Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 17 - 18 luglio 2010

Conclusioni di Paolo Ferrero

Cari compagni e compagne, in queste conclusioni non mi occuperò delle cose su cui siamo d'accordo: dall'analisi della crisi all'individuazione dell'emergere di significativi elementi di soggettività sociale come base su cui fondare il progetto della costruzione della sinistra di alternativa. Il punto fondamentale è che la crisi riapre i giochi della trasformazione sociale e il nostro compito non è quello di fare i reduci o di affidarci unicamente alle relazioni politiche, ma piuttosto di mettere al centro la ricostruzione di un movimento di massa che permetta alle soggettività sociali di esprimersi e di autorappresentarsi. Mi soffermerò quindi sulle questioni su cui vedo più problemi.

Federazione
Dico subito che una serie di critiche e di proposte come quelle che faceva adesso Roberta Fantozzi a me paiono del tutto ragionevoli e sono ovviamente da proporre nella stesura del documento. Il documento politico segna un indirizzo corretto ma è ovviamente perfettibile e dobbiamo operare per migliorarlo. Ritengo invece sbagliate le critiche alla Federazione che estremizzano i concetti e a volte avanzano critiche tra loro opposte. Emblematiche le critiche che da un lato accusano la Federazione di uccidere la soggettività del partito e dall'altra affermano che la Federazione è troppo poco e che sarebbe necessario fare una costituente. Non si può volere tutto e il contrario di tutto. La Federazione rappresenta il punto di equilibrio che abbiamo scelto e non ha nessun senso rimetterlo in discussione. Anche per questo riguarda i compiti abbiamo detto che la Federazione si deve occupare del programma di fase e quindi della sfera della rappresentanza elettorale, che è un luogo di confronto e di individuazione di un comune intervento politico nella misura in cui questo viene condiviso. Questo non mette per nulla in discussione la presenza del partito e la sua possibilità di fare elaborazione e lavoro politico. La nostra ragione di esistenza è la rifondazione del comunismo e - come è del tutto evidente - va oltre la costruzione della Federazione. Visto che è stato citato Pomigliano faccio notare che la Federazione ha preso correttamente posizione contro l'accordo, Rifondazione è stata molto presente come partito, Il circolo di fabbrica di Rifondazione ha fatto il volantino che dava indicazione di voto contrario e Rifondazione ha organizzato l'assemblea con Rinaldini e con la presenza del sindacato di base, dopo il voto. Mi pare un esempio di come si possa procedere senza particolari problemi e di come, su una grande questione sociale, il partito abbia fatto quello che doveva fare, intervenendo e facendo politica.

In secondo luogo, è evidente che la Federazione non raggruppa tutta la sinistra di alternativa. Raggruppa la sinistra di alternativa che è disponibile a mettersi insieme. Noi abbiamo proposto la Federazione anche a Sel, a Sinistra Critica, al Pcl, alla rete dei Comunisti. Non abbiamo ad ora avuto risposte positive per cui siamo partiti con chi ci sta, il punto è costruire il percorso della Federazione come percorso aperto, come spazio pubblico in cui chi è interessato al percorso possa farne parte a pieno titolo.

Da questo punto di vista occorre valorizzare al massimo la forma della Federazione. Sinistra e libertà, si sta costituendo come partito in nome dell'unità della sinistra. Ha determinato la scissione di Rifondazione Comunista, dei Verdi e del Pdci, che a sua volta ha visto la scissione della scissione. Non mi pare proprio che un nuovo partito sia la forma migliore per costruire l'unità. Dovremo rivendicare che attraverso la Federazione stiamo dando vita all'unico processo di aggregazione unitaria che non ha prodotto scissioni.

