Comitato Politico Nazionale
25 - 26 ottobre 2003

Interventi

Stefano Alberione
Federazione Torino
Ritengo che il montante antiberlusconiano, forma politica del disagio sociale crescente, è il contesto nel quale ci troviamo ad operare. Dobbiamo sapere riempire e qualificare di contenuti questo antiberlusconismo, avendo chiare due premesse: 1) la necessità di evitare sistematicamente ogni ìFrontismoî che tenda a separare questione democratica e questione sociale; 2) il percorso proposto non può limitarsi alle forze politiche (Ulivo+Prc) ma deve conquistarsi il confronto tra soggetti plurimi (politici, sindacali, associazionistici, di movimento). La centralità del nostro agire va mantenuta saldamente nel movimento, nel suo sviluppo e radicamento, poiché è nella società che risiedono i luoghi determinanti della trasformazione. Condivido il percorso proposto che, prendendo atto del nuovo spazio politico per una lotta di egemonia contro le politiche neoliberiste (in difficoltà oggi anche per la loro inefficacia nel rispondere alla perdurante crisi economica), si articola su tre livelli: 1) radicalizzazione, qualificazione ed estensione dellíopposizione (tanto sociale quanto politica) al governo Berlusconi. Infatti è solo allíinterno di un crescente conflitto che può maturare la dislocazione di settori di massa su un terreno antiliberista; 2) la costruzione concreta di una sinistra alternativa, che sulle discriminanti antiliberiste e pacifiste del movimento, sappia costruire una piattaforma programmatica avente la forza di contendere il terreno allíipotesi neocentrista del partito riformista; 3) la ricerca della migliore condizione per affrontare le prossime scadenze elettorali: penso che tale condizione si produca dentro una aperta lotta per líegemonia che si misuri con un programma di governo, ritenendo invece riduttive di queste potenzialità, oggi, le proposte di accordi tecnici elettorali che tenderebbero ad occultare i nostri contenuti e Rifondazione ad essere percepita da larghe masse come forza politica di pura testimonianza.

Martino Albonetti
Federazione Ravenna
Il partito deve discutere a fondo la nuova proposta politica, assumendone la complessità e líarticolazione e declinandola di conseguenza. La crisi sociale, economica e culturale del nostro paese richiede uníaccelerazione del nostro passo e, allo stesso tempo, un nostro riposizionamento più avanzato, come avanguardia dellíalternativa. Abbiamo necessità di produrre risultati, cioè cambiamenti reali. Il nostro impegno è quello di coagulare il fluire delle culture dei movimenti - che hanno morso in profondità anche il centro sinistra - in realizzazioni sociali e politiche: leggi, nuove istituzioni, produzioni materiali e immateriali, gestioni finanziarie sostenibili, strumenti di rinnovata partecipazione. Vogliamo cambiare il paesaggio in rovina che ci circonda, ispirandoci ai disegni belli e colorati, già a nostra disposizione. CosÏ interpreto la tensione a costruire uníintesa programmatica con il centrosinistra. Essa si basa su una scommessa: cioè che (lo dico sommariamente) i tre milioni che hanno sfilato a Roma per la pace o le centinaia di migliaia che hanno partecipato al Social Forum di Firenze rifiuteranno la politica opportunistica dei gruppi dirigenti del centro sinistra. Mi sembra, però, che tra noi molti abbiano dubbi sulla tenuta del movimento. Alcuni addirittura paiono auspicarne un riflusso. Altri sono proprio estranei alla loro cultura: non si può, nemmeno da un punto di vista logico, accusare di violenza frange del movimento e poi, contemporaneamente, non far proprio il discorso sulla nonviolenza perché estraneo alla tradizione dei partiti comunisti. Si può fare una rivoluzione senza violenza? Ci si può dire rivoluzionari e nonviolenti? Io penso di sÏ, ma siamo sicuri che tutto il partito concordi con queste formule? In realtà noi non siamo nani sulle spalle (giganti?) del movimento. Siamo nani e basta, anche se fatichiamo ad ammetterlo. Eppure siamo importanti, forse necessari per líalternativa nel nostro paese.

Sandro Barzaghi
Federazione Milano
La relazione del compagno Bertinotti mi ha soddisfatto soprattutto quando sottolinea il carattere processuale e aperto del percorso, assumendo anche dubbi, perplessità, e critiche (comprese quelle di metodo) dei compagni. Non ho dubbi che il percorso debba già da oggi essere orientato politicamente, indicando la prospettiva che vogliamo dare all'opposizione. Allora unità per la caduta del Governo e radicalità nei programmi per non lasciare ai ìriformistiî la rappresentanza politica-istituzionale dellíopposizione. Qui sta la priorità della costruzione del programma per líalternativa di governo, la cui costruzione non potrà essere un pranzo di gala, ma un vero ìconflitto programmaticoî, vedi le ultime prese di posizione di Fassino e Rutelli. Non dunque un ìprogramma minimoî dove mettere assieme alcune compatibilità allíinterno di alleanze politiche già definite e in cui Rc diventerebbe la sinistra del centrosinistra. No! questo rappresenterebbe la morte dellíalternativa e la vittoria dellíalternanza. Noi dobbiamo introdurre alcune variabili indipendenti. Per questo occorre:1) far irrompere i movimenti, le grandi organizzazioni di massa nella discussione del programma (vedi Fiom) 2) definire una Carta Programmatica attraverso una Conferenza Programmatica (locale e nazionale) non di partito ma costruita con quei soggetti che hanno dato vita alla campagna referendaria. Ultimo punto: è cambiato o no líUlivo? la risposta sta nel giudizio severo sul centro-sinistra della relazione. Il gruppo dirigente dellíUlivo non è affatto cambiato, ma cíè una sua disarticolazione soprattutto rispetto alle grandi organizzazioni di massa come la Cgil, la Fiom, líArci con un elemento di accelerazione che va colto: la proposta del Partito Riformista significherebbe uno spostamento ancora più accentuato verso il centro. Ciò provocherebbe: 1) ulteriore disarticolazione dellíUlivo(da destra e da sinistra); 2) uno spazio assai rilevante per una sinistra di alternativa che non crescesse su se stessa, isolata, o come pura sommatoria di ceti politici, ma che fosse in grado di confrontarsi con le contraddizioni sempre più evidenti che si manifestano nel centro-sinistra su ogni questione.

Claudio Bellotti
Direzione nazionale
La svolta precipitosa verso il centrosinistra rischia di spingere il Prc in un vicolo cieco. » fin troppo evidente come le basi per líaccordo programmatico che si cerca con líUlivo non esistono oggi come non esistevano ieri. Si cerca di coprire questa realtà con fiumi di parole che confondono il nostro dibattito senza per questo impressionare i nostri interlocutori e ipotetici alleati. Come si fa a dire che il centrosinistra non cíè più, come ha fatto Bertinotti nella relazione? » chiaro che il partito viene messo su un asse inclinato. Quei compagni che hanno chiesto che si pongano dei ìpalettiî chiari nella trattativa col centrosinistra non tengono conto del fatto se oggi ci sgoliamo a dichiarare che vogliamo allearci con líUlivo per governare líItalia in modo diverso dalla destra, domani ci risulterebbe praticamente impossibile rompere tale alleanza dichiarando che non esistono le condizioni per un programma comune. In generale questa politica di svolte e controsvolte spiazza il partito e aggrava la nostra situazione interna; líancoraggio di classe si sta sempre più diluendo, sia nelle parole díordine che nella struttura del partito stesso. Líintervento sullo sciopero generale, o sulla vertenza dei metalmeccanici è stato modesto, quasi sporadico. » un pò strano che un segretario si presenti al Cpn domandando cosa si è fatto, sarebbe precisamente compito del gruppo dirigente dare indicazioni díintervento e fornire le necessarie verifiche. Ma questo pare non interessare, cosÏ come poco interessano i dati del tesseramento e qualsiasi seria analisi sullo stato reale dellíintervento e del radicamento del partito stesso, o dello stato reale dei movimenti di massa. Condivido le critiche alla svolta avanzate nei due documenti di minoranza (Ferrando e Izzo). Quello che in essi è assente è un abbozzo, sia pure parziale, di una strategia e una tattica per uscire da questa strettoia nella quale veniamo ad infilarci. A questo proposito non ritorno su quanto ho già avuto líopportunità di dichiarare in sede di Direzione e nel documento presentato al Cpn precedente.

Vito Bisceglie
Federazione Torino
La maggioranza, uscita nellíultima Direzione nazionale, segna una svolta rispetto al Vù Congresso. La rottura con il governo Prodi, i rapporti con i movimenti, la costruzione della sinistra antagonista furono gli assi di quella maggioranza congressuale. Oggi ci si dice che i rapporti con i movimenti possono portare a un accordo con il centrosinistra. Che, grazie ai movimenti, líUlivo è cambiato. Su quali basi è possibile fare accordi con líUlivo? Sui referendum vi è stata uníalleanza oggettiva tra Polo e Ulivo. Sullíintervento militare in Jugoslavia e in Iraq la differenza è solo se basta o no líombrello dellíOnu. Su pensioni, salari, precarizzazione del lavoro, scuola, sanità, le posizioni sono simili: le differenze sono solo nei tempi. Su quali basi si possono costruire elementi di programma comune? La rottura con Prodi ci costò una scissione che aveva al suo centro proprio le questioni sociali: riduzione dellíorario di lavoro, pensioni, la difesa dei salari, la lotta ai lavori precari. Certo la crisi della destra spinge le masse verso líunità antiberlusconiana. Ma una forza comunista deve saper distinguere líunità nella lotta, dal basso, con lotte, scioperi e obiettivi precisi dallíunità di programma. Fa bene il compagno Cremaschi a chiedere una conferenza programmatica (cosa che la minoranza chiede da tempo), ma una tale Conferenza non può essere un incontro delle cosiddette forze antagoniste e di movimento. Credo che una tale conferenza debba coinvolgere tutto il partito nella definizione di una strategia di medio periodo e non essere sottoposta alle pressioni che vengono dallíesterno o da quel ceto politico che il ìmovimentoî esprime. Il documento di maggioranza della Dn per un verso vanifica ogni prospettiva di costruzione di un polo di classe alternativo sia al centrodestra che al centrosinistra, ma contemporaneamente tende a rompere con quei movimenti reali che nella società si pongono líobbiettivo della trasformazione.

