tema sopradetto della differenziazione dei diversi livelli del partito.
È naturale che il livello nazionale e regionale continuino a svolgere il ruolo di direzione politica, organizzazione e formazione-istruzione generali mentre quelli più territoriali (federazioni e circoli) lavorino all'inchiesta. Ma non bisogna fermarsi qui, perché se è vero che l'organizzazione per circoli consente di essere sul territorio, ci serve organizzare gruppi di lavoratori che consentano al partito terrioriale di conoscere le realtà produttive di un territorio, “entrare” nei meccanismi di produzione della ricchezza attraverso lo sfruttamento.
Che il circolo possa fungere da base operativa e/o luogo di ospitalità per queste esigenze va bene, ma che la forma del circolo in “generale” consenta di approfondire e attrarre lavoratori e lavoratrici in un lavoro di inchiesta e di organizzazione di vertenze sindacali e “parasindacali” abbiamo qualche dubbio.
È naturale che ci siano gruppi di lavoratori più sensibili e che quindi si legano attraverso il legame della tessera al partito, così come nel lavoro d'inchiesta e controinformazione altri lavoratori possano avvicinarsi al partito prima come simpatizzanti e poi come iscritti, ma non è questo ciò di cui abbiamo bisogno in questa prossima fase per ricollocare la nostra azione.
Abbiamo visto quanto possono essere utili e devono diventare imprescindibili strutture parallele di “servizio”. Ebbene, anche dotarsi di un'organizzazione che funzioni agilmente come piattaforma generale o come un “collettivo” di movimento può essere utile per dare forma e voce alle esigenze e alle vertenze del lavoro di un territorio e formulare proposte sindacali e/o politiche di risoluzione di crisi anche presso i livelli istituzionale.
È vero che si tratterebbe di una funzione che può sconfinare nel campo sindacale ma è indubbio che in tutti questi anni l'assenza di un sindacato di classe e non concertativo ha penalizzato anche il partito, oltre che i lavoratori.
È vero anche che nella storia di Rifondazione Comunista spesso e volentieri il dibattito interno sindacale è sempre più assomigliato al confronto/scontro tra compagni di diverse organizzazioni confederali e extraconfederali che trasferivano il conflitto all'interno del partito (immobilizzando e penalizzando il partito stesso) piuttosto che a un luogo di coordinamento tra compagni di uno stesso partito per imprimere linee comuni alle diverse organizzazioni sindacali esterne.
Ferma restando l'importanza della permanenza dei compagni e delle compagne attualmente presenti in tutte le strutture sindacali, di caf e di patronato diventa irrinunciabile mettere in piedi un luogo associativo/piattaforma che coordini queste presenze di attivisti di partito e consenta loro di svolgere un lavoro di organizzazione e proselitismo.
È l'organizzazione del partito che ha l'obbligo di favorire e mettere su uno strumento per sfruttare gli errori, le mancanze, le divisioni, le gelosie e i corporativismi delle attuali organizzazioni sindacali non viceversa queste organizzazioni sindacali che devono “utilizzare” le risorse umane del partito, tra l'altro per indebolirlo ulteriormente.
Ciò vuol dire costringere i compagni presenti dei vari sindacati a uscirne adesso? No di certo, però vuol dire iniziare a stare nelle organizzazioni del sindacato in funzione della crescita del partito, ribadendo che sono in errore quei compagni che vogliono artificiosamente tenere separato il loro impegno nel sindacato da quello del partito. Si tratta certo di compiti distinti e livelli da maneggiare con cura e attenzione ma quanti affermano di volerli tenere separati e incomunicanti – quasi che il sindacato non dovesse interferire in nulla con la politica – sbagliano doppiamente: primo, perché depotenziano le lotte sindacali stesse; secondo, perché indeboliscono nel lungo termine la presenza del partito come organizzazione autonoma culturalmente e politicamente della classe lavoratrice.
Parliamo di un'associazione o di una piattaforma perché in questa fase sarebbe insensato lanciare la formazione di un nuovo sindacato che aggiunga frammentazione, sebbene non vada scartata a priori l'idea di creare un'organizzazione sindacale a mo' di “scatola vuota” che serva solo all'ottenimento di una struttura di assistenza fiscale e patronato (laddove fosse più agevole percorrendo questa strada). Del resto, le scatole vuote domani possono anche riempirsi in caso di necessità e/o opportunità. Questo nuovo luogo a metà tra il sindacale e il politico deve essere aperto non solo a lavoratori e lavoratrici ma anche a quegli altri soggetti collettivi che perseguono la stessa idea di ricomposizione e autodifesa della classe. A questa nuova struttura di intervento nel mondo del lavoro vanno assicurate risorse materiali e umane da parte del partito, soprattutto nella fase di implementazione.”

