Partito della Rifondazione Comunista
X Congresso

Intervento di Fabio Nobile

Per fare un passo avanti

Il X Congresso del PRC è uno strano congresso in cui, se non si sta attenti, la discussione di merito sugli argomenti cruciali su cui si gioca la proposta politica del Partito rischia di restare fuori.

Il gruppo dirigente che emergerà dal congresso è certamente elemento importante su cui confrontarsi. Non si può pensare, però, che il nuovo gruppo dirigente per magia diventi più adeguato alla fase senza che si siano affrontati nel merito alcuni nodi strategici. Come, altresì, non si può pensare di ricostruire un gruppo dirigente comunista diffuso con un congresso. Questo lavoro ha bisogno di tempo e di una lunga fase di accumulazione di forze che faccia i conti con il passato recente e lontano del movimento comunista, insieme all’individuazione di un nuovo paradigma che sappia mettere di nuovo al centro la questione del socialismo quale fuoriuscita concreta dal modo di produzione capitalistico nel XXI secolo.

L’idea di un'aggregazione interna che abbia come principale obiettivo di superare l'attuale gruppo dirigente non e' convincente. E' ovviamente legittima e vanno assolutamente evitati anatemi contro coloro che la promuovono, ma non la condivido. Il motivo di fondo è che se si costruisce un’alternativa netta ad un gruppo dirigente si ha il dovere di fare un'analisi della realtà e una proposta politica altrettanto netta ed organica. Il documento 2 (prima firmataria Barbarossa) non ha queste caratteristiche e quindi risulta inadeguato all'obiettivo che si propone di raggiungere.

Per come si è andato determinando il contesto di questo congresso, dal mio punto di vista, il modo migliore per affrontare il lavoro di cui sopra è mettere in luce i nodi cruciali dell’attuale fase politica. Con Domenico Moro ed altri compagni abbiamo, quindi, deciso di presentare alcuni emendamenti al documento 1 (prima firmataria Fantozzi) che potessero favorire un dibattito di merito di cui si avverte il bisogno. In prospettiva, quale che sia l’esito del congresso, credo infatti vada costruita una sintesi in grado di superare l’attuale articolazione del confronto interno.

Il Partito della Rifondazione Comunista deve anzitutto superare semplificazioni e giudizi frettolosi su quel secolo così importante per i proletari che è stato il Novecento. Il primo emendamento al documento 1 risponde dunque all’esigenza di non accodarsi alle classi dominanti nel giudizio storico della vicenda complessa del cosiddetto socialismo reale. Le sperimentazioni, i tentativi e le acquisizioni, prodottesi nell’incedere plurale del movimento operaio costituiscono un patrimonio per il futuro. Questo ragionamento assume ancora più valore se si considera che l'assenza di esperienze precedenti fu un ulteriore ostacolo da superare per quanti affrontarono lo spinoso nodo dei rapporti di produzione e della transizione al socialismo. Un’esigenza che non deriva quindi da pulsioni nostalgiche, tipica invettiva con cui si elude una questione che dovrebbe invece suscitare attenzione ed interesse, ma dall’importanza di sottoporre a critica sistematica quella storia per poterne costruire una nuova.

I restanti emendamenti proposti al documento 1 (tanto quelli che ho sottoscritto con Moro e altri compagni, quanto quelli promossi in particolare da Dino Greco) rappresentano un punto di elaborazione efficace ed organico per provare a fare passi avanti sul terreno dell'analisi e della proposta politica ma anche per ciò che concerne il tema del Partito e delle sue relazioni a sinistra. L’obiettivo di tali emendamenti è mettere a disposizione della discussione una chiave di lettura del modo di produzione capitalistico in questa fase, indicando un piano politico-programmatico in grado di orientare il partito e porre contestualmente le basi per una sua relazione a sinistra. A tal riguardo la priorità non è la forma di questa relazione ma la sostanza. I vincoli principali che possono tenere assieme una coalizione di forze politiche, sociali e personalità sono solo i contenuti e la loro aderenza alla realtà sociale di riferimento. Tutto il resto viene dopo. Come andrebbero del resto rimosse le fascinazioni momentanee verso questo o quel leader, questa o quella più o meno importante esperienza locale.

