Comitato Politico Nazionale
25 - 26 ottobre 2003

Interventi

Alessandro Leoni
Federazione Firenze
Dichiaro il mio accordo sullíessenziale del contenuto di proposta politica presente nella relazione del segretario. La sufficiente argomentazione analitica svolta, dallíampia introduzione, mi permette díesimermi da ogni ulteriore illustrazione. Ritengo, invece, utile segnalare, sottolineare come, a tuttíoggi, la proposta di lavorare per la costruzione di una maggioranza alternativa al centro destra costituisca un obiettivo e non già lo sbocco predeterminato, scontato. Condizione, infatti, per tale risultato politico è la praticabilità di un programma che segni una reale inversione di tendenza rispetto alle logiche neo-liberiste dominanti questi ultimi venti anni. Da ciò emerge, inevitabilmente, la questione ìpartitoî, ovvero la nostra capacità díiniziativa, di presenza nel territorio, di sviluppare legami e relazioni con i soggetti sociali di riferimento. Eí stata, doverosamente, ricordata la negativa, debole visibilità del Prc in questo, riuscito, sciopero generale, cosÏ come, più in generale, líassenza di lavoro su qualificanti argomenti quali líinflazione, il declino industriale, líoccupazione e la sua qualità, ecc... Sollecito, per tanto, le nostre organizzazioni, tutte, ad ogni livello, ad attivarsi per il prossimo 7 novembre che, questíanno, oltre ad essere lí86ù anniversario della Rivoluzione bolscevica díOttobre è anche la data dello sciopero generale dei metalmeccanici della Fiom-Cgil, sindacato tanto spesso evocato nei nostri ragionamenti, non altrettanto, concretamente, sostenuto. La necessità della crescita del partito, sia organizzativamente che politicamente, apre la questione della necessaria verifica dei ìgruppi dirigentiî, a tutti i livelli, nessuno escluso. Non mi riferisco alla formalistica liturgica del consenso alla ìlineaî, non ho mai apprezzato líunanimismo ipocrita ed opportunista, ma alla doverosa assunzione di responsabilità e di conseguente impegno di direzione. Concludo esprimendo líesigenza di un chiarimento su talune questioni dirimenti quali la solidarietà internazionalista alle lotte dei popoli oppressi (palestinesi, iracheni, ecc.).

Ezio Locatelli
Federazione Bergamo
Una discussione, la nostra, impegnativa e complessa, in cui il problema non è soltanto quello del consenso, che cíè, a una proposta politica - la costruzione di una alternativa programmatica di governo -, ma anche quello della chiarezza. Per questo bisogna insistere sulle connessioni di cui ha parlato il segretario (movimenti, sinistra alternativa, radicalizzazione dellíopposizione), in quanto sono queste a dire della percorribilità della proposta. Si è detto del nuovo clima che si respira nel Paese. Esso non va letto soltanto in riferimento alla densità sociale dei processi in atto - le lotte, i movimenti - ma anche in rapporto a una domanda, a una spinta forte allíunità e al cambiamento. A questa domanda, per come si manifesta oggi con il suo potenziale e i suoi limiti, bisogna rispondere positivamente. Diversamente saremmo estranei ai processi reali. Ciò detto, emerge al nostro interno una problematicità, frutto della percezione di difficoltà vere, che va compresa e assunta per tradurla in consapevolezza vigile. Uno dei problemi: la coazione elettorale che riduce di molto il nostro spazio di agibilità politica. Rispetto a questa condizione stringente, non vedo altra via díuscita se non quella di lavorare intensamente alla costruzione di istanze sociali, di movimento, al fine di condizionare il programma e lo schieramento politico. Non sono díaccordo quando sento dire di un partito che dopo un periodo di sbagli torna al realismo, con i piedi per terra. Penso che la proposta, cosÏ come formulata, questa sÏ, deve marcare discontinuità rispetto a una visione tradizionale delle alleanze: deve costituirsi su una ambivalenza tra possibile intesa e iniziativa di lotta, da costruire giorno dopo giorno, mantenendo alta la tensione per la costruzione della sinistra alternativa.