Sergio Boccadutri
Esecutivo Giovani Comunisti
Questo è uno dei casi in cui la forma del dibattito ne determina la sostanza. E bene ha fatto il segretario, la cui relazione condivido e considero un passo in avanti rispetto al documento della Direzione, a rispondere con precisione alle critiche, senza liquidarle. Credo che questo atteggiamento debba diventare una costante del nostro dibattito. Ed è stato anche importante iniziarlo anzitempo, rispetto alla scadenza naturale della legislatura: solo in questo modo possiamo riuscire a discutere in profondità - non soltanto a livello centrale - evitando di rimanere stritolati allíultimo momento in logiche politiciste. Ma sui territori la discussione deve avere lo stesso tono di quello che stiamo svolgendo qui dentro. Dobbiamo evitare a tutti i costi che qualcuno possa pensare che ìfinalmente si ritorna alla politicaî, perché invece è proprio dal generoso impegno di tante compagne e tanti compagni nel movimento che bisogna partire nel confronto locale con le altre forze politiche democratiche, anzi è proprio quel lavoro politico e sociale, con le sue difficoltà e i suoi risultati, che deve essere bussola di quel confronto. Senza toccare líautonomia del movimento. Eí possibile? Eí possibile insomma pensare un ruolo dinamico del nostro partito, che non si comporti diversamente ed invece tenga la stessa barra nel movimento come nelle stanze delle istituzioni? Dalla risposta passa anche la nostra sfida della rifondazione comunista e della costruzione della sinistra díalternativa. Eí proprio in questa direzione che stiamo muovendo la nostra organizzazione giovanile. Come Giovani Comunisti abbiamo rotto líidea classica di ìgiovanile di partitoî, e lo abbiamo fatto anche e soprattutto nelle relazioni che abbiamo costruito. La disobbedienza, e qui non parlo solo delle pratiche di piazza, se già inizia a diffondersi allíestero, può diventare anche in Italia espressione del dissenso. Abbiamo ancora tanta strada davanti e questa passa immediatamente dalle iniziative del 7 novembre accanto ai metalmeccanici, dalla liberazione di nuovi spazi sociali e dallíaffermazione dei diritti più semplici, dalla casa alla cultura.

Ugo Boghetta
Direzione nazionale
La proposta avanzata è stata spesso mal interpretata dentro e fuori il partito, per motivi strumentali, ma anche perché, alla parola: Ulivo, scatta una comprensibile reazione negativa. Le malefatte non si contano, perciò, ogni cosa sbagliata che fa o dice líUlivo deve vedere da parte nostra uníiniziativa di massa tesa a far prendere coscienza che cosÏ non si batte Berlusconi. Líobiettivo, infatti, è mandare a casa Berlusconi, e cambiare i rapporti di forza nellíopposizione. Dovremo, dunque, costruire campagne di massa per la legge sulla rappresentanza, il diritto di sciopero, la chiusura dei Cpt, la ripubblicizzazione dei servizi. Alla fine valuteremo i risultati raggiunti contro il governo, la qualità del programma e líadesione di massa, attiva e cosciente, alle tesi antiliberiste. Nelle critiche pesano anche esempi negativi del come Prc sta in certe maggioranze a livello locale. Figuriamoci altri?! Queste situazioni vanno cambiate. Ai movimenti (No Global, Fiom, Cgil ed altri), si chiede di continuare il conflitto, di partecipare al percorso di definizione di un programma, non di ìandare al governoî. Líautonomia dei movimenti è imprescindibile perché líobiettivo non è il governo, ma un altro modello di società, che non può che passare attraverso la modifica dei rapporti sociali. Inoltre, ciò che non si otterrà nel programma, dovremo operare per ottenerlo poi. Sarà quindi ancor più importante capire quali spazi politico/istituzionali si apriranno per continuare la lotta. Va dunque contrastata una lettura (e pratiche) governista della proposta. Il maggioritario ci costringe a questo passaggio contraddittorio, meglio affrontarlo ora che subirlo alla fine. Questa è una constatazione ineludibile: senza se e senza ma. Ma è decisivo che questo percorso sia di massa, veramente collettivo e democratico.

Giordano Bruschi
Federazione Genova
In un dibattito di decine di migliaia di parole scelgo provocatoriamente di sottolineare solo tre fatti, espressi dallo sciopero a Genova del 24 ottobre. Corteo principale di 70mila compagne/i raccolti sotto le insegne del sindacato confederale. Adesioni allo sciopero altissime di operai, impiegati pubblici, giovani precari della grande distribuzione alla prima lotta. Altro corteo di disobbedienti, Cobas, Centri speciali con duemila partecipanti. Parole díordine importanti, radicali portate sotto il palco. Lancio di carta igienica contro líoratrice Cisl in polemica per il patto del lavoro. Servizio díordine della Cgil che contrasta la contestazione. Líaltro corteo abbandona piazza De Ferrari per radunarsi in luogo separato. Riflessione: come unificare forze importanti, coinvolgerle, tutte, nel conflitto sociale, rendendole protagoniste di un cambiamento indispensabile, ma possibile? Gran parte delle masse in piazza giudica prioritaria la cacciata di Berlusconi e chiede rivendicazioni sociali: pensioni, salari, sanità, diritti in fabbrica. Esige unità come condizione essenziale. Sono molto radicali nei contenuti, ma nelle elezioni e malincuore votano Ds e Margherita perché ritenuti (magari sbagliando), più efficaci. Alle domande che questi potenziali nostri sostenitori ci rivolgono: ìdove vai? î, non possiamo solo rispondere ìporto pesciî, sottolineando la freschezza, la bontà dei contenuti. Líobiettivo di un accordo programmatico di governo, formulato da Bertinotti, da realizzare con ampia partecipazione dal basso, è elemento determinante e vincente. Nessun inciucio con DíAlema; anzi, costruzione di un blocco sociale che sposti le masse del movimento dal moderatismo del vertice Ds alla radicalità delle sinistre alternative, evitando i settarismi della carta igienica, del letame, delle uova ripiene di vernice.

Alberto Burgio
Responsabile Giustizia
Della nuova linea del partito sono state date interpretazioni diverse sia nel dibattito in corso su Liberazione che durante questo Cpn. » quindi utile fissare con chiarezza pochi punti essenziali, soprattutto a beneficio di quei compagni che la rapidità della svolta potrebbe aver disorientato. In primo luogo, si tratta di un cambiamento decisamente positivo, in virtù del quale il partito recepisce líistanza fondamentale avanzata dallíintero ìpopolo della sinistraî: cacciare al più presto il governo Berlusconi, possibilmente prima della fine naturale della legislatura. Se non rispondessimo a questa domanda rischieremmo líisolamento, poiché daremmo líimpressione di essere sordi a uníesigenza considerata vitale anche dai movimenti, che chiedono con forza líunità delle sinistre in quanto comprendono che, finché questo governo resterà in carica, sarà per loro impossibile dispiegare appieno il proprio potenziale di lotta. Ciò non significa vedere tutto facile, assumere il quadro mitologico secondo cui la crisi del neoliberismo renderebbe di per sé agevole realizzare il nostro programma politico. Ma non è vero nemmeno il contrario. Il fatto che la parte prevalente del centrosinistra permanga su posizioni moderate non pregiudica líesito del confronto. I compagni che pensano cosÏ trascurano che diverse forze politiche, sindacali e sociali del centrosinistra o ad esso vicine si sono spostate su posizioni avanzate, simili alle nostre. Eí lo schieramento che col nostro partito ha sostenuto il referendum sullíart. 18 e si è opposto incondizionatamente alla guerra. Ora sta a noi far sÏ che tale schieramento si consolidi e cresca, affinché líasse politico complessivo dellíopposizione si sposti sempre più a sinistra, nel segno della difesa del lavoro, della pace, dei ceti sociali deboli e della Costituzione antifascista.

Giovanna Capelli
Direzione nazionale
Parto da un commento sullo sciopero di venerdÏ 24: hanno scioperato nella scuola docenti e lavoratori/trici che non lo avevano fatto mai (nella mia zona si passa dal 28% degli scioperanti dellíultimo sciopero al 78% del 24 ottobre). E ciò per líintreccio perverso che cambia in negativo le loro vite: salari insufficienti, pensioni lontane, insicure e decurtate, una controrifoma della scuola incombente che azzera 30 anni di esperienza pedagogica e di ricerca di attuazione del diritto allo studio. Per la prima volta erano presenti alla manifestazione migranti autorganizzati non sulla base del paese di provenienza, ma del luogo, da cui hanno aperto un conflitto con le istituzioni per avere una casa e il permesso di soggiorno. Questi elementi anche se non assolutizzati ed enfatizzati ci fanno capire che stiamo vivendo una stagione di crescente conflitto sociale e di connessione reciproca dei movimenti; la giornata di venerdÏ è un punto di partenza per líallargamento e la radicalizzazione della opposizione al governo. La nostra proposta politica è incardinata in questo contesto. Ad essa sottende la domanda se sia possibile oggi un governo di alternativa nella Europa della globalizzazione. Domanda necessaria e aperta, con risposte parziali e tutte in fieri, che rimandano a coloro che per primi líhanno resa formulabile e attuale, alle straordinarie esperienze latino americane di Lula, di Chavez, degli Zapatisti, di regioni in cui si gioca la punta più avanzata dello scontro con la globalizzazione neoliberista. Proprio sul governo dobbiamo lavorare mettendo a fuoco il tema del rapporto fra governo, movimento, conflitti sociali. Parlo anche di un necessario bilancio della esperienza dei governi locali in cui da anni diamo vita ad alleanze con il centrosinistra. In alcuni luoghi questo rapporto con i movimenti, questo conflitto ha prodotto esperienze positive e trasformative. Il conflitto stravolge le priorità date, fa emergere bisogni, struttura soggettività che non solo li esprimono, ma si assumono la responsabilità di gestirne la realizzazione.

