Comitato Politico Nazionale 21 - 22 gennaio 2006

Ordine del giorno proposto dalla Segreteria nazionale - APPROVATO

La conclusione positiva della vertenza contrattuale dei lavoratori metalmeccanici rappresenta un grande successo. Il superamento dell'inflazione programmata come criterio per il rinnovo dei contratti, l'affermazione della democrazia dei lavoratori, il contrasto alla pretesa dell'estremizzazione della flessibilità, la difesa del contratto nazionale come strumento di unificazione del mondo del lavoro: tutti assieme questi punti rappresentano elementi di fondo per la ripresa di una nuova stagione di lotte per l'estensione di diritti e garanzie del lavoro. Riteniamo che questo successo dia ragione pienamente a quanti, dentro il movimento sindacale italiano, in particolare la FIOM, hanno praticato un rapporto di internità con i movimenti e dato voce a una vera istanza di rinnovamento. Un successo che porta il segno di una capacità di lotta e di un protagonismo dei lavoratori che rappresentano un grande investimento per il rilancio di una iniziativa politica generale per la trasformazione del Paese.

Questa nuova fase deve vedere il massimo impegno del Partito nella sua capacità di proiezione esterna e di capacità di stare dentro le importanti scadenza di movimento.
Innanzitutto la partecipazione al Forum sociale mondiale di Caracas dal 23 al 30 gennaio, in un laboratorio fondamentale della sperimentazione di nuove strade di uscita dal neoliberismo come è il Latinoamerica.
La partecipazione alle manifestazioni contro la direttiva Bolkestein dell'11 e 14 febbraio a Strasburgo, assieme a tutte le forze sindacali, di movimento e politiche che, anche attraverso la battaglia contro la Bolkestein, possono rilanciare una iniziativa generale su scala europea. Riteniamo che la scadenza del 14 febbraio sia molto importante anche come occasione di protagonismo che il Partito della Sinistra Europea può svolgere in questo contesto.

Altri appuntamenti, nel nostro Paese, rappresentano scadenze di rilievo per la capacità di unificazione delle lotte che esprimono.
Pensiamo, in particolare, al forum sulle vertenze e la democrazia del 17, 18, 19 febbraio in Val di Susa; al Forum italiano sull'acqua del 10, 11, 12 marzo, la giornata nazionale per l'abrogazione della controriforma Moratti del 4 febbraio.

Rivolgiamo un appello a tutte le strutture del partito per il rilancio dell'iniziativa per la raccolta di firme per l'abrogazione della controriforma costituzionale varata dalle destre, a partire dalle giornate di mobilitazione nazionale decise dal coordinamento nazionale per il referendum stabilite per il 27, 28 e 29 gennaio con l'obiettivo di contribuire all'effettuazione di 1500 tavoli di raccolta di firme in tutta Italia.

Pensiamo che vada rilanciata l'iniziativa del movimento per la pace contro la guerra e il terrorismo, l'occupazione dell'Iraq e per il ritiro delle truppe. La giornata di mobilitazione del 18 marzo rappresenta per noi un impegno prioritario in questa direzione.

Nel quadro generale di iniziative di movimento, pensiamo che vadano inserite e rilanciate le nostre iniziative per i beni comuni e la legge di iniziativa popolare e quella contro la precarietà.

Riteniamo che la discussione sul programma con le altre forze dell'Unione abbia avuto, in questi ultimi giorni, un positivo avanzamento ma che segni ancora la presenza di punti aperti di discussione non marginali. Crediamo, quindi, che si debba dare il mandato per giungere in tempi brevi a una stretta conclusiva che sarà sottoposta alla valutazione degli organismi del Partito. Pensiamo che forte debba essere la nostra iniziativa affinchÈ sul programma non venga meno, ma al contrario sia rilanciata, la necessità di un coinvolgimento largo e di una aperta consultazione con le forze sociali, con i movimenti, con le autonomie locali.
Accanto alla definizione positiva del percorso per il programma dell'Unione, riteniamo necessario presentare il nostro programma, un programma non alternativo a quello che concorderemo con le forze del centro sinistra, ma che guardi oltre, nella direzione della costruzione dell'alternativa di società che rappresenta l'obiettivo di fase della nostra politica.
Il nostro programma vogliamo declinarlo come programma della sinistra di alternativa, ovvero come prima impegnativa occasione in cui la Sezione Italiana della Sinistra Europea presenta il proprio profilo politico programmatico. La nostra proposta è che l'apertura della nostra campagna elettorale sia caratterizzata dallo svolgimento di una iniziativa di grande rilievo su questo terreno.
La costruzione della sezione italiana della sinistra europea, di cui le importanti candidature alle prossime elezioni politiche ne costituiscono una prima rappresentazione concreta, è l'impegno fondamentale di questi mesi, una costruzione fatta attraverso un vero coinvolgimento di forze, di realtà, di movimenti e che parta dai territori e dalla ricchezza che le lotte di questi anni hanno consegnato come accumulo di energie nella direzione dell'alternativa.