Qualcuno dice che la Federazione, propone un'alternativa debole. A mio parere la Federazione dice l'essenziale sull'alternativa e cioè pone l'obiettivo di costruire un polo politico della sinistra di alternativa autonomo dal Pd e dal Centrosinistra. Dice che occorre lavorare per un accordo democratico ma non di governo con il centrosinistra e che occorre mettere al centro della discussione il superamento del bipolarismo. Questo è sufficiente? No, ma è un fatto enorme, perché la Federazione definisce una posizione politica corretta e alternativa alle altre presenti: quella di Ferrando che è indifferente a chi vince tra centro destra e centro sinistra e quella di Vendola che si colloca nel centrosinistra e punta ad un accordo di governo a tutto tondo. Contro queste due posizioni entrambe sbagliate la Federazione ne definisce una terza che, mettendo al centro il superamento del bipolarismo, si pone il problema di tenere insieme la difesa della democrazia e la ricostruzione di una sinistra di classe. Dobbiamo valorizzare l'aggregazione della Federazione su questo indirizzo politico giusto, perché la posta in gioco è proprio il tentativo di far scomparire dal panorama politico italiano la sinistra anticapitalista non settaria. Detto questo è evidente che la Federazione non risolve tutti i problemi: i rapporti con le giovani generazioni, la costruzione di movimento, l'elaborazione di un programma di uscita dalla crisi capitalistica. Questi sono i problemi che abbiamo dinnanzi ed è compito del partito affrontare e risolvere.

Infine, mi è chiaro che nella Federazione vi sono molti conflitti sui territori. Eviterei di assolutizzarli perché il problemi è che di conflitti ne abbiamo molti anche a casa nostra, nel partito. Siamo dentro una crisi della politica con cui dobbiamo fare i conti e in cui l'occupazione di posti di rappresentanza istituzionale ha assunto una importanza che va ben oltre il fisiologico. Anche a casa nostra. Lavoriamo quindi a ridurre i conflitti attraverso l'applicazione delle regole democratiche che il congresso ci consegnerà. La nostra scommessa consiste nel trovare i modi per coniugare positivamente democrazia e potere, partecipazione e decisione. Indubbiamente un percorso più complicato ed opposto a quello populista, in cui la partecipazione e il potere si separano in figure diverse: il capo commuove, seduce, e per questa via comanda; il popolo applaude e partecipa, non decide ma segue. Quando abbiamo scelto di fare la Federazione abbiamo deciso di ripartire il potere, non di concentrarlo. E' più faticoso ma credo sia la strada giusta: fissare delle regole attraverso il congresso e procedere con il metodo del consenso che ci ha insegnato Marcos e il movimento no global.

Aree nel partito
Abbiamo giustamente discusso molto in questo Cpn sulle aree nel partito. Discussione necessaria perché la situazione è molto grave ed insostenibile. Voglio dire subito che il documento che abbiamo presentato come segreteria lo ritengo un positivo passo in avanti, che va consolidato. Vi invito quindi a votarlo e a praticarlo senza tentennamenti. Parallelamente quel passo non è sufficiente perché non fissa chiaramente l'obiettivo, non dice chiaramente dove vogliamo andare. A mio parere è necessario porsi chiaramente l'obiettivo di superare le aree politiche così come sono oggi. Le aree politiche oggi non son un fattore di ricchezza ma ingessano il partito. La discussione continua ad essere una mediazione tra punti di vista che vengono ragionati nelle diverse aree e che poi si mettono insieme a posteriori. Il punto è superare questo modo di discutere che sembra più una composizione che non una elaborazione. Non abbiamo le forze e - nessuno si offenda - le intelligenze, per poterci permettere un metodo così bizantino di elaborazione della linea politica. Le aree producono una parlamentarizzazione della vita interna del partito che spesso riproduce la discussione a pura danza immobile. Il fatto poi che per entrare in un direttivo provinciale occorre indossare la maglietta di qualcuno è semplicemente intollerabile: l'appartenenza - e la fedeltà - ad una area politica sembra essere l'unico metro di misura con cui si viene riconosciuto come dirigente. Secondo me così non si può andare avanti e occorre porsi l'obiettivo di superare rapidamente questa situazione.