Mimmo Caporusso
Federazione Bari
Condivido la relazione del segretario. Bisogna lavorare sulla centralità del movimento, la costruzione della sinistra alternativa e líopposizione al governo Berlusconi tracciando un percorso per raggiungere se possibile una alternativa di governo. La fase politica dopo due anni di governo delle destre è cambiata; vorrei ricordare che questo governo ha effettuato una serie di provvedimenti che mettono a rischio il nostro paese: legge Cirami, falso in bilancio, abolizione della tassa di successione, lodo Schifani, condono edilizio, riforma Moratti con il finanziamento delle scuole private, la Bossi/Fini e la L. 30. Ora si appresta a riformare il sistema pensionistico, modificare la legge sulla informazione e attacca la Costituzione antifascista. Bene ha fatto il nostro partito a proporre una manifestazione unitaria di tutte le opposizioni contro questo governo; facciamo bene a mettere nella nostra agenda politica come questione centrale la cacciata di questo governo. Tutto ciò non basta; bisogna lavorare affinché si raggiunga una intesa avanzata - il che non è facile - con le forze del centrosinistra i movimenti e Rifondazione Comunista. Alcune questioni noi dobbiamo porle in maniera forte come la perdita del potere díacquisto dei salari e delle pensioni e la legge 30. La perdita di potere díacquisto dei salari e delle pensioni sta creando nel nostro paese disperazione, non si riesce più ad arrivare a fine mese; dobbiamo chiedere al centrosinistra che la questione salariale diventi questione centrale e proporre da subito un meccanismo di adeguamento dei salari e delle pensioni al reale costo della vita. Altro punto importante per noi Comunisti deve essere líabolizione della legge 30. Con la legge 30 siamo al mercato selvaggio, ìmeno contratto più mercatoî. Tutti atipici, tutti flessibili, tutti precari: tutti uguali perché senza diritti. la flessibilità americana lanciata da Reagan che porta a cancellare il sindacato.

Guido Cappelloni
Direzione nazionale
Il progetto politico che stiamo portando avanti è complesso e tuttavia lo dobbiamo percorrere con determinazione. Lo dobbiamo fare per dare risposta positiva alla richiesta che viene dal paese di liberarci da Berlusconi. Lo dobbiamo fare anche per contribuire a far crescere nel paese una spinta ad elaborare linee programmatiche con dei contenuti corrispondenti alle esigenze popolari e dunque del tutto diversi da quelli del governo Berlusconi ma anche migliori di quelli dei governi di centrosinistra. Líimpresa è molto difficile e non credo che la strada da percorrere sia quella di elaborare al nostro interno queste linee programmatiche per poi sottoporle ai nostri interlocutori. Dobbiamo stimolare un dibattito alla ricerca di un accordo sui contenuti con i partiti del centrosinistra, con le organizzazioni sindacali e di massa, con i movimenti. A proposito di questi ultimi dobbiamo essere consapevoli dellíimportante ruolo che hanno giocato nella lotta per la pace e contro le politiche neoliberiste. Ciò ci deve spingere a contribuire allíulteriore loro sviluppo. Per questo ha fatto bene Bertinotti a ricordare che nella manifestazione del 4 ottobre svolta nel ìdeserto dellíEurî si sono manifestati dei limiti in certi settori del movimento quali il rischio dellíautoreferenzialità. Perseguire il nostro progetto comporta per il partito uno sforzo gigantesco visto che, nello stesso tempo, si deve approfondire il dibattito ed insieme si devono sviluppare lotte di massa e iniziative politiche a tutti i livelli istituzionali. Occorre dunque un partito fortemente unito. Eí stato detto che purtroppo in esso ci sono conflitti e separatezze. Ne abbiamo avuto una plateale prova con líintervento della compagna Mattu. Dobbiamo superare queste situazioni. Ma deve essere chiaro che il loro superamento si conseguirà meglio se vi sarà un impegno più determinato da parte anche della Direzione. Laddove tale impegno fosse non del tutto adeguato ne risentirebbe negativamente il nostro progetto politico.

Milziade Caprili
Direzione nazionale
Il nostro dibattito si sta svolgendo in maniera diffusa ed articolata. Ciò, naturalmente, è positivo, ma a condizione che non si trasformi in uno scontro tra opposte tifoserie. A questo rischio ne è inevitabilmente connesso un altro ed altrettanto pericoloso: il riduzionismo. Attenzione a non ridurre tutto ad un referendum sul semplice confronto tra Rifondazione ed il centrosinistra. Ci troveremmo in una situazione díestrema debolezza, accentuata dalla rinuncia a rapporti con líesterno. Abbiamo, al contrario, bisogno di un percorso che si sviluppi aprendo la nostra iniziativa allíesterno di noi stessi. Líimpresa è difficile, complicata, e dallíesito non affatto scontato. Il dibattito non può poi prescindere dalla costruzione di un soggetto politico della sinistra díalternativa europea in rapporto ai problemi dellíEuropa e che non sono derubricabili ad argomenti di politica estera. Eí necessario quindi accelerare il processo della sinistra díalternativa europea e considerarlo asse portante dellíinsieme della nostra proposta. Dalla crisi con Prodi si è articolata la nostra iniziativa díinvestimento sui movimenti. Quella ricomposizione tra politica e movimento, che è sotto gli occhi di tutti, va ascritta anche a merito della nostra azione. Tutto ciò non va sottovalutato. Eí necessario proseguire su questo percorso valorizzando le esperienze territoriali che si inseriscono in questo quadro e che rappresentano il dispiegarsi concreto del lavoro politico. Siamo dunque ad un passaggio díestrema delicatezza che affrontiamo con un partito nel quale le forme di separatezza, rigidità ed incomunicabilità rappresentano dei veri e propri impedimenti al dispiegamento di una iniziativa larga. Si rende necessaria ed urgente una assunzione di responsabilità da parte del gruppo dirigente da inquadrare nel processo díinnovazione che non può essere vissuto come momento separato dal resto della proposta politica.

Carlo Cartocci
Responsabile Immigrazione
Quando incontro i migranti, e mi capita spesso, mi chiedono: ´Ma se si batte Berlusconi e si cambia governo, cosa proporrete per noi?ª. Quando si dice ìmovimentoî, infatti, non è di una identità astratta che si parla, ma di donne e uomini che fanno richieste, esprimono soggettività, parlano di bisogni e di sogni. Per queste ragioni dirò semplicemente che, in questa fase, navighiamo fra due sponde strette e pericolose. Da un lato dobbiamo trovare un accordo con le forze riformiste, pena la stagnazione della nostra azione politica, dallíaltro non dobbiamo annacquare la nostra linea politica, pena la perdita di identità e, con essa, di molti compagni. Mi rendo conto che non si può andare alla trattativa con la lista delle richieste rigidamente predefinite invece che con una idea di società che si vuole definire insieme, ma tuttavia ci sono questioni che non si possono affrontare senza porre pregiudiziali e líimmigrazione è fra queste. Una prossima nuova maggioranza dovrà rivedere il testo della legge sullíimmigrazione, abrogare la Bossi-Fini, ma non tornare semplicemente alla Turco-Napolitano. Dovrà varare una legge sui richiedenti asilo ispirata allíart. 10 della Costituzione, fare una legge sul diritto di voto ai migranti basata sulla residenza e non sul censo o sulla tipologia del permesso di soggiorno, fare una legge sulla cittadinanza che rinneghi lo ius sanguinis. Soprattutto occorre compiere subito un gesto politico altamente simbolico: chiudere i Cpt. Su molte proposte si potrà accordarsi sui tempi e sui modi, sui Cpt non cíè spazio per mediazioni. Non credo che la rigidità in politica sia cosa saggia, ma occorre coniugare la duttilità con la radicalità. Abbiamo detto che si andrà alla trattativa accompagnati dallíorientamento del movimento di cui facciamo parte, sullíimmigrazione il movimento è unitario e radicale: dobbiamo ascoltare il movimento.

Bruno Casati
Direzione nazionale
Il Partito fa la scelta giusta: prova a relazionarsi con le aree più avanzate delle opposizioni e, sotto la spinta dei movimenti, tutti, si propone con loro di cacciare Berlusconi. Finalmente! Già nella ricerca, possono avanzare sia un programma di alternativa che i soggetti di una sinistra di alternativa. Si può portare cosÏ a sintesi uno straordinario biennio di lotte sociali che oggi vogliono essere ascoltate dalla politica. Stiamo perciò ragionando su quel nesso società/conflitto/governo che, solo nei primissimi anni í60, fu indagato da quella sinistra (Pci e, poi, Psup). E, in Rifondazione, è del tutto evidente, siamo a una correzione di rotta. Sbagliato attardarci a ricercarne le radici, se nel Congresso o altrove. Rischiavamo il fuori gioco politico, questa è la verità, oggi rientriamo in gioco assumendo le istanze di quegli undici milioni che hanno votato SÏ al referendum, ma anche del popolo della Perugia-Assisi e degli operai industriali della Fiom che si batte per tenere aperta per tutti la porta della contrattazione. E avviamo un percorso a esito non dato. Non sarà semplice già praticarlo, anche perché in un centrosinistra, che si è per davvero scomposto, possono prevalere quanti che, pensando solo ad accomodamenti - sulle pensioni, sulla L. 30, come già sulla guerra - agiteranno su di noi il classico ricatto ìo si fa cosÏ o si perdeî. Bisogna essere in tanti, che a differenza del í98 oggi ci sono, a rispondere loro nei fatti che ìsi può vincere ma solo su un progetto limpido, non accomodante, di alternativa e di massaî. Eí la sfida. Dobbiamo sostenerla con forti idee coinvolgenti che partano, certo, dalla cassazione della Legge 30, dalla difesa delle pensioni, da una legge sulle rappresentanze e, magari da una legge sul reddito sociale minimo. Ma non basta. Avanzo due proposte. La prima parla al cuore e alla pancia delle masse. I prezzi aumentano? Prepariamo il calmiere. Salari e pensioni calano? La risposta è una sola: scala mobile!