L'insieme di questi appuntamenti e di questi impegni deve essere utilizzato anche ai fini della massima attivazione del partito nella impegnativa campagna elettorale che rappresenta un passaggio fondamentale per il Paese.
Il successo delle liste di Rifondazione Comunista è indispensabile per battere le destre e determinare una vera discontinuità.
Per questo l'appello è a tutti i gruppi dirigenti centrali e periferici a tute le militanti e i militanti del Partito per un impegno convinto e generoso come è sempre stato nei momenti alti delle sfide che in questi anni abbiamo affrontato nonchÈ a tutte le forze sociali e di movimento che con noi in questi anni hanno incrociato i percorsi delle lotte che hanno tenuto aperta la strada di una vera alternativa.

OdG Approvato

Il Comitato Politico Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista aderisce all'appello lanciato dall'assemblea del Forum Sociale Europeo a Vienna nella quale si promuove per il 18 e 19 Marzo due giornate di mobilitazione internazionali contro le occupazioni militari e il disarmo.
Dà mandato alla Segreteria Nazionale e al Dipartimento Pace affinché formalizzino la piena partecipazione del Prc al comitato promotore della manifestazione nazionale del 18 marzo a Roma, impegnandosi in particolare per allargare il fronte dei proponenti a tutte le forze pacifiste che si sono battute contro la guerra "senza se e senza ma".
Il terzo anniversario della guerra all'Iraq non deve essere una data di routine ma l'occasione per far scendere in piazza il popolo della pace e dare visibilità alla richiesta del ritiro immediato delle truppe italiane e l'avvio di una politica estera "altra" che faccia del ripudio della guerra sancito dall'articolo 11 della Costituzione, la sua architrave.
Le mosse di Berlusconi e Martino in merito al ritiro scaglionato entro il 2006 dei militari italiani dall'Iraq, se da un lato dimostrano la forza della pressione dell'opinione pubblica italiana schierata contro l'intervento militare, dall'altro sono semplice propaganda essendo il governo italiano totalmente subalterno al governo USA il cui presidente Bush ha anche recentemente dichiarato di non aver nessuna intenzione di lasciare - finchè rimarrà alla Casa Bianca - l'Iraq.
Il necessario processo di riconciliazione nazionale tra tutte le componenti del popolo iracheno, resistenza compresa, è minato alla radice dal perdurare dell'occupazione straniera. I rischi di balcanizzazione dell'Iraq si accrescono ogni giorno che passa trascinando il paese in una guerra civile sempre più sanguinosa dalla quale si alimentano anche forze terroristiche come Al Qaeda.
I pericoli di allargamento della guerra infinita alla Siria e all'Iran dimostrano l'urgenza di una radicale inversione di tendenza.
Il Comitato Politico Nazionale del Prc fa appello alle forze del movimento per la pace contro la guerra affinché la manifestazione del 18 Marzo preceduta da una serie di mobilitazioni su tutto il territorio nazionale, tra le quali la manifestazione nazionale promossa sul tema della difesa dei diritti del popolo palestinese che si terrà il prossimo 18 febbraio a Roma, quest'anno metta al centro della mobilitazione la solidarietà con il popolo palestinese contro l'occupazione e il muro della vergogna, a sostegno delle forze di face israeliane che si battono contro la politica militarista del governo di Tel Aviv, rimettendo al centro dell'agenda politica la parola d'ordine "Due Popoli, Due Stati con Gerusalemme capitale condivisa di entrambi".
Dà mandato alla delegazione del Prc che parteciperà al Forum Mondiale Sociale di Caracas di lavorare affinché da quella sede sia rilanciato l'appello alla mobilitazione internazionale del Forum Sociale Europeo e il 18 e 19 Marzo diventi così un appuntamento che coinvolga tutti e cinque i continenti.

