Partito della Rifondazione Comunista
X Congresso

Intervento di Alberto Celli e Marco Gabrielli

Il Partito è il luogo dell’elaborazione e dell’azione politica. Se non poniamo cura in esso non abbiamo la necessaria autonomia politica.

Le risorse economiche sono fondamentali sia per la pratica quotidiana che per la visione strategica. Per questo l’attenzione costante alle spese e la gestione del patrimonio non devono essere marginali nel nostro dibattito congressuale. Ma il pericolo deriva anche da una banalizzazione polemica sul superamento o mantenimento della forma partito così come l’abbiamo conosciuta finora.
Se il partito non ha la necessaria indipendenza finanziaria, non può avere neanche l’autonomia della sua elaborazione teorica, poiché dovrà necessariamente affidarsi a chi o a cosa gli permetta la sua sopravvivenza.
Nella storia passata del Partito della Rifondazione Comunista, quando esisteva il finanziamento pubblico dei partiti o la sua versione “mascherata” da rimborso alle spese elettorali, nei documenti congressuali si raccomandava sempre la necessaria attenzione all’organizzazione al fine di attuare pratiche di autofinanziamento. Si riconosceva il pericolo a cui si poteva incorrere quando e se fossero venuti a mancare i contributi degli eletti (scissione del 1998) oppure il finanziamento pubblico o il patrimonio immobiliare (nascita di Rifondazione quando rimasero appannaggio del PDS dopo lo scioglimento del PCI). Evidentemente queste esortazioni congressuali sono restate solo parole, perché dopo le sconfitte del 2008 nelle elezioni politiche con “La Sinistra – L’Arcobaleno” e del 2009 nelle elezioni europee con la “Federazione della Sinistra”, quando Rifondazione Comunista ha perduto da subito il contributo liberale degli eletti e qualche anno dopo l’accesso ai rimborsi elettorali, si è sentito immediatamente il duro colpo della riduzione drastica delle entrate non compensata da un adeguato autofinanziamento.
La necessità di non abbandonare nessun lavoratore dipendente del Partito a se stesso, di cercare di salvare il quotidiano “Liberazione” quale unico mezzo di informazione e di cercare di mettere in sicurezza il patrimonio immobiliare sono state le priorità del gruppo dirigente nazionale. Ci si è accorti immediatamente che senza un’adeguata politica di autofinanziamento non si sarebbe potuto raggiungere nessuno di questi obiettivi. Ad esempio, solo la spesa fiscale dovuta alle nostre proprietà immobiliari ancora oggi si aggira intorno ai 230 mila euro annui, oppure che non sarebbe possibile la gestione degli uffici della direzione, senza il ricorso alla Cig per tutto il personale con l’utilizzo esclusivo al volontariato. Il lancio della raccolta di sottoscrizione attraverso i RID SEPA voluto dalla Direzione e rilanciato dal Comitato Politico Nazionale nel 2014 era proprio finalizzata al reperimento di quelle risorse economiche che insieme al tesseramento ci permettessero la sopravvivenza.
Mentre il tesseramento è rimasto stabile nel triennio 2014 - 2017, la quota individuata per i SEPA di 1400 sottoscrittori per 120 Euro annui, ha raggiunto appena il 16%.
Eppure, dei tre obiettivi solo uno è stato in parte disatteso con la chiusura di “Liberazione” e la liquidazione della società editrice, rese peraltro ineludibili per la diminuzione retroattiva dei contributi all’editoria e il numero di abbonamenti insufficiente (appena 900 su 3000 obiettivo minimo fissato per la continuità). Per quanto riguarda li personale dipendente le scelte sono risultate dolorose, soprattutto per le vicende personali di compagne e compagni che per venticinque anni hanno condiviso la nostra stessa militanza, ma si è cercato e si cerca ancora il percorso meno traumatico possibile con l’utilizzo di ogni strumento di sostegno al reddito. Il patrimonio immobiliare è stato in parte venduto pur continuando a privilegiare e rafforzare la presenza territoriale, sostituendo le proprietà che spesso avevano dimensioni e costi notevoli, con più adeguate strutture meno onerose ma comunque efficaci.
