Direzione del 18 febbraio 2008 – Relazione di Franco Giordano

Siamo entrati in una campagna elettorale quasi improvvisa in cui siamo opposti a due candidati maestri della comunicazione: Veltroni e Berlusconi.
L’insidia più grande, esplicitata da tutti, è la polarizzazione del voto su PD e PDL e la personalizzazione della campagna elettorale nei confronti dei rispettivi leader. E’ proprio l’attuale legge elettorale, che noi abbiamo cercato di cambiare, a favorire questo contesto, in quanto prevede il premio di coalizione ed enfatizza la logica dell’alternanza. Il punto vero è che con queste elezioni si vuole accelerare il processo di americanizzazione della società italiana e della politica. La campagna elettorale italiana sembra una appendice di quella americana persino nelle sue forme concrete: l’obiettivo è quello di far scomparire i soggetti reali, le forme di protagonismo e quelle della partecipazione democratica. Non v’è alcuna discussione sul bilancio politico del governo Prodi e sulle cause della sua caduta, ciò avviene per lasciare spazio al modello mediatico americano di campagna elettorale. In sede di CPN faremo una discussione approfondita sull’esperienza di governo, in quanto questo ha generato grandi delusioni ed una sofferenza nel nostro popolo a causa delle forti aspettative di cambiamento dopo i 5 anni del governo Berlusconi. In particolare dobbiamo analizzare le resistenze ed il boicottaggio di aree centrali della coalizione alla realizzazione del programma e la loro permeabilità ai condizionamenti imposti dai grandi poteri rappresentati dalla rendita finanziaria, da Confindustria e dalle gerarchie ecclesiastiche. Questa discussione di merito è scomparsa nel dibattito politico ed anche le TV hanno assunto come paradigma centrale quello della sfida a due, tipica del modello americano. E’ nostro compito far capire che c’è un’ipotesi alternativa in campo e che la sfida a due è falsa, in quanto sovrapposta alle diverse realtà politico-culturali presenti nel paese. La nostra campagna elettorale deve essere vista come l’accelerazione della nostra iniziativa unitaria, come l’investimento sulla sinistra unitaria e plurale, facendolo vivere nei territori e dal basso con una diffusione articolata e di massa, senza attendere una legittimazione mediatica che possa far emergere l’alternativa del nostro progetto a quello di PD e PDL. Vanno coinvolte realtà esterne ai quattro partiti, rendendole protagoniste e va rotta l’attesa mediatica investendo sulla partecipazione di massa come unica vera sfida: le associazioni hanno lanciato l’ipotesi del tesseramento unitario al soggetto ed io credo che noi dobbiamo sostenerle con forza. L’oggetto della nostra campagna è la costruzione di un soggetto unitario realmente innovativo in quanto sperimenta modalità nuove anche nella stessa forma partito dove soggetti politici organizzati, associazioni, movimenti e singoli individui sono tutti impegnati in questo percorso. La campagna elettorale deve essere militante e mobilitante in modo da motivare il popolo del 20 ottobre che oltre a chiedere una svolta sulle politiche di governo, è stato protagonista dell’accelerazione del percorso unitario e plurale. Dobbiamo mettere da parte le polemiche strumentali e sulla questione del simbolo voglio essere chiaro: non è in discussione il nostro simbolo, ma abbiamo scelto quello più coerente col progetto presentato l’8 e 9 dicembre. Fra l’altro, altre volte i comunisti sono andati al voto senza falce e martello: penso al caso dei Progressisti o, più a ritroso, a quello di Bologna con le due torri, del Fronte Popolare con l’immagine Garibaldi o alla Trinacria in Sicilia. Mi meraviglio che l’enfasi identitaria emerga proprio a ridosso delle elezioni più che nella pratica politica quotidiana. Ritengo, invece, che sia utile investire sul nuovo simbolo anche perchè uno studio da noi commissionato rivela che esso sia apprezzato da un ampio elettorato di sinistra molto più di quello che includerebbe i 4 simbolini, e come proprio il popolo di Rifondazione sia quello con maggiore vocazione unitaria. La polemica è strumentale sia se sollevata per mero posizionamento congressuale, dato che non è in discussione la nostra autonomia politica ed organizzativa, sia se alimentata da forze esterne che vogliono fare uso del simbolo stesso.
