Comitato Politico Nazionale 21 - 22 gennaio 2006

Relazione di Walter De Cesaris

Vorrei iniziare con un’analisi puntuale dello stato dell’arte sul programma dell’Unione, ricapitolando anche l’approccio che abbiamo tenuto noi come partito.
La discussione programmatica è cominciata con l’indicazione delle “priorità” che sono state sottoscritte e accettate da tutti i candidati alle primarie. La grande partecipazione di massa quel voto vale come investimento in quelle “priorità programmatiche”.
All’indomani delle primarie si sono aperti dodici tavoli programmatici, a cui noi siamo stati presenti e protagonisti con tutto il gruppo dirigente largo (segreteria, parlamentari, dipartimenti, territori ed espressioni di movimento). Non c’è dubbio che tra i partiti siamo quello che ha investito di più in questo percorso. Credo che questo elemento di partecipazione larga sia un fatto da non trascurare.
Il 5 e 6 dicembre si è tenuto il seminario di S. Martino in Campo, c’erano i segretari dei partiti e i delegati al tavolo centrale, si è fatta una discussione complessiva. Si sono marcati i punti d’accordo e di disaccordo. Un accordo su società, lavoro, diritti, concezione del welfare; disaccordi soprattutto su previdenza, liberalizzazioni politica di bilancio.
Noi abbiamo continuato il lavoro con riunioni costanti dei gruppi di lavoro, messa in rete dei materiali prodotti (credo che questo lo abbiamo fatto solo noi), è stato inviato a tutto il partito un documento analitico, è stato fatto il seminario con gruppi di lavoro, direzione e segretari regionali, incontri con i soggetti che hanno promosso la campagna “cambiare si può”.
Il lavoro dei dodici tavoli dell’Unione è stato reso disponibile in un documento di lavoro di 274 pagine. Il lavoro preparatorio che avevamo fatto ci ha consentito un intervento puntuale (anche qui siamo stai gli unici) che ha colto i falli degli estensori della sintesi e riavviato una ridiscussione. Il testo proposto, abbiamo visto, era stato mutilato di alcuni punti importanti raggiunti nei tavoli. Solo per fare qualche esempio erano spariti la commissione sui fatti di Genova, punti decisivi sulla guerra in Irak, il no al ponte sullo stretto di Messina. Mentre erano rimaste inalterate, nella forma che non accoglievamo, le parti sulla strategia economica e alcuni punti fondamentali sulla previdenza.
Credo che non dobbiamo avere un atteggiamento autocelabrativo, ma essere anche consapevoli come abbiamo potuto inserire parti importanti soprattutto grazie alla nostra competenza sul fare. Sono punti nostri quelli sui migranti e la gran parte delle formulazioni sulla scuola.
Abbiamo deciso di rifiutare una modalità di trattativa fondata sullo scambio. Una sorta di puzzle in cui ognuno mette un pezzetto di rivendicazione da pubblicizzare poi in campagna elettorale e intanto chiude un occhio, a volte tutti e due, sul resto.
La nostra stella polare è stato l’impianto complessivo, la direzione di marcia, l’idea di società che si prospetta. Il punto è capire se quell’impianto contraddice o è impedente l’avvio di un percorso riformatore; se la dialettica movimenti-società trova in quell’impianto un elemento di ostacolo oppure la possibilità di attraversarlo aumentando la propria capacità di incidenza.
Per cogliere questo segno complessivo provo a sottolineare dei punti chiave piuttosto che fornire un resoconto dettagliato che d’altra parte è già stato inviato al partito, mentre un vero e proprio documento analitico è in corso di elaborazione.
Dire che la legislatura si apre con la costituzione di una commissione parlamentare su Genova, vuol dire, anche simbolicamente, ripartire dal fare i conti con una pagina nera della storia del nostro Paese. Affermare la supremazia e l’intangibilità della Costituzione (nessuna “grande riforma” costituzionale) vuol dire dare un senso di svolta (anche rispetto al titolo V). Semmai la principale e prioritaria riforma costituzionale è l’elevazione del quorum necessario alla sua modifica (art. 138). La stessa cosa vale per le regole, anche quelle elettorali. Dire che L’Unione varerà una legge per il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto in cui determinante non è il genere dei contraenti è un grande risultato pratico al di là della contesa nominalistica sui PACS. Altri risultati sono il testamento biologico, e lo stabilire l’incompatibilità tra tossicodipendenza, patologie gravi quali HIV con il carcere. Dire che si eleverà a 16 anni l’obbligo scolastico e che tale biennio sarà unitario e non orientativo, superando la canalizzazione precoce, colpisce al cuore la controriforma Moratti (anche per gli interventi su orario, tempo pieno e prolungato). Sui migranti si dice che va abolita la Bossi-Fini e vanno realizzati riforma della cittadinanza, diritto di voto, legge sull’esilio, legge sulle libertà religiose, flussi triennali, permesso per ricerca di lavoro e lavoro stagionale, trasferimento di competenze ai comuni, esentare alcune categorie di lavo dai flussi, regolarizzazione per denuncia di lavoro nero, superamento dei CPT. Sulle questioni del territorio. C’è lo stop al progetto sul ponte di Messina. Si stabilisce la necessità per le infrastrutture della Valutazione Ambientale Strategica e dell’analisi costi benefici, si aumentano i poteri degli enti locali e delle popolazioni. Non si parla esplicitamente della TAV ma né in un senso né nell’altro. Sul welfare, si denuncia che l’Italia ha il più alto tasso di disuguaglianza dei redditi (se si escludono Usa e GB) e che nel nostro paese si dedica al sostegno dei redditi bassi, dei servizi sociali e abitativi meno quote di PIL che nella media degli altri paesi europei. Si propone di istruire un fondo per la nonautosufficienza attraverso