Emendamento n. 15
a pag. 17, prima del punto L.1), inserire un titoletto:
“DALLA SOPRAVVIVENZA...” (tale sottotitolo conterrà i punti da L.1) a L.4)

Emendamento n. 16 Unanimità
a pag. 18, dopo il punto L.4), inserire un titoletto:
“... AL RILANCIO

Oltre alle strutture parallele di servizio e all'intervento nel mondo del lavoro, rimane un'ultima ma non meno importante direttrice di lavoro che riguarda più dall'interno il partito stesso, in altre parole il cuore della struttura di partito e le funzioni che vanno assolutamente mantenute all'interno.
Dopo anni di disorganizzazione consapevole o meno e di comode abitudini derivanti dalla presenza del finanziamento pubblico, va bene puntare sull'accrescimento dell'autofinanziamento militante attraverso le soluzioni prospettate nei punti L.1, L.2, L.3, L.4.
Anzi queste nuove misure devono essere rese operative e stringenti con un meccanismo adeguato di trasparenza. Ad es. per i Rid e i vitalizi è essenziale che il corpo largo e militante del partito sia informato in modo trasparente sui dirigenti e sui rappresentanti istituzionali presenti (e quelli passati ancora aderenti al partito) che aderiscono a queste misure di autofinanziamento. Parimenti bisogna predisporre come forma d'impegno scritto vincolante per i prossimi candidati alle competizioni elettorali e a incarichi di governi il versamento dell'indennità di funzione.
Tutto ciò è necessario ma non sufficiente. Queste nuove misure di autofinanziamento possono assicurare una parte delle spese correnti di funzionamento così come le forme più classiche possono in certa misura coprire le spese di mantenimento delle strutture territoriali (essenzialmente dei circoli), ma rimane ancora il problema del mantenimento dei livelli intermedi (regionale e provinciale) nonché le spese necessarie per dare nuovo impulso all'iniziativa politica a ogni livello, ad es. nelle due direttrici poc'anzi delineate.
Siamo logicamente e nettamente contrari alla destinazione delle risorse derivanti dalla vendita del patrimonio immobiliare, e non, per finanziare le spese correnti e il funzionamento ordinario del partito, soprattutto nella sua dimensione centrale ma anche per finanziare a fondo perduto il mantenimento ordinario di strutture territoriali di ogni ordine (regionale, provinciale, comunale).
Se siamo in una situazione d'emergenza sarebbe insensato vendere il nostro patrimonio per pagare il funzionamento quotidiano del partito senza darsi alcuna prospettiva. Non possiamo vendere il patrimonio e mangiarcelo quotidianamente, così tireremmo a campare per qualche altro tempo ancora ma saremmo destinati alla scomparsa politico-organizzativa.
Se rimangono disponibili risorse derivanti dalla vendita del patrimonio queste vanno assolutamente investite, a differenza di quanto non è stato fatto negli anni di abbondanza, per attingere a competenze/consulenze tecniche e professionali, oltre a quelle possedute internamente al partito, per creare attività e strumenti in grado di alimentarsi in modo prevalentemente autosufficiente e così di supportare indirettamente l'ordinaria attività del partito, sperimentando prioritariamente in questo settore la nuova modalità di lavoro per “progetti”, in questo caso progetti di investimento straordinario.
Esse vanno impiegate nelle seguenti direzioni, le prime tre con una proiezione esterna rispetto al partito stesso, la quarta rivolta all'interno del partito stesso:
a) realizzazione di una struttura parallela di assistenza sindacale, fiscale e di patronato e di un'associazione/piattaforma d'appoggio per l'intervento nel mondo del lavoro;
b) realizzazione di una struttura parallela associativa, in ambito culturale e ricreativo, in grado di offrire risorse tramite il tesseramento, occasioni di formazione tecnico-professionale, facilitazioni nell'ottenimento di licenze di somministrazione al pubblico e l'apertura eventuale, nei territori, di piccole attività economiche autosufficienti;
c) promozione territoriale di una rete di acquisto popolare, e di un circuito annesso di fornitori piccoli, medi e grandi, in grado di offrire a ogni realtà territoriale tutto il “know how” per impiantare localmente un gruppo analogo o eventualmente cooperative di acquisto e consumo;
d) creazione di uno o più soggetti erogatori di servizi tipografici e allestimento spettacoli.