Anna Ceprano
Direzione nazionale
Siamo stati invitati a fare una scelta netta ed io sarò netta. Dico no alla proposta scellerata e fallimentare di costruzione di uníalleanza politico-programmatica con forze moderate e liberali. E guerrafondai che niente hanno fatto a favore dei lavoratori quando hanno governato e che anzi hanno approvato leggi antipopolari e razziste (es.: pacchetto Treu, Turco-Napolitano, Finanziaria ìlacrime e sangueî di Prodi), e che ci hanno boicottato solo tre mesi fa sul referendum sullíart. 18, e che in una fase di montante autoritarismo delle attuali forze di governo latitano, assieme al nostro partito che lascia il ruolo di opposizione nel Paese al movimento per la pace e girotondini, che non scende su un terreno di classe, sul terreno del conflitto capitale-lavoro. Dico no a rinunciare alla identità comunista che, per líennesima volta, viene chiesta in dote al partito per svuotarlo ulteriormente di valori e di principi che sono patrimonio del movimento dei lavoratori a cui dobbiamo richiamarci. Líopposizione, come ha dimostrato lo sciopero di ieri, dove il partito ha portato lo striscione ma non la propria presenza organizzata, non si fa solo con le dichiarazioni dei leaders ma con la forza dei lavoratori organizzati. Ci viene chiesto di decidere senza aver attivato nel partito nessun tipo di discussione, tanto meno libera e democratica, come ci è stato detto oggi e, cosa più grave, senza aver parlato della crisi del partito. Non cíè stato, infatti, nessun dibattito, nessun esempio di democrazia, anzi oggi nel partito viviamo una falsa democrazia. Infatti, non tutti hanno le stesse opportunità di parlare negli organismi o su Liberazione. Visto che il segretario ha citato il comizio del 28 settembre, vorrei ricordare líepisodio della cancellazione, non si sa ancora da chi, della manifestazione del 27 settembre, perché è esemplificativo dellíannullamento degli spazi di discussione, del superamento degli organismi dirigenti, della crisi del partito che si preoccupa di discutere e confrontarsi solo allíesterno.

Mauro Cimaschi
Federazione Crema
La cacciata del governo Berlusconi, lunga mano dellíamministrazione Bush in Europa e in Italia, ha una valenza non solo per la situazione interna (peggioramento della situazione economica, emergenza democratica), ma anche internazionale. Ampiamente condivisibile, quindi, la nuova linea politica proposta dalla Segreteria, approvata dalla Direzione nazionale, sulla quale chiamare ad esprimersi i nostri Cpf. Proposta che si basa su 2 punti: pericolosità e cacciata del governo Berlusconi, apertura di un confronto programmatico con il centrosinistra. Svolta o ìcambio di passoî rispetto al congresso? Rilevante è che il Partito si ricolloca al centro dello scontro politico; come spiegarci altrimenti il coro di consensi alla nostra proposta di indire una manifestazione unitaria di tutte le opposizioni contro il governo? Profonde le differenze programmatiche che ci dividono dal centrosinistra, ma altresÏ importanti sono le divisioni che al suo interno vanno producendosi. Avviare un processo, sostenuto da una forte pressione dal basso, che consolidi e amplii un rapporto con quelle forze schierate nella battaglia per líestensione dellíarticolo 18 e per il ritiro delle truppe dallíIraq, è precondizione perché si sposti a sinistra líasse del centrosinistra; si realizzi un programma i cui contenuti qualifichino una proposta programmatica in difesa degli interessi delle classi sociali da noi rappresentate. Solo un Partito, unito, motivato, strutturato, può essere allíaltezza di questo compito: il superamento di lacerazioni congressuali, oggi ancor più anacronistiche; un maggior coinvolgimento democratico nelle scelte; un rafforzamento delle strutture periferiche; il rilancio di una forte iniziativa di massa, capillare, unitaria con le altre forze politiche e sociali di opposizione; ne sono presupposti indispensabili.

Aurelio Crippa
Direzione nazionale
Nella relazione significativi mutamenti allíimpostazione ed al documento della Direzione, che devono avere conseguenza nella pratica e nellíagire del Partito. Crescono i movimenti e líopposizione. Compito del Partito è contribuire ad allargarli, dargli continuità, unire, alla risposta generale, quella articolata nei territori. Dotarli di piattaforme rivendicative che esprimano, nei loro obiettivi, il carattere offensivo corrispondente allíesigenza della trasformazione della società (un altro mondo è possibile). Giusto lo sciopero generale e la sua continuità, ma nettezza nellíopporsi al riproporre di Cgil Cisl Uil della concertazione e della politica dei redditi. Governi di centrosinistra e di centrodestra hanno utilizzato e utilizzano le pensioni per far fronte al deficit pubblico. Questa logica va sconfitta unendo al No allíulteriore contro-riforma, una piattaforma rivendicativa per la difesa della previdenza pubblica. Riproposta líalternativa programmatica di governo. Obiettivo giusto, ma riguarda il 2006, tempo che non collima con líurgente necessità di dare risposte immediate e positive alle istanze dei movimenti ed ai problemi dellíoggi. Reputo, qui il mio dissenso che, fermo restando questo è necessario che oggi il Partito definisca i suoi obiettivi prioritari (risposta i problemi) su cui sviluppare líiniziativa a tutti i livelli, rappresentando essi un contributo al confronto, che deve essere portato avanti nonostante la difficoltà delle differenze politiche. Con líobiettivo di costruire piattaforme rivendicative - punti comuni - su cui sviluppare líiniziativa con líopposizione parlamentare e quella sociale nel Paese. Una scelta che supererebbe una realtà negativa; líoperare del Partito ai vari livelli istituzionali sempre meno dettato dalla politica e sempre più dalla salvaguardia del rapporto con il centro-sinistra, spesso subalterno (cíè il confronto, non possiamo differenziarsi, rompere). Decisivo il ruolo del Partito, oggi non allíaltezza della ìbisognaî.

Stefano Cristiano
Federazione Pistoia
Sono díaccordo con líimpostazione proposta dalla Direzione nazionale e ribadita dal Segretario nella sua relazione. La nuova linea politica sulla quale si sta posizionando il partito, tendente a costruire uníopposizione politico-programmatica al governo Berlusconi, con líobiettivo della alternativa, è pienamente condivisibile. Essa ha, inoltre, una grande importanza per una serie di ragioni oggettive e soggettive. Le ragioni oggettive risiedono nella pericolosità del governo Berlusconi che organicamente mina alla radice la costituzione a partire dalle sue basi storico-culturali (líattacco alla resistenza e la rivalutazione di Mussolini), attacca frontalmente il mondo del lavoro (articolo 18, legge 30, controriforma delle pensioni), distrugge lo stato di diritto ed i presupposti democratici su cui si fonda (leggi salva processi, condoni fiscali ed edilizi). Líestrema pericolosità di questo governo è avvertita anche dal nostro popolo che ci chiede una iniziativa unitaria a partire dallíopposizione, con líobiettivo prioritario di far cadere al più presto líesecutivo. Le ragioni soggettive risiedono nella necessità, per il nostro partito, di misurarsi con i nodi concreti dellíamministrazione, e nella opportunità che il confronto dialettico con le forze del centrosinistra ci offre, di intervenire nelle contraddizioni che esistono allíinterno di quello schieramento, e che si stanno manifestando in differenziazioni sempre più frequenti su temi centrali quali i problemi del lavoro e la guerra. Ciò che invece dobbiamo evitare è prefigurare oggi lo sbocco di questo cammino: líobiettivo è una alternativa di governo, il percorso è una battaglia di opposizione al governo delle destre, lo strumento è una alternativa programmatica su contenuti chiari e condivisi. Dire oggi che líaccordo è sicuro sarebbe incomprensibile, anche alla luce di differenze che tuttíora permangono su temi strategici; dire oggi che líaccordo è impossibile ci metterebbe in contrapposizione radicale con una volontà diffusa, anche nel nostro elettorato, di ricercare rapporti unitari per battere queste destre.

Alessandro Curzi
Direzione nazionale
Il segretario nella sua relazione ci ha chiesto di compiere una scelta netta sulla sua proposta che noi di ìLiberazioneî abbiamo sintetizzato nel titolo ìPer uníalternativa di governo, per una sinistra di alternativaî. Personalmente condivido con forte passione politica, líanalisi fatta sullíattuale situazione italiana nel quadro della profonda crisi che si manifesta nel processo di globalizzazione capitalista mondiale. La proposta di Bertinotti, che spero diventi, con il voto di questo Comitato politico nazionale, la proposta di tutto il nostro partito al Movimento, al sindacato, a tutte le forze politiche che non si riconoscono nel berlusconesimo, nasce dalla comprensione che ´la crisi italiana non contempla solamente un pesante declino economico e industriale, ma coinvolge líintero assetto della società e delle classi dominanti, producendo confusione e perdita di senso e uníinfelicità diffusaª. Una crisi di società, quindi, a cui dobbiamo saper rispondere, con un progetto, un modello di sviluppo, un programma di governo. La tentazione, spesso ricorrente, in una sinistra di ìanime candideî, di stare alla finestra deve essere respinta da un partito che, orgogliosamente, vuole definirsi partito dellíalternativa. Per questo, a volte, manifesto un certo fastidio per posizioni di arroganza settaria che liquidano con facili battute moderniste (ma che invece sono assai vecchie!) la complessa storia del ìpartito nuovoî di Togliatti, quel Pci che è stato per milioni di italiani una scuola di democrazia, di legalità repubblicana, una scelta di vita. La proposta di cui stiamo discutendo e cioè, di uníuscita da sinistra da questa crisi di società, è certamente difficile e irta di ostacoli. Mi sembra indispensabile, perciò, anche dopo il voto che daremo in questo Cpn, proseguire la discussione, ma non dobbiamo farlo in modo chiuso. ´Dobbiamo - ha detto Bertinotti - aprire un circuito con i movimenti, con le lotte, con il lavoro quotidianoª e il nostro giornale ìLiberazioneî, dovrà saper aprire le sue pagine a questa battaglia culturale e politica. Una nuova società è possibile.

