Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 22 - 23 febbraio 2008

Conclusioni di Franco Giordano

Siamo di fronte ad una difficile campagna elettorale, lo abbiamo sostenuto tutti negli interventi di questo CPN.
Basta vedere giornali e televisioni per constatare il blackout informativo in atto: dobbiamo sollevare questo problema, non per puro spirito di presenza, per strappare qualche riga in più sui quotidiani o qualche minuto in più sui TG, ma perché si tratta di un problema di democrazia, di rappresentazione di culture ed espressioni di fondo della società italiana. Il sistema mediatico sta divenendo un fattore di mutilazione della democrazia, è veicolo decisivo del modello bipartitico che oscura tutte le altre realtà critiche.
Vi sono due uniche posizioni che pesano, tutto il resto è accessorio, “bricolage” complementare e marginale. Il tema vero sono le contese sul governo, mentre scompare la società con le sue problematiche reali. Noi come PRC abbiamo avviato un percorso profondo di rinnovamento politicoculturale e per questo oggi abbiamo accolto le compagne e i compagni che hanno espresso il loro dissenso apertamente, pur non avendo il diritto di partecipare al CPN, dedicando loro ascolto ed attenzione. Ma non torno indietro nel processo unitario che oggi ci viene contestato da questi compagni, anzi lo reputo decisivo. Si pone un problema politico, non di sentimenti, per il fatto che la questione della nostra identità viene posta per meri motivi elettoralistici.: ritengo che la verifica della nostra identità vada fatta socialmente e quotidianamente. Troppe formazioni politiche comuniste si pronunciavano tali, ma non costruivano la loro identità nella società, non tramutavano la loro identità in impegno quotidiano, attuando una divaricazione fra il definirsi “comunisti” ed il metterlo in pratica.

Non mettiamo in discussione il simbolo del partito, abbiamo dato vita ad un simbolo coerente con il progetto che ci siamo impegnati a realizzare: quello della costruzione di una sinistra unitaria e plurale. Può portarci ulteriori consensi e, ribadisco, non è vero che i comunisti in passato si siano sempre presentati con la falce e martello. Questa legge elettorale contribuisce alla falsificazione delle posizioni politiche in Italia. Rivendico la nostra passata intenzione di appoggiare un governo di scopo per la modifica di questa legge elettorale: oggi non saremmo schiacciati nella morsa del voto utile così come vogliono Berlusconi e Veltroni. Ma nella difficoltà, vedo anche delle grandi opportunità in quanto in Italia c’è una forte richiesta di ricostruzione di una sinistra unitaria e plurale. Allora la mia domanda è: qual è il nostro problema oggi? Quello di essere il motore dell’unità a sinistra e di essere andati avanti rapidamente, sulla scia del rinnovamento politico- culturale manifestatosi anche con il progetto della Sinistra Europea? Oppure il problema sono le critiche giuste e fondate di chi, esterno, non si sente ancora pienamente partecipe di questo processo? Non dobbiamo costruire la Sinistra solo per una necessità elettorale, ma perché in Italia c’è bisogno del soggetto unitario e plurale. Dobbiamo includere le associazioni, i movimenti, le esperienze territoriali di conflitto, insomma il meglio di quelle soggettività incontrate nel nostro percorso di innovazione per la creazione di una Sinistra anticapitalista, ecologista, femminista e pacifista.

La seconda domanda che voglio porvi è la seguente: se non avessimo avviato, anche se in ritardo, questo percorso unitario ora staremmo meglio o peggio? Io penso staremmo peggio di fronte a questi repentini cambiamenti nella società. Posso accettare la critica di metodo che mi viene posta, ma se essa è strumentale e se cela una differente impostazione di linea politica, chiedo che ciò emerga con chiarezza. L’editoriale di Polo sul Manifesto pone una critica dura nei nostri confronti, sul nostro operato e sulla natura stessa della Sinistra. Condivido la critica rispetto al ritardo in cui siamo, soprattutto nel non aver fatto ancora emergere con chiarezza l’idea di società che proponiamo anche perché non possiamo essere solo una compagine elettorale, ma dobbiamo far vivere un’idea di sinistra. Per questo, penso che è necessario riattivare la ricerca teorica ed approfondire alcuni temi per noi essenziali. L’uguaglianza, ad esempio, va dialettizzata con la pratica della differenza e va indagato come essa si coniughi con la libertà, intesa come liberazione dei soggetti, come liberazione dall’asservimento psico- fisico, dall’eterodeterminazione dai bisogni, come autodeterminazione dei soggetti e sottrazione dal peso della tecnica e della scienza che colonizza i corpi, i sentimenti, gli affetti: un capitalismo che oggi occupa lo spazio della produzione e della riproduzione fino a manipolare i corpi e non solo la materia. Va analizzata anche la perdita di criticità dei saperi e la ricostruzione di un nuovo sapere critico per la definizione della identità stessa della sinistra.