Nel III emendamento presentato si indicano 5 punti su cui aprire la discussione a sinistra:

  1. L’alternatività al Partito Democratico e la indisponibilità a qualsiasi forma di alleanza o desistenza elettorale con questo partito.

  2. La rottura dell’unione monetaria europea, incompatibile con la Costituzione nata dalla Resistenza, e la ricostituzione e allargamento della sovranità democratica e popolare, mediante la riconduzione sotto il controllo degli stati nazionali dei gangli vitali della vita economica dei singoli paesi.

  3. Il superamento delle politiche esclusivamente redistributive e la costruzione di una critica materiale ai rapporti di produzione capitalistici, mediante politiche massicce di investimento statale e l’allargamento del perimetro dell’attività produttiva e bancaria pubblica (ripubblicizzazioni) allo scopo di creare posti di lavoro e di introdurre elementi di programmazione economica.

  4. Il rifiuto italiano alla partecipazione alle missioni militari della NATO, vero braccio armato degli interessi transnazionali euro-atlantici.

  5. Rispondere alla contraddizione tra flussi migratori e impoverimento complessivo delle popolazioni residenti mediante la rottura dei vincoli di bilancio statali che impediscono di costruire risposte in termini di welfare e soprattutto di creare occasioni di lavoro per indigeni e migranti.

Nel ridurre gli interlocutori a sinistra ed escludendo chiaramente i promotori trasversali dell’Ulivo 4.0, verrebbe a schiudersi lo spazio per la costruzione di un autonomo e alternativo punto di vista di sinistra nella percezione di massa. Di fronte, quindi, alla passivizzazione di massa e ad una frammentata conflittualità sociale, il terreno della ricomposizione da prediligere è quello che parte dai contenuti. La stessa vittoria del NO al Referendum deve trovare uno sbocco in termini d'iniziativa in grado di connettere la battaglia per l'applicazione della Costituzione alla necessità di portare a fondo lo scontro sull'integrazione monetaria europea.
Viene infine la questione del Partito, di cui si constata l’indebolimento numerico, del suo peso “sociale” e l’assenza di un pensiero forte condiviso (emendamento III). Il Partito della Rifondazione Comunista deve dunque impegnarsi nel reinsediamento sociale e nella definizione di una politica sindacale, ciò può tuttavia avvenire solo se, in quanto Partito, agisce e orienta con continuità i propri iscritti e militanti. Se si connette la proposta politica con l’azione concreta. Se la presenza nelle lotte parziali diviene lievito e strumento di unificazione attorno agli obiettivi generali che il Partito si dà. Se lo stesso lavoro di aggregazione che i compagni praticano, ad esempio sul terreno del mutualismo, rientra all’interno di un progetto generale. Se non si riesce a fare tutto ciò, il Partito rimane una somma e non una sintesi delle sue articolazioni organizzative, determinando un’assoluta impercettibilità del senso della sua azione. Per queste ragioni bisogna a mio parere definire un profilo chiaro, disporre di un’organizzazione adeguata alle attuali forze e costruita attorno alle sue potenzialità e rimettere all’ordine del giorno la questione della trasformazione politica e sociale in Italia ed Europa.

Di questi temi vorrei ragionare con i compagni e le compagne che prenderanno parte al decimo congresso, provando a far fare un passo avanti e ad agire - anche nella discussione interna - l'arma della pazienza. Sarei in questo senso un ingenuo se pensassi che da soli gli emendamenti possano essere la risposta. Ma nel rispetto di tutte le legittime posizioni che si confrontano, credo vada detto che non esistono scorciatoie per rilanciare il Partito della Rifondazione Comunista ed il suo progetto politico. Per nessuno.

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