Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 6 - 7 maggio 2006

Intervento di Fausto Bertinotti

Grazie a tutte e a tutti per il tanto lavoro fatto insieme. Potete intendere quanto il mio ringraziamento sia davvero intenso per ognuna e ognuno di voi e come l’obbligo di una sede così propriamente politica, in qualche modo trattenga un’emozione che è indubbiamente forte. Ho parlato da questa tribuna tante volte per lunghe relazioni e lunghe conclusioni, su questo Franco saprà esservi di aiuto, nel senso che un po’ vi ridurrà questa pena. Non voglio neanche fare un saluto perché continueremo a svolgere lavoro politico insieme, ma è evidente che il mio ruolo istituzionale pretende, oltre che le dimissioni da segretario del partito e dagli organi esecutivi, una modalità di presenza, anche nel nostro dibattito politico, diversa ed è evidente che mi atterrò scrupolosamente a questa differente modalità che è richiesta, appunto, dal ruolo che ricopro. Ruolo che tuttavia vorrei, come è stato generosamente detto nella relazione, venisse avvertito come il prodotto di un lungo lavoro fatto insieme. Un lavoro di cui vorrei ricordare, nel ringraziamento da estendere generalmente a tutto il partito, e che sento davvero molto intenso, le battaglie politiche per “portare a casa la pelle”, cioè per garantire la sopravvivenza del partito prima ancora che per potere dispiegare la sua capacità rinnovatrice. Le tante volte in cui ci siamo impegnati a salvaguardare l’esistenza del partito per potere in qualche modo progettarne un futuro. Vorrei che fosse trasmessa al partito l’intensissima condivisione di quei passaggi.

Il compito politico da cui muoviamo è stato fissato dall’ultimo comitato politico nazionale, quello che ha discusso di questa fase. Lo ricordo soprattutto per il fatto che lì si è manifestato un riposizionamento delle compagne e dei compagni, che, al di là della forma che ha preso, è incoraggiante per il futuro e per la futura direzione di Franco. Si dispone infatti, in questa nuova fase, una possibilità di andare oltre anche il dibattito congressuale e a me pare questo un fatto incoraggiante e da incoraggiare. Penso che si potrebbero anche determinare le condizioni per una prosecuzione più coraggiosa e persino più radicale, ma qui, naturalmente, parla la mia vocazione alla innovazione della cultura politica ed organizzativa di cui credo abbia bisogno il nostro progetto. I tre punti che avevamo individuato nell’ultimo comitato politico nazionale mi sembrano confermati dalle vicende di questi giorni.

L’impegno che il nuovo governo sia un governo di alternativa, un governo di svolta, di cambiamento profondo della società italiana.

L’accelerazione del processo di costruzione della Sezione Italiana del partito della Sinistra Europea, una soggettività politica necessaria, per dimensione, spazio ed ispirazione politica, alla ripresa del processo di trasformazione della società italiana e di quella europea.

La conferma e persino, se si vuole, la sottolineatura in questa nuova fase che ci vede partecipi dell’esperienza del governo, dell’assoluta centralità del rapporto tra il partito e la società, tra il partito e i movimenti, tra il partito e i conflitti sociali. Il mantenimento dell’asse che ha costituito la barra principale del rinnovamento da sinistra e del tentativo di uscire da sinistra dalla crisi del movimento operaio, l’asse appunto che ha ispirato tutti questi anni di lavoro spostando il baricentro della politica dalla centralità delle relazioni tra le forze politiche e le istituzioni a quelle della società, dei movimenti e della riforma della politica. Penso che anche il mio accesso a una carica come quella di Presidente della Camera, sul versante della riforma della politica, in qualche modo vi possa concorrere come mi è sembrato di cogliere nella straordinaria esperienza che mi ha regalato il popolo della sinistra, del movimento operaio, il I maggio a Torino.