Va indagata quale nuova cultura della trasformazione va costruita, è necessario un punto di vista autonomo del capitalismo contemporaneo. Ecco come immaginiamo l’alternativa di società: la rivalorizzazione del lavoro, del conflitto sociale nelle sue diverse forme parcellizzate e nelle articolazioni con cui si presenta oggi, la critica al modello patriarcale del capitalismo contemporaneo, la critica all’aggressione capitalistica della natura che mette in discussione nel tempo biologico della nostra vita l’esistenza di specie, la critica del primato della guerra sulla pace come risposta alla crisi della globalizzazione. La divergenza con l’editoriale di Polo sta sul fatto che la vera domanda che noi poniamo non è se debba esistere, o meno, una sinistra in Parlamento, ma è se esiste la possibilità di una sinistra politica. Il modello americano contempla una sinistra sociale diffusa con esperienze di conflitto anche aspre e radicali, ma senza incidere mai nelle scelte della politica, scorrendo parallelamente ad essa, senza incrociarla. Il punto, quindi, sta in come noi possiamo dare densità ad una sinistra politica che faccia leva sulle due gambe, quella sociale e quella politica. Una separazione delle due sarebbe del tutto subalterna al modello americano. Il punto, ancora, sta in come ricostruiamo una soggettività politica della sinistra, in quanto il governo interclassista è parte della crisi stessa della politica. Noi pensiamo che ci debba essere una sinistra politica in grado di incidere, di contare, in grado di non essere subalterna alla cultura dell’immagine e di avere una relazione con segmenti sociali non in chiave lobbistica e strumentale dove l’unica possibilità di incidenza è su singole specifiche questioni.

Dobbiamo definire un’idea chiara di alternativa di società, a partire dalla campagna elettorale che ci accingiamo ad affrontare. La forza della candidatura di Fausto sta soprattutto nella sua capacità di far emergere questa idea. Posso dire, con certezza, che faremo vivere il soggetto unitario anche dopo il 13 e 14 aprile. Chiedo anche esplicitamente alle compagne ed ai compagni del Manifesto di essere parte in causa e darci una mano a costruire il soggetto unitario e plurale, non rinunciando mai alla critica nei nostri confronti. Alle associazioni, movimenti, realtà territoriali, ecc. dobbiamo aggiungere il fare società alternativo, costruendo esperienze concrete per determinare una mobilitazione di massa, per far vivere in autonomia, in libertà la Sinistra l’Arcobaleno nella prossima campagna elettorale. Oggi il dibattito politico ha rimosso completamente il giudizio sul governo Prodi. Io vorrei affrontarlo serenamente, dicendo che per me il bilancio complessivo è critico a partire dalla caduta del governo stesso che è avvenuta a causa del trasformismo di forze centriste. Va detto, infatti, che la fine di quell’esperienza è da ricercare nelle resistenze provenienti dal PD nella realizzazione del programma e nella trasformazione della società italiana. Veltroni non può rimuovere questi eventi: ogni volta che noi abbiamo provato a rendere permeabile il governo alle istanze dei movimenti, sull’impostazione strategica adottata a Venezia, segmenti centrali dell’Unione e del PD hanno opposto fortissime resistenze. La permeabilità dei movimenti si è avuta ad inizio legislatura con il pronto ritiro delle truppe dall’Iraq, ma a questo periodo ha fatto seguito un aperto conflitto per i condizionamenti del PD e delle forze centriste. Non possiamo rinunciare all’investimento strategico sui movimenti perché ha permesso la sedimentazione di una cultura politica nuova che oggi ha dato come frutto il soggetto unitario a sinistra. Sui salari c’è stato l’esempio più emblematico: le risorse dell’extragettito non le si è volute destinare al lavoro dipendente perché forti resistenze interne al PD hanno preteso che ciò avvenisse solo in cambio di diverse forme di organizzazione del lavoro, ovvero solo in cambio dell’aumento della produttività e della competitività.

