Partito della Rifondazione Comunista

Documento finale Comitato Politico Nazionale del 14/15 settembre 2002

1.

Il rischio drammatico sempre più imminente di un nuovo conflitto conferma che l'opposizione alla guerra globale permanente rappresenta una vera e propria discriminante e ci chiama da subito a una mobilitazione straordinaria. La guerra deve essere rifiutata comunque, sia che avvenga come atto unilaterale degli USA sia se "coperta" da una risoluzione dell'ONU.
Per questo rivolgiamo un appello a tutte le forze politiche e sindacali contrarie alla guerra, ai forum sociali, agli organizzatori della manifestazione di ieri, a riunirsi per convocare rapidamente una manifestazione nazionale contro la guerra.
La guerra permanente è il tratto più terribile della seconda fase della globalizzazione che, incapace di offrire una prospettiva di progresso sociale e nemmeno di sviluppo economico, esaspera da un lato la mercificazione e la competizione integrale, dall'altro restringe sistematicamente gli spazi democratici e ricorre in modo continuativo all'uso della forza. La spirale terrorismo-guerra alimenta una escalation devastante in cui la guerra usa il terrorismo che, a sua volta, si nutre della guerra stessa.
Nell'annunciato attacco all'Iraq, assistiamo ad un salto di qualità nell'esercizio da parte degli Usa del suo ruolo di leadership mondiale. La legalità internazionale viene calpestata e gli organismi internazionali mostrano a pieno la loro crisi. Il consenso dell'ONU viene ricercato ma non è ritenuto necessario, così come quello dei partner occidentali. La guerra sarebbe però evitabile se l'Europa esprimesse con nettezza una propria autonoma soggettività ed un progetto alternativo in grado di interloquire con le divisioni che pure vi sono negli USA riguardo all'intervento. La babele di posizioni che invece si esprime - dal consenso pieno e attivo di Blair e Berlusconi al timido non consenso di altri paesi - lascia mano libera agli USA. Questa subalternità è del resto pienamente visibile anche nella tragedia che si sta consumando in Medio Oriente, dove il popolo palestinese è sottoposto ad un massacro continuato che oltre a lasciare una scia di sofferenze inimmaginabili, allontana ogni giorno di più una possibile soluzione del problema. Ribadiamo quindi la necessità di sospendere da parte dell'Unione Europea l'accordo di associazione con Israele.
L'Ulivo, anche sulla guerra all'Iraq, non è in grado di esprimere una posizione chiara. Tuttavia occorre registrare una rilevante diversità di posizioni, rispetto alla guerra in Afghanistan sia da parte della CGIL che degli stessi DS.
Per quanto ci riguarda riteniamo la lotta contro la guerra un dato fondativo della nostra politica e riteniamo che proprio il carattere strutturale che oggi ha assunto la guerra, mette al centro della lotta per la pace il tema dell'alternativa di sistema, della trasformazione sociale. Per questo ci opponiamo alla guerra in Iraq così come chiediamo l'immediata cessazione di ogni coinvolgimento dell'esercito italiano in Afghanistan.
Nel paese reale è palpabile una netta prevalenza di opinioni contrarie alla guerra. A partire da questo dato e valorizzando le articolazioni presenti nel mondo politico, è possibile che il movimento antiliberista diventi l'ossatura della costruzione di un vasto movimento contro la guerra, che ricerchi le più ampie alleanze e convergenze sociali e politiche.

2.