La Segreteria Nazionale

ODG approvato

L’assemblea nazionale dei Comitati “Per una buona scuola della Repubblica”, svoltasi a Roma nei giorni 21 e 22 gennaio, ha definitivamente varato il testo del disegno di legge di iniziativa popolare sul quale lanciare la raccolta delle 50.000 firme per portare la proposta di legge in Parlamento
Si tratta di una iniziativa di grande importanza che ha visto coinvolti centinaia di comitati, genitori, studenti e insegnanti, protagonisti in questi anni delle mobilitazioni contro la riforma Moratti.
Dall’abrogazione della legge 53 all’elevamento dell’obbligo a 18 anni; dalla generalizzazione delle scuole pubbliche dell’infanzia al ripristino integrale del tempo pieno e prolungato, come modalit‡ pi_ avanzata della didattica e non solo di recupero del tempo scuola sottratto alle bambine e ai bambini dal centro destra:sono questi alcuni dei punti cardine contenuti nella proposta “Per una buona scuola della Repubblica”
Il Comitato Politico Nazionale del PRC, condividendo i contenuti e gli obiettivi della proposta, impegna il Partito a sviluppare una grande campagna di massa per la raccolta delle 50.000 firme.

Loredana Fraleone
Luigi Saragnese
Monica Donini
Martino Albonetti
Roberto Antonaz
Titti De Simone
Patrizia poselli

No alla “caccia alle streghe” anticomunista - APPROVATO

Nei prossimi giorni, l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa sar‡ chiamata a discutere una risoluzione denominata “sulla necessit‡ di una condanna internazionale dei crimini dei regimi totalitari comunisti”, nella quale, in sostanza, il comunismo viene equiparato ai regimi nazisti e franchista.
Se la risoluzione dovesse essere approvata, i paesi appartenenti al consiglio d’Europa sarebbero chiamati ad assumere iniziative sul piano nazionale,m attraverso l’istituzionalizzazione di vere e proprie campagne anticomuniste.
La decisione di procedere all’esame della risoluzione Ë stata assunta su suggerimento dei rappresentanti, del raggruppamento del PPE, di alcuni paesi dell’Europa centro-orientale, recentemente entrati nell’Unione Europea, noti per le gravi limitazioni, tuttora in atto, delle libert‡ democratiche e dei diritti umani. Ad esempio, nei paesi della regione del Baltico (Lituania, Lettonia ed Estonia) non solo Ë tuttora proibita l’attivit‡ dei partiti che si definiscono comunisti, ma vengono perseguitati i loro dirigenti, alcuni dei quali, ormai da quasi 15 anni, scontano pene detentive in condizioni pesantissime, nel pi_ assoluto spregio delle pi_ elementari norme di diritto (Ë il caso degli ultrasessantenni dirigenti del Partito Comunista Lituano) e , soprattutto, nella pi_ assoluta indifferenza degli organismi competenti dell’ Unione Europea e del Consiglio d’ Europa.
In questi Paesi, la persecuzione anticomunista si accompagna a forme disgustose di discriminazione nei confronti delle rilevanti minoranze etniche abitanti sul loro territorio.
In altri paesi dell’Europa centro-orientale (in particolare, in Ungheria e Repubblica Ceca), sono in vigore gravi misure discriminatorie nei confronti dei Comunisti, che si traducono nel tentativo di mettere fuorilegge le loro organizzazioni ( Ë il caso recente dell’organizzazione giovanile del partito comunista di Boemia e Moravia) e nella proibizione (pena gravi sanzioni ) dell’ esposizione nei simboli storici del movimento operaio.
Il Comitato Politico Nazionale del PRC, riconfermando la condanna per lo stalinismo ed i crimini compiuti nei regimi dei paesi del cosiddetto “socialismo reale”, considera inaccettabile l’ equiparazione, del tutto strumentale ed antistorica, tra le esperienze comuniste del ‘900 ed i regimi di stampo fascista. Se l’ Europa Ë stata in grado di liberarsi dal mostro del nazifascismo, lo deve anche ai 25 milioni di morti sovietici ed alle migliaia di partigiani comunisti che hanno lottato nella maggior parte dei paesi occupati, compreso il nostro.
Non consideriamo il Consiglio d’Europa una sede legittima per realizzare una cosÏ insopportabile operazione di riscrittura della storia. Ancora una volta, il revisionismo storico serve a consolidare le politiche di guerra poste in essere da chi Ë uscito vincitore dalla guerra fredda, politiche che noi condanniamo con fermezza insieme all’espansione ad Est della Nato ed alla destabilizzazione di interi Paesi e continenti in nome di politiche di potenza e di egemonia.
L’Unione Europea farebbe meglio a rompere con il liberismo e il sostegno acritico agli Stati Uniti, piuttosto che riesumare i peggiori fantasmi del maccartismo e dell’anticomunismo militante della guerra fredda.
Ne costatare che la decisione in merito alla presentazione della risoluzione ha sollevato, in tutta l’Europa, una vigorosa reazione, attraverso una vera e propria mobilitazione di massa non solo delle forze comuniste e di “sinistra alternativa”, ma anche di partiti e movimenti di diversa ispirazione (ad esempio, in alcuni paesi, come la Grecia, l’intero arco delle forze democratiche, anche quelle a governo di centro-destra, si schiera unanimemente contro l’iniziativa anticomunista nell’assemblea parlamentare del Consigli d’Europa), il Cpn del PRC invita ad assumere analoghe iniziative di pressione anche nel nostro Paese in pieno accordo con la risoluzione adottata in questo senso dall’esecutivo della Sinistra Europea riunitosi a Berlino il 14 e 15 gennaio scorso.