Per essere molto chiari, io non ho nulla contro l'aggregarsi di tendenze culturali. Il nostro pluralismo interno è un fatto fisiologico ed è anche il segno che sul terreno della rifondazione comunista non abbiamo fatto molti passi in avanti. Che ci sia chi si ritiene più togliattiano e chi più gramsciano o luxemburghiano non è un problema. Così come a me pare normale che la gestione del partito sia plurale, tendenzialmente unitaria e che la costruzione dei gruppi dirigenti sia plurale. Abbiamo detto no alla gestione maggioritaria e su questo non dobbiamo fare passi indietro. Il punto è che vanno superati i meccanismi feudali che contraddistinguono il funzionamento delle aree in cui troppo spesso la fedeltà fa premio sulla capacità.

Il punto veramente problematico è però quello della politica. Non solo l'elaborazione è fatta separatamente per aree, ma lo sport preferito non è quello di applicare la linea ma quello di interpretarla, ovviamente per accreditarsi come il vero interprete della linea, in una specie di campagna elettorale interna permanente. Così come il fatto che ci siano compagni che intervengono in assemblee pubbliche a nome di una area di partito a me pare una cosa delirante. Così come penso che le compagne e i compagni che vendono le pubblicazioni di area dovrebbero vendere anche le pubblicazioni del partito, Liberazione e Su la testa. Così come occorrerebbe evitare nella discussione interna di estremizzare sempre i punti di vista, arrivando sino al punto di fare caricature delle posizioni del nostro partito che nemmeno i nostri detrattori arrivano a fare. Secondo me per ricostruire un po' di entusiasmo nell'impresa collettiva occorre costruire una convivenza interna che superi la situazione attuale e questo passa per il superamento delle aree politiche così come oggi si presentano.

Per quanto riguarda le critiche al documento sull'unità a sinistra promosso da alcuni compagni di Rifondazione, Burgio dice che forse nascono dalla volontà di contrastare chi lo ha promosso e non cosa c'è scritto. Non sono d'accordo e chiedo a tutti voi: ma vi sembra normale che due membri della segreteria del partito promuovano con compagni e compagne di altri partiti o indipendenti un documento su cui fare una raccolta di firme e organizzare una assemblea senza nemmeno dirlo in segreteria? Senza aprire una discussione, senza informare? Vi sembra un modo normale di dirigere un partito? A me sembra di no. Perché a me una cosa così è successa una volta sola, sulla vicenda dell'arcobaleno, quando una parte della segreteria, senza dire nulla agli altri, stava organizzando lo scioglimento del partito promuovendo la raccolta di firme su appelli trasversali. Io non considero normale questo modo di procedere. Non è normale che qualcuno si debba far carico della gestione complessiva del partito, della mediazione, della composizione e qualcun altro no.

Per quanto mi riguarda si tratta di una vicenda che va chiusa e io sono per chiuderla qui, ma non si dica che non è successo nulla, perché penso che una cosa simile non si debba ripetere.

Il nodo che abbiamo da risolvere fra di noi non è quindi quello della cultura politica o della gestione, di per se plurali. Il punto è se siamo un partito con il suo gruppo dirigente e una linea politica oppure se vi sono tanti gruppi dirigenti che praticano tante linee politiche diverse. Il punto è se comunichiamo ai compagni e alle compagne che siamo tutti sulla stessa barca oppure se ognuno gioca per se.