Pasquale D'Angelo
Federazione Chieti
Il riaffacciarsi di ìaperture di identificazioneî con le nuove forme del panorama ìulivistaî in costruzione rischia di svilire la nostra funzione a semplice ala di ìmaggiore radicalitàî, oltretutto in concorrenza con quellíamalgama imprecisato che va movimentando lo ìspazio criticoî rispetto ai Democratici di sinistra; ìapertureî che hanno poco a che fare persino con líobiettivo, pur necessario, di disporci in modo da fare tutto il necessario per contribuire a battere elettoralmente e politicamente ìle destreî pericolose ed inquietanti che oggi gestiscono e devastano il paese. E allíennesima ìsvoltaî del partito torna il semplicistico dualismo ìgoverno/opposizioneî, fuori dalla necessaria consapevolezza che líistituzionalità è, ormai, sempre più indirizzata ad escludere ogni reale possibilità di poter essere utilizzata come terreno sul quale possa passare un processo di transizione alternativa. Va ribadito impraticabile, a livello nazionale, un nostro coinvolgimento in governi nei quali la piena agibilità democratica e le esigenze effettive dei ceti deboli non trovino riscontro concreto e centralità determinante. Tanto più oggi, nel contesto di un centro-sinistra nel quale il ìmodernismoî è ormai predominante e relega sempre di più persino il ìprogressismoî a qualcosa di prossimo al residuale; e a maggior ragione perché consapevoli che gli arretramenti perseguiti dal centro-destra obbligherebbero una eventuale alternanza ìprogressistaî, al di là dei suoi stessi limiti programmatici, ad obiettivi di ìrecuperoî più arretrati delle conquiste precedenti. In ogni caso, al di fuori di qualsiasi intesa organica pre-elettorale, solo líacquisizione di risultati elettorali della coalizione e del partito che consegnassero complessivamente alla sinistra il peso necessario per conseguenziare i propri indirizzi programmatici ci potrebbe vedere nella condizione di valutare anche la possibilità di una nostra corresponsabilizzazione esterna, a patto di non contraddire gli elementi di fondo e líautonomia della nostra identità programmatica e strategica.

Walter De Cesaris
Responsabile Ufficio
di Segreteria
La nostra proposta politica va letta assieme: rapporto con il movimento, costruzione della sinistra di alternativa, confronto programmatico tra le opposizioni. Ma, sarebbe sbagliato sovrapporre i piani: il rapporto con il movimento è líispirazione di fondo che permea la nostra iniziativa, la costruzione della sinistra di alternativa indica un processo politico per dare corpo e visibilità a quella che definiamo líaltra Europa, la proposta del confronto programmatico guarda al presente, a come rispondere alla crisi drammatica provocata dal governo delle destre. Si tratta di ìpassiî diversi e non possono essere concatenati in modo meccanicistico. Vorrebbe dire banalizzare líinsieme della proposta politica. Per questo, la sinistra di alternativa non è la proposta della rappresentanza politica del movimento o il confronto programmatico tra le opposizioni lo sbocco politico che indichiamo al movimento medesimo. Questo aspetto dinamico, va colto fino in fondo non solo sul versante politico ma anche su quello sociale. Qui, cíè un limite forte nella nostra iniziativa. La nostra proposta parla al popolo delle manifestazioni ma non entra nella carne viva delle sofferenze sociali diffuse. Un solo esempio. Noi abbiamo lanciato una parola díordine di grande effetto: ìsalari in lire e prezzi in euro. î Eppure, è rimasta appesa lÏ e la tematica della perdita del potere di acquisto delle retribuzioni viene derubricata a questione di folclore. Eppure, siamo gli unici ad avere proposte strutturali e la recessione pone il tema dellíaumento della domanda come ineludibile. Mai come oggi, nuova politica sociale e nuova politica economica si intrecciano. Cíè, quindi, anche per noi la necessità di un salto di qualità. E la campagna díautunno sulle questioni sociali può essere il primo banco di prova.

Elettra Deiana
Deputata
La relazione del segretario ha fornito un quadro chiaro e inequivocabile sia dei presupposti analitici sia delle scelte politiche che vengono avanzate. Lo condivido. Credo proprio che non si possa parlare né di svolta né di nuova linea. Siamo di fronte a una dinamica sociale e politica - e anche più in generale storica - che ha modificato in maniera evidente il contesto precedente e che richiede risposte adeguate da parte nostra. Questo se non vogliamo che le modifiche positive operate dalla forza del movimento, dalla ripresa del conflitto sociale e dallíincontenibilità delle contraddizioni suscitate dalle politiche neo-liberiste si esauriscano o vengano egemonizzate in senso moderato. E anche se non vogliamo che i pesanti mutamenti negativi causati da due anni e mezzo di berlusconismo abbiano il sopravvento. Non ho mai pensato che il movimento, sia pure della forza di quello che conosciamo oggi, potesse esaurire in sé la complessità delle istanze storico-sociali di questa fase - basti pensare alla dirimente questione del conflitto di sesso e dei rapporti di genere che informano in radice la globalizzazione e i processi in atto di costruzione dei meccanismi neo-identitari e degli apparati simbolici. E neanche che possa esaurire in sé ragioni e istanze del nostro essere partito. Il rapporto tra questo nostro essere partito - la nostra specificità come soggetto del e nel movimento - costituisce un aspetto su cui abbiamo accumulato molti ritardi di riflessione. E qualche confusione. Resta tutta valida la scelta operata dallíultimo congresso - il movimento come baricentro dellíanalisi e della proposta politica. Líalternativa di governo, da costruire nellíintreccio tra rilancio dei grandi temi conflittuali che hanno animato gli ultimi due anni, opposizione a tutti i livelli, ricerca e confronto programmatico a tutto campo e in una dimensione europea, è oggi il contesto reso non solo possibile ma per noi agibile proprio in ragione della scelta di quel baricentro.

Roberta Fantozzi
Direzione nazionale
La proposta politica che avanziamo è assai impegnativa e difficile, ed è tuttavia quella che ci permette il massimo dispiegamento della nostra iniziativa politica. Sviluppo del movimento e costruzione della sinistra di alternativa in Italia e su scala europea, radicalizzazione dellíopposizione al governo Berlusconi e parallelamente confronto con le opposizioni politiche e sociali per costruire uníalternativa programmatica ne sono gli elementi costitutivi. Si tratta di un percorso aperto, il cui esito non è scontato. Accanto alla necessaria prosecuzione della discussione interna e con líinsieme dei movimenti è dunque indispensabile sviluppare al massimo la nostra capacità di iniziativa. I danni sociali e democratici che le politiche del governo Berlusconi stanno producendo sono crescenti, dalla precarizzazione estrema dei rapporti di lavoro alla volontà di smantellare definitivamente la previdenza pubblica, alla radicale iniquità in materia fiscale, a tutto quanto sta avvenendo sul versante delle riforme istituzionali e dellíassetto dei poteri. Ed è indubbio il rischio che la crisi in cui è avvitata la politica delle destre possa produrre risposte di ulteriore imbarbarimento della situazione. Il confronto con le opposizioni è estremamente difficile. Se la situazione è profondamente mutata e questo determina uno spiazzamento delle politiche di ìliberismo temperatoî che hanno caratterizzato i governi di centrosinistra, sono evidenti le pulsioni neocentriste dei gruppi dirigenti di Ds e Margherita: Ma è altrettanto vero che la novità sta nel venir meno di una proposta organica e nella scomposizione del centrosinistra. Líinvestimento sulla crescita del conflitto sociale e dei movimenti, líaccelerazione del processo di costruzione della sinistra di alternativa sono le leve su cui operare per modificare i rapporti di forza fra ìriformistiî e sinistra di alternativa e determinare una caduta ìda sinistraî del governo Berlusconi.

Gianni Favaro
Direzione nazionale
Nella relazione, che condivido, è stato detto che occorre evitare che il Partito si chiuda dentro la discussione sulle nostre prospettive. Eí un errore che abbiamo già commesso dopo il congresso e che sta mettendo in seria difficoltà la nostra presenza sul territorio e nelle fabbriche. Qualcuno, negli interventi, ha segnalato, ironicamente, che questo cambio di passo nella linea nazionale sembra dire al Partito che la ricreazione è finita e finalmente si torna alla politica. Non sono díaccordo, penso che dare più concretezza alle nostre proposte politiche ed anche alle nostre alleanze non significhi necessariamente rinunciare alla nostra autonomia e originalità politica, anzi penso che questo sia il modo di proseguire la costruzione di un radicamento forte e di massa. Si tratta di una fase politicamente difficile, la nostra autonomia e originalità hanno bisogno, per sopravvivere e crescere, di un Partito forte e motivato; mi pare, invece, che la situazione dei nostri circoli e delle nostre federazioni non sia molto soddisfacente. Non sono tra quei compagni che imputa queste difficoltà a responsabilità delle nostre strutture periferiche o ad una resistenza ad una fantomatica innovazione, penso che aver destrutturato líorganizzazione nazionale e, nei fatti, aver rinunciato a rafforzare e migliorare il coordinamento nazionale sia stato un errore politico. Penso che abbia fatto bene il Segretario a chiedere un maggiore impegno al coordinamento e alla verifica delle iniziative che dovranno sostenere la nostra linea politica. La nostra visibilità esterna, la capacità di aprire e sostenere vertenze territoriali, la nostra presenza costante nei luoghi di lavoro e nelle scuole, il proselitismo e la formazione politica dei nostri quadri, líattenzione ad evitare tendenze che ci chiudano dentro le logiche istituzionali sono obiettivi che vanno costruiti e coordinati.

