Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 9 - 10 luglio 2011

PER LA RIFONDAZIONE COMUNISTA

(Contributo per un congresso unitario)

Non abbiamo alcuna pretesa, con questo breve contributo, di affrontare i nodi più importanti che il prossimo congresso si pone l'obiettivo di sciogliere; ma in considerazione degli ultimi anni di vita del PRC, durante i quali la sua stessa esistenza è stata messa in discussione, pensiamo che sia giunto il momento di mettere in campo una delle sfide attinenti alla Rifondazione. Consideriamo ormai improrogabile una profonda riforma del nostro modo di essere, attraverso il superamento delle correnti.

Ciò che riteniamo ormai insopportabile, e potenzialmente distruttivo, sono fenomeni di cristallizzazione correntizia che, spesso prescindendo dalla politica, finiscono col comprimere la dialettica interna. Il tutto infatti, lungi dall'essere finalizzato a contribuire alla definizione dell'orientamento politico del PRC, ha come fine unico ed ultimo il controllo delle strutture per la selezione di gruppi dirigenti fedeli, e l'autoconservazione del ceto politico. Il risultato finale sono esecutivi o comitati politici troppo spesso strutturati a canne d'organo, nei quali i singoli compagni tendono a non rispondere al partito bensì alla propria corrente. Tutto ciò, oltre a pregiudicare l'autorevolezza e la funzionalità delle strutture del partito e dei dirigenti che di volta in volta le presiedono, rischia alla lunga di selezionare un gruppo dirigente burocraticamente costruito sulla base della fedeltà ai proprio referenti politici.

Non vogliamo su questo esprimere giudizi astratti e moralistici. Siamo perfettamente consapevoli che la stessa origine del PRC, che ha visto l'aggregazione di culture e provenienze diverse, ha favorito lo sviluppo di componenti sovrapponibili a quelle di provenienza. Così come è vero che nel corso degli anni sforzi per affrancarsi da quella condizione siano spesso stati frustrati da gruppi dirigenti che avevano al contrario l'interesse a conservare vecchie rendite di posizione, o che addirittura si sia cercato di espellere dal PRC o marginalizzare quella parte del partito considerata, di volta in volta, incompatibile con la “cultura politica” ritenuta maggioritaria.

Siamo convinti che le scelte di ogni forza politica vadano contestualizzate. A maggior ragione un partito, come il nostro, nato con l'ambizione di dare seguito ad una grande storia e persino di contribuire alla rifondazione comunista, deve cercare di adeguare il suo modo di essere alle sfide del proprio tempo, fermo restando l'obiettivo del superamento del capitalismo, con la costruzione di una società alternativa.

Da un ventennio ormai, il bipolarismo si è affermato nel sistema politico italiano, riuscendo a cambiare anche la cultura politica diffusa, sacrificando “le diversità” che sono state alla base della Costituzione repubblicana e che hanno reso possibili le conquiste sociali del secondo dopo guerra.

Tra le diversità, obiettivo principale, è stata l'eliminazione di quella straordinaria e particolare esperienza politica italiana costituita dal PCI ieri, e di ogni forma organizzata che si richiami al comunismo oggi.

Il bipolarismo ha progressivamente prodotto anche in Italia un'alternanza di potere sostanzialmente interna alla borghesia, con dei distinguo sempre meno evidenti, sul terreno delle politiche economiche e presenti solamente nelle forme, più o meno virulente, su quello della loro gestione.

Per quanto rimasto della sinistra, dopo l'era craxiana e lo scioglimento del PCI, la frantumazione politica ha drammaticamente accompagnato la radicalizzazione bipolare. Ne è esplicita testimonianza la storia di Rifondazione Comunista, che ha subito scissioni, di più grande o minore entità, in tutte le occasioni in cui si è sentita obbligata a rotture o alleanze con le forze del centro sinistra.

Il bipolarismo ha fatto maturare anche il leaderismo esasperato ed una crescente separatezza del ceto politico, anche a sinistra, dai problemi di coloro che dovrebbe rappresentare. Anche da questo male non siamo stati esenti, basti pensare che nessun segretario nazionale del PRC è rimasto all'interno del Partito all'indomani della fine del suo mandato (e questo è successo anche a moltissimi segretari regionali o di federazione). La diffidenza e in alcuni casi il disgusto nei confronti dei partiti rendono oggi sempre più difficile, tanto più in presenza della cancellazione mediatica che stiamo subendo, una distinzione che pure con limiti ed errori il PRC meriterebbe. “La questione morale”, richiamata dall'ultimo Berlinguer, si pone oggi con dimensioni allora inimmaginabili, ma che poté cogliere il segretario del PCI, perché già presente negli anni ottanta.

Non siamo stati del tutto impermeabili ai fenomeni prodotti dal bipolarismo e persino a quelli di degenerazione della politica, anche se ne siamo stati incomparabilmente meno coinvolti di altri.

Non possiamo certamente giustificare tutti i nostri limiti ed errori con la situazione oggettiva, con la quale abbiamo avuto a che fare; cosa che oltretutto non ci aiuterebbe a perseguire quella soggettività che tiene unti i fini con i mezzi. Per questo è indispensabile analizzare e superare ciò che della nostra soggettività, quella costruita con fatica e sacrifici di tante e tanti in venti anni di vita, è oggi impedente di una pratica politica coerente con una comunità, in cui ogni intelligenza possa liberamente mettersi a disposizione di quella impresa collettiva che dà un senso all'esistenza stessa del nostro partito.

