DOCUMENTO CONCLUSIVO DEL CPN DEL 6 E 7 NOVEMBRE 1999

Il Comitato politico nazionale del Partito della Rifondazione comunista, riunito a Roma nei giorni 6 e 7 novembre, sentita la relazione e le conclusioni del segretario nazionale Fausto Bertinotti, le approva.

La manifestazione nazionale del 16 ottobre, che ha avuto un pieno successo per quantità di presenze, per la positività del clima politico che l’ha ispirata, per l’ampiezza dei soggetti sociali che ha coinvolto, ha segnato un concreto passo in avanti nella costruzione di un’opposizione di sinistra e di alternativa ed un avanzamento nel lavoro di correzione e di sviluppo dell’azione del nostro partito iniziato con la individuazione dei quattro punti di iniziativa politica (l’intervento sulla questione sociale, l’interlocuzione con i movimenti e le forze della sinistra critica, il confronto con la sinistra moderata e di governo, la costruzione del partito di massa) definiti nella precedente riunione di luglio, dopo il grave insuccesso nelle elezioni europee del 3 giugno.

Il nostro partito, con il pieno coinvolgimento di tutti gli organi dirigenti e delle sue strutture, a livello centrale e locale (di comitati regionali, di federazioni e di circoli) è ora chiamato a proseguire con intensità l’iniziativa su tutti e quattro i punti decisi, promuovendo un’azione diretta a spostare forze nel paese, tenendo conto anche delle condizioni in parte nuove che sono nel frattempo intervenute.

Dobbiamo produrre una grande apertura sul terreno culturale, politico e organizzativo del nostro partito verso la società, le realtà critiche, i movimenti che in essa si muovono. La nostra forza da sola non basta a condurre lo sforzo di iniziativa politica che ci proponiamo.

Siamo di fronte all’accelerazione di una deriva moderata e neocentrista da parte della sinistra di governo, come si può riscontrare nei contenuti culturali e politici della mozione con cui la maggioranza dei Democratici di sinistra si avvia al congresso di gennaio e nelle gravissime quanto storicamente e politicamente infondate e inaccettabili dichiarazioni del loro segretario nazionale sulla presunta inconciliabilità tra comunismo e libertà. In questo modo si cerca di negare i fondamenti stessi della lotta di classe e della storia di una sinistra legata al movimento operaio.

Contemporaneamente si registra un disegno culturale e politico di restaurazione da parte delle classi dirigenti, che spavaldamente propongono una loro impunità, come è apparso nei compiaciuti commenti seguiti all’assoluzione del senatore Giulio Andreotti nei processi di Perugia e di Palermo. Il loro obiettivo è cancellare dalla storia della Repubblica e dalla vita del paese la possibilità stessa di un’alternativa di società.

In questo quadro il governo accentua i caratteri organicamente liberisti della sua politica, come emerge dalla legge finanziaria, dall’insistenza sulla flessibilità del lavoro, dagli ostacoli continuamente posti all’approvazione di una nuova legge sulla rappresentanza sindacale, dall’avanzamento del processo di privatizzazione e del modello industriale che ne consegue, dall’attacco alla previdenza, al diritto allo studio e alla scuola pubblica, alla sanità, cioè a ciò che resta del nostro modello di stato sociale. Le destre possono così chiedere e ottenere sempre di più, perché il governo è aperto solo a destra.

Si verificano, nella società politica e civile, le conseguenze di un’onda lunga che arriva dalla sconfitta dell’89 e dai rafforzati processi di ristrutturazione e modernizzazione capitalistici che ne sono seguiti, che propongono la fine della politica come possibilità di emancipazione delle classi subalterne ed investono fortemente tutto il campo delle sinistre.

I destini di una prospettiva di alternativa e delle sinistre stesse sono interamente messi in forse. Per questa ragione proponiamo di costruire entro i prossimi mesi un evento, cioè un fatto politico rilevante e significativo, che sappia contrastare la deriva della sinistra animando le forze critiche in una prospettiva antiliberista. Vogliamo lavorare alla costruzione di questo evento insieme ai movimenti, alle associazioni, alle forze critiche organizzate, ai singoli individui, promuovendo iniziative centrali e locali.