Marco Ferrando
Direzione nazionale
Eísignificativo che il compagno Bertinotti abbia dovuto dedicare líintera relazione alla risposta alle obiezioni incontrate nel partito. Eí la misura della vasta reazione critica che, in varie forme, la ìsvoltaî avviata ha suscitato. Purtroppo la risposta non solo non è convincente, ma conferma tutte le ragioni del dissenso. Si dichiara che la contraddizione interna al centrosinistra (reale) rafforza la nostra proposta di governo con líUlivo. Eí vero líopposto: la rende ancor più grave e paradossale. Invece di entrare nella contraddizione di classe tra la piazza dello sciopero generale e quel centro dellíUlivo che vuol colpire le pensioni, accettiamo la proposta di governo che proprio il centro liberale ci rivolge. E per di più nel momento in cui il centro ulivista - già ben insediato nel grande capitale e tra i banchieri - si offre come carta di ricambio ai poteri forti che si distaccano da Berlusconi. Non è semplicemente un ìerroreî dal punto di vista dellíalternativa. Eí líinserimento nellíalternanza liberale delle classi dirigenti. Si dichiara che nulla è deciso e tutto dipenderà dallíesito del ìconfrontoî. Ma il confronto col centro liberale è in corso da anni e le sue risultanze sono pubbliche e inequivocabili: sullíarticolo 18, sulle pensioni, sullíIraqÖ Avanzare oggi una prospettiva di governo con i liberali significa -qui sÏ - ignorare pregiudizialmente il confronto e il suo esito. Si dichiara che il ìbipolarismo cíèî e occorre agire dallíinterno per modificarne líasse programmatico. Ma nessun dirigente liberale teme gli effetti programmatici destabilizzanti di due ministri comunisti sotto la guida di Prodi. Allíopposto sono i liberali che ci propongono un patto di legislatura per corresponsabilizzarci ai loro programmi nel modo più vincolante contro i lavoratori e i movimenti. Del resto: è un caso che la nostra ìsvoltaî entusiasmi tutto il centro dellíUlivo e invece preoccupi tutti i nostri riferimenti di movimento?

Francesco Ferrara
Responsabile Innovazione e Gruppi dirigenti
La proposta politica che ci viene avanzata dal segretario del partito, vorrei dire, che muove da elementi oggettivi, da novità che si sono prodotte, che peraltro in parte avevamo previsto e per certi aspetti auspicato e che comunque in parte sono anche frutto della nostra azione politica. In primo luogo cíè la conferma della nostra analisi congressuale, grazie alla quale abbiamo potuto navigare senza mai perdere líorientamento sugli ultimi anni e la giustezza dellíinvestimento sul movimento. In secondo luogo possiamo affermare che dopo tanti anni, duri e difficili, oggi proprio grazie al movimento dei movimenti, alla sua ricchezza culturale ed alla capacità che ha avuto di svilupparsi fino ad incrociare la ripresa del conflitto sociale, come le esperienze di questo ultimo anno ci dimostrano, siamo di fronte alla crisi di egemonia, appunto delle politiche neoliberiste nel mondo, in Europa ed in Italia. Crisi di egemonia che può aprire una nuova fase della lotta al sistema della globalizzazione capitalistica. Nel nostro Paese questa crisi è ancora più evidente. Attacco senza precedenti alla natura democratica del conflitto, che cosíè se non questo, quello che succede alla Fiom sui precontratti a proposito delle dichiarazioni di un ministro della Repubblica e della richiesta dellíAssociazione degli industriali dellíEmilia Romagna di mettere fuori legge la Fiom. La continua ed inesorabile azione alla svalorizzazione del lavoro riducendolo senza diritti e spingendo alla precarizzazione selvaggia se penso alla legge 30. Líattacco alle pensioni insieme al sistematico impoverimento delle lavoratrici e lavoratori, oramai i salari sono sotto la soglia di povertà, ci parlano della necessità di produrre una svolta sul terreno della qualità dellíopposizione per la caduta del governo Berlusconi. Cíè oramai una convinzione profonda nella testa del cosiddetto popolo (in senso lato) della sinistra, che è necessario liberarsi di Berlusconi. Ma al tempo stesso ci viene chiesto di mettere in campo uníalternativa di governo. Eí qui la novità di oggi.

Saverio Ferrari
Federazione Milano
Con la relazione di Fausto Bertinotti si è raggiunto un punto importante nellíevoluzione della nostra linea politica. Possiamo rimanere divisi sulle ragioni che hanno portato a questo esito, ma ora il fatto da cui partire è líapprodo in termini di punti politici e di indirizzo acquisiti. La nostra svolta è il frutto di una presa díatto allíinsegna del realismo. Pongo ai compagni perplessi o in disaccordo alcune domande. Eí possibile rispondere alla richiesta di unità che ci proviene dai movimenti (che uniscono in un tuttíuno cacciata del governo Berlusconi, miglioramento delle condizioni di vita e democrazia), eludendo la questione del governo? Può Rifondazione ragionevolmente pensare un proprio futuro al di fuori di questo rapporto di massa? Possiamo non porci il problema dei pericoli seri che corre nel nostro paese la democrazia? Tutti nodi che ruotano, per altro, attorno alla grande questione dei nostri rapporti di massa. Da qui i passaggi stretti. Non si potrà infatti rompere il rapporto con il centrosinistra se non si avranno ragioni condivise a livello di grandi masse popolari. Da qui anche la centralità del programma. Cíè una sola strada da percorrere: pensare a dei contenuti capaci di delineare un nuovo blocco sociale, in grado nella sostanza di rappresentare e determinare convergenze di interessi popolari, di classi o di parte di esse. Solo cosÏ si potrà pensare ad una prospettiva per un eventuale governo. Uníultima considerazione sul partito. Desta forte preoccupazione il suo stato attuale. Può reggere un simile percorso? A maggior ragione per favorire una gestione e una direzione più ampia e collegiale, vanno battuti in periferia settarismi interni e logiche davvero minime a tutela di piccoli poteri personali.

Paolo Ferrero
Segreteria nazionale
Il dibattito che si è sviluppato nel partito è stato molto importante. Vivo, sofferto, con la presenza, accanto alla condivisione della linea, di dubbi e obiezioni sul pericolo di perdere la nostra radicalità. Credo che, combattendo ogni tentazione settaria e rilanciando appieno il lavoro sociale del partito, i problemi sollevati vadano tenuti presente, a partire dalla costruzione dalla conferenza programmatica che ci sollecitava il compagno Cremaschi. Per questo sono radicalmente contrario a parlare di svolta: la linea che proponiamo tiene insieme la costruzione del movimento, la sinistra di alternativa (che avrà un primo positivo appuntamento lí8 novembre), líopposizione e la proposta di alternativa programmatica. Chi legge questa linea articolata come la pura proposta di accordi a livello politico, propone in realtà uníaltra linea e rende impossibile perseguire gli obiettivi che ci siamo dati. Proprio líobiettivo ambizioso di battere le destre e di battere le politiche di destra, ci chiede di evitare ogni politicismo. Per questo il problema fondamentale del partito in questa fase è líimpegno per battere governo e Confindustria sulle pensioni. Se passano loro, nei luoghi di lavoro tornerà la rassegnazione. Dobbiamo mettere tutte le energie del partito nella lotta unitaria per vincere questa partita e per qualificare la piattaforma su cui si fanno le lotte. Si tratta di un passaggio decisivo anche per qualificare socialmente e politicamente líantiberlusconismo che cresce nel paese. La sinistra moderata cerca uníalternanza senza modificare i punti fondamentali della linea del governo. Noi dobbiamo fare leva sulla lotta dei lavoratori per portare líopposizione - sociale e politica - a maturare una linea di politica economica e sociale alternativa a quella delle destre. Perché vogliamo battere Berlusconi senza trovarci un nuovo governo Dini.

Francesco Forgione
Direzione nazionale
In questi mesi non abbiamo solo colto il senso comune e la domanda di unità dei popoli della sinistra, né ci siamo adeguati ad essa. Abbiamo lavorato per qualificare líopposizione sul piano sociale e ora il tratto innovativo che la relazione ci pone è quello di dare centralità alla crescita del movimento come condizione per evitare il politicismo della scissione tra ricostruzione del conflitto e costruzione dei rapporti politici. Ma proprio per questo, anche nel suo carattere processuale, dobbiamo dichiarare líobiettivo, la costruzione dellíopposizione, di una alternativa di governo. La scomposizione del centrosinistra è ormai quotidiana, e per noi non cíè un ritorno al í98, anzi, senza quella rottura e lo sviluppo del movimento, non sarebbe possibile líoperazione che ci proponiamo. Non è in nome dellíineluttabilità della scelta o di un realismo politicista che avviamo questa nuova fase della nostra iniziativa. Raccogliamo invece i frutti di una nostra tenuta e di una autonomia che non ci fa cooptare in un centrosinistra plastico e allargato, ma ci fa agire sulle sue contraddizioni e il suo fallimento grazie allíinfluenza che su di esso hanno avuto i contenuti del movimento a partire dal no alla guerra e al liberismo. Questo ci consente di competere sul piano egemonico con líipotesi riformista a condizione che non restiamo immobili e che sullíintreccio tra questione democratica e conflitto sociale, prospettiamo uníalternativa di società. Non cíè un prima e un dopo: prospettiva politica e costruzione della sinistra di alternativa vanno di pari passo e chiedono radicalità, estensione del conflitto e ispirazione unitaria. Il rischio è una lettura politicista e istituzionalista della linea, incapace di apertura alle istanze sociali critiche. Ciò rappresenterebbe il fallimento della linea stessa.