Su questo lavoro comune si produce, come deciso, la nuova direzione del partito. Io penso che sia una strada interamente condivisibile e che io condivido con grande intensità. Questa nuova direzione è stata resa possibile dal fatto che, contrariamente alla cattiva letteratura, Rifondazione comunista non è stato il partito di Fausto Bertinotti. Io ho l’ambizione di avere concorso. In realtà lo si vedrà, lo vedrà la stampa e il mondo dell’informazione nel suo complesso. Si vedrà quanta maggiore ricchezza c’è in questo partito rispetto alla sua raffigurazione usuale. La personalizzazione della politica ha fatto sì che ci sia stata, per ragioni incomprensibili, un qualche oscuramento, ma le risorse intellettuali, politiche ed umane di questo partito che sono affiorate in tutti questi anni, e in particolare da Genova in poi, per usare un riferimento che mi è politicamente indispensabile, hanno dato vita ad una costruzione che è tra le più originali della storia politica, naturalmente del nostro tempo e nel nostro paese. In questa costruzione, i gruppi dirigenti che sono venuti, come me, da altre storie e da altre esperienze rispetto a quella di Rifondazione comunista, hanno operato un processo di osmosi e di scambio che ha reso tutti noi diversi da come eravamo quando siamo entrati in Rifondazione. Questo è un punto che ritengo essenziale. Io vorrei che ricordassimo, soprattutto alle compagne e ai compagni più giovani, cosa era il gruppo dirigente di questo partito dieci, quindici anni fa. Con grande rispetto per le persone, il gruppo dirigente era un’aggregazione di culture politiche molto diverse tra di loro. Si poteva fare la mappa definendo i gruppi dirigenti per la loro provenienza. Oggi non saprei descrivere così nessuno di noi, nessuno e nessuna di noi per l’origine della provenienza. Non che la provenienza sia insignificante, è un bagaglio che ognuno si porta e decide quanto intensamente ma, in termini di cultura politica, tutti siamo diventati diversi. Contemporaneamente è poi emerso un nuovo gruppo dirigente. Non una generazione dal punto di vista dell’età anagrafica, ma una nuova generazione dal punto di vista della cultura politica, una generazione, che, diversamente da quel processo di osmosi cui, anche per la mia internità, va il mio apprezzamento, si è prodotta sul rapporto tra l’innovazione culturale di Rifondazione comunista e la storia dei movimenti di questo ciclo. Questa nuova generazione, come ho detto al congresso di Venezia, e come continuo a pensare, è, in larga misura, il futuro di questo partito. I gruppi dirigenti più consolidati nella loro storia possono avere la grande ambizione di accompagnare questo processo di discontinuità e di accelerazione. Questo processo ha avuto una precipitazione imprevista, imprevedibile a Venezia, ma imprevedibile anche più recentemente. Questa accelerazione dei tempi ha reso così largamente condivisa un’ipotesi che, non dal punto di vista della persona, ma dal punto di vista della politica, si può definire, so che il termine è controverso, di “transizione forte”. Di fronte al fatto imprevisto si sceglie, dunque, non di contraddire, ma di accompagnare questo processo investendo in una personalità politica come quella di Franco Giordano che gode di un consenso così ampio nel partito e che quindi consente proprio questo accompagnamento insieme all’investimento in una nuova generazione politica. Il larghissimo consenso trovato è la conferma del carattere profondamente vissuto dal partito di tutte e due le cose: del valore della scelta e contemporaneamente del mantenimento del punto politico della innovazione in termini di generazione politica del partito. Mi piacerebbe che questa fase venisse impegnata anche in una forte ricerca di innovazione organizzativa. Se un deficit della direzione che mi ha visto segretario del partito c’è stato, è nell’insufficienza di innovazione sul terreno dell’organizzazione. Possiamo ascriverci il merito di una fortissima innovazione sul terreno delle culture politiche, della linea politica, della capacità di rapporto con la società, con i movimenti e invece una totale inadeguatezza sul terreno della sperimentazione dell’innovazione nelle forme dell’organizzazione politica. Questo nuovo assetto di direzione, per le soggettività di cui è composto, a partire dal candidato segretario, è nelle condizioni di colmare queste lacune e di portare quindi il terreno dell’innovazione nel suo punto di maggiore organicità. La mia solidarietà a Franco è totale. Sono convinto che farà benissimo. Per me è un fratello. Avrà intera la mia solidarietà e la mia condivisione. Un solo consiglio a Franco: ascolta i consigli, ma scegli tu, scegli tu nel rapporto diretto con il gruppo dirigente, i consigli non si possono rifiutare, ma sono sempre in eccesso. E’ importante sempre assumersi la responsabilità di una scelta anche con quel tanto di solitudine che comporta il diritto di proposta ai gruppi dirigenti. Io lascio questo incarico nel modo con cui l’ho sempre vissuto essendo, anche nel partito, un uomo di parte. Non sono stato mai un segretario di sintesi, mi è totalmente estranea questa caratteristica. Non dico tuttavia che questa sia una prerogativa minore. Se Franco la vorrà praticare avrà, anche in questo, la mia solidarietà.

Buon lavoro, compagne e compagni, tantissimi auguri!

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