Pietro Magra
Federazione Brescia
Il tema centrale del dibattito che si è sviluppato attorno alla riflessione del segretario ha come nucleo centrale tre obiettivi: battere il governo Berlusconi - aprire una lotta di massa per líegemonia con la sinistra moderata e infine porre le basi per la costruzione di una alternativa programmatica di governo. Il governo Berlusconi porta avanti sistematicamente un forte attacco ai diritti e alle istituzioni. Líapplicazione della legge 30 punta alla massima precarizzazione, rendendo sempre più difficile organizzare una vera opposizione dei lavoratori al neoliberismo. Il campo della lotta per líegemonia a sinistra è aperto a tutte quelle forze sociali, politiche e a quei sindacati che si oppongono e chiedono più democrazia sindacale, riscrittura del mercato del lavoro, garanzie per i diritti e per le pensioni. Grande forza di opposizione viene dal movimento dei movimenti che fin dalla nascita ha saputo espandersi tra la gente e nella politica. Questi soggetti attivi devono confrontarsi con quelle forze moderate e assieme preparare una alternativa programmatica di governo, mettendo come punti prioritari temi quali: ripudio della guerra, ritiro del contingente italiano, chiusura dei centri di permanenza temporanea, cancellazione della legge 30 e inversione della pratica delle privatizzazioni. Questi sono alcuni punti di un futuro programma di governo. Líobiettivo che vogliamo raggiungere è molto chiaro e non ha nessun elemento di ambiguità. Vogliamo e non da soli costruire un governo di alternativa e non di alternanza per realizzare e raggiungere il nostro obiettivo che non è utopico ovvero, un altro governo è possibile.

Livio Maitan
Federazione Roma
Problema di funzionamento: come affrontare in dieci minuti problemi affrontati in una relazione di due ore? In generale, condivido le critiche di Cannavò e di Cremaschi. In particolare, vanno valorizzati movimenti e mobilitazioni degli ultimi anni, ma gli anni í90 non sono stati un deserto: non dimentichiamo le mobilitazioni del 1992-93, per non parlare del 12 novembre í94, preludio alla caduta di Berlusconi. Ma, soprattutto, chiediamoci se sono mutati a nostro favore i rapporti di forza fondamentali tra le classi: la risposta resta negativa. Eí ovvio che il centrosinistra è in crisi, ma non diciamo, un poí retoricamente, che non esiste più e non sorvoliamo, soprattutto, sul fatto che non cíè da parte dei suoi gruppi dirigenti nessuna svolta, nessuna indicazione concreta di cambiamento in prospettiva. Su Cgil e Fiom pertinenti le precisazioni di Cremaschi. Del resto, líultimo Cpn aveva deciso di puntare sul capitale degli undici milioni al referendum, con un rilancio dei comitati promotori ecc. Prospettiva abbandonata perché la Fiom non ci avrebbe seguito temendo tensioni con la Cgil e difficile continuare soli. Resta che la vicenda evidenzia i limiti di certe correzioni di rotta. Sarebbe assurdo rinunciare alla lotta contro il bipolarismo o annacquarla: le tendenze antidemocratiche hanno avuto nel bipolarismo e nel maggioritario líespressione più concreta. Combinare azione dal basso e azione dallíalto? Ma líìaltoî non è tanto il governo, ma quanto lo Stato con tutti i suoi apparati. Ecco un problema da affrontare - con quello dellíimpostazione nella fase di crisi del neoliberismo - in una conferenza programmatica: senza mettere avanti fantocci polemici, come quello stantio, di paternità socialdemocratica, sulla presa del Palazzo díinverno, che nessuno ha mai teorizzato.

Gigi Malabarba
Capogruppo Senato
Rottura con Prodi, Genova, congresso: il percorso virtuoso contro lo stalinismo e il togliattismo di questi tre passaggi-chiave rischia di essere compromesso dalla torsione di linea in direzione dellíaccordo programmatico di governo. Gli emendatari che hanno contrastato la ìrifondazioneî ne sono i più entusiasti sostenitori: la ricreazione è finita, si torna allíalleantismo contro la centralità del movimento e del conflitto sociale. Questo è il partito reale che mina qualsiasi politica antagonista di classe e contrasta líunica innovazione tentata, quella dei Giovani comunisti/e. Ma ci sono anche ragioni obiettive che non consentono di affrontare la prospettiva di una partecipazione diretta al governo in condizione non subalterna ai riformisti, pur essendo problema col quale misurarsi (cosÏ come quello del potere) anche in piena globalizzazione. Si tratta dei rapporti di forza tra le classi e dellíìimmaturità politicaî del movimento, che ha sÏ straordinariamente terremotato il centrosinistra, ma non ce la fa a rovesciare gli inossidabili gruppi dirigenti che controllano gli apparati centrali dei partiti, che aspirano a una caduta di Berlusconi mantenendo una politica liberista. Forse non regge Lula (che pure non è Prodi!), che rischia di perdere i suoi ministri di sinistra, entrando in contrasto frontale con la Cut, il Mst e tutte le organizzazioni popolari. Líaccoglimento della proposta di Conferenza programmatica è comunque positivo per la saldatura con tutte le forze del movimento, che dobbiamo coinvolgere in primo luogo nella qualificazione sociale dellíopposizione a Berlusconi e per ogni passo successivo. Anche il ìraccogliere la sfidaî, infatti, ha le sue conseguenze: come evitare il linciaggio prima ancora delle elezioni, se le condizioni per un accordo non ci fossero?

