Direzione del 14 gennaio 2008 – Sintesi delle conclusioni di Franco Giordano

La ripresa si è rivelata subito densa di impegni, confermando l’opportunità della nostra scelta di rinvio di alcuni mesi del congresso.
La verifica è cominciata giovedì scorso e subito si è riaffacciato il tema della legge elettorale.
Penso che abbiamo fatto bene a tenere sempre ben distinti il tema della verifica, che deve essere incentrata sull’emergenza sociale del paese, con quello della legge elettorale, che pur essendo per noi strategicamente rilevante, non può essere utilizzata strumentalmente in sede di verifica di governo.
Noi restiamo disponibili a partire dalla bozza Bianco e dalle modifiche di cui si è discusso, ovvero il riparto nazionale e la possibilità del voto disgiunto evitando premi di maggioranza, al fine di restare vicini quanto più possibile al modello tedesco, pur prevedendo la soglia di sbarramento del 5%. Resta fermo il fatto che non possiamo accettare alcuna proposta di Berlusconi di un eventuale scambio della legge elettorale con la legge sul sistema radiotelevisivo o con quella sul conflitto di interessi: la legge elettorale deve essere fatta dal parlamento italiano.
Anzi, proprio la legge sul sistema radiotelevisivo e quella sul conflitto d’interessi rappresentano punti fermi nella ricostruzione del rapporto con le altre forze della coalizione.

La verifica è iniziata con la discussione sul rapporto salari-prezzi-profitti. Questo punto rappresenta solo l’avvio della discussione, senza esaurirla, a cui noi affianchiamo anche il tema della precarietà impantanatosi nel Protocollo sul Welfare.
In questo avvio di discussione, un elemento positivo sta nella presentazione a Prodi, nei prossimi giorni, di una piattaforma comune delle forze della sinistra.
Abbiamo illustrato unitariamente il primo punto della piattaforma già in occasione dell’ incontro di giovedì scorso quando abbiamo discusso dell’emergenza sociale del paese e delle priorità di natura economica.
Salari, tariffe e potere d’acquisto rappresentano i prossimi punti della verifica. A ciò vanno aggiunti lotta alla precarietà e sicurezza del lavoro; ambiente e beni comuni a partire dall’acqua che, dopo aver già ottenuto la moratoria contro la sua privatizzazione, va ripubblicizzata tramite una apposita norma; la scuola, l’università, la ricerca, l’innovazione e la qualificazione del sistema produttivo, tema dirimente per prospettare un’alternativa di modello economico che permetta di sottrarci alla logica del rapporto retribuzione/produttività e che punti, invece, sulla qualità; il mezzogiorno; i diritti civili ed in particolare la difesa della 194, le forme di convivenza, le norme contro la discriminazione di genere e razziale ed il tema delle tossicodipendenze; il conflitto d’interessi; il tema dei diritti dei migranti con la rapida approvazione in primavera della legge Amato-Ferrero; il tema del welfare; il tema della pace, della cooperazione internazionale e della riduzione delle spese militari.

Come vedete vi sono delle priorità meramente temporali, e non di merito, su cui si basa la piattaforma che presenteremo al Presidente del Consiglio, in modo da prospettare una realizzazione dei diversi punti nell’arco dell’intera legislatura.
Su questa ipotesi di piattaforma svilupperemo una consultazione di massa, come previsto nell’ultimo CPN, che sarà di tutte le forze della sinistra.
Nel prossimo mese, infatti, costruiremo insieme una serie di iniziative e di campagne grazie alle quali potremo rimettere in moto il processo unitario avviato l’8 e 9 dicembre scorsi.
Penso che la nostra campagna per il tesseramento debba incentrarsi sul rafforzamento del partito affrontando direttamente i temi di natura sociale ed il percorso unitario a sinistra.
Ritengo che ci sia bisogno di un’ulteriore accelerazione nel processo unitario per dare seguito a quanto avviato l’8 e 9 e perché incombono delle scadenze importanti: le prossime elezioni amministrative e l’assemblea di fine febbraio in cui si definiranno le modalità di costruzione del soggetto unitario e della sua organizzazione: è necessario un coinvolgimento in una logica binaria delle forme di autorganizzazione della società e non solo dei partiti.