Abbiamo provato a costruire il soggetto unitario sull’onda della manifestazione contro la precarietà del 4 novembre 2006 e di quella del 20 ottobre scorso che chiedeva una svolta nelle politiche di governo e la costruzione del nuovo soggetto. Non è un caso che lo sblocco del processo unitario avutosi l’8 e 9 dicembre sia nato sulla scia della spinta impressa dalla mobilitazione del 20 ottobre. Così siamo riusciti a mettere in campo le dinamiche sociali e i rapporti di forza. Questo gruppo dirigente, in un momento così difficile, ha avuto il coraggio di proporre un’ipotesi di rinnovamento con i criteri ipotizzati nella conferenza di organizzazione di Carrara. I criteri che vogliamo adottare ci permetteranno di continuare nell’innovazione politica: quello della rappresentanza di genere al 50% sarà una vincolo per il partito e cercheremo di farlo adottare anche alle altre forze della Sinistra, poi ci sono quello della territorialità e del rinnovamento. Ci sarà una coerenza fra programmi e candidature, fra volti e contenuti. Emergerà un’idea chiara di moralità. In Calabria siamo passati all’opposizione a fronte di un degrado morale dilagante ed in Campania sollecitiamo a sbrigare le urgenze e ad andare al voto anticipato. Fausto ha sostenuto che nelle liste del PD fra Colaninno e l’operaio della Tyssen Krupp, uno è di troppo. Veltroni ha replicato che non siamo più nel ’53 e che questa obiezione è vetusta. Io dico a Walter che è vero, siamo nel 2008 e 2milioni e 700mila persone lavorano con un contratto a termine, 3milioni e mezzo a nero e molti altri precari si nascondono dietro finte partite IVA: tu cosa proponi a questi lavoratori, le magnifiche sorti della flessibilità per caso? O proponi, come sostiene Ichino, l’abolizione dell’art. 18 e la maggiore facilità di licenziamento? Noi vogliamo la stabilizzazione di questi lavoratori dopo un massimo di 36 mesi, mentre l’associazione di cui è stato presidente Colannino è da sempre contraria a questa impostazione. Caro Walter, tu cosa proponi? Hai ragione tu, siamo nel 2008 e come nel ’53 lo facevano gli operai ed i braccianti, ancora oggi, ogni anno, dal Mezzogiorno scompare un’intera città di giovani diplomati e laureati, circa 100mila, che vanno a fare la fortuna dei tanti nord del mondo. Che proponi a questi ragazzi? Li mandi tutti a lavorare per costruire il ponte sullo stretto o la TAV in Val di Susa? Noi proponiamo un salario sociale per sottrarli ai ricatti di tanta parte del padronato, noi investiamo sulla loro terra, sul Mezzogiorno, sulla tutela del territorio, sulle risorse di memoria e di natura affinché queste ragazze e questi ragazzi possano stare con i piedi ancorati sulla loro terra a fare lavori gratificanti e non precari. Caro Walter non siamo più nel ’53, da allora le donne hanno insegnato a tutti noi, con pratiche femministe che hanno cambiato le nostre culture, l’idea di libertà e di autodeterminazione dei soggetti ed hanno conquistato diritti, primo fra tutti quello all’aborto. Possiamo dire che in merito alla fecondazione assistita vogliamo cancellare quella legge medievale per garantire maggiori diritti. Ce la fai Walter a fare lo stesso? E ce la farai a riconoscere giuridicamente le coppie di fatto di qualunque orientamento sessuale esse siano ed a condannare giuridicamente l’omofobia? Noi ce la facciamo. Si può fare di più e questa è la nostra sfida: l’alternativa di società che vogliamo proporre in campagna elettorale per farla vivere nella società italiana in una sfida a chi interpreta meglio l’alternativa alle destre.

Noi siamo incompatibili con le larghe intese, la grande coalizione sul modello tedesco o francese è un rischio reale per il paese. Essa si propone come unica risposta politica, nel quadro delle compatibilità confindustriali, alla crisi americana, a quella finanziaria, a quella delle risorse energetiche anche in vista di una crescita dimezzata per l’Italia che fa presumere un’imminente pressione fortissima sul mondo del lavoro e che, per questo, spingerà per una maggiore produttività e competitività. Più forte sarà la sinistra, meno possibili saranno le larghe intese, più forte sarà la sinistra, più facile sarà aprire le contraddizioni interne al PD. Il nostro voto è utile e necessario: utile per gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, necessario per ricostruire la sinistra. Chiediamo a tutti di partecipare con passione a questo confronto elettorale. Dobbiamo dar vita ad una mobilitazione, costruiamo le case della Sinistra, facciamo vivere un’idea di comunità altra, un’idea di politica nuova. Sento forte una responsabilità: siamo di fronte ad un passaggio decisivo. Questo simbolo allude ad un progetto in campo di alternativa di società, non rimuove le ragioni del conflitto di classe, del rapporto con il lavoro, ma parla del pacifismo e dei diritti civili. Guai se vincesse l’impostazione populista e liberista delle destre, guai se ci fosse in campo solo una risposta centrista, tecnocratica e confindustriale, guai se a contrastare le due opzioni ci fosse solo una risposta residuale ed identitaria. Dobbiamo costruire una sinistra unita e plurale che sia spendibile sul terreno della politica, sulle condizioni individuali e collettive. La sinistra o è di massa o non è. In questo passaggio difficile dobbiamo esserci tutti con forza, convinzione e passione.

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