Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 6 ottobre 2013

Lettera Liberazione

Cari compagni e care compagne,
il partito sta vivendo in questi mesi la più difficile stagione della sua storia.
Malgrado la profondità della crisi che scuote alla radice il modello economico e sociale capitalistico, malgrado i drammatici contraccolpi patiti da vastissimi strati popolari ed ora anche di ceto medio e malgrado la manifesta crisi di egemonia delle classi dominanti, non riesce ancora a formarsi nel Paese una forza di opposizione dotata di un pensiero ”forte”, di una proposta di cambiamento organico e convincente e di una massa critica adeguata a prefigurare una credibile, concreta alternativa al bipolarismo voluto da schieramenti ideologicamente omologhi nel cui perimetro si gioca tutta la partita politica che conta.
Il partito, dopo una pluriennale sequenza di sconfitte, politiche ed elettorali, è ora chiamato alla prova quanto mai ardua della ricostruzione teorica e culturale del proprio progetto, della propria proposta, del proprio assetto organizzativo. Senza che ciò avvenga, senza che esso trovi in sé le energie e le risorse intellettuali necessarie per compiere questa svolta rigeneratrice, sarà la stessa esistenza di una forza comunista ad essere inesorabilmente posta a repentaglio nel nostro paese.
Noi crediamo che questo cimento sia tutt’altro che vano, tutt’altro che un generoso ma in fondo velleitario accanimento terapeutico su un corpo politico ormai sterile per riesumare un’avventura che ha consumato la propria necessità storica.
Non è tuttavia questo il luogo per una riflessione più ampia e impegnativa che l’imminente congresso dovrà svolgere nella dimensione più estesa e – ci auguriamo – per una volta non ipotecata dalla più autolesionistica e in fondo umoristica disfida fra aree e sottoaree che duellano fra loro non si sa per che cosa nello spazio di un bicchiere d’acqua.
Ciascuno di noi, al pari di ogni compagno e compagna, avrà modo di esprimere il proprio punto di vista nel corso del dibattito congressuale.
Il contributo che qui vogliamo offrire riguarda un solo aspetto, apparentemente più circoscritto eppure secondo noi essenziale per riattrezzare un pensiero critico che latita nel paese e, spesso, anche nelle nostre file.
Stiamo parlando del giornale di Rifondazione, di Liberazione, chiusa nella sua versione cartacea alla fine del 2012 e assai faticosamente rinata, nella sola versione on line, all’inizio di quest’anno.
Le vicende che hanno costretto l’editore ed unico proprietario della testata, il Prc, a sospendere le pubblicazioni sono ampiamente note ed in parte riconducibili alla gravissima crisi finanziaria del partito, ormai privo di qualsiasi risorsa pubblica, e all’abbattimento dei fondi per l’editoria cooperativa, di idee e di partito, scientemente deliberato dai governi Berlusconi e Monti. Ma vi sono anche, dietro le spalle, altre ragioni, per così dire “storiche”. Come, per ricordarne una, l’esorbitante appesantimento dell’organico, giornalistico e poligrafico, che Liberazione ha disinvoltamente accumulato e stratificato in anni in cui si è sconsideratamente “scialato”. E vi è pure una ragione squisitamente politica che chiama in causa, essa sì, la persistente sopravvivenza di una concezione del partito ancora immatura e singolarmente estranea alla cultura che sempre è stata caratteristica della militanza comunista.
Ci riferiamo alla scarsa consapevolezza che, nel mentre si produce il multiforme conflitto sociale, le idee delle classi dominanti – per dirla con Gramsci – devono essere sistematicamente contestate, decostruite, sostituite da altre idee. Senza questo poderoso sforzo culturale non si crea un pensiero alternativo, non si assolve al compito di costruire una “pedagogia” delle classi subalterne, non si forma un “punto di vista di classe” e si resta fatalmente succubi dell’ideologia che fonda e riproduce i rapporti sociali esistenti.
Se non si capisce questo, temiamo, non si comprende nemmeno la necessità di un vero partito comunista, non un vago e sussultorio produttore di opinioni più o meno radicali da offrire di volta in volta al mercato della politica, bensì una forza organizzata, che costruisce con “maniacale” sistematicità la propria forza, la propria identità, che cura con scrupolo quotidiano il proprio legame con le masse. Questo ci hanno insegnato, in ogni epoca, tutti i grandi rivoluzionari. Questa chiarezza di visione che lega il progetto al “regolamento della sua attuazione”, che scansa le cialtronerie dei “progettisti parolai” e dei “costruttori di soffitte” (ancora Gramsci!) deve essere ancora guadagnata.