Matteo Malerba
Direzione nazionale
Il Cpn chiamato a ratificare la scelta della ìsvoltaî varata dal gruppo dirigente di maggioranza ha messo in evidenza due dati certi: 1. Líassenza di qualsiasi convergenza programmatica tra il partito ed il centro liberale dellíUlivo; 2. Il sentimento per la cacciata dal governo Berlusconi, cresciuto da Genova in avanti nei movimenti antiliberisti, sindacale-sociale, democratico (girotondi) diventa parola díordine di tutto il partito. Se nessuno potrà tirarsi fuori, anche sul piano elettorale, per determinare la caduta di Berlusconi altra cosa è líaccordo di governo Prc-Ulivo. Non siamo di fronte ad uníalleanza programmatica per il piccolo paese o provincia sperduta, dove per altro in molti casi, i caratteri antipopolari delle gestioni del centrosinistra permangono, ma del governo del Paese che deciderà in materia di lavoro, previdenza, diritti incidendo sulla vita di milioni di lavoratori. Le difficoltà ad argomentare e digerire la direttiva della ìsvoltaî sono enormi per chi dal congresso è uscito convinto dellíidea dellíalternativa, non ci dividiamo sul nodo del potere e dellíanticapitalismo, che avrebbero ragione di entrare in questa discussione, ma sullíoggettiva distanza abissale fra le nostre proposte e dei movimenti di questi anni e la concretezza delle proposte filo-mercantile dellíUlivo. Penso sia giusto preoccuparsi più dei rischi che corre il partito su questa direttiva, che sullíefficacia delle proposte nel governo futuro. LíAmerica latina è lo specchio della crisi capitalistica con la ricerca a ribasso di compromessi sociali, al di là se dinamici o meno, che mettono a nudo tutta líinconsistenza di tali operazioni, visto che nemmeno a quei livelli fa crescere la soddisfazione di bisogni primari. Eí sulla linea della crisi mondiale che bisogna capire dove corre la macchina che tende a recuperare profitti, non per dividerli socialmente ma per garantirsi la stabilità del sistema economico mondiale.

Rossella Letizia Mancusi
Federazione Viterbo
La storia del movimento operaio, delle sue sconfitte come delle sue vittorie, smentisce clamorosamente la scelta che questo partito ìcon grande nettezza e determinazioneî si appresta a compiere. Ma la smentiscono anche tutte quelle esperienze di oggi, dalla Francia al Brasile, che se pur su terreni più avanzati del progetto italiano, hanno dimostrato e dimostrano líimpraticabilità di queste scelte. Esperienze salutate e ripetutamente enfatizzate dal nostro partito, portate ad esempio che ìsi puòî, per essere poi rimosse o con imbarazzo ridimensionate nel dibattito - dai paginoni alle notiziole -. Il riconoscimento, fino a ieri non scontato, che il progetto politico della classe dirigente di questo centrosinistra nella sostanza non è cambiato, lungi dal modificare minimamente la prospettiva, viene utilizzato per scartare qualsiasi ipotesi anche di minima contrattazione. Il fatto che i dirigenti dellíUlivo siano più interessati a convincere la borghesia ed i poteri forti di questo Paese della loro affidabilità, con dichiarazioni ed azioni che dalla guerra allo stato sociale, dalla scuola alle pensioni, sono in continuità con quanto ìfattoî finanche dallo stesso governo Berlusconi, rende evidente líimpraticabilità di qualsiasi terreno negoziale, infrangendo le illusioni di parte di questo partito che su questo terreno si era spinto. Il supporto di analisi alla prospettiva di governo viene dalla constatazione che nel Paese è più ampio e profondo il conflitto sociale, che esiste una scollatura tra la base Ds ed i suoi vertici, che líintolleranza verso questo governo diventa sempre più acuta e vasta, che nuove o ìvecchieî autorevoli voci hanno ripreso coraggio e incrinano da più versanti alcune certezze che sembravano inattaccabili. Analisi pienamente condivisibile ma che dovrebbe portare un partito comunista a tuttíaltre conclusioni. Non verso líabbraccio mortale col centro liberale, ma in prima linea perché ancora più profonde diventino le contraddizioni è più acuto il conflitto sociale, a praticare ìegemoniaî non per far ingoiare un governo inaccettabile ma per guadagnare le masse ad una prospettive di alternativa.