Dobbiamo farlo in una situazione profondamente mutata: è giunto alla conclusione un ciclo politico e di lotte sociali che aveva caratterizzato il caso italiano, avanza il processo di globalizzazione e la guerra è diventata una dimensione permanente di questo processo. La fine della guerra guerreggiata in Kosovo, non interrompe un processo di costruzione di un nuovo ordine imperiale, il cui cuore è rappresentato dalla potenza statunitense, e il suo braccio armato è costituito dalla Nato che si propone di intervenire in ogni parte del globo, mantenendo uno stato di guerra permanente, che a sua volta alimenta conflitti armati subregionali, come quello in Cecenia.

In questo nuovo contesto viene alimentata incessantemente una nuova campagna anticomunista, il cui obiettivo è impedire in ogni modo l’incontro tra quella grande tradizione di lotta e di liberazione e i conflitti che, magari in modo disperso, si generano contro l’imposizione del nuovo ordine. Questa campagna, come nell’89, si sviluppa con elementi simbolici e punta all’omologazione definitiva della sinistra nel blocco di potere. Per questo dobbiamo rispondere con grande energia, promuovendo da subito delle iniziative culturali e politiche, sviluppando una grande capacità di autodifesa. Ma l’obiettivo non è solo quello di difendere la verità della storia dei comunisti, ma affrontare finalmente e direttamente i nodi controversi di questa storia, con una ricerca aperta e serena, dimostrando che le sue sconfitte e le sue implosioni non erano affatto scontate e inevitabili. In questo modo, riflettendo criticamente e positivamente sul passato, possiamo riaffrontare i grandi temi della critica al moderno capitalismo e della sua trasformazione, delineare la nostra idea di una società alternativa. Su questi aspetti così decisivi del processo della rifondazione, chiamiamo l’intero partito a misurarsi, interloquendo con altre culture e forze critiche, assumendo il paradigma della questione di genere come elemento indispensabile di questa ricerca, facendo della questione ambientale elemento costitutivo nell’analisi critica e nella proposta di trasformazione. Bisogna provare ad avanzare delle idee e lavorare alla preparazione di una prossimo seminario, utilizzando anche contributi esterni, in cui segnare un primo punto di avanzamento di questo lavoro.

Questa ricerca deve essere condotta in stretta relazione con lo sviluppo dell’iniziativa politica sui punti richiamati, per costruire l’opposizione di sinistra e di alternativa. Possiamo constatare un avanzamento in questo lavoro, l’introduzione di qualche correttivo a quello scollamento dalla società che è alla base della nostra perdita di voti verso l’astensionismo, ma dobbiamo proseguire con intensità. In particolare abbiamo migliorato la nostra elaborazione, con la nostra proposta di una piattaforma di lotta sociale, e di mobilitazione, in particolare con la manifestazione del 16 ottobre, la campagna per la raccolta di firme contro le maxiretribuzioni che solleva una più generale questione salariale, la battaglia contro la precarietà condotta dai giovani comunisti.

Abbiamo così cercato di innovare sia nella scelta dei soggetti su cui puntare, i giovani, come negli obiettivi i diritti. Per questa via vogliamo giungere ad una rilettura di classe della società nelle nuove mutate condizioni. La conquista dei diritti negati dalle politiche neoliberiste deve diventare un terreno pratico di iniziativa del partito nel quale promuovere una valorizzazione e un protagonismo dei soggetti sociali.

