Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 23- 24 settembre 2011

EMENDAMENTO AL DOCUMENTO 1
Sostituire il capitolo “Il partito della Rifondazione Comunista” con il seguente: Per rifondare Rifondazione Comunista

Lo stato del partito è molto grave. Non bastano, dunque, seminari sul partito se essi servono solo a reiterare le belle parole delle conferenze di Carrara e Caserta: dobbiamo capire perché quelle proposte sono rimaste lettera morta e trovare strumenti efficaci per l’autoriforma del partito.
La causa principale di questo stato del partito risiede in un correntismo esasperato, che spesso si traduce in cordate in cui la fedeltà alla corrente e al capo corrente (maschio) ha il sopravvento sul resto, mortificando competenze, entusiasmi, capacità di fare.
Il correntismo esasperato si è tradotto in molti territori in una lotta sorda per la conquista di posti di comando, in una specie di risico delle correnti, che potremmo definire una diffusa guerra a bassa intensità.
Laddove si è determinato un compromesso, questo si è spesso tradotto in un equilibrio e una camera di compensazione tra vertici di correnti, fondato sulla spartizione dei posti di responsabilità.
Occorre rompere l’oligopolio correntizio che attanaglia la vita di Rifondazione Comunista.
Ciò non si fa con la riduzione degli spazi di democrazia o, in nome dell'unità (spesso una maschera che cela posizioni politiche divergenti e guerre intestine nei territori), o additando a nemico chi pone problemi e propone apertamente posizioni politiche differenti.
Aree culturali, tendenze, diversità non sono il male da distruggere, sono il sale del confronto in una forza che in cui le compagne e i compagni sono e debbono essere “liberamente comuniste e comunisti”. Anzi, la democrazia è proprio il punto fondamentale di svolta necessario.
La democrazia in una forza politica, soprattutto in una forza politica che vuole essere tra i soggetti della trasformazione, non è una questione di metodo, è il cuore stesso del problema, rappresenta il contenuto fondamentale dell'innovazione. Essa è l’obiettivo minimo che deve porsi un soggetto politico antipatriarcale, che voglia assumere come fondative le pratiche e il pensiero del movimento femminista. La democrazia di genere deve diventare elemento sovra-ordinatore della vita del partito e della sua gestione, in quanto la sessuazione dei soggetti è il punto di partenza di qualsiasi ipotesi di cambiamento.
Democrazia di genere vuol dire anche rappresentanza paritaria dei sessi, a partire dalla massima responsabilità. Un punto di innovazione profonda, anche della forma partito, sarebbe quello di individuare in un uomo e una donna la responsabilità di rappresentare il partito, superando la sacralità della funzione del segretario (nome neutro maschile). Il secondo quello di individuare in due mandati il massimo possibile da poter effettuare nella carica di rappresentanza del partito a tutti i livelli
Rifondazione Comunista deve diventare il partito della democrazia partecipata e della democrazia diretta. Ciò significa che dentro Rifondazione Comunista non possono valere esclusivamente le forme di funzionamento mutuate dalla democrazia liberale, in cui i congressi sostituiscono le elezioni e le correnti i partiti.
Episodi mortificanti, anche del recente passato, di “truppe cammellate”, di iscrizioni a ridosso dei congressi, rappresentano un campanello di allarme che deve farci riflettere. Dobbiamo trovare le forme attraverso le quali le iscritte e gli iscritti possano intervenire nelle scelte politiche, anzi, il cui coinvolgimento con un voto documentato sia un obbligo per gli organismi dirigenti.
Dobbiamo trovare gli strumenti concreti attraverso i quali sconfiggere il correntismo esasperato.
Il problema non può essere delegato solo ad appelli generici.
Uno strumento può essere ritornare al metodo per il quale una parte consistente dei gruppi dirigenti vengano eletti dall'istanza di base inferiore; un altro, quello di generalizzare il meccanismo di voto della stagione dei consigli: una testa un voto, tutte/i eleggibili, scheda bianca senza nomi prestampati, obbligo di doppia preferenza, un uomo e una donna; niente più liste votate in blocco, dopo l'accordo spartitorio tra le correnti.
Nel dibattito delle idee si confrontino idee e proposte differenti ma da questo non devono derivare rigidamente gli organigrammi. Vanno impedite le riunione separate che spesso precedono gli organismi dirigenti, convocati per l'elezione di dirigenti o l'indicazione di candidati. Assistiamo troppo spesso allo svuotamento di funzione degli organismi dirigenti, che diventano luogo di ratifica di quanto concordato negli accordi pattizzi sia sulla linea politica, che su organigrammi e rappresentanza istituzionale. Tutto questo svuota la democrazia nel partito come luogo collettivo della decisione, nel racconto mistificante di un partito non abbastanza adulto per affrontare il l’onere della discussione.