Anche sulle liste decideremo in sede di CPN, previa consultazione nei territori. Procederemo nel rispetto dei criteri stabiliti a Carrara, per un rinnovamento politico e generazionale, ponendo il tema della democrazia di genere anche alle altre forze che compongono con noi le liste unitarie ed investendo sull’alternanza uomo-donna per garantire una democrazia di genere effettiva. Anche la rappresentazione di tutti i territori deve essere garantita, favorendo il maggior coinvolgimento possibile.
C’è un terremoto politico che va indagato: siamo in presenza di un elemento di semplificazione che dobbiamo far emergere. Da una parte una destra aggressiva e pericolosa che impasta populismo e liberismo, che espelle da sé le aree più moderate prospettando una società competitiva e autoritaria e che si candida a rassicurare ciò che Bauman definisce “paura liquida”, la paura immateriale; una destra xenofoba e razzista che ha come nemici i migranti e tutte le forme di diversità, nonché la concezione stessa delle libertà, altro che partito delle libertà, ed ha come nemico giurato l’uguaglianza sociale. Dall’altra parte, invece, un centro che è contenitore di spinte più diverse e non un partito coeso con un progetto condiviso, che propone un moderno governo interclassista della società, ma con i piedi ben saldi nel sistema delle compatibilità confindustriali. Gli stessi 12 punti ne sono l’emblema e persino l’assunzione della modifica della struttura contrattuale prefigura un’idea di relazioni sociali che penalizza la contrattazione collettiva nazionale ed accentua l’importanza di quella di secondo livello, differenziando ulteriormente le condizioni di lavoro e rimuovendo, così, il tema dell’uguaglianza.
Il punto programmatico sulle grandi opere non risolve il tema dell’aggressione capitalistica all’ambiente e colpisce le stesse comunità che si sono impegnate nell’attuazione di pratiche a difesa dei territori non in un’ottica particolaristica e corporativa, ma secondo una logica di rafforzamento del legame sociale e comunitario.
L’ambiente risulta essere una mera questione culturale ed è devitalizzato, senza alcuna traduzione sul terreno della politica.
La stessa campagna sulla riduzione delle tasse è del tutto simile a quella fatta dalle destre poiché non si posiziona sull’asse della giustizia sociale e della redistribuzione del reddito: anche noi siamo per l’abbassamento delle tasse, ma per quelle sul lavoro dipendente e, contemporaneamente, proponiamo l’aumento della tassazione delle rendite finanziarie e la lotta all’evasione fiscale, mentre loro puntano ad una riduzione generalizzata. Il modello di società prospettato dal PD è lontano da quello nostro.
V’è una sussunzione del tutto dal punto di vista culturale e la devitalizzazione politica degli attori sociali più rappresentativi. In definitiva, oltre alla destra, c’è un centro che raccoglie un po’ di tutto al suo interno ed un centro più ridotto che accoglie elementi di entrambi e che si prepara ad offrirsi in futuro per una grande intesa sul modello europeo, come accade esplicitamente in Germania o come accade in Francia dove Sarkozy propone relazioni con segmenti sociali e culturali radicalmente diversi e variegati. Il rischio è quello che prevalga l’idea di un governo della compatibilità politica nel quadro delle larghe intese, come strumento di contrasto della crisi della politica che divampa in tutto il continente.
Per questo ritengo che dobbiamo far emergere l’idea del voto utile e necessario a sinistra. Dobbiamo spiegare che il voto a sinistra garantisce la tutela di interessi sociali che rimarrebbero senza rappresentanza e, senza essere aggressivi, ma con determinazione, dobbiamo far emergere l’idea di alternativa di società alle destre e la fermezza sulla nostra indisponibilità alle larghe intese. Il voto a sinistra può persino permettere un’apertura del PD ed il condizionamento della sua evoluzione: più forti siamo, più potranno emergere le contraddizioni in seno al PD. Siamo contrari anche ad un progetto istituzionale che faccia da cornice alle larghe intese, penso al presidenzialismo ed all’impianto autoritario prospettato da entrambi i fronti.