OdG di Progetto Comunista - RESPINTO

La crisi economico-finanziaria viene scaricata sui lavoratori

La crisi economico-finanziaria che investe l'Italia, nel quadro della crisi capitalistica internazionale, in quest'ultima fase ha subito un'evidente accelerazione, investendo, negli ultimi anni, il tessuto delle piccole e medie imprese di tutto il Paese. Dopo la fase delle delocalizzazioni nei Paesi dell'Est Europeo, connessa alla ricerca di forza lavoro a bassissimo costo, abbiamo assistito alle chiusure aziendali di interi comparti produttivi, dal tessile al meccanico: la crisi non risparmia il terziario, commercio e servizi.
In queste settimane è emerso, dopo tangentopoli, "bancopoli", segno evidente della concorrenza spietata tra le diverse fazioni della borghesia nel nostro Paese nelle scalate bancarie e di potere, col coinvolgimento di entrambi gli schieramenti di centrosinistra e centrodestra e di istituzioni borghesi come la Banca d'Italia e la magistratura. Uno scontro intercapitalistico interno ed internazionale, che vede la penetrazione nel capitale finanziario del Paese, e quindi nell'industria, di capitali esteri pi_ solidi e pi_ forti.
L'intreccio Unipol-Bnl e Bpi-Antoveneta rappresentano l'ultimo episodio di una sequenza iniziata con la privatizzazione del sistema bancario e la scalata di Tronchetti Provera in Telecom Italia, operazioni che vedono coinvolti, in un inestricabile intreccio, rendite e profitti, capitalismo delle nobili casate e dei parvenu, banche e imprese cooperative, governo e opposizioni; a ciò segue la bancarotta di Parmalat e Cirio, fino alla vicenda dei bond argentini. Mentre nel breve periodo l'aristocrazia finanziaria (Unicredit, Capitalia) mantiene il controllo su Fiat e Corriere della Sera, "gli olandesi" del Abn Amro assumono il controllo di Antoveneta e "gli spagnoli" del banco di Bilbao iniziano la scalata alla Banca Nazionale del Lavoro: entrambe di conseguenza penetrano nel tessuto industriale del paese. Mario Draghi, già vicepresidente di Goldman Sachs con interessi diretti nell'operazione della Banca di Bilbao sulla Bnl, assume oggi la direzione della Banca d'Italia in sostituzione di Antonio Fazio, estromesso non tanto per la scontata corruzione, ma perchè liquidato dalla finanza internazionale.
Una crisi economico-finanziaria che i capitalisti e i loro governi nazionali e locali scaricano sui lavoratori e le masse popolari, come tra gli altri il caso Telecom Italia dimostra con i gravi effetti negativi su qualità del servizio, tariffe e occupazione. I giornali locali ogni giorno annunciano licenziamenti, mobilità, cassa integrazione che colpiscono migliaia di lavoratori, mentre autorevoli esponenti delle organizzazioni padronali, supportati dagli esponenti del governo e dell'opposizione liberalriformista, chiedono ed ottengono aumento di flessibilità e precarietà, privatizzazione del sistema pensionistico e scippo del Tfr/Tfs, dei servizi pubblici essenziali, della scuola e della sanità pubblica. Conquiste storiche della nostra classe di riferimento, acquisite dopo dure lotte nel corso di decenni, sono messe in discussione. E' di questi giorni l'annuncio di oltre mille licenziamenti da parte della Fiat.
Confindustria vuole il controllo totale sul lavoro salariato, la resistenza dei metalmeccanici