Loredana Fraleone
Segreteria nazionale
Sono molto rassicurata dalla relazione del segretario, che affronta tutti i problemi ed i rischi che possono derivare dalla scelta di una possibile alleanza per un governo alternativo a quello del centrodestra. La frase chiave della relazione, che potrebbe costituirne il titolo, è quella della ìscelta del movimento a tutto campoî. Questa ci colloca in uníipotesi dinamica, che comporta dei rischi appunto, ma ha come alternativa solo un atteggiamento di statica purezza. Tutti gli elementi che sono stati richiamati nella relazione, per affrontare la nuova fase, debbono stare insieme, per mettersi al riparo da rischi. Penso che sia giusto aggiungere tra questi elementi la riforma del partito, della quale non si è parlato in questo Cpn, ma che non può essere derubricata, dal momento che anche da questa dipende líesito del percorso che stiamo avviando. I due problemi principali che abbiamo sono strettamente connessi tra loro: riguardano la nostra capacità di incidere nei movimenti per renderli più efficaci e quella díimpedire il pericolo di una deriva politicista. Abbiamo fatto bene a radicalizzare lo scontro con il governo, ma dobbiamo proseguire su questa strada, perché solo radicalizzando lo scontro sulle politiche liberiste del governo, andiamo a colpire anche le posizioni dellíarea liberista del centrosinistra. Vediamo sulla questione delle pensioni, del mercato del lavoro, sullo stato sociale, sulla scuola, come emergano in continuazione posizioni nuove, in settori di partiti, di associazioni, sindacati, e che in molti casi sono molto vicine alle nostre. Sono molto díaccordo con líesigenza di mettere in campo piani di lavoro, che a mio avviso debbono avere un carattere verticale ed orizzontale, nel senso di porsi come vertenze nazionali e territoriali, come ad esempio quelle delle privatizzazioni, a partire dallíacqua; della scuola, che riguarda il futuro e la civiltà del nostro paese, ma che non è ancora allíattenzione di tutto il partito. Su questi piani è anche possibile verificare il lavoro e líefficacia dei gruppi dirigenti, che su questo dovrebbero essere misurati se vogliamo davvero affrontare la riforma del partito.

Nicola Fratoianni
Esecutivo Giovani Comunisti
Vorrei innanzitutto porre la necessità di evitare che la discussione sulla proposta politica per la fase che si apre, invece che concentrarsi sul carattere processuale che mi sembra la caratterizzi, si trasformi in una sorta di referendum interno, per di più su un oggetto, líaccordo programmatico che non esiste. Per questo motivo sono convinto che sarebbe molto più utile concentrare la nostra discussione sul profilo di elaborazione e di iniziativa che dobbiamo assumere per determinare in modo positivo ed efficace lo sviluppo e líesito di questo processo. Dico subito che non mi sembra in discussione la centralità che assegniamo al movimento dei movimenti né il fatto che la proposta politica del partito ne determini una marginalizzazione. Per due motivi essenziali: perché il carattere strutturale di questo movimento, la sua autonomia e la sua forza dicono che non siamo noi, che pure vi partecipiamo in misura importante a determinarne le sorti; e perché in assenza del movimento e di un suo ulteriore e diffuso sviluppo, non sussisterebbero le condizioni minime della nostra proposta. Autonomia del movimento significa in questo senso innanzitutto autonomia delle lotte sociali che si producono in modo diffuso più che autonomia dei livelli, pur importanti, di rappresentanza e direzione del movimento. Da questo punto di vista, pur considerando le differenze tra il governo locale e quello nazionale, esperienze come quella che si è fatta a Roma dove al ritiro della delega al compagno Nunzio DíErme è corrisposto il protagonismo e il riconoscimento di una esperienza di democrazia partecipativa e conflittuale come quella di Action, indicano per noi una traccia da seguire. Esiste però un rischio da non sottovalutare. Avverto la possibilità che questa proposta si traduca nel corpo diffuso del partito come un dietrofront rispetto allíiniziativa di movimento. Cíè la possibilità che si produca un attendismo rispetto alle scadenze elettorali capace di sterilizzare la forza della nostra proposta. Credo che per questo, dovremmo cogliere líoccasione di una sfida politica in campo aperto per affrontarne uníaltra rispetto alla cultura politica del partito. Del resto, se non ora quando?

Rita Ghiglione
Direzione nazionale
Condividendo la relazione del segretario, penso che il nostro partito debba continuare a lavorare per uníopposizione che cacci il governo delle destre realizzando un programma alternativo e di sinistra. Perciò è positiva la costituzione di gruppi di parlamentari della sinistra e forum di associazioni per un opposizione dura a questo Governo, nel Parlamento e nel Paese. Le lotte della Fiom, della Cgil e per ultimo lo straordinario sciopero generale unitario del 24 ottobre, che ha visto scioperare 10 milioni di lavoratori, rappresentano una prima risposta contro la riforma delle Pensioni e la finanziaria. Lo sciopero generale dei metalmeccanici della Fiom del 7 novembre sarà un ulteriore momento importante, forse decisivo, della lotta e della mobilitazione dei metalmeccanici per affermare questioni centrali: democrazia nel lavoro, contrasto alla legge 30, per il contratto nazionale, il salario, i diritti. Gran parte del Paese síimpoverisce sempre più, migliaia di lavoratori e cittadini non sanno come arrivare alla fine del mese, dato che salari e pensioni sono da fame a fronte di un aumento costante dei prezzi. Aumentano i disoccupati e i precari perché manca totalmente una politica industriale e per lo sviluppo; contemporaneamente viene distrutto quel che resta dello stato sociale. Il nostro partito deve fare uníopposizione durissima a questo governo di destra a cominciare da una battaglia contro la finanziaria e sulla difesa le pensioni; allo stesso tempo deve continuare a discutere con tutte quelle forze politiche e sociali, a partire dalle forze che con noi hanno sostenuto la battaglia per art. 18, perché si creino le condizioni di un cambiamento e per un programma di sinistra che metta al centro stato sociale, pace, pensioni, abrogazione della legge 30, democrazia sindacale; contemporaneamente deve stare in mezzo alla gente, nei posti dei lavoro, nelle piazze, deve essere ovunque ci sono condizioni e lotte e lÏ diffondere le nostre proposte, le nostre idee, i nostri volantini per far maturare concretamente le condizioni per imprimere una svolta a sinistra della politica del Paese.

Alfonso Gianni
Deputato
Tra i molti elementi che compongono líampia e condivisibile relazione di Bertinotti vorrei sottolinearne due che ci permettono uno sviluppo di linea, anche se erano già stati annunciati nel nostro dibattito passato. La prima questione riguarda il nesso tra governo e movimenti nellíepoca della globalizzazione; la seconda concerne quel concetto di schema generale di programma che chiamerei delineazione di un quadro espressionista di uníidea di società non solo desiderabile, ma possibile in tempi politicamente determinabili. Non ho tempo di sviluppare entrambi i temi, mi fermo al primo. Ricordo che negli anni Ottanta si sviluppò nel nostro paese e non solo un ampio dibattito sul decisionismo. Sulla coppia decisione/recisione si scrissero fiumi di inchiostro. A questa concezione si contrapponeva un riformismo intelligente ma purtroppo debole raccolto attorno alla rivista ìLaboratorio politicoî. Il dibattito venne poi abbandonato, anche perché, da un lato, la figura di Bettino Craxi impersonò il decisionismo autoritario dellíepoca e dallíaltro lato perché cominciò uno svuotamento del ruolo degli stati nazione che portava rapidamente i luoghi decisionali a livello sovranazionale. E penso che noi dobbiamo rilanciare questa discussione in termini rinnovati e la neonata rivista ìAlternativeî si occuperà anche di questo. In sostanza penso che non solo dobbiamo riaffermare che il governo non si identifica con il potere. Questa lezione ci veniva già dal leninismo a condizione di intenderlo e capirlo bene. Ma oggi il governo non può essere considerato in ogni caso il luogo privilegiato e tanto più esclusivo della decisione. Siamo infatti nellíepoca della crisi dello stato/nazione. Come abbiamo visto a Cancun i governi hanno un ruolo solo se proiettati in un movimento mondiale contro il liberismo. Il governo deve quindi avere un ruolo nel garantire flussi di democrazia. Líesatto contrario di quello che fa la globalizzazione e la guerra. In questo senso dobbiamo valorizzare il conflitto. Non cíè né Armageddon, né apoteosi. Vi deve essere una continua democrazia del conflitto.

Fosco Giannini
Federazione Ancona
Dopo la pace, nessuna questione è oggi centrale come quella sociale. Se qualche comunista non avesse coscienza del dolore sociale che si va estendendo negli strati popolari davvero non sarebbe di questo mondo. In nessuna famiglia di salariati si arriva più a fine mese; in ogni città (basta aprire gli occhi sulle cose e non chiuderli alla ricerca di sogni pirotecnici) aumentano i casi di tagli della luce, dellíacqua, del gas, poiché non si riesce più a pagare le bollette, né a fare la spesa (spesa, bollette: recuperiamo il linguaggio della realtà e abbandoniamo i latinismi díAzzeccagarbugli). A partire dal golpe strisciante delle destre sino al liberismo sudamericano della Legge 30 ci siamo detti tutto. Pure, è prevalsa nel Partito una sottovalutazione del pericolo delle destre che ci ha impedito di sentire il dolore sociale di massa. La nuova linea (che per essere nata in aree ristrette ha segnato un deficit di democrazia) può aiutarci a rafforzare i nostri deboli legami di massa. Abbiamo bisogno di essere percepiti dai lavoratori e dal popolo di sinistra come un soggetto non stravagante ma protagonista della battaglia contro le destre. Ma poiché vi sono rischi di interpretazioni di destra della nuova linea occorre che i comunisti ribadiscano le richieste da cui non si prescinde: pace, stato sociale, salari, diritti, democrazia nei luoghi di lavoro. Ce la faremo ad imporle al centrosinistra? Questo è il problema. Non possiamo predeterminare nulla, tantomeno líentrata al governo. Ciò che da leninisti sappiamo è che occorre trasformare questo tempo che ci separa dalle elezioni in una lunga cassa di risonanza delle posizioni del Partito di fronte alle masse: conflitto sociale, sinistra díalternativa, spinta unitaria e schiena diritta in difesa degli obiettivi irrinunciabili.