Cesare Mangianti
Federazione Rimini
Líapertura di un confronto con le altre forze dellíopposizione al governo di centrodestra è una grande opportunità per il nostro partito perché ci consente di tornare al centro della scena politica nazionale e di contribuire in modo determinante allíiniziativa più urgente della fase: lavorare affinché il governo Berlusconi sia quanto prima costretto alla crisi e a liberare il Paese dal peso delle sue devastanti politiche. Ai compagni che temono le insidie di questo confronto non è giusto rispondere che non sussistono problemi e difficoltà. Eí innegabile che la maggioranza dei Ds e la Margherita sostengano posizioni assai distanti dalle nostre su questioni essenziali, dalla guerra di Bush allo scontro sociale, dalle pensioni alle riforme istituzionali. Ma non siamo più nel 1998! Il centrosinistra si è scomposto in conseguenza della collocazione di forze rilevanti su posizioni analoghe alle nostre. Con queste forze forze - la sinistra Ds e la Cgil, la Fiom e líArci, il sindacalismo di base, il Pdci e una parte dei Verdi - è possibile definire uníintesa programmatica avanzata, in grado di rispondere allíistanza di unità posta dai movimenti e di stemperare le propensioni moderate delle altre forze dellíopposizione. Se questo è il quadro, cíè molto da lavorare. Per questo occorre in primo luogo riorganizzare il partito, al quale troppo spesso in questi anni abbiamo lesinato le risorse materiali idonee al suo radicamento di massa.

Leonardo Masella
Federazione Bologna
Condivido il cambiamento di linea proposto: collocare, finalmente, il partito verso un fronte comune con le forze di centrosinistra per battere il governo Berlusconi. Questa scelta determina dissensi, comprensibili, allíinterno della maggioranza congressuale, a riprova che si tratta di un cambiamento di linea politica. Fatta con grande nettezza questa scelta, rimangono aperte alcune questioni fra cui le seguenti. La prospettiva di un governo alternativo. Sarebbe assurdo scartare a priori, oggi, questo obbiettivo, anche perché il confronto programmatico sui contenuti non può che accrescere i nostri consensi. AltresÏ sarebbe sbagliato farsi illusioni, perché le differenze con i riformisti rimangono abissali, come dimostrano anche le ultime di Fassino e Rutelli sulla guerra e le pensioni. Per questo, porsi sÏ líobbiettivo massimo (programma alternativo di governo), senza però scartare nessuna ipotesi di accordo possibile, anche minimo, pur di battere Berlusconi. Sinistra alternativa. Invece che continuare con progetti a tavolino di costituenti di nuovi soggetti politici, servirebbero passi concreti verso líunità nellíazione su precisi contenuti. Per esempio, non solo líiniziativa parlamentare ma anche una comune campagna di massa in tutti i territori per il ritiro dei militari italiani dallíIraq. Movimento. Innanzitutto il movimento è anche quello dei lavoratori, che non è un residuo del è900 ma è líunico movimento strutturale e permanente finché esisterà líantagonistica contraddizione fra capitale e lavoro. Inoltre, finalmente avviamo una battaglia politica, da rendere ancora più esplicita e coerente, nei confronti di quella componente dei disobbedienti che ha contribuito alla crisi innegabile del movimento no-global, come dimostrano i fatti recenti di Venezia e di Roma.

Ivana Mattu
Federazione Nuoro
In alcuni interventi che mi hanno preceduto ci si domandava se il partito fosse adeguato alla sfida che la prospettiva di azione politica proposta pone. Personalmente, purtroppo, porto qui una testimonianza assai negativa quello del Prc della Sardegna, che in questa sede è sotto rappresentato, perché il segretario Valentini, in nome dellíautonomia, ha generosamente rinunciato alle rappresentanze spettanti a favore di compagni di altre regioni. Questo mentre la Sardegna soffre una crisi economica e sociale tale che persino gli immigrati, dopo un breve periodo di permanenza, sono costretti ad emigrare insieme alla popolazione locale, lasciando la regione spopolata. Líindustria petrolchimica è sullíorlo del tracollo, líindustria tessile importato dal nord est non resiste, la pastorizia, líagricoltura e líartigianato annaspano... e il Prc che fa? Assolutamente niente! Il partito, gestito da un gruppo di burocrati, è impegnato nellíepurazione dei compagni non allineati. Chi non ha votato il segretario regionale, infatti, non ha diritto di cittadinanza nel partito, e per questo può essere brutalmente estromesso dalla rivista del partito, ìsfiduciatoî senza ragione dallíincarico di capogruppo del consiglio regionale, e addirittura vedersi costretto ad uníestenuante sciopero della fame per ottenere la tessera. Queste sono solo alcune di una lunga serie di violazioni delle più elementari regole della vita democratica che sono state puntualmente documentate agli organi di garanzia del partito e alla direzione nazionale, e tuttavia questo partito risulta incapace di garantire anche quel minimo di democrazia previsto dallo Statuto. Come può un partito che non è in grado di garantire il rispetto delle regole democratiche nel proprio interno aspirare a contribuire alla difesa della democrazia nella società?