La giunta di Confindustria ha presentato il 22 settembre le sue proposte sui contratti e le relazioni industriali in vista della revisione del patto del 23 luglio '93 e per il nuovo patto concertativo da realizzare insieme a Cisl, Uil e Cgil e al nuovo probabile governo di centrosinistra. Dopo aver individuato le cause delle loro difficoltà economiche nell'alto costo del lavoro propongono l'abbattimento della quota fissa dei salari e una maggiore flessibilità, in entrata e in uscita, congiunta ad un aumento della precarietà attraverso l'utilizzo di tutte quelle tipologie contrattuali precarizzanti in funzione delle loro esigenze di mercato e alla gestione unilaterale e flessibile dell'orario di lavoro. Nel tentativo palese di stringere una camicia di forza attorno alle lotte operaie e popolari propongono "un patto costituzionale" al futuro governo e a Cgil Cisl e Uil che definisca regole e sanzioni. La Confindustria del liberalriformista Montezemolo, dopo aver chiesto ai lavoratori di faticare di pi_ e con meno salario, vuole imporre regole per limitare il diritto di sciopero in tutti i comparti, depotenziare il ruolo delle Rsu nella contrattazione aziendale, impedire la democrazia sindacale attraverso procedure di conciliazione ed arbitrato assistite da sanzioni.
La vertenza dei metalmeccanici ha assunto in questo quadro un carattere generale di difesa di tutta la classe, specialmente dopo al firma, in linea con gli altri accordi nelle diverse categorie, del contratto delle telecomunicazioni che in cambio di appena 97 € di aumento al 5_ livello, in un settore dove le imprese macinano profitti, cede in flessibilità. I lavoratori metalmeccanici hanno dimostrato in questi tredici mesi di scioperi e manifestazioni fino ai blocchi stradali e ferroviari degli ultimi giorni di non voler accettare scambi a perdere tra salario e flessibilità, di non indietreggiare e andare fino in fondo nella difesa del salario, dei diritti e delle tutele. L'ipotesi di accordo siglato da Fiom, Fim e Uilm con Federmeccanica giovedì 19 gennaio, da respingere quando sarà sottoposto al referendum dei lavoratori nelle fabbriche, è insufficiente a salvaguardare il potere d'acquisto dei salari: la cifra lorda di 100 €, parametrati secondo i livelli, di fatto si riduce a pochi euro netti se consideriamo l'effetto degli scaglionamenti, lo slittamento di sei mesi della durata contrattuale, il ritardo rispetto alla scadenza del contratto. In cambio di una cifra simbolica si apre in tema di flessibilità: passa l'orario plurisettimanale - aggiungendo alla necessità stagionale anche "le ragioni produttive e di mercato" - da contrattarsi "in modo non ostativo dalle Rsu; l'apprendistato si estende sia in termini di durata che di lavoratori coinvolti. La costituzione di una commissione paritetica che valuti entro giugno l'applicazione dell'orario plurisettimanale e nel contempo discuta di " competitività, produttività, orario, mercato e condizioni di lavoro" oltre a "contratti a termine e quelli di somministrazione" fa rientrare dalla finestra quanto apparentemente uscito dalla porta: l'applicazione della legge 30 e l'avvio del nuovo modello contrattuale in un quadro di concertazione con il nuovo probabile governo di centrosinistra.
Nel congresso in corso nella Cgil il passaggio della burocrazia sindacale riformista di Lavoro Società nella maggioranza concertativa di Epifani è stato giustamente punito dai lavoratori con la perdita di oltre il 50% dei voti rispetto al precedente congresso, mentre le tesi alternative sulla contrattazione e sulla democrazia sindacale hanno avuto una evidente affermazione: la costruzione di una sinistra sindacale classista in Cgil, aperta al confronto e al coordinamento con i settori classisti del sindacalismo di base, è all'ordine del giorno.
Il programma dell'Unione: coerente con il "lacrime e sangue" annunciato da Prodi