Unità sinistra. Con questa formula si definiscono in realtà progetti tra loro molto diversi. Noi dobbiamo essere protagonisti di due processi unitari, tra loro distinti. Noi siamo per l'unità di tutta l'opposizione al fine di sconfiggere Berlusconi nel paese e alle elezioni. Così come noi siamo per costruire l'unità di tutta la sinistra di alternativa, per costruire un polo politico autonomo dal Pd. Questi due processi unitari - l'alleanza democratica e l'unità della sinistra di alternativa - sono entrambi necessari ma sono totalmente diversi. Chiunque propone di cancellare la linea di confine tra questi due processi unitari e propone l'unità di tutta la sinistra da noi al Pd sta proponendo un'altra linea politica, alternativa alla nostra. Ad esempio Vendola quando si pone il problema di entrare nella dialettica interna al Pd sparigliando le carte del centro sinistra, non si pone l'obiettivo di aggregare la sinistra di alternativa ma piuttosto di farla confluire all'interno del perimetro del Pd. E' una linea politica opposta alla nostra ed è la linea contro cui è nata ed è vissuta rifondazione Comunista. Ad esempio quando Bertinotti polemizzava contro Cofferati lo faceva perché Cofferati cercava di cancellare la sinistra di alternativa riassorbendola dentro una ridefinizione della sinistra moderata. Il primo punto è quindi che quando parliamo di unità a sinistra dobbiamo essere chiari altrimenti facciamo solo confusione. Anche perché oggi vi è il tentativo, in tutta Europa ma in particolare in Italia, di cancellare la presenza di una sinistra anticapitalista, di classe, per ricondurre la dialettica della sinistra tutta all'interno dell'amministrazione dell'esistente.

Come dice Seneca "Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare". Io penso che noi dobbiamo dire chiaramente che vogliamo l'unità della sinistra di alternativa in un quadro di una unità democratica per la sconfitta di Berlusconi. Questa è la prospettiva. Una generica unità a di una sinistra indistinta è il contrario del nostro progetto politico.

Il punto è se il gruppo dirigente è in grado di spendersi unitariamente e convintamente su questa strada sapendo che il tema dell'unità non riassume il complesso del lavoro politico che dobbiamo fare. Dobbiamo ricostruire il nostro lavoro politico sul territorio, sui luoghi di lavoro, nella cultura. La pratica unitaria non sta al posto del lavoro di costruzione politica e di radicamento. Talvolta invece viene l'impressione che si pensi che la pratica unitaria sia l'alfa e l'omega della nostra politica. Non è così. Se non esistiamo possiamo essere unitari fin che ci pare ma non combineremo nulla, per la semplice ragione che in politica l'unità la si fa con chi esiste non con chi elemosina un rapporto. Dovrebbe far riflettere il fatto che le due proposte politiche che oggi hanno più successo a sinistra - di Pietro e Vendola - praticamente non hanno alcun tratto unitario ma al contrario mettono ogni energia nel definire se stessi. Pratica unitaria chiara quindi e grande consapevolezza che per essere unitari dobbiamo esistere, avere un progetto ed essere riconoscibili.

Per esistere, oltre alla linea politica, al progetto, all'organizzazione, occorre aver un po' di amor proprio, invece sovente ci dipingiamo peggio dei nostri nemici. Altri quando gonfiano un pallone ti spiegano che hanno una mongolfiera e noi, quando abbiamo una bicicletta ne parliamo come se avessimo un monopattino scassato. Emblematica la nostra incapacità di valorizzare le cose buone. Faccio un esempio. In Sardegna, alle provinciali, lo ricordava Fresu, noi abbiamo avuto un risultato superiore a quello di Sinistra e Libertà. Questo nonostante loro partissero con tre consiglieri regionali (due erano nostri e sono rimasti nel partito giusto il tempo di essere eletti) e avessero quindi soldi e visibilità. Questo fatto per noi pare non esistere, non produce narrazione, identità, speranza. Prima ho citato Seneca, finisco citando Libertini che diceva sempre "chi pecora si fa il lupo se la mangia". Ecco, per dirla con una battuta a me pare che dentro al partito ci sia una certa tendenza a "farsi pecora". Al contrario, per portare avanti il nostro progetto politico abbiamo bisogno di tanta intelligenza ma anche di tanta dignità ed orgoglio.

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