Vladimiro Merlin
Federazione Milano
La linea che abbiamo assunto e che condivido contiene elementi di complessità e di difficoltà e per affermarsi è necessario che venga praticata a livello di massa. Difficilmente riusciremo a superare gli scogli che ci pongono, sul piano dei contenuti, le posizioni più moderate che continuamente emergono da settori del centrosinistra, se ci limitassimo agli incontri di vertice o ai tavoli nazionali (che pure vanno fatti e utilizzati al meglio). Neppure basterebbero i forum per líalternativa nazionali o locali, comunque importanti e da sostenere, ma che rimangono ambiti che coinvolgono principalmente gli attivisti della politica e dei movimenti. Eí necessaria una iniziativa diffusa e capillare che incida nel tessuto vivo della società. Una iniziativa di mobilitazione e di discussione promossa da tutte le forze disponibili a costruire una prospettiva di alternativa. Il tema non deve essere líastratta costruzione di un programma, ma i contenuti concreti e possono essere diversi da un luogo allíaltro, in un comune può essere il tema della pace, in un luogo di lavoro le pensioni, in una scuola la controriforma Moratti ecc. Questa iniziativa assieme con le lotte che sono in campo, in primo luogo quelle del movimento dei lavoratori, possono determinare una spinta, un ìsenso comuneî, che come si è verificato per guerra allíIraq, faccia pressione sui settori più moderati dellíulivo e li costringa ad assumere posizioni più avanzate. Il nostro partito deve essere protagonista e promotore di questa iniziativa. Ma questo richiede che i nostri circoli, i nostri militanti assumano un ruolo attivo e si scontra con le difficoltà che stiamo incontrando in questa fase. Ritengo che una delle cause della passività e di un certo immobilismo che riscontriamo siano dovute al fatto che la linea politica, troppo spesso, viene calata dallíalto, con uno scarso coinvolgimento del corpo del partito e degli stessi organismi dirigenti, che diventano più osservatori e commentatori della linea che protagonisti della sua costruzione.

Gennaro Migliore
Responsabile Esteri
La relazione del segretario non costituisce un ìritorno al realismoî, nel senso della registrazione dei rapporti di forza nella società italiana, ma una vera sfida per líegemonia nelle sinistre, che vede a confronto uníopzione continuista e la nostra linea di investimento sulla crescita del movimento. La crisi del neoliberismo non determina di per sé un crollo delle elites dominanti, anzi spesso le risposte sono le più regressive. La crisi del centrosinistra è al punto che non esiste più una struttura chiusa come líUlivo degli anni passati. Possiamo intervenire su questa crisi e proporre la strategia della sinistra alternativa come rottura dello schema dellíalternanza. Per questo abbiamo proposto non una ìspallataî ma líaccumulazione di forze per cambiare il governo e per imporre un nuovo asse politico programmatico. Bisogna costruire una vera ìdemocrazia dei conflittiî. Aprire un nuovo spazio pubblico per ripensare al modello di società più giusta e pacifica che vogliamo costruire. Si possono far crescere nuove soggettività politiche e promuovere saperi critici non omologati alla globalizzazione capitalista. In questo quadro è necessario guadagnare uno spazio politico europeo che, non solo per il movimento, costituisce lo spazio minimo di intervento per la sinistra di alternativa. Rompere il patto di stabilità, opporsi al modello di difesa guerrafondaio dellíUe ed alla sua politica inerte nei teatri di guerra internazionali, opporsi al trattato Costituzionale liberista in discussione nella Cig sono gli elementi fondanti di una nuova politica. Si può e si deve rompere líunità fittizia delle socialdemocrazie a livello europeo. Cambiamo il passo. Leggiamo le crisi del neoliberismo in tutto il mondo, fino allíultima in Bolivia. Possiamo davvero cambiare la vita del nostro partito solo se sapremo interpretare le lotte del movimento come quelle necessarie allíaltro mondo possibile.