Le primarie truffa, presentate come lo strumento attraverso il quale "spostare a sinistra l'impianto del programma dell'Unione", si sono confermate invece come lo strumento dell'elezione plebiscitaria di Prodi e della sua legittimazione. Una sconfitta a prescindere dai numeri: perchÈ implicava il riconoscimento dei "principi dell'Unione" con tutto quello che ne consegue, sia in politica estera - regole di Maastricht; direttiva Bolkestein; patti militari, Nato inclusa; le guerre dell'Onu; sostegno all'imperialismo italiano inclusa l'occupazione militare dell'Irak - sia in politica interna, con la continuità nelle leggi e nelle manovre finanziarie: contro i lavoratori italiani ed immigrati; la privatizzazione dei servizi essenziali, della scuola, della sanità e della previdenza.
La forza acquisita dopo le primarie dal centro liberale viene espressa nero su bianco nelle duecentosettantaquattro pagine del programma presentato il 10 gennaio ai partiti dell'Unione per le prossime elezioni politiche, bozza non a caso firmata da Andrea Papini, fedelissimo di Prodi. Il lavoro dei quattordici tavoli programmatici votato all'inizio di dicembre da tutti i partiti dell'Unione, dall'Udeur al Prc, ha trovato sintesi nella bozza di programma. Un programma che prevede: un'accelerazione di liberalizzazioni e privatizzazioni; una politica fiscale e finanziaria mirata al rientro del deficit statale; l'introduzione del federalismo fiscale; il prolungamento dell'età pensionabile; continuità in tema di flessibilità e precarietà del lavoro salariato con la conferma degli assi del "pacchetto Treu" e della legge 30; l'abbattimento del costo del lavoro col blocco degli aumenti salariali; espulsioni e rimpatri per gli immigrati; il ritiro delle forze di occupazione in Irak solo se concordato con il governo fantoccio del paese colonizzato. Tutto questo è incompatibile con un partito che si richiama alle ragioni dei lavoratori e delle lavoratrici, delle giovani generazioni di studenti e precari scese in piazza per un altro mondo possibile.
La bozza di programma presentata dai liberali dell'Unione evidenzia la natura borghese del governo di cui Rifondazione Comunista farà parte, nel caso di una probabile vittoria del centrosinistra: governo in cui i ministri della sinistra dello schieramento e i sindacati concertativi avranno esclusivamente una funzione di copertura e stabilizzazione sociale, di avallo della subalternità al liberalismo. Abbiamo chiesto e chiediamo la rottura delle forze di sinistra con i liberali dell'Unione (maggioranza Ds e Margherita), i futuri azionisti del partito democratico, per liberare i lavoratori da questo abbraccio mortale. Le forze della sinistra che intendono difendere gli interessi immediati dei lavoratori, i sindacati - compreso il sindacalismo di base -, i movimenti di lotta popolari, il movimento degli studenti nelle scuole e nelle Università devono unire le proprie forze e lavorare per la costruzione di un polo autonomo di classe, in alternativa a entrambi gli schieramenti di centrodestra e di centrosinistra e alle loro politiche.
Per una risposta operaia e socialista alla crisi capitalista
E' necessaria una svolta profonda nella politica del nostro partito, non possiamo limitarci a suggerire correzioni del programma dell'Unione, non possiamo continuare ad illudere i nostri militanti proponendo, come fanno i dirigenti dell'Ernesto, un'offensiva della sinistra dell'Unione in nome delle "priorità del programma": ma programma di quali forze sociali? per il governo di quale classe? E' necessario rompere con i liberali dell'Unione, con i rappresentanti dei banchieri.