La nostra piattaforma ha carattere aperto, per arricchirla e renderla più aggressiva dobbiamo procedere nell’esperienza e nella interlocuzione con i movimenti e le forze critiche. Questa scelta rappresenta una correzione rispetto alla prospettiva che ci aveva guidato nello scontro con il governo Prodi, di definire dall’alto una nuova politica economica di ispirazione neokeynesiana. Infatti sono mutate diverse condizioni che rendevano credibile quella prospettiva, quali la sconfitta dell’ala sinistra della SPD, rappresentata da Lafontaine, il netto prevalere della cosiddetta Terza via nelle socialdemocrazie europee, il conseguente indebolimento e il maggiore isolamento delle iniziative del governo francese.

Oggi dobbiamo quindi costruire, essenzialmente dal basso, un vincolo interno allo sviluppo capitalistico, costituito da un nuovo sistema di rigidità positive basato sulla difesa dei diritti fondamentali e indisponibili, che altrimenti sarebbero definitivamente travolti dalle logiche di flessibilità imposte dal neoliberismo.

Nel condurre praticamente questa battaglia - ad esempio per la riduzione d’orario, per un salario minimo intercategoriale che protegga in particolare i lavoratori e le categorie più deboli, per il salario sociale per i giovani disoccupati - dobbiamo anche andare oltre la delega sindacale, sapendo che il peso della contrattazione è obiettivamente ristretto da scelte di collateralismo filogovernativo da parte dei vertici sindacali e quindi il ruolo della legge per la difesa di questi diritti sociali e al lavoro è naturalmente aumentato.

A questo fine va indirizzata la lotta che il partito e i gruppi parlamentari conducono in queste settimane sulla legge finanziaria, pur nelle difficili condizioni imposte dagli attuali regolamenti.

L’insieme delle proposte che compongono la piattaforma sociale che avanziamo devono essere anche la nostra guida per ricercare il confronto con le forze del centrosinistra in vista della importante scadenza delle elezioni regionali della prossima primavera. Il nostro obiettivo è verificare la possibilità, regione per regione, di giungere ad accordi programmatici e alla determinazione di candidature credibilmente in grado di portarli avanti. L’esito di questo confronto è aperto, e su questo si devono cimentare i nostri gruppi dirigenti regionali, ma, in ogni caso, esso non potrà influenzare in nessun modo la nostra collocazione verso il governo centrale, poiché ribadiamo nei comportamenti concreti la possibilità di stabilire maggioranze diverse tra il centro e la periferia, e consideriamo l’ottenimento di positive intese locali come un elemento che rafforza la nostra opposizione al governo centrale. In ogni caso l’elaborazione programmatica che il nostro partito condurrà a livello regionale, dovrà costituire la base per sviluppare in ogni singola regione una vertenzialità attorno a obiettivi e rivendicazioni concrete.

Con questo spirito abbiamo condotto il nostro tentativo di trovare un’intesa nella regione siciliana, e proprio per questo ha trovato ostacoli da parte delle forze conservatrici. Anche in questa scadenza dobbiamo quindi evidenziare e praticare una concezione della politica ben diversa da quella che in questi giorni emerge dalle men che mediocri dispute sul futuro e sulla composizione della compagine governativa, e che alimentano le speranze di rivincita delle destre.

Per portare avanti l’insieme di queste iniziative e per dare efficacia alla nostra pratica dobbiamo però partire da una convinzione: il nostro partito è una forza indispensabile ma da sola non è sufficiente a raggiungere gli obiettivi che ci proponiamo.

Da questa constatazione derivano degli assi importanti del nostro lavoro, tra loro strettamente intrecciati: il rinnovamento del nostro modo di essere partito e della stessa concezione dell’agire politico, l’apertura verso la società, le realtà critiche e i nuovi soggetti.

Non si tratta di essere ingenerosi verso noi stessi, abbiamo scarsi finanziamenti e il nostro lavoro si basa sul volontariato: questa è la nostra condizione materiale. Ma pur entro questi limiti dobbiamo procedere ad una profonda riforma del nostro modo di essere, dobbiamo liberarci da un deficit di organizzazione generale del nostro lavoro che imprigiona le forze. Spesso il messaggio politico del nostro partito attrae, ma la sua pratica concreta, sia al centro che in periferia, respinge. Spesso la grande generosità dei nostri militanti è soffocata da una confusa conflittualità e da un limite di funzionamento democratico. Spesso, da parte dei gruppi dirigenti, si riconosce il disagio che esiste nel partito, ma anziché affrontarlo assumendosi l’onere di una battaglia politica, ci si limita ad ammiccare.