Enrico Milani
Federazione Caserta
Il profondo intreccio tra linea politica di massa e protagonismo sociale è la nostra bussola in questa fase di generale ìdisordine e crisiî. Líinstabilità degli assetti internazionali di potere, la guerra come elemento permanente e sovraordinatore delle alleanze ìa geometria variabileî, la crisi evidente delle politiche neoliberiste nella globalizzazione ìfreddaî sono manifestazioni dirette del generale ciclo recessivo dellíeconomia capitalistica, che non restituisce líannunciato corrispettivo allíerosione di quote di sovranità nazionale invocate dalla ìglobal governanceî come pre-condizione di un ciclo espansivo. Allíinterno dei singoli stati, le politiche economiche e sociali tendono ad uniformarsi nelle linee di fondo, alimentando per ciò stesso la crisi di congiuntura e di ciclo. In Italia, caso per certi versi paradigmatico, le politiche di compressione del lavoro e di superamento delle mediazioni democratiche alludono pesantemente a modelli neo-autoritari, inclini ad una gestione poliziesca e repressiva del conflitto di classe. Le ìcrepeî nel blocco sociale berlusconiano rivelano esse stesse la crisi delle politiche neoliberiste e la dualità di risposte intorno a cui si interrogano e si fronteggiano i poteri forti e le classi dominanti. Da un lato, emerge una linea di ultraliberismo e di ìderegolamentazioneî estrema, ai limiti del collasso di ogni coesione sociale se non quella di un moderno stato massmediatico di polizia. Dallíaltro, si delinea uníipotesi succedanea, che ridisegna i contorni di un neoliberismo centrista-moderato, con qualche pennellata di socialità ed una propensione dialogativa verso líopposizione. Occorre approfondire le difficoltà tattiche e strategiche del nemico di classe, intensificando la lotta per la cacciata del governo Berlusconi ed articolando un grande percorso per la caduta del governo. La vera linea di scontro si situa sul piano della ìcomposizione socialeî, come schieramento sociale sulle singole questioni e come richiesta generale di alternativa e trasformazione. La vera chiave di volta è il senso comune delle grandi masse.

Pietro Mita
Federazione Brindisi
La relazione del segretario va ben al di là della sistemazione organica del nostro precedente dibattito. Eppure nella discussione non si avverte con piena consapevolezza la drammaticità della situazione politica e sociale. Emerge in alcuni interventi una rappresentazione statica di quanto accade nel centrosinistra e nel sindacato. Il successo dello sciopero generale apre una dialettica favorevole per chiunque abbia voglia di battersi contro Berlusconi e la sua aggressione sociale; crea nuovi spazi alla nostra iniziativa: possiamo prosciugare líacqua (già scarsa) alle posizioni dei ìdialogantiî, di chi si accontenterebbe di una applicazione graduale dei provvedimenti del centrodestra in materia di pensioni. Un risultato concreto in questo campo è nelle attese di milioni e milioni di donne, uomini e soprattutto giovani; al contempo sposterebbe il baricentro a vantaggio delle posizioni più avanzate nel sindacato, a vantaggio della Fiom. Sono più che persuaso che un arretramento sulla centralità del movimento vanificherebbe líinsieme della nostra proposta politica, o comunque la snaturerebbe irrimediabilmente. Al contempo non ci aiuta una visione autosufficiente ed immobile del movimento stesso e una sua declinazione astratta e autoreferenziale; esso non è affatto al riparo dalla violenza dellíoffensiva berlusconiana. La questione del governo, della radicalità e dellíautonomia del movimento, del programma alternativo e del confronto con una pluralità di protagonisti, tra cui i diversi soggetti della scomposizione del centrosinistra, è una sfida senza precedenza. Non ci sono modelli nella cultura e nella pratica del novecento a cui collegarsi. Cíè una urgenza avvertita nei popoli della sinistra: se non mandiamo a casa Berlusconi, i guasti dellíantipolitica saranno enormi, si chiuderanno molti spazi per la democrazia e per la politica. Su queste rovine sarà arduo ripartire.