Subito dopo la consultazione ed il giudizio del gruppo dirigente del partito, si svolgerà il referendum che avrà ad oggetto proprio l’esito della verifica con il governo.
Nel corso del primo incontro con il governo abbiamo adottato una posizione comune con le altre forze della sinistra, cosa che ci permette di acquisire una maggiore capacità di ascolto e di incidenza.
Dal punto di vista del metodo abbiamo ottenuto una vittoria: ogni proposta del governo da presentare ai sindacati non sarà più espressione solo di una parte della coalizione, ma dovrà essere il frutto di una discussione interna a tutta l’Unione.
Ciò servirebbe anche alle rappresentanze sindacali che avrebbero un confronto sereno con una posizione unitaria da parte del governo, espressione di tutte le forze che lo sostengono.
Colgo che sia importante l’impegno assunto da Prodi per lo sblocco del contratto collettivo nazionale dei lavoratori pubblici, per la revisione della tassazione sulle rendite finanziarie e il riconoscimento di quella che è l’emergenza reale del paese: la perdita del potere d’acquisto dei salari che, con una rapidità impressionante, sono scivolati alle ultime posizioni in Europa.
Nel dibattito generale è emerso un elemento di ambiguità che mette in relazione le retribuzioni con la produttività: in alcuni interventi, specie di rappresentanti del PD, è emersa questa posizione in maniera esplicita.

Tengo a dire che vogliamo valorizzare l’autonomia della soggettività contrattuale e non permetteremo che si determini uno schiacciamento della contrattazione sulla filosofia d’impresa.
Infatti una cosa è aumentare la produttività definendo un’ipotesi di alternativa economica che investe sulla ricerca e sull’innovazione, altra cosa è legare il salario alle forme di organizzazione del lavoro tramite l’aumento dell’orario o della flessibilità.
Sul tema della redistribuzione abbiamo avanzato proposte comuni come quella sulle detrazioni fiscali a favore dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e quella per il recupero del fiscal drag.
Nel protocollo sul welfare la filosofia dominante è stata quella della valorizzazione della contrattazione di secondo livello e del legame fra salari e produttività. Ma non si può svantaggiare il contratto nazionale a scapito della contrattazione di secondo livello, per questo motivo abbiamo proposto di destinare risorse per la detassazione degli aumenti contrattuali a livello nazionale oppure di intervenire a monte con il sistema delle detrazioni.

Sulla vicenda della Thyssen Krupp abbiamo visto come le lacrime versate dal mondo delle imprese siano lacrime di coccodrillo: a partire dal gruppo dirigente della stessa azienda tedesca.
L’unica cosa che doveva fare il sistema delle imprese era convocare immediatamente le rappresentanze sindacali e chiudere il contratto accogliendo le loro richieste: ciò non è avvenuto ed ora siamo in un clima di forte tensione in cui le imprese non solo vogliono rinnovare il contratto con soli 100 euro di aumento, invece dei 117 richiesti dai sindacati, ma anche chiedono in cambio la possibilità di intervenire sulle forme di organizzazione del lavoro e sugli orari. Il governo non può essere neutrale in questa partita.

Faremo una grande assemblea operaia a Torino che metterà alla luce la condizione del lavoro operaio, evidenziandone l’insostenibilità. In questa occasione chiederemo al governo di svolgere un ruolo attivo per lo sblocco del contratto collettivo nazionale, non dichiarandosi equidistante fra impresa e mondo del lavoro proprio in un momento in cui lo svantaggio della condizione di quest’ultimo è così netto.
Non condivido la presa di posizione del PD e del suo segretario nazionale perché tende a rimuovere il conflitto sociale che è il sale della democrazia e perché la classe imprenditoriale del nostro paese, che lui esalta, dichiara nella sua stragrande maggioranza un reddito inferiore a quello dei suoi stessi dipendenti e perché essa ha basato la sua fortuna sulla contrazione del costo del lavoro e sulla competitività di prezzo, non prospettando mai un modello di alternativa economica basato sull’innovazione e la ricerca.
In 5 anni, come spiega l’IRES-CGIL, i lavoratori dipendenti hanno perso 1900 euro in potere d’acquisto, mentre i profitti delle imprese sono cresciuti in media dell’80%.
Su questo punto vogliamo essere chiari con il governo: abbiamo già dato, e tanto, al mondo delle imprese, ovvero circa 19 miliardi che sono nulla in confronto a quell’1% destinato alla redistribuzione del reddito.
E, pur se è indiscutibile il successo ottenuto nel miglioramento dei conti pubblici, guai a non vedere il dramma sociale del nostro paese segnato sì da una diminuzione del tasso di disoccupazione, ma anche da un aumento del tasso di precarizzazione, da una migrazione giovanile di massa da sud a nord.
Ora che si parla tanto di flexsecurity, possiamo dire con una battuta, che la flex l’abbiamo conosciuta bene, ma ora vogliamo la security.