Sono altri gli obiettivi che il Prc si deve porre: il rilancio del movimento per il ritiro immediato e incondizionato delle forze di occupazione dall'Irak e in solidarietà con il popolo oppresso di Palestina; la ricostruzione della sinistra sindacale in Cgil, a partire dal sostegno critico all'esperienza della Rete 28 aprile; la convergenza contro la concertazione di tutto il sindacalismo di classe, confederale e di base, attorno ad una piattaforma che unifichi tutto il lavoro salariato, tutti comparti e categorie, disoccupati e precari, italiani e immigrati. La lotta dei metalmeccanici di questi mesi e giorni, la manifestazione nazionale degli immigrati all'inizio di dicembre a Roma, l'occupazione dell'Università di Milano e altre città, le lotte popolari in Piemonte contro la Tav e a Bologna contro Cofferati, le grandi manifestazioni per la difesa dei diritti delle donne rivelano una enorme volontà e potenzialità di lotta e resistenza che dobbiamo saper unificare e rilanciare contro il padronato e il governo Berlusconi oggi, contro l'eventuale governo Prodi domani (altro che proporre -come fa l'area Erre- un "sostegno condizionato", intermittente, al prossimo governo dei banchieri).
Di fronte agli effetti della crisi capitalistica e al tentativo del padronato e dei loro governi di scaricarne gli effetti sui lavoratori e le masse popolari è necessario elaborare una risposta operaia e socialista alla crisi capitalistica. Un programma che includa obiettivi immediati e transitori a partire dal rilancio delle lotte per un forte aumento salariale uguale per tutti; l'assunzione dei giovani lavoratori precari; l'apertura sotto controllo operaio dei libri contabili delle aziende; la nazionalizzazione, senza indennizzo e sotto controllo operaio delle fabbriche che licenziano e chiudono; la nazionalizzazione, sotto controllo operaio e senza indennizzo, delle banche investite da bancopoli. E' necessario cioè avanzare e propagandare un programma per la costruzione nelle lotte di una alternativa -e quindi di un governo- dei lavoratori. Ma per fare questo bisogna sconfiggere il tentativo di arruolare Rifondazione nel futuro governo dei banchieri, rimuovendo così una sponda politica di opposizione per i movimenti e le lotte dei lavoratori, facilitando un processo di "pace sociale" che, in una società divisa in classi, significa una guerra combattuta solo dalla classe dominante.
Per quanto riguarda le liste elettorali, constatiamo che per la prima volta si apre la rappresentanza parlamentare anche alle minoranze, cosa in sÈ corretta; significativamente, però, almeno per quanto riguarda Progetto Comunista, la scelta viene fatta direttamente dalla segreteria nazionale. Questa modalità pare indirizzata a cooptare insieme all'ex portavoce dell'area anche l'area stessa, tentando di eliminare l'unica voce di opposizione coerente alla linea governista: di qui la richiesta di un impegno preventivo a votare la fiducia al governo. La maggioranza della rappresentanza in Cpn di Progetto Comunista (10 membri su 17, eletti al recente congresso) non ha concordato tale scelta e ribadisce la propria inflessibile opposizione alla deriva governista del partito, chiamando tutti i militanti del partito a salvaguardare il progetto di fondo della rifondazione comunista: l'opposizione di classe per l'alternativa rivoluzionaria dei lavoratori.
Francesco Ricci
Alberto Airoldi
Luca Belà
Patrizia Cammarata
Nicola di Iasio
Pia Gigli
Ruggero Mantovani
Antonino Marceca
Michele Rizzi
Fabiana Stefanoni
Valerio Torre

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