Betti Mura
Federazione di Teramo
La linea approvata dal Cpn apre due grandi sfide in relazione tra loro: la prima rivolta verso líesterno, la seconda riguarda noi, il nostro modo di agire e fare politica. Porsi il tema dellíimbarbarimento della società e il declino del concetto di democrazia apre necessariamente scenari che ci pongono davanti a scelte che non possono escludere il tema del governo. Il nostro concetto di relazione con il potere, per quanto poco indagato al nostro interno, ci parla della necessità che tale processo sia frutto di un percorso; caratterizzato da un aumento di capacità critica diffusa, da uníaccelerazione del conflitto che ponga al centro i bisogni e i drammi che tanti uomini e donne stanno subendo in seguito delle politiche neoliberiste. Noi vogliamo dare contenuto di classe allíanti-berlusconismo diffuso, che tenga conto della necessità di bloccare le politiche neoliberiste (che come ben sappiamo non sono solo appannaggio del centro destra) dicendo chiaramente come e con cosa le vogliamo sostituire. Il rapporto con i movimenti, la necessità di costruire una sinistra di alternativa in Italia e in Europa non può pregiudizialmente fermarsi sulla soglia del ìpalazzoî, delegando ad altri più ìadultiî il compito di governare, di interloquire con quanto di vivo si muove nella società. La complessità del compito che ci stiamo dando pone il tema della nostra capacità di perseguirlo al centro del dibattito. Se del binomio unità e radicalità si opacizza il secondo termine, ecco che la nostra proposta cambia genesi e assume uníaltra direzione; che ci vede componente di sinistra di un aggregato che per ìnecessitàî può emendare qualcosa dal suo programma in sintonia con le nostre richieste, ma non può essere allíaltezza del compito che invece ci proponiamo. Per questi motivi da subito dobbiamo riprendere i temi della verifica e dellíinnovazione presenti nelle tesi congressuali.

Roberto Musacchio
Direzione nazionale
La relazione di Bertinotti arricchisce un dibattito che ha già contribuito ad approfondire la proposta politica. Voglio in particolare riprendere la formulazione del ìgoverno leggero, movimento pesanteî che visualizza un modo a mio avviso corretto di affrontare un punto che ha visto aprirsi una discussione. Il tema del governo è ineludibile rispetto allíesigenza di lanciare la sfida dellíalternativa allíalternanza. Ma tale è stato ed è il suo peso nella storia del movimento operaio che siamo chiamati a cimentare anche su questo il percorso della rifondazione. Eí la forza del movimento che permette di parlare di alternativa non come ìsbocco politicoî ma come processo di trasformazione. Questa forza agisce nella crisi della globalizzazione e del liberismo. Prendiamo Cancun dove il Wto fallisce ancora una volta trovando forze crescenti, statuali e di movimento, che si oppongono alla volontà di dominio dei capitalismi Usa e Europei che cercano nuovi sbocchi in settori chiave come líagricoltura e i servizi. Cancun è le crisi non solo delle privatizzazioni ma anche quella delle liberalizzazioni. (care allíulivo mondiale) contro le quali, su settori chiave come líacqua o líalimentazione cresce un movimento e una proposta fondata sul tema della sovranità, della democrazia, dei diritti. Díaltro canto la globalizzazione sta sbattendo su macigni come la crisi ambientale e la Cina. La novità sta nella nuove proposizioni che nascono dai movimenti come i Sem Terra che parlano appunto di sovranità alimentare e ambientale, di beni comuni, di sviluppo socialmente ed ambientalmente connotato come terreni nuovi di una idea di modernità contrapposta a quella della globalizzazione liberista.

Francesco Nappo
Federazione Napoli
La relazione del segretario ed il dibattito del Cpn confermano la volontà della linea politica che stiamo definendo a partire dalla sconfitta del Referendum sullíart. 18 e ne richiedono il dispiegamento. Non mi soffermerò sulle sue motivazioni fondamentali che condivido e sulle sue potenzialità politiche. Eí una linea realistica, responsabile e feconda, ma dobbiamo ancorarla a condizioni di realizzabilità al di fuori delle quali essa muterebbe il suo segno politico. Eí per altro sufficientemente chiaro che la verifica effettiva di tali condizioni non può essere solo un presupposto analitico ma piuttosto un risultato pratico di una nuova stagione di lotte sociali e politiche legata allíincedere della crisi capitalistica e ai suoi esiti; in particolare nel nostro Paese. Siamo dunque in una situazione ricca di fermenti e propulsioni ma non priva di incognite e di insidie. Queste ultime riguardano soprattutto la reversibilità degli attuali orientamenti della Cgil, dellíArci, del tessuto associativo cattolico-democratico di fronte ad un governo di centro-sinistra che rilanciasse, comíè prevedibile, la Concertazione sullíasse della concentrazione dei distretti industriali e la sussidiarietà orizzontale ( il privato-sociale) come sbocco ìdemocraticoî della dissoluzione federalistica del Welfare. Eí in gioco, chiaramente, la possibilità di connettere líaggregazione di sinistra tra Prc, Pdci, Verdi, Sinistra Ds, settori di minoranza Cgil alle maggiori organizzazioni di massa, di trasformare cioè la figura attuale della Sinistra plurale, che è nata e si muove ancora sul terreno dellíalternanza bipolaristica, in una effettiva e credibile sinistra di alternativa. Non si tratta, naturalmente, da parte nostra, di un semplice pronostico analitico, ma di un impegno efficace per consolidare tendenze di massa anticoncertative, poiché dal loro prevalere dipende probabilmente la stessa tenuta della convergenza tra noi e quella parte del centro sinistra non avvantaggiata dal progetto di nuovo partito capitalistico-riformista di DíAlema e Prodi.