Ritengo che al centro della campagna elettorale dobbiamo intrecciare tre grandi questioni: quella morale, quella sociale e quella relativa ai diritti civili.
Sulla questione morale dovremmo dare il segno non solo del degrado della politica ma anche della rottura delle sue forme di autoreferenzialità e separatezza, del fatto che il conflitto è stato espulso da una politica priva di vitalità. Oggi la questione morale si aggrava perchè s’impasta con una crisi sociale esplosa nel paese che va affrontata con la partecipazione. La questione sociale è decisiva per noi, va riproposto il tema della valorizzazione del lavoro dopo decenni di sua costante svalorizzazione, a partire dalla lotta alla precarietà non come patologia, ma come fisiologia della struttura produttiva del nostro paese nel sistema della globalizzazione capitalistica.
La questione salariale è anch’essa legata alla precarietà e rappresenta un’emergenza a cui porre rimedio, a partire dall’utilizzo dell’extragettito in favore del lavoro dipendente, così come previsto dall’art 1 comma 4 della finanziaria, e contrastando il progetto sia del PD che del PDL di legare i salari alla produttività.
Proponiamo l’introduzione di un salario sociale per tutelare le fasce più colpite dal fenomeno della precarietà, in primis i giovani. L’Italia, infatti, insieme alla Grecia è l’unico paese in Europa a non esserne dotata. Penso che esso debba essere garantito nell’arco di tempo che va dalla fine di un rapporto di lavoro e l’inizio di quello successivo.
Sui diritti civili è in atto una curiosa tentazione di rimuovere il tema della legge 194 dalla campagna elettorale perché si vuole ridurlo a mero fattore di coscienza. Noi dobbiamo valorizzare la straordinaria mobilitazione delle donne che rappresenta un simbolo di civiltà per il paese e di libertà per tutte e tutti. Non penso che si voglia realmente modificare la legge 194, ma cosa ancor più grave, ritengo che così facendo si voglia colpevolizzare le donne, cambiare il contesto culturale, colpendo libertà e comportamenti tramite il controllo dei corpi in maniera da aprire un fossato che, in futuro, renda la legislazione permeabile alla modifica della 194 e contraria alle unioni civili.
Ci sarà un primo appuntamento mercoledì prossimo al Teatro Eliseo con Fausto Bertinotti in cui si discuterà della bozza di programma, seguiranno il 22 e 23 febbraio altre iniziative in tutti i territori. La bozza può essere modificata ed arricchita e va aperta a tutti i soggetti che partecipano al processo unitario.
All’inizio di marzo ci sarà l’apertura di campagna elettorale unitaria in tutti i capoluoghi di regione. Alle elezioni politiche si aggiunge la partita delle amministrative in occasione delle quali spingiamo per liste unitarie e segno grafico comune: tuttavia, non vi sarà una pedissequa imitazione delle alleanze a livello nazionale, ma le realtà locali godranno di libertà nella costruzione di eventuali programmi comuni con il PD o eventuali altre forze del centro-sinistra.
L’occasione delle elezioni va colta anche per definire il soggetto unitario a sinistra. Fausto è il candidato migliore per autorevolezza, forza, per la sua capacità di innovazione politica e culturale e perché ha investito da sempre sul soggetto unitario. Senza il progetto unitario già avviato, oggi saremmo in crisi, invece abbiamo finalmente la possibilità di far valere una sinistra autonoma, anticapitalista, ecologista e femminista, che guardi al governo solo come un mezzo di trasformazione della società.
Oggi si gioca un pezzo di storia del paese: la rappresentanza autonoma del lavoro e l’ipotesi di trasformazione in Italia e in Europa. E’ indispensabile, pertanto, un senso di responsabilità collettiva nel partito e si deve discutere in maniera unitaria su come affrontare al meglio questo difficile passaggio. L’Italia ha bisogno di una sinistra forte. Noi siamo all’altezza di questa sfida e, per questo, possiamo vincerla.

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