Il governo Berlusconi traduce in Italia i contenuti regressivi della globalizzazione capitalistica, con un attacco che punta a destrutturare l'intero arco delle soggettività sociali: dall'articolo 18 alla Bossi-Fini alla legge sulla procreazione assistita alla messa in discussione della sanità pubblica.
La lotta iniziata nella primavera contro l'attacco all'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, proseguita contro la firma del patto per l'Italia e articolatasi a livello territoriale, contro l'attacco allo stato sociale ed in particolare alla sanità e all'ambiente, può essere vincente. Il tentativo che governo e Confindustria hanno fatto di uscire da destra dalla concertazione, con un duro attacco alle condizioni dei lavoratori, l'emarginazione della Cgil e la sussunzione di Cisl e Uil in un nuovo sistema neo corporativo può essere sconfitto. Questa prospettiva di stabilizzazione moderata è infatti messa in discussione su due versanti: dal basso dalle lotte e dall'alto dalla crisi economica che rende difficile l'attuazione del patto stesso.
La nostra capacità soggettiva di costruire e alimentare un percorso di lotta, che partendo dallo sciopero generale e passando per i contratti arrivi fino allo svolgimento dei referendum in primavera, è quindi decisiva. Perciò è necessario unificare il massimo di forze attorno alla scadenza dello sciopero generale, affinchè si trasformi in un effettivo sciopero generalizzato in grado di esprimere la complessiva e articolata composizione di classe che puntiamo ad unificare.
Affinchè lo sciopero generale svolga il necessario ruolo di volano per lo sviluppo del movimento, decisiva è la costruzione di una piattaforma adeguata. E' infatti evidente che il ruolo insostituibile che la Cgil ha svolto nella costruzione della risposta alla Confindustria e al governo Berlusconi si è accompagnato ad una piattaforma del tutto inadeguata, incapace di individuare gli obiettivi all'altezza della nuova fase che si è aperta. Oltre all'inadeguatezza abbiamo poi la riproposizione di obiettivi sbagliati: basti pensare alla fallimentare politica della concertazione, alla difesa delle politiche rigoriste e dello stesso patto di stabilità europeo.
Dobbiamo quindi costruire una piattaforma sociale da far vivere dentro la costruzione del movimento e dentro la stagione contrattuale, basata sulla lotta per la pace, la preservazione dell'ambiente, la giustizia sociale. In questo quadro si articolano i nostri obiettivi: la messa in discussione del patto di stabilità europeo ed interno, la rivendicazione di salari europei, il blocco delle tariffe, la difesa delle pensioni, la costruzione di politiche che concorrano alla riunificazione della classe (dalla contestazione alla Bossi Fini, all'estensione dello statuto dei lavoratori, ecc.), la difesa e riqualificazione del welfare contro ogni familismo e privatizzazione, la democrazia sui posti di lavoro, il rifiuto di ogni attacco alla libertà e dall'autodeterminazione delle donne.
Si tratta quindi di investire fino in fondo sullo sviluppo del movimento e di lavorare alla sua qualificazione progettuale, operando sul terreno dell'alternativa una possibile uscita da sinistra all'offensiva regressiva del padronato. In questo quadro i rinnovi contrattuali costituiscono un passaggio fondamentale per la messa in discussione del "patto per l'Italia". La costruzione in tutte le categorie - come già annunciato dalla FIOM - di piattaforme che mettano al centro un chiaro recupero salariale e la ricostruzione di un rapporto democratico con i lavoratori è quindi un obiettivo decisivo.
Lo scontro sociale è anche il terreno su cui ricostruire - dentro la perdurante crisi della politica - un rapporto stretto tra le classi subalterne e le sinistre. E' infatti evidente che una possibile vittoria sullo specifico dell'articolo 18 - dalle lotte al referendum - oltre a ridare fiducia al mondo del lavoro costituirebbe un enorme veicolo di possibile ripoliticizzazione a livello di massa. Solo un rinnovato e conflittuale protagonismo sociale può combattere efficacemente il governo e le tendenze antidemocratiche che manifesta. Anche per questo abbiamo partecipato alla manifestazione del 14 con una piattaforma autonoma, che pone la questione della democrazia e della giustizia nella sua concreta dimensione sociale e di classe. La difesa dell'indipendenza della magistratura e la rivendicazione di un diritto formale uguale per tutti si deve accompagnare alla concreta messa in discussione del quotidiano operare della giustizia, in cui l'impunità del potere economico è spesso garantita mentre le carceri sono diventate un contenitore del disagio sociale.
La fase che si snoda dalla manifestazione del 28 prossimo sino ai referendum in primavera deve quindi vederci impegnati in una costruzione di movimento che punti a battere Berlusconi sullo specifico delle questioni sociali, eviti che questo conflitto venga sussunto all'interno di una indifferenziata battaglia politica di schieramento e costruisca un progetto di alternativa. La crescita dei movimenti dal luglio dello scorso anno ad oggi, la perdita di credibilità del neoliberismo, rende questa prospettiva non solo auspicabile ma possibile.
In questo quadro il Forum Sociale Europeo che si terrà a novembre a Firenze è una nuova tappa fondamentale per lo sviluppo del movimento dei movimenti, e per condurre più efficacemente la lotta alla guerra. Dopo Porto Alegre, le giornate di Genova, ma anche dopo il fallimento di Johannesburg e la crisi della idea di Europa fin qui prevalente, questo appuntamento è momento centrale di impegno per la costruzione di una sinistra alternativa capace di agire come soggetto politico sullo scenario europeo e mondiale. In questa scadenza dobbiamo far convergere l'insieme delle conflittualità sociali che si sono andate a realizzare determinando un livello più alto di relazioni, di costruzione di piattaforme di lotte e di progettualità.

3.