Marco Nesci
Responsabile Riforme Istituzionali
Non siamo dentro una svolta ne tantomeno dentro ad una nuova linea, stiamo dentro ad una accelerazione: centralità del movimento, costruzione dellíalternativa, radicalizzazione dellíopposizione. Il percorso per il confronto programmatico di governo, sarebbe estraneo alla costruzione dellíalternativa se fosse iscritto in una sfera contrattuale. Il vero punto è in che modo avviene il coinvolgimento dei soggetti sociali e del movimento dentro questo percorso e quale effetto durevole esso produce sullíevoluzione delle politiche antiliberiste dentro líeventuale ipotesi di governo. Stanare il centrosinistra da una tattica elettoralistica e produrre un reale spostamento nellíimpianto delle politiche economiche e sociali. Líesperienza del tavolo istituzionale: tema ostico alla partecipazione delle masse eppure, affatto estraneo alle dinamiche sociali. Anzi lo stesso bipolarismo, a cui confermo la nostra nettissima opposizione, è un sistema istituzionale studiato per líautoconservazione liberista. Ma non possiamo non vedere come sia stato assunto nella coscienza collettiva anche del nostro elettorato. Spinge i due poli ad esercitare la logica bipolare persino sulle elezioni europee che sono proporzionali. Confesso che sono rimasto stupito del grado di apertura incontrato in quella sede. Nella discussione viene acquisito un pezzo politico avverso alle politiche liberiste temperate. Si afferma del superamento della logica delle prestazioni essenziali riposizionandosi sulla copertura integrale dei diritti costituzionalmente garantiti. Concetto che oltre riparlarci delle grandi reti distributive e dei servizi pubblici in generale, rimette in discussione lo stesso principio economicista dei bilanci a partire dallo stesso patto di stabilità. Qui cíè lo spazio per líazione del movimento non tanto verso líacquisizione di un punto ma per il consolidamento e alla pratica del punto.

Alfio Nicotra
Responsabile Pace
La linea politica proposta da Bertinotti è convincente e rappresenta per noi una scelta obbligata. Va sostenuta però con lo spessore culturale delle argomentazioni sviluppate nella sua relazione dal segretario. Il mio timore è la ìtraduzioneî in periferia di una linea semplificata del tipo: la ricreazione è finita, basta con il movimento, è il momento di fare accordi sempre ed ovunque. Senza il movimento ed il conflitto sociale questa linea politica sarebbe destinata ad inabissarsi da sola. Il movimento resta al centro della nostra iniziativa tanto più oggi che l'antiberlusconismo si coniuga sempre di più alla questione sociale e dunque ad un sempre più chiaro carattere antiliberista della opposizione al governo. La ìconflittualità programmaticaî di cui parlava Cremaschi deve essere il nostro approccio al confronto con líUlivo. Su grandi questioni come il tentativo di rilegittimare la guerra con líappoggio alla spedizione militare in Iraq o quello in atto al Senato da parte di Bassanini di accentuare la privatizzazione dei servizi essenziali dobbiamo essere in grado di sviluppare al massimo insieme al movimento questa conflittualità programmatica. Il partito non gode di buona salute, ha le ginocchia molli e rischia, se non ben orientato, di adagiarsi dentro una logica tutta istituzionale. Non condivido la proposta di Grassi di rompere con Casarini e di lasciare líesperienza della disubbidienza al suo destino. Dobbiamo semmai impegnarci in una battaglia culturale sul senso della disubbidienza aiutando queste componenti ad uscire da un certo primitivismo. Líunità del movimento, insieme alla radicalità ed allíautonomia dello stesso sono il terreno nel quale tutte le componenti possono svilupparsi e crescere. Anche alla luce di uso strumentale della lotta al terrorismo e di una diffusa pulsione alla repressione sociale è necessario tenere unito il movimento evitando rotture e scorciatoie che possono farlo regredire. Parigi sarà líoccasione per rilanciare il profilo migliore del movimento stesso.

 

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