la fiscalità generale; di garantire il “passaggio da casa a casa” sugli sfratti; portare l’offerta sociale di case alla media europea ed ugualmente su asili nido ed altri servizi. Sulle politiche del lavoro di superare la legge 30 ed i decreti attuativi, abrogare le norme precarizzanti ridando centralità al lavoro a tempo indeterminato. Affermare che il lavoro flessibile non può costare meno di quello stabile, che i lavori a termine non possono superare una certa quota del lavoro complessivo. Si parla di clausola sociale sugli appalti, restituzione del fiscal drag, superamento dell’inflazione programmata e centralità al contratto nazionale di lavoro. Sull’Irak è stato reintrodotto, rispetto all’altro testo, il termine “occupazione” per definire la presenza delle truppe sul territorio. La proposta è di ritiro immediato. In più si parla del ruolo della cooperazione e della necessità di ridefinire le “servitù militari”.
Per quanto riguarda le politiche di bilancio, il vecchio testo diceva: riportare i conti pubblici sotto controllo è per noi una priorità assoluta, perché una finanza pubblica sana è condizione affinché sia possibile realizzare politiche redistributive e finanziare gli investimenti pubblici di cui il Paese ha bisogno”. Insomma si riproponeva la politica dei due tempi che contraddiceva gli impegni di espansione del welfare. Il nuovo testo è :”Riportare i conti pubblici sotto controllo è per noi una priorità, Una finanza pubblica sana, una equa distribuzione del reddito ed un’economia forte sono tre aspetti tra loro interdipendenti, di un’unica strategia di politica economica per uscire dalla crisi e ricostruire il paese. Per questa ragione, non è oggi tollerabile una politica dei due tempi: risanamento finanziario e politiche per la redistribuzione del reddito e lo sviluppo sostenibile devono camminare insieme […] per questo l’indispensabile politica di risanamento finanziario deve essere intrecciata con politiche di redistribuzione del reddito e della ricchezza e di promozione di nuove linee di sviluppo […] per questo occorre intervenire sulla struttura delle entrate fiscali per renderla più equa ed efficiente […] il sistema fiscale italiano risulta distorto a danno del lavoro e della produzione e ciò è causa di iniquità sociali e di negativi effetti sullo sviluppo economico. Il riequilibrio sociale del carico tributario è, dunque, assieme al ripristino dell’equilibrio finanziario, la priorità della futura politica fiscale. L’Irpef va rivista ispirandosi al recupero di una maggiore progressività fortemente ridotta dalle riforme del centrodestra”. C’è dunque il ripristino della tassa di successione per i grandi patrimoni, la tassazione della rendita finanziaria, la lotta all’evasione, elusione ed erosione fiscale. È evidente come il segno sia cambiato, io direi rovesciato, nell’impostazione.
Anche sulla previdenza siamo ad un punto di equilibrio progressivo. Si elimina il “gradone” del 2008 cioè l’innalzamento automatico dell’età pensionabile ed è un provvedimento che riguarda milioni di persone. Si propone di l’aumento delle pensioni minime e dei trattamenti pensionistici, l’adeguamento al costo della vita, la “contribuzione figurativa” per i lavoratori precari “intermittenti”. Si elimina l’estensione del contributivo e il riferimento all’elevazione dell’età pensionabile. Il riferimento è invece alla verifica delle parti sociali, alla trattativa e alla dialettica tra le parti in cui la dinamica delle relazioni, delle lotte è decisiva.
Rimane aperto un problema, quello delle liberalizzazioni. Ci sono dei punti di convergenza: tutti siamo d’accordo sul no a privatizzazioni e liberalizzazioni sull’acqua; anche noi siamo d’accordo alla liberalizzazione delle professioni. Il punto è ciò che c’è in mezzo. Alla proposta avanzata che parla di reti pubbliche ma di servizi a gara, pur salvaguardando universalità del servizio, clausola sociale e bassi costi per l’utenza, noi rispondiamo con la richiesta di una verifica di come sono andate le cose dove le liberalizzazioni sono state effettuate e di dare dunque autonomia agli enti locali.
A questo punto mi si consenta una brave valutazione politica. Non mi soffermerò sull’atteggiamento degli altri partiti. Voglio guardare a noi. Mi pare che non vedere un impianto progressivo e il segno dei movimenti e delle lotte significhi essere accecati dal pregiudizio. Ma anche non cogliere in questo impianto la compresenza di una corrente di elementi moderati sarebbe disonesto. Per dirla semplicemente esiste una ambiguità e la compresenza di due diverse impostazioni. Una ambiguità che ci richiede di essere ragionata, perché è l’ambiguità di una crisi sociale, economica, politica che assume le caratteristiche di una transizione aperta ad esiti diversi. E nel programma coesistono sia l’opzione verso l’alternativa che quella moderata sostenuta dalle forze neocentriste che sono forti per numero ma deboli per proposta. Il nostro compito è riuscire a stare dentro l’ambiguità in modo tale da determinare un esito verso l’alternativa di società. Rispetto allo specifico programmatico, noi dobbiamo attraversare questa elaborazione ed indicare anche il nostro programma, e nel dire nostro dico quello della sinistra d’alternativa. Questo, avendo rispetto al programma un approccio processuale, usandolo come strumento di confronto ed elemento di lotta. Io Immagino un appuntamento pubblico in apertura di campagna elettorale, una grande assise nazionale dove l’elemento distintivo della sinistra d’alternativa mostri il suo respiro di alternativa alle destre dentro un percorso unitario. Battere le destre ed aprire la strada a un vero percorso riformatore.

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