E’ stata prassi burocratica tutto questo? Non siamo noi a dover dare una risposta perché abbiamo sempre pensato di essere per il Partito “tecnici” specializzati nel ruolo della gestione amministrativa della Tesoreria e forse sì un tantino “burocrati”. Ma è pur vero che dal 1997 con l’approvazione parlamentare della legge n. 2 in cui si normava per la prima volta la rendicontazione amministrativa delle formazioni politiche aprendo la strada alla contribuzione volontaria e concludendo la stagione del primo finanziamento ai partiti, la legislazione in materia è aumentata, producendo sempre nuovi e più complessi obblighi a carico delle tesorerie.
Quindi la direzione ha adeguato la presentazione dei bilanci e ha reso conforme la documentazione delle spese e delle entrate alle richieste legislative per poter accedere al contributo volontario del 2 per mille sulle dichiarazioni IRPEF, alla detrazione fiscale dei contributi volontari e all’accesso alla cassa integrazione per i dipendenti dei partiti anche per le strutture territoriali.
Purtroppo tutto questo lavoro non sarebbe bastato se Rifondazione Comunista da sola o in coalizione non avesse potuto eleggere almeno un deputato o un senatore oppure un consigliere regionale o un parlamentare europeo.
Questo era quello che poteva fare la direzione per far sopravvivere il Partito ed è quello che ha fatto: cosa poteva fare il resto del Partito? Avrebbe potuto raccogliere attraverso l’autofinanziamento quella somma che ci avrebbe permesso di evitare questo percorso e, quindi, aumentare il nostro grado di “autonomia” come forza politica. Ci riferiamo allo strumento del Rid SEPA, al tesseramento ma anche ad altre forme di autofinanziamento che in alcune realtà vengono praticate.
Inseguire accordi politici con il centro-sinistra, come atre formazioni politiche hanno fatto, avranno anche riempito le loro casse con contributi elettorali e sottoscrizioni degli eletti, ma di fatto hanno consegnato le decisioni politiche esclusivamente ai gruppi dirigenti, sempre più omogenei con quelli parlamentari.
Nel dibattito congressuale nessuno sembra mettere in dubbio l’esigenza di un’organizzazione dei comunisti, tant’è vero che entrambi i documenti politici contengono la parola “Partito” e concordano sulla necessità di strategie atte al suo rafforzamento e al rilancio.
L’art. 49 della Costituzione della Repubblica Italiana prevede che” tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Ed è proprio questo obiettivo di voler determinare la politica nazionale, che deve essere messo al centro della nostra discussione, ancor più oggi, dopo che Rifondazione Comunista è stata riconosciuta come forza politica determinante al successo del NO referendario. Non crediamo che il partito debba promuovere direttamente le attività associative; noi dobbiamo cercare di dare anche a loro rappresentanza politica perché o non ne hanno o devono andare a cercarla nel sottobosco clientelare delle grandi formazioni politiche. I sindacati esistono ed esistono anche le reti associative e spesso pensiamo, in cuor nostro, che siano anche troppe.
Le risorse materiali per il nostro Partito, devono scaturire dal lavoro volontario nel partito: da chi, iscritto o no, creda nella necessità di una forza comunista ed anti - liberista in Italia e nella sua autentica autonomia. Gli eletti e nominati attraverso le scelte fatte dal Partito devono riconoscergli, come costume da sempre dei comunisti, parte non residuale delle loro indennità affinché democraticamente venga utilizzata nell’interesse del Partito.
Le competenze/consulenze tecniche e professionali, che già ci sono e che in questi anni sono state salvaguardate ed adoperate per difendere e conservare buona parte del patrimonio che avevamo e che avremmo altrimenti perduto definitivamente, devono essere riconosciute e pienamente utilizzate, mettendo a loro disposizione quelle risorse necessarie per lavorare “per” e “nel” il nostro partito.
Per questi motivi e non solo, crediamo che il documento n.1 “Socialismo XXI, per un nuovo umanesimo” rispecchi adeguatamente la fase politica e ha il nostro sostegno.

Alberto Celli e Marco Gabrielli

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