Al grande tema della riforma del partito vogliamo perciò dedicare un convegno, da tenersi entro il prossimo gennaio, che produca una verifica del lavoro avviato e ragioni su una sperimentazione e la avvii concretamente per quanto riguarda i luoghi e i soggetti su cui innovare, un nuovo rapporto tra centro e periferia del partito stesso, una sostanziale opera di democratizzazione e una correzione di stile interno. In questo quadro, come lo facciamo per la determinazione degli obiettivi, dobbiamo aprire il partito alla cultura di genere ed ai giovani e in questo modo riqualificare la sua stessa pratica politica.

Contemporaneamente dobbiamo sperimentare nuove forme di organizzazione per occupare lo spazio che sta tra il partito e la società, come ad esempio le camere dei lavori, per organizzare le nuove figure di lavoro atipico e precario, o le case dei popoli, per organizzare la società multiculturale.

In questo modo potremo concretamente favorire l’incremento del nostro tesseramento e l’ingresso di nuove forze, come ad esempio le compagne e i compagni della sinistra verde, che possono attivamente contribuire all’innovazione del nostro partito.

Questo rinnovamento richiede comunque che, senza limitare in alcun modo la libertà di critica e la dialettica interna, il patrimonio rappresentato dal nostro partito sia considerato da tutte e tutti come condiviso e comune.

Avanziamo da subito un invito ad altre forze critiche, ad associazioni, a realtà di movimento, a singole persone a riunirsi con noi, sulla base di un reciproco rispetto della condizione politica e organizzativa di ciascuno, in una Consulta per discutere e assumere le iniziative che rafforzano l’opposizione di sinistra e l’alternativa. Su questa proposta impegniamo il nostro partito tanto a livello centrale come nelle realtà locali.

Negli ultimi tempi si sono realizzate condizioni migliori per raggiungere questi obiettivi. La nascita della nuova Rivista del Manifesto rappresenta un terreno importante di ricerca, così come Carta, mensile dei cantieri sociali, fornisce interessanti riflessioni e esperienze nel sociale; l’attività sempre più intensa dell’Associazione per il rinnovamento della sinistra indica una volontà di forze culturalmente e politicamente diverse di sottrarsi alla deriva della sinistra moderata; nei Ds la sinistra, pur in una logica ancora prevalentemente emendativa, si presenta al congresso sulla base di una mozione contrapposta; nel sindacato avanza la prospettiva della costruzione di una più larga, plurale ma unita sinistra sindacale.

Anche sul terreno dei movimenti vanno colte importanti novità. C’è un disgelo, nascono nuovi movimenti, minuti ma diffusi, e che dobbiamo attivamente sostenere come ad esempio quelli, tra loro diversissimi, degli inquilini, o contro l’elettrosmog, o contro il predominio delle imprese culturali americane. Mentre sul terreno della lotta sindacale assistiamo ad alcune vertenze e atti che contraddicono la deriva al cedimento, come quella dell’OP Computers o la presentazione della piattaforma rivendicativa alla Fiat.

Anche in relazione con quanto sta accadendo a livello europeo, ad esempio con il movimento dei paysans francesi, o quello per la Tobin tax promosso da Attac, o quello della rete delle marce per il lavoro, dobbiamo promuovere iniziative contro le scelte che si preparano nel prossimo convegno di Seattle dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Gli obiettivi che ci siamo dati in questa riunione sono assai impegnativi e occuperanno l’attività del partito nei prossimi mesi e necessitano di una continua verifica. Per queste ragioni e a questo fine il CPN dà mandato alla segreteria nazionale di proseguire il proprio lavoro.

 

Approvato con 190 voti favorevoli

35 voti contrari

18 voti astenuti