Per questa ragione una delle iniziative da sottoporre al governo è quella del salario dei giovani e della lotta alla precarietà, rilanciando il tetto dei 36 mesi, oltre il quale automaticamente si avvia il processo di stabilizzazione del rapporto di lavoro.
Sarebbe utile organizzare un’assemblea nazionale di giovani sul salario, sul reddito e sulla precarietà per riallacciare il dialogo col mondo giovanile nelle sue più diverse espressioni e permettere il rilancio di una sua soggettività autonoma.
Un punto controverso dell’avvio di verifica è stato quello dei tempi della redistribuzione. Noi siamo per interventi rapidissimi, senza aspettare i risultati della trimestrale di cassa. La redistribuzione è decisiva per l’assestamento dell’economia e perché le risorse ci sono.
Oggi il rapporto deficit/PIL è stimato attorno all’1,3% e, verosimilmente, chiuderemo nell’ultimo quadrimestre ad 1,8 oppure 1,9%, ben al di sotto del 2,4 previsto dal governo in precedenza.
Ciò significa che nel 2008 ci ritroviamo 8 miliardi a cui si aggiungono altre risorse derivanti da misure una tantum e dal recupero dell’evasione fiscale che ci consegnano un patrimonio di circa 12 miliardi di euro ed avendo, comunque, centranto gli obiettivi previsti per il rientro dal deficit.
In questo quadro dobbiamo evitare la politica dell’extragettito che consiste nel procedere ad una sottostima sistematica delle risorse che poi, una volta emerse, vengono contabilizzate come extragettito ed, in quanto tali, vincolate al rispetto dei parametri di Maastricht.
Noi non siamo contrari ad una politica di risanamento, ma adesso non si può non ricorrere ad una redistribuzione delle risorse aggiuntive e così come recita l’articolo 1 comma 4 della scorsa legge finanziaria, introdotto grazie ad un emendamento proposto da Rifondazione, tutte le risorse aggiuntive vanno impiegate in favore del lavoro dipendente.

La vicenda dei rifiuti in Campania è drammatica ed è proprio il mancato rispetto delle regole che ha determinato l’emergenza.
L’emergenza c’è e va risolta, ma dobbiamo stare attenti ad evitare che vi sia un utilizzo politico che stravolga le regole e i diritti e che addossi le responsabilità a coloro che hanno sempre contrastato quel perverso legame fra malavita e sviluppo economico.
I cittadini campani, da subito, devono avere il diritto di vivere e non di convivere con l’emergenza, ma vanno anche affrontate le responsabilità in loco attribuibili anche alla gestione commissariale, che va superata, ed alla mancata attuazione del riciclaggio come alternativa allo smaltimento, così come avviene efficacemente in Germania.
Tornano in campo interessi economici enormi, esempio è il CIP6, che noi abbiamo aspramente contrastato unitariamente alle altre forze della sinistra.
L’errore più grave è stato quello di credere che si poteva combattere l’interesse della Camorra affidando tutto alla grande impresa.
Nella direttiva non ci possono essere deroghe ambientali e l’intervento dell’esercito deve essere utilizzato solo per motivi logistici e non per garantire l’ordine pubblico: su questo Prodi ci ha dato garanzie importanti.

In Italia vedo una discriminazione ed esclusione sociale molto forti, dove è in atto un conflitto fra penultimi ed ultimi. Questa disgregazione viene alimentata dalla fabbrica della paura con la costruzione sistematica di nemici immaginari e che continua a produrre un’egemonia culturale nella società italiana, nonostante le resistenze di movimenti ed associazioni. Ma è evidente che il ritrarsi della politica crea un vuoto sistematicamente colmato da altre soggettività organizzate, a partire dalle gerarchie ecclesiastiche che non trovano più alcuna capacità di mediazione nei partiti cattolici, come avveniva con la vecchia DC, o come accade nel Mezzogiorno dalle organizzazioni malavitose che riescono ancora a controllare il territorio per l’assenza dello stato e della politica.
Guai ad immaginare la costruzione del soggetto unitario solo ed esclusivamente orientata a consolidare gli assetti istituzionali. La nostra sfida di egemonia con il PD, quella strategica nella costruzione del soggetto unitario e di una cultura alternativa e della trasformazione sociale dobbiamo vincerla dal basso, reinsediando nei territori e nella società una presenza culturale, politica, organizzata delle forze della sinistra, ricostruendo una relazione con i meccanismi democratici perché non è possibile che oggi la politica non riesca a mutare gli orientamenti del mercato. Dobbiamo ridare senso e vitalità alla politica, questa è la nostra sfida.

Roma, 14 gennaio 2008

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