Le prime tre direttrici rimandano ai paragrafi precedenti per quanto riguarda il senso politico-organizzativo complessivo delle iniziative. La quarta invece consiste nella creazione di uno o due soggetti in grado di mettere direttamente a disposizione del partito i seguenti strumenti:
attrezzature per la composizione e la stampa di un organo di informazione nonché di manifesti e di tutto il materiale a stampa per la comunicazione e la propaganda;
strutture modulari di palco, gazebi e amplificazione.
Si tratta di investimenti in mezzi, strutture, e laddove possibile anche di locali, che impiegando il lavoro di attivisti consentirebbe di “internalizzare” e abbattere alcune spese per il partito dotandolo contemporanemente di strutture e servizi.
Il primo tipo di attrezzature consentirebbe di ritornare, almeno inizialmente, a stampare un bollettino o foglio di informazione periodico (mensile, bimestrale o trimestrale) in assenza di Liberazione o, eventualmente, in accompagnamento al suo nuovo formato online trasformandolo in un organo di informazione e collegamento delle inchieste, delle lotte e delle vertenze del mondo del lavoro. Tali attrezzature potrebbero consentire in economia la produzione di materiali politici di comunicazione e propaganda in occasione di campagne nazionali, elettorali e, in ultimo, vedere l'impiego sinergico con i compagni impiegati per la riedizione online di Liberazione, oltre alla possibilità di svolgere lavori “per l'esterno” o per soggettivi vicini a prezzi “politici”. Sarebbe inopportuno frazionare queste risorse ed energie quando invece possono essere riunite in un progetto dotato anche di iniziali mezzi e strutture.
È inammissibile che organizzazioni e gruppi più piccoli di Rifondazione comunista riescano ancora più o meno periodicamente o in occasioni di manifestazioni nazionali a stampare bollettini o fogli di informazione e propaganda e noi no. Non possiamo continuare a rimanere senza un organo di informazione e affidarci soltanto a un sito web nazionale o a facebook con articoli ripresi da altri organi, la cui linea è spesso molto distante dalla nostra, o affidarci alle esternazioni di dirigenti nazionali e alle loro limitate comparsate sui mezzi di informazione generalista.
Costituire questa dotazione iniziale sarebbe anche un motivo in grado di alimentare a ragione una sottoscrizione nazionale e mobilitare gli attivisti che troppo spesso negli ultimi anni sono stati chiamati ripetutamente e con scarsi risultati a sottoscrivere cause perse in partenza o comunque cause in difesa di ciò che rimaneva di un periodo di abbondanza. Si tratta adesso, al contrario, di mobilitare tutte e tutti per una causa di ricostruzione e di rilancio, non più in difesa ma provando ad avanzare a piccoli passi. Tutto ciò non implica ignorare i nuovi mezzi di comunicazione e i social media ma significa non ignorare quanto nella politica e nei territori passi necessariamente attraverso i materiali agili e distribuiti nel passa parola e nel contatto dal vivo.
Analogamente, il secondo tipo di strutture potrebbe essere impiegato direttamente dal partito per l'organizzazione di manifestazioni, raduni, feste nazionali ed eventi senza sottostare ai costi di affitto e noleggio ogni qualvolta c'è l'esigenza di intervenire tempestivamente, cosa che aumenterebbe il nostro peso e la nostra presenza anche all'interno di contesti plurali. Tali strutture, inoltre, potrebbero essere anche noleggiate a prezzi “politici” a organizzazioni di partito territoriali ed eventualmente ad altre soggettività vicine.”

Approvato a Maggioranza
Emendamento presentato da:
Imma Barbarossa

a pag.5 punto B 2 sostituire "L'assemblea di Bologna, con il documento "Siamo al bivio",segna...." con "L'assemblea di Bologna, pur con i suoi limiti, può segnare...".

Motivazione: mi sembra sbagliato che un documento sul rilancio del partito si appiattisca su un documento per altro molto criticato anche da molti compagni e compagne, essenzialmente perché non fa menzione delle elezioni regionali e dei comitati territoriali che stanno lavorando. Ricordo che tutti e tutte i compagni e le compagne nella riunione de L'Altra Puglia prima di Bologna sottoscrissero un emendamento al documento "Siamo al bivio" che andava proprio nella direzione delle prossime elezioni regionali e di altro ancora.

chiudi - stampa