Direzione del 6 novembre 2007 – Sintesi delle conclusioni di Franco Giordano

Premetto che il pacchetto sicurezza da cui vorrei iniziare, è sicuramente il meno rilevante rispetto alle altre questioni di cui vorrei oggi discutere. Tengo a dire che questo complesso tema non può essere limitato al dibattito governo-opposizione così come sollecitato negli ultimi giorni da più parti. In questa maniera se ne riduce la forza e l'importanza.
Allargando la visuale, ritengo che il punto vero sia il governo democratico della società contemporanea. Non mettiamo in discussione il contrasto netto agli atti criminosi ed all'illegalità. Anzi, siamo per accelerare su una riforma della giustizia che ridia celerità al giudizio e certezza della pena in maniera netta e chiara. Non è neanche in discussione il nostro sdegno per l'orrendo omicidio che ha sconcertato tutto il paese. Ciò che dobbiamo evitare è che le responsabilità individuali di chi delinque, possano investire una condizione collettiva o addirittura una appartenenza geografica od etnica: in questa maniera si alimentano xenofobia e razzismo. Per questa ragione ritengo che abbiamo fatto bene ad astenerci sul pacchetto sicurezza, pacchetto che comunque prevede anche alcuni aspetti positivi come quelli relativi alla lotta alla mafia. Dovremmo evitare di alimentare quella che il New York Times e Stefano Rodotà definiscono "la fabbrica della paura": essa consiste nella costruzione sistematica del nemico, nel sostegno a quel sentimento di angoscia e di insicurezza che porta a ricorrere, sistematicamente, a misure securitarie ed autoritarie per sedare questi sentimenti. In realtà, anche i dati forniti dal Ministero degli Interni ci dimostrano come non ci troviamo di fronte ad un emergenza reati: ciò conferma come queste sensazioni diffuse siano, sostanzialmente, il prodotto della "fabbrica della paura" piuttosto che il prodotto di una vera emergenza.
Le destre fanno largo uso di queste strategie al fine di alimentare pulsioni securitarie che, inevitabilmente, alimentano sentimenti razzisti e xenofobi che ricadono nella società dove si moltiplicano atti di squadrismo fascista. Se Fini arriva a dire che i Rom non sono compatibili, o assimilabili alla nostra società, penso che sia necessario tornare a discutere, seriamente, del grado di legittimazione democratica delle destre. Va rivisto quello che è stato il loro percorso di evoluzione, in quanto vedo persistere un grumo irrisolto che è riemerso proprio con le recenti affermazioni xenofobe e razziste. Ciò dimostra che non vi è possibilità di accordo con le destre su questo terreno così delicato, non c'è possibilità di intesa con una cultura di questo tipo.
Ciò che mi colpisce è che non ci sono adeguati anticorpi nella società italiana, punti di riferimento democratici, né un'idea di governo alternativa che punti sulla coesione sociale e sul governo democratico di questi fenomeni. Con ciò, lo ribadisco, non è in discussione il contrasto ai singoli atti criminali. Noto, piuttosto, un deficit di cultura democratica e giuridica nel paese in quanto non v'è alcun contrasto alle culture regressive delle destre. Anzi, lo stesso Pd mostra una sorta di permeabilità a tali tesi, non proponendo un'idea di società alternativa, un progetto forte di governo democratico.
Un altro aspetto che vorrei analizzare è la rottura centrista attuata nei confronti di pezzi interi del mondo cattolico che fa direttamente capo alle gerarchie ecclesiastiche. A tal proposito, è illuminante l'intervista a Pierferdinando Casini che invoca misure punitive anche contro chi non abbia mezzi di sostentamento, minando i fondamenti stessi di tutta la cultura cattolica, non solo quella democratica. Ciò denota uno spostamento culturale complessivo verso destra con una traslitterazione delle forze di centro verso una posizione autoritaria, per meri scopi elettoralistici. Noi dobbiamo rispondere con l'iniziativa concreta, ma anche ricostruendo un punto di vista democratico forte ed una cultura giuridica adeguata su questo terreno.
Il vero problema non è il ritorno a logiche e riti di stampo fascista, ma è il degrado della qualità della democrazia messo in atto nell'ultimo periodo: noi dobbiamo opporci organizzando una grande offensiva politico-culturale che possa ricostruire un'idea di società alternativa e che contribuisca al rafforzamento della qualità della politica..
Va da sé la mancata condivisione con l'affermazione di Milziade Caprili di ieri, poiché contraria alla nostra cultura politica.
Il dibattito in atto tende ad indebolire l'impianto della Amato-Ferrero che pone al centro della sua fattispecie chi giunge in Italia in cerca di lavoro e non solo, come nella Bossi-Fini, chi giunge in Italia già con un lavoro in tasca. Pertanto quando Fassino cerca accordi con la destra proprio su questo terreno, dovrebbe capire che così tende a svuotare il senso di una legge importante dell'attuale governo come, appunto, la Amato-Ferrero.
Sul testo del decreto auspichiamo un lavoro unitario di tutta la sinistra che dia vita ad una proposta di modifica che sottragga al testo il carattere di emergenzialità e che verta su alcuni punti precisi, all'approvazione dei quali vincoliamo il nostro voto favorevole.
La nostra prima richiesta è quella di congruità del decreto con la direttiva europea. Tale direttiva è stata già recepita dal governo Prodi a causa dei ritardi del precedente governo Berlusconi che, invece, ora ne invoca il pieno rispetto.
Essa, infatti, parla di espulsioni giustificate solo "per gravi motivi di sicurezza o di terrorismo" e "non a causa di motivi economici". Sostiene, inoltre, che non vi può essere automaticamente l'espulsione in seguito ad una qualsiasi condanna.
Dobbiamo limitare i casi di espulsione a quelli ottemperati dalla direttiva che è chiara ed esplicita a riguardo ed è in sintonia con il dettato costituzionale.
Non vi può essere espulsione senza un passaggio giurisdizionale, cioè deve essere determinata dal giudice ordinario e non da quello di pace.
Riconosciamo l'importanza del problema e la necessità di intervenire concretamente. Per questo riteniamo che vada modificato il decreto arricchendolo con il contenuto della legge Mancino, opportunamente aggiornata, che contrasta aspramente i reati a sfondo razziale, includendo quelli relativi agli orientamenti sessuali e di genere.
Il nostro voto, lo ribadisco, sarà favorevole se saranno approvate le suddette modifiche e se non si percorrerà la strada su cui batte la destra, perché essa è l'emblema di un progetto di società opposto a quello che noi proponiamo.
Vogliamo organizzare, a breve, un'iniziativa politico-culturale ampia, aperta ad associazioni, agli operatori, al mondo cattolico, ai partiti, ecc. per la ricostruzione di un punto di vista autonomo della sinistra su un tema così importante e delicato, che ponga al centro la questione del degrado sociale e delle periferie.
Abbiamo bisogno di cambiare l'agenda politica del governo, di determinare, noi, le priorità sociali, culturali e democratiche. Questo lo può fare la sinistra unita, a partire dalla prossima assemblea dell'8-9 dicembre su cui si gioca, non solo, il rapporto e la prospettiva della sinistra con il governo, ma anche quello del governo con il paese.

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