Si tratta di strumenti, sperimentazioni da fare per ridare slancio e creatività a un corpo attivo che è ancora una grande risorsa, un corpo attivo che, nei momenti cruciali, ha saputo votare contro i suoi leader carismatici ed è riuscito a non farsi appiattire dal corpo degli eletti. Se si guardano i dati si vedrà che nelle principali scissioni subite, il rapporto tra la scelta degli eletti e quella dei militanti è stata tendenzialmente inversamente proporzionale.
Altro punto di applicazione per una svolta nel partito consiste nel portare fino in fondo la lotta contro la separatezza istituzionale. La democrazia partecipata è un punto fondamentale in questa direzione. Ma servono anche una serie di misure specifiche: massimo invalicabile di due mandati elettorali; eletti che versano per intero la retribuzione percepita e vengono stipendiati dal partito come i funzionari a tutti i livelli; nessun doppio incarico. Da subito, una verifica stringente dell'effettivo versamento delle quote da parte degli eletti agli organismi democraticamente eletti (non a correnti o a proprie strutture di riferimento) e decadenza dagli organismi dirigenti del partito di chi disattende questa norma.
Occorre una radicale critica alle forme di istituzionalizzazione e all'appiattimento del dibattito interno sui temi delle alleanze elettorali e le candidature (pur se, per non essere ipocriti, va stabilito che anche su questi temi si deve esercitare l'obbligo del voto delle iscritte e degli iscritti).
Il partito sociale è una giusta intuizione in tale direzione ma anche qui vanno superati limiti che fingono di cambiare qualcosa ma non l'essenziale. Il partito sociale non può essere una specializzazione interna al partito, un appalto separato dato a pochi generosi compagni, lasciando che il resto prosegua come prima.
Non si può riprodurre nel partito la scissione tra politica e società. Il nostro progetto ci parla di necessaria socializzazione del politico, a partire da noi.
Il partito sociale deve diventare progressivamente il modo di essere e di funzionare del partito e connettersi al dibattito culturale e alla proposta politica: deve diventare un vettore fondamentale dell’autoriforma di tutto il partito.
Il partito deve farsi attraversare radicalmente ai conflitti, alle lotte;essere portatore della cultura della laicità e di una declinazione politica della questione morale; essere protagonista nel contrasto al sessimo, all’omofobia, alla transfobia; nella lotta contro il razzismo di stato e diffuso, contro la xenofobia, contro il riproporsi in forme sempre più acute di vecchie nuove forme di fascismo.
Dibattito delle idee, formazione politica sono aspetti fondamentali della costruzione della rifondazione comunista e devono essere momenti anche di socializzazione di un sapere diffuso, costruito nel concreto delle lotte (basti pensare al movimento per l'acqua pubblica, a quelli per un corretto ciclo dei rifiuti, e tante altre lotte che hanno costruito anche conoscenze e saperi).
In questo quadro la Formazione/Autoformazione politica deve essere intesa come un momento decisivo della costruzione dell'autonomia culturale e politica dei/delle comunisti/e rispetto alla devastante cultura del berlusconismo e al "senso comune" reazionario e passivizzante che esso secerne tra le masse.
Ciò implica la necessità di accompagnare momenti di Formazione e Autoformazione a ogni momento della vita del Partito: dalle Feste del Tesseramento (con almeno una riflessione sul "Manifesto del Partito Comunista" rivolta ai/alle neo-iscritti/e) fino a serie attività di studio e lettura collettiva del patrimonio storico e teorico della nostra tradizione, da lavori di valorizzazione della memoria e del sapere diffuso dei/elle nostri/e compagni/e più anziani/e fino a specifiche attività formative rivolte al "saper fare" dei nostri quadri dirigenti a tutti i livelli.
L'obiettivo ambizioso che ci dobbiamo porre è produrre una nuova leva di quadri comunisti capaci di "nuotare controcorrente" con propri autonomi strumenti nella crisi culturale, e ormai anche etica e antropologica, del capitalismo. Dobbiamo auto-educarci, insomma, come militanti e dirigenti di tipo nuovo, capaci di un agire politico in grado di costruire partito, movimento, società, mutualismo, cultura.
Anche su questo piano si misurerà concretamente la capacità di superare le ingessature correntizie che troppo spesso hanno sostituito le attività formative del partito in quanto tale, di fatto impedendole.
Lo strumento di cui dobbiamo dotarci è oggi la generalizzazione a tutto il corpo del Partito delle modalità informatiche di comunicazione, a cominciare dalla costruzione nel nostro sito della Formazione di una "Biblioteca on line" di testi scaricabili gratuitamente, e anche di lezioni, di dispense, di audio-video, etc. che i/le comunisti/e di tutta Italia sono invitati/e non solo a utilizzare ma anche a produrre e a condividere.