Beatrice Giavazzi
Collegio nazionale di garanzia
La svolta impressa alla discussione dalla relazione del segretario, che condivido, per una scelta politica di alleanze programmatiche del partito deve essere considerata positivamente: ce lo chiede un diffuso senso comune del popolo della sinistra che leggiamo nel rinnovato impegno di partecipazione a tutte le iniziative unitarie di lotta, la cui punta più alta si è raggiunta con lo sciopero generale unitario del 24 ottobre, nella partecipazione alle iniziative e manifestazioni unitarie (Perugia-Assisi), ma anche nella tangibile perdita di credibilità della destra al governo, i cui effetti devastanti si misurano con evidenza sulle condizioni materiali (economiche e sociali) in costante peggioramento, sullíabbattimento sistematico del welfare e sugli attacchi alla democrazia. Questa scelta avviene dentro condizioni di fase non statiche che possono determinare sconvolgimenti sia a livello internazionale che nazionale. Il partito è cosÏ chiamato a una scelta di percorso, in una prospettiva politica tanto netta quanto difficile: spostare líasse programmatico di una coalizione composta dalle forze della sinistra moderata, attraverso percorsi comuni di iniziativa politica e sociale con tutte quelle più avanzate. Due i problemi principali per evitare di arrivare alla stretta degli accordi senza forza contrattuale e in assenza di alternativa tecnico-elettorale credibile. La costruzione di egemonia nei movimenti di massa attraverso iniziativa politica e sociale qualificata e lo stato del partito. Gruppi dirigenti non autoreferenziali, radicamento territoriale e nei luoghi in cui il conflitto riparte, tesseramento al partito come verifica della nostra capacità di aggregazione, chiusura della fase congressuale che perdura da troppo tempo, sono oggi condizioni improcrastinabili.

Maria Pia Gigli
Federazione Latina
Il partito sta oggi attuando un percorso che vede come sbocco finale la ricomposizione di un accordo di governo con quel centro liberale dell'Ulivo che si candida a rappresentare e garantire per il 2006 e nel nuovo scenario italiano ed europeo, gli interessi di imprese e grandi banche. Il nuovo partito riformista a guida Prodi è pronto a garantire un nuovo massiccio trasferimento di risorse pubbliche alle imprese, una nuova detassazione dei profitti, lo sviluppo delle spese militari; sul versante sociale sarà un attacco ai lavoratori attraverso il completamento della riforma della previdenza, il rilancio delle liberalizzazioni, l'aumento della flessibilità. Sono le politiche controriformatrici che in tutta Europa, governi di centrodestra e di centrosinistra portano avanti indifferentemente. CosÏ fa il governo Berlusconi che approfondisce la strada già tracciata dai precedenti governi di centrosinistra, sulla flessibilità (pacchetto Treu), sulla scuola (Berlinguer), immigazione (Turco Napolitano), pensioni (Dini). A ciò si aggiunga la totale indifferenza che ha mostrato il centro liberale a tutte le istanze che i movimenti hanno espresso in questi anni: prima fra tutte la questione dell'art.18. Tutto ciò sarebbe la dissoluzione di una opposizione comunista e contemporaneamente il tradimento di tutte le istanze radicali e potenzialmente anticapitaliste che i movimenti hanno espresso nelle piazze in questi anni. La scelta di campo deve essere netta: si tratta di difendere l'autonomia di classe del partito chiamando tutte le forze di movimento a rompere con il centro liberale per la costruzione di un'alternativa anticapitalistica e di classe, attraverso un programma che cancelli prima di tutto le controriforme varate in dieci anni sia dal centrosinistra sia dal centrodestra. E' questa l'unità utile per la cacciata del governo Berlusconi che può, fatta salva questa prospettiva di autonomia politico programmatica, concretizzarsi anche in accordi elettorali di tipo tecnico.

Claudio Grassi
Segreteria nazionale
Condivido la linea politica assunta dallíultima Direzione nazionale e ulteriormente precisata in questo Cpn. Che la scelta da noi compiuta non sia un passaggio di semplice continuità lo dicono i fatti: prima di tutto le reazioni allíinterno del partito con la disarticolazione di fatto della maggioranza congressuale (convergenza dei compagni che avevano sostenuto gli emendamenti, astensione di Maitan e altri compagni sostenitori delle tesi integrali). In secondo luogo, con le novità che si sono determinate allíesterno del partito, a partire dalla costruzione dei gruppi tematici di lavoro di tutte le opposizioni per costruire un programma alternativo alle destre. Detto questo, le difficoltà sono tutte di fronte a noi, poiché la componente maggioritaria del centrosinistra (Margherita, maggioranza Ds) non ha affatto modificato le proprie posizioni rispetto agli anni passati, come dimostrano le recenti dichiarazioni di Rutelli e Fassino sullíIraq e le pensioni. Rispetto al í98, rottura con Prodi, e al 2001, mancata alleanza, cíè però una novità importante su cui fare leva. Non siamo più soli: nel centrosinistra emerge una sinistra (Verdi, Pdci, Sinistra Ds) che converge molto più con noi che con la componente moderata (la costruzione di intergruppi permanenti alla Camera e al Senato lo confermano). Nella società i movimenti sindacali, ma non solo (Cgil, Fiom, Arci, Articolo 21) e contro la globalizzazione sono in campo, con piattaforme con le quali convergiamo ampiamente. Si apre quindi una vera e propria lotta politica dentro le opposizioni che, unite dallíesigenza di cacciare Berlusconi, devono trovare ñ e qui sta il difficile - una intesa programmatica. Ce la faremo? Non lo so. So che questa è la lotta che dobbiamo fare - senza precostituire nessun esito e senza escludere nessuna subordinata ñ pena la nostra marginalizzazione dalla battaglia politica, sociale, di movimento che si svilupperà nei prossimi mesi. Sulla proposta di nuova formazione politica europea - di cui parleremo in Direzione - esprimo una forte preoccupazione. Il processo avviato, come dimostrano le già numerose prese di posizione contrarie, rischia di spaccare definitivamente le forze che si riconoscono nel Gruppo della Sinistra Alternativa del Parlamento europeo e ciò sarebbe un grave errore.

Franco Grisolia
Direzione nazionale
Che si sia verificata una svolta nella linea del partito è evidente. Basti vedere alla differenza tra le parole díordine di pochi mesi fa e la nostra politica attuale. Certo, come indicammo come minoranza congressuale, nelle pieghe del documento di maggioranza vi era anche la prospettiva cui ci troviamo confrontati (per le nostre critiche, che si rivelano assolutamente corrette, fummo particolarmente attaccati da quei compagni che si presentavo come paladini di sinistra della ìnuova linea radicaleî e che, avendo scambiato lucciole per lanterne, non sanno bene cosa dire oggi; ed infatti non sanno fare altro cheÖ astenersi). Tuttavia cíè oggi un grande salto di qualità, che per tempi e modalità sorprende tutti. Per questo sarebbe doveroso che líinsieme dei militanti del partito si confrontassero in un congresso straordinario o in una conferenza politica per delegati. Infatti la proposta concerne questioni fondamentali per un partito di classe, cioè la partecipazione ad un governo borghese (non la ricerca di un eventuale accordo tecnico-elettorale al solo scopo di cacciare Berlusconi, proposta avanzata dalla minoranza), che storicamente ha costituito lo spartiacque tra riformismo e marxismo. Non a caso nella relazione del compagno Bertinotti manca ogni riferimento alla natura di classe delle forze con cui ci stiamo alleando. Anche líargomentazione secondo cui il centro sinistra ìpervaso dai movimentiî era cambiato, si è apertamente dimostrata insussistente. Gli 11 milioni di voti per il SÏ si sono espressi malgrado e contro il centrosinistra. Invece di ricompattarli con esso noi dovremmo porre un cuneo, avanzando ad essi e alle organizzazioni del movimento operaio (Cgil, Fiom, Cobas, sinistra Ds, etc.) líipotesi di un polo autonomo di classe che si contrapponga in difesa degli interessi dei lavoratori ai due poli dellíalternanza borghese.

Damiano Guagliardi
Direzione nazionale
Condivido la relazione ed il giudizio sulla crisi delle destre che può produrre danni irreversibili alla democrazia. Oggi, le destre economiche, Berlusconi e Bossi, e quelle politiche, An ed il blocco cattolico dellíUdc, sono in conflitto. Il taglio dei gettiti alle Autonomie locali, la controriforma pensionistica, líaumento dei prezzi ed il dilagare del lavoro flessibile e sommerso, acuiscono la crisi del blocco sociale delle destre che trova il suo punto più alto di tensione sul terreno dello scontro economico e sociale tra il Nord e il Sud del Paese. Questíultimo, dopo le scelte devastanti operate per la scuola e la sanità, per la mancanza di investimenti per un sistema di infrastrutture, per líassenza di una politica per il lavoro e líeconomia produttiva, per il consolidarsi di un neo centralismo statale, che, de facto, attraverso il taglio dei trasferimenti erariali, vanifica il progetto di riforma regionalista, diventa il luogo della crisi di consenso verso la Casa delle Libertà e punto focale per la costruzione dellíalternativa di governo. Nel Mezzogiorno, che manca totalmente nellíelaborazione teorica e politica del nostro partito, oggi si gioca la possibilità di un nuovo sviluppo economico e produttivo, grazie alle nuove prospettive determinate dal ìcorridoio 8î che vuole portare líEuropa, attraverso i Balcani, nellíOriente, e líormai prossima caduta delle dogane nel Mediterraneo. La crisi di un centrosinistra che non esiste più nella sua forma ulivista, la possibilità di costruzione di una sinistra di alternativa, líazione forte delle opposizioni contro il governo Berlusconi, la nostra stessa iniziativa per líegemonia a sinistra, passano necessariamente attraverso il Mezzogiorno. La difesa dello stato sociale, il ripensamento delle politiche privatistiche per una nuova azione pubblica, la difesa dei salari, del costo della vita, delle pensioni e dei diritti fondamentali diventano momenti di lotta vincenti se il sud ed i cittadini meridionali non vengano derubricati dallíagenda politica del partito e del movimento.

 

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