Ebbene, il giornale è un pezzo, certo non il solo, ma neppure il più irrilevante, di questo ingaggio.
Allora, tornando al punto, dobbiamo sapere che c’è una ragione non addebitabile all’avversario (che fa il suo mestiere), non rovesciabile su circostanze esterne o sulla fortuna avversa, ma tutta interna a noi, se rischiamo di perdere definitivamente per strada Liberazione.
La ragione è che non ne abbiamo fatto uno strumento della nostra battaglia politica quotidiana, che non l’abbiamo sostenuta abbastanza: troppo pochi coloro che la compravano in edicola, troppo pochi gli abbonati.
E’ bene sapere che dopo la cura da cavallo degli ultimi anni (drastico ridimensionamento degli organici, ricorso alla cassa integrazione, riduzione all’osso di tutte le spese, ecc.) non sarebbero occorsi impieghi di denaro sovrumani per rilanciare la sfida, non più con un giornale cartaceo, ma rimodulando l’offerta editoriale. Invece il 2012 è trascorso al buio. Con un solo spiraglio di sole fatto filtrare da cinque giornalisti comunisti – al pari degli altri in cassa integrazione – che hanno deciso di produrre in forma del tutto volontaria e gratuita (dunque senza alcun costo per il partito) un settimanale on line, “Ombre rosse”, nell’intento di coprire un vuoto informativo e – soprattutto – politico che pareva a noi insopportabile.
Il tutto si è risolto in uno slancio generoso, prodottosi in una sorta di clandestinità. Gran parte del partito non ne è neppure stata informata.
Solo verso la fine di dicembre del 2012 la segreteria decise di avviare, a partire dal successivo mese di gennaio e con un organico di 4 giornalisti, la ripresa delle pubblicazioni di Liberazione in forma telematica. Si è dovuto a quel punto ricominciare tutto da capo, con un “patrimonio” di zero abbonamenti. Il 2012, che avrebbe potuto (dovuto) essere impiegato per raccogliere fondi e pre-abbonamenti era andato perso.
Oggi esiste liberazione on line, quotidiano comunista, operativo 7 giorni su 7. Lo si legge in abbonamento, a prezzi accessibili a tutti. Chi lo frequenta sa che quotidianamente vi sono pubblicati fra 20 e 30 articoli, tutti scritti in “tempo reale”: notizie, editoriali, commenti e un’ampia gamma di rubriche, con spazi praticamente illimitati (questo è uno dei pregi dell’on line) destinati anche ai contributi dai territori.
Si potrà (e si dovrà) fare meglio, ma già ora si avvertono le potenzialità di uno strumento essenziale per tessere una trama di rapporti, per unificare e rendere efficacemente interattive le pratiche politiche e sociali che crescono nel paese, per conferire unità e favorire, ad un tempo, il confronto dialettico fra le opinioni e la necessaria apertura verso l’esterno.
Tuttavia, gli abbonati ancora troppo pochi. Così - perché sia chiaro a tutti e a tutte - non duriamo, pur mettendo nel conto di lavorare, come si sta facendo da mesi, a credito, senza stipendio. Ebbene, noi siamo disposti a proseguire, tirando la cinghia e ringhiando, a testa bassa. Ma bisogna che questo sforzo, sorretto da un atto razionale della volontà abbia un senso e sia sostenuto da un impegno corale, come sino ad ora non vi è stato, da parte dell’insieme del partito, di tutte le sue strutture.
Diciamolo pure: si tratta di una sfida che ha a che vedere con il rilancio della presenza dei comunisti nella vita pubblica; o la vinciamo oppure la battaglia è persa.
Nel mese di luglio abbiamo chiesto ad ognuno di sottoscrivere 10 euro per Liberazione. Se ogni iscritto avesse compiuto questo non impossibile gesto e gli abbonamenti tornassero a crescere come nell’ultimissimo periodo potremmo guardare con ragionevole ottimismo al futuro. Anche all’ipotesi di una cooperativa composta dai giornalisti comunisti che nel futuro prossimo potrebbero rilevare la testata ed in stretta collaborazione con il partito e le sue strutture promuovere con ancora maggiore slancio e ricchezza di apporti una rinnovata iniziativa editoriale.
Perché ciò avvenga è tuttavia necessaria una precondizione: che le pubblicazioni di Liberazione on line non subiscano ulteriori interruzioni. E’ infatti del tutto evidente che un nuovo stop non preluderebbe a futuribili resurrezioni, ma alla definitiva chiusura della stampa comunista.

Romina Velchi - direttore
Dino Greco – direttore editoriale

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