Infine, il Partito deve mettere al centro della propria iniziativa politica la ricerca e il confronto culturale, superando le torsioni economiciste o “efficientiste” che lo caratterizzano. Una ricerca oggi ostacolata dentro il partito dalla contrapposizione speculare delle identità di corrente che impedisce la formazione dell’intero partito come «intellettuale collettivo». Una ricerca indispensabile per una rifondazione comunista che si ponga il compito di una costruzione del soggetto dell’alternativa e di un nuovo senso comune: di una sconfitta del neoliberismo anche attraverso la ricostruzione di un immaginario dell’altro mondo possibile e un «progresso intellettuale di massa» che renda uomini e donne in grado di leggere criticamente il presente e di scegliere liberamente del proprio futuro.
Senza una ricerca, collettiva, dialogica e in campo aperto, è impensabile la stessa rifondazione comunista, che rischierebbe di essere ridotta o a icona identitaria o a vuoto nuovismo. Dobbiamo svolgere questa ricerca nell’ottica dell’elaborazione di una teoria della liberazione e a partire dalle pratiche di conflitto che costruiamo quotidianamente, nella relazione con movimenti, intellettuali, soggetti della produzione culturale e della formazione. Solo così potremo praticare una «lotta per l’egemonia», essere realmente efficaci contro l’ideologia neoliberista e della fine della storia, contro vecchi e nuovi revisionismi. Se il capitalismo ha messo in atto una devastante «mutazione antropologica», noi dobbiamo provare a riaprire un processo di «riforma intellettuale e morale».
Si tratta allora anche di ridare concretezza a un immaginario di liberazione, di trovare nel nostro agire quotidiano parole nuove, di rendere leggibile nelle pratiche, e non nella pura fascinazione discorsiva, la nostra narrazione: divenire uomini e donne libere/i e uguali.
Il nostro sogno è la realtà: futura umanità in un altro mondo possibile.

Eleonora Forenza, Anna Belligero, Imma Barbarossa, Pino Commodari, Walter De Cesaris, Ciccio Voccoli, Pasquale Voza

(sottoposto alla votazione della platea dei componenti del Cpn aderenti al Documento congressuale n. 1)

Respinto con 10 voti a favore e 2 astensioni

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