In questo quadro di costruzione di movimento si pone il nodo dello sbocco politico che noi individuiamo nella realizzazione di passi concreti nella costruzione di una sinistra di alternativa. E' necessario che la parola d'ordine della sinistra di alternativa, oltre che individuare una prospettiva si traduca concretamente, sia nazionalmente che localmente, dando vita a reti di relazioni stabili, cioè ad un processo di aggregazione di forze. Attivare un processo che per realizzarsi deve vedere da subito la partecipazione e il protagonismo dei diversi soggetti che la compongono - il nostro partito tra questi. Rivolgiamo quindi un appello a tutte le forze che si riconoscono nel campo dell'alternativa - a partire da quelle che hanno condiviso con noi l'impegno referendario - per dar vita a questo percorso.
Proprio lo sviluppo del movimento, da un lato rende praticabile la costruzione della sinistra di alternativa, e dall'altra ci impone di passare dalle enunciazioni alla pratica concreta, di modificare il modo di essere del nostro partito, senza tatticismi o reticenze. A tal fine dobbiamo rafforzare il partito, sia nella sua concreta capacità di funzionare come organismo collettivo, che nella costruzione di relazioni con i nostri compagni di strada.
Parallelamente la necessità di costruire un primo sbocco politico alle lotte ripropone con urgenza l'obiettivo della rottura del centro sinistra. E' infatti evidente che il centro sinistra, nel suo ruolo di opposizione - che pure si è accentuato - non si muove su un asse strategico capace di porre la questione dell'alternativa. Tant'è vero che da un lato non è in grado di assumere posizioni politiche chiare sui grandi nodi (dalla guerra alle lotte della Cgil) e dall'altro attacca il governo a volte da sinistra e a volte da destra (come sulle tariffe e sul patto di stabilità europeo). Il centro sinistra è quindi una gabbia che imprigiona forze; non certo una aggregazione capace di concorrere nel dare uno sbocco politico positivo alla domanda di alternativa che emerge dalle lotte di quest'ultimo anno. Inoltre, tutti i tentativi di rivitalizzazione dell'Ulivo, sia che avvengano per aggregazioni politiche (com'è il caso di Di Pietro), sia che avvengano attraverso il presunto bagno tonificante con la società civile, lasciano nella sostanza immutati contenuti e prospettive politiche, incapsulate come sono nella trita riproposizione del liberismo temperato e alimentano così gli elementi strutturali della crisi del centro sinistra.
All'interno dell'Ulivo sono però imprigionate forze indispensabili ai fini di costruzione dell'alternativa. Questo vale per ampi strati popolari che si sono espressi nelle lotte ed anche per significative esperienze di militanza e aggregazione impegnate sul piano sociale, culturale e politico. La costruzione della sinistra di alternativa in questa fase politica è quindi necessaria per dare una risposta alle lotte in corso ed è un processo di aggregazione che può essere al tempo stesso causa ed effetto di un salutare superamento della prospettiva ulivista.
Per questo, ribadiamo la nostra indisponibilità a partecipare a qualsiasi processo di allargamento dell'Ulivo e la nostra piena autonomia politica e programmatica, da spendersi nella costruzione della sinistra di alternativa. Proponiamo invece sin d'ora all'Ulivo di costruire il massimo di unità d'azione sui contenuti funzionali alla vittoria dei movimenti e alla lotta delle opposizioni.

4.

La costruzione di un vasto movimento contro la guerra e per la difesa delle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari, la costruzione di esperienze concrete nella aggregazione della sinistra di alternativa, sono i capisaldi da intrecciare con la campagna referendaria, nella nostra azione politica dei prossimi mesi.

Ai fini di questa prospettiva, importantissima è stata la raccolta di firme sui referendum che possono concretamente mettere in discussione il progetto neo liberista in Italia. Dalle questioni del lavoro, all'ambiente passando per la scuola pubblica, i referendum costituiscono l'ossatura di una piattaforma alternativa che proprio grazie allo strumento referendario potremo far vivere con forza nei prossimi mesi, obbligando tutti a pronunciarsi e a schierarsi. Questo è stato possibile per un grande impegno unitario che ha coinvolto soggetti importanti come la FIOM, la sinistra sindacale, il sindacalismo di base, l'Associazione per la rinascita della sinistra, Socialismo 2000, i Verdi e molti altri. Questo è stato possibile però grazie al determinante impegno dei compagni e delle compagne di Rifondazione Comunista che hanno garantito la raccolta di grande parte delle firme e che vogliamo qui ringraziare. Si tratta di un risultato importante che conferma la nostra ipotesi strategica: la necessità di un partito comunista rifondato all'interno della costruzione di un quadro di relazioni unitarie. Oggi siamo chiamati a far vivere i contenuti dei referendum dentro le lotte dell'autunno.

Al fine di dare forza alla prospettiva sopra delineata importante sarà la riuscita della manifestazione nazionale del 28 settembre. Il no alla guerra e all'attacco della Confindustria e del Governo costituiscono il centro della convocazione della manifestazione e la riuscita della stessa sarà una importante tribuna da cui far sentire forte e chiara la nostra voce. Da quella manifestazione vogliamo dar voce alle idee per l'opposizione. Anche per questo rivolgiamo un appello a tutte le forze di sinistra che si collocano sul terreno dell'alternativa affinché partecipino alla manifestazione, nei modi e nelle forme che riterranno opportune.
Il Comitato Politico Nazionale invita per tanto tutte le strutture del partito, tutte le compagne e i compagni al massimo di impegno per la riuscita della manifestazione del 28 sia sul piano numerico che sul piano politico, attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti con cui abbiamo condiviso in questi mesi la costruzione del conflitto sociale.

Roma, 15/9/2002