Il perpetuarsi della pratica correntizia, funzionale non all'approfondimento programmatico e teorico della linea politica ma prevalentemente al raggiungimento di postazioni, fino ad arrivare al paradosso di componenti assenti sul terreno della elaborazione e presenti su quello della definizione degli assetti del partito e soprattutto in quelle istituzionali, ha contribuito non poco alle scissioni e soprattutto alla limitazione di una dialettica interna davvero libera e disinteressata. Tutto ciò non è più giustificabile con le modalità con cui è nata Rifondazione comunista, frutto come si diceva di un'aggregazione di soggettività interne ed esterne al PCI, con diverse esperienze e culture politiche.

Venti anni di pratiche comuni hanno lavorato molto per attenuare e in alcuni casi cancellare quelle diversità e molte/i sono ormai iscritti/e che non hanno alle spalle provenienze diverse. Dopo l'ultimo congresso, in cui era in gioco la vita stessa del PRC, la scissione ha prodotto un vero e proprio trauma ed un senso di sconforto diffusi tra i nostri militanti. Chi ha continuato e continua la sfida della Rifondazione Comunista ed ha già vissuto con fastidio il numero di documenti dell'ultimo congresso, ha maturato una profonda propensione unitaria, molte/i compagne/i dichiarano apertamente l'indisponibilità a ripetere esperienze oggi incomprensibili e prive di senso, per questo salutiamo positivamente la volontà espressa dalla stragrande maggioranza della Direzione Nazionale di lavorare su un documento unitario. Proprio in questo contesto il perpetuarsi di tali pratiche, allontanerebbe ulteriormente militanti dall'attività politica e metterebbe in discussione la sopravvivenza di un partito, che può scommettere solo sulla sua “diversità” nella linea, ma soprattutto nell'entusiasmo, nella generosità e nella motivazione dei suoi militanti.

Noi abbiamo un problema di costruzione e ri-legittimazione dei gruppi dirigenti e, in una fase nella quale prevale al di fuori di noi una pericolosa retorica anti partitica e plebiscitaria, l'urgenza di ridare ruolo e credibilità alle istanze della nostra organizzazione e voce ad una piena volontà di partecipazione manifestatasi, anche fuori di noi, con i referendum. Per questo riteniamo che un primo passo, senza per questo mettere in discussione percorsi politici ed esperienze di ciascuno di noi, o peggio ancora, costruire una corrente dei senza corrente, sia quello di sottrarre a logiche e pratiche correntizie la selezione dei gruppi dirigenti e la formazione delle scelte.

E' però sbagliato ed ipocrita nascondersi dietro a facili appelli al superamento delle correnti con il retro pensiero di emarginare una parte oppure continuando, direttamente o indirettamente, a tollerare, quando non a praticare, comportamenti che le sublimano.

Pensiamo quindi che sia ora di passare dalle intenzioni ai fatti, per questo proponiamo che:

all'interno del PRC almeno chi riveste ruoli esecutivi ad ogni livello non partecipi a riunioni che non siano quelle degli organismi statutari del nostro partito.
Che i gruppi dirigenti che usciranno dal prossimo congresso non siano determinati col bilancino delle correnti, ma che siano il frutto di una discussione unitaria, partecipata e collegiale all'interno della quale ciascuno si senta libero di avanzare proposte senza vincoli di appartenenza.
Che s'introducano pratiche e comportamenti che valorizzino i ruoli e le competenze e quindi si privilegi il rapporto in base alla funzione che si svolge piuttosto che al livello di sintonia con una corrente.
Per quanto ci riguarda lavoriamo da subito per mettere in pratica tali comportamenti, verificando la possibilità di trasformarli in norme statutarie.

Stefano Cristiano Segretario Regionale Toscana PRC
Antonio D'Alessandro Segretario Federazione Napoli PRC
Loredana Fraleone Segretaria Regionale Lazio PRC
Ezio Locatelli Segretario Federazione Bergamo PRC
Francesco Nappo Segretario Regionale Campania PRC
Stefania Brai Responsabile Nazionale Cultura PRC
Citto Maselli CPN PRC
Mimmo Cosentino Segreteria Regionale Sicilia PRC
Pasquale Voza CPN PRC
Imma Barbarossa Direzione Nazionale PRC
Giovanni Russo Spena Direzione Nazionale PRC
Ramon Mantovani Direzione Nazionale PRC
Giovanna Capelli Segreteria Regionale Lombardia
Leonardo Masella Direzione Nazionale PRC
Marco Fars Segretario regionale Abruzzo PRC
Antonello Patta Segretario Federazione di Milano PRC
Alessandro Leoni CPN PRC
Fabio Amato Responsabile Nazionale Esteri PRC
Maurizio Acerbo Direzione Nazionale PRC
Luigi Vinci Direzione Nazionale PRC
Walter De Cesaris CPN PRC
Alfio Nicotra Responsabile Nazionale Pace PRC
Bruno Steri Direzione Nazionale PRC
Adriana Miniati Direzione Nazionale PRC

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