Direzione dell'11 febbraio 2009 - Sintesi della relazione di Paolo Ferrero

Io penso che il nodo fondamentale della campagna elettorale che ci troveremo ad affrontare nelle prossime settimane sia quello della crisi economica. Credo che la campagna che abbiamo fatto contro la soglia di sbarramento del 4% sia stata giusta e necessaria, anche perché andava spiegata l'operazione politica fatta dal PD, è però altrettanto necessario oggi cambiare registro.

Sono fortemente convinto che il punto centrale sul quale dobbiamo focalizzare la nostra attenzione riguardi la connessione tra cosa si decide a livello europeo e la vita delle persone nel contesto della crisi; dobbiamo evidenziare come tra questi due livelli intercorra una relazione stretta. Ci siamo detti più volte che le politiche nazionali da sole non sono in grado di modificare le variabili di fondo del quadro macroeconomico; è del tutto evidente che il livello europeo è quello in cui possiamo interagire significativamente per cambiare le cose e per depositare una serie di questioni che riguardano il come uscire a sinistra dalla crisi economica. Sottolineo questo elemento della centralità della risposta alla crisi perché a mio parere non c'è ancora una consapevolezza sufficiente dentro il nostro partito. Serve un salto di qualità. Questa crisi è destinata a durare a lungo e per la sua natura intensa e profonda è destinata a cambiare le condizioni di vita di milioni di persone. In Italia perderanno il lavoro più di un milione di persone, di questi la metà non ha nessun ammortizzatore sociale. I 3.5 milioni e mezzo di immigrati regolari in Italia rischiano di perdere anche il permesso di soggiorno. Tanti rischiano di perdere la casa.

Dobbiamo smettere di percepirci come "ciò che è rimasto" di una certa fase politica e sociale, il cui unico orizzonte è un lungo deserto da attraversare, resistendo, nella speranza di incontrare un'oasi. Non è così. Da una guerra di posizione siamo passati a una guerra di movimento, il cui fulcro è la crisi economica e sociale che modifica in modo brutale le relazioni tra le persone e tra queste e la politica. E' dalla nostra capacità di agire in questo mutamento repentino - non ancora compiutamente realizzato - che dipende l'efficacia della nostra proposta politica. Dalla risposta a questa sfida dipende se il ruolo dei comunisti nella prossima fase sarà significativo o puramente residuale perché incapace di interagire concretamente con le dinamiche sociali e le sue problematiche.
In questo senso Berlusconi coglie meglio di noi la sfida; non da nessuna risposta vera alla crisi ma usa la crisi per spostare a destra dell'asse politico del paese: sul piano delle relazioni sociali, sul piano istituzionale e su quello della formazione del senso comune. Berlusconi prova a capitalizzare politicamente la paura per scardinare la Repubblica. L'attacco alla magistratura, la delegittimazione della stessa, così come l'attacco al Presidente della Repubblica puntano direttamente a una modifica costituzionale che porti alle elezioni diretta del Presidente della Repubblica: una specie di sovrano che in nome del mandato popolare non abbia più limitazioni di poteri ma possa "comandare".

Questa offensiva si può fermare ma occorre agire con chiarezza. Mentre spieghiamo che le proposte di Berlusconi non servono a risolvere la crisi, che questa è frutto della compressione dei salari, dei diritti dei lavoratori e dello smantellamento del welfare, dobbiamo avanzare una nostra proposta per la soluzione della crisi. Dobbiamo far vivere nel dibattito politico e nel corpo sociale del paese alcune proposte precise: la redistribuzione del reddito dall'alto in basso, il rilancio del welfare e dei diritti; il salario sociale per i disoccupati e la generalizzazione degli ammortizzatori sociali per tutti coloro che perdono il posto di lavoro, ribadendo che nessuno e nessuna dentro questa crisi deve rimanere abbandonato a se stesso; l'intervento pubblico in economia per una riconversione ambientale e sociale della stessa.
Noi dovremmo tentare di coniugare queste poche parole d'ordine chiare con una capacità di stare dentro i conflitti, costruire il movimento a partire dal rafforzamento della mobilitazione sindacale, costruire una vasta opposizione alle politiche di governo e Confindustria.

Dobbiamo fare una campagna elettorale per le elezioni europee in cui la chiarezza delle proposte concrete evidenzi le battaglie politiche da fare a livello europeo per rovesciare la linea economica e sociale sin qui perseguita sulla scia di Maastricht. Dobbiamo contribuire a evidenziare il nesso tra le decisioni di Bruxelles e le condizioni di vita della gente. Questo ci permetterebbe di spiazzare una campagna elettorale impostata su un dibattito tutto politicista tra i diversi schieramenti italiani. Dobbiamo far sapere a tutti che i grandi scontri tra Veltroni, Berlusconi e Di Pietro, a livello Europeo, dove si prendono le vere decisioni, si risolvono nel fatto che gli eletti e le eletti dall'uno e l'altro schieramento si ritrovano a votare le stesse risoluzioni nell'80 per cento dei casi. Veltroni, Berlusconi, Casini, D'Alema, Di Pietro votano assieme questioni centrali come la direttiva Bolkenstein. Dovremmo tentare secondo me di fare una campagna elettorale che scavalchi in basso e in alto, il politicismo dominante. Una campagna molto sulle cose concrete che proponiamo e sulle implicazioni politiche di queste proposte a livello europeo.

Un altro punto importante in questa fase riguarda la durata della campagna elettorale. Propongo che la campagna elettorale sia una tappa di una "campagna di primavera", più ampia, che si apra all'inizio di marzo e si concluda a giugno. In questo arco di tempo dobbiamo essere in grado di impostare i nodi di fondo di una campagna incentrata sull'uscita a sinistra dalla crisi nel tentativo di far passare oggi i nostri messaggi che poi la campagna elettorale vera e propria avrà il compito di richiamare e rafforzare. Una lunga campagna di primavera sulla crisi deve quindi essere il primo impegno che assumiamo.

La nostra proposta politica

In questo contesto si colloca la proposta politica che avanziamo su come presentarci alle elezioni europee. Da un lato è una proposta che avanziamo a tutta la sinistra sociale, culturale, politica; non è una proposta che seleziona solo qualche interlocutore. Dall'altra è una proposta netta e chiara, non generica: la collocazione nel GUE e il partire dal simbolo di Rifondazione Comunista. Tale chiarezza è un elemento che io reputo necessario perché se la crisi funziona come moltiplicatore di confusione, il fatto di avere delle idee e delle strategie precise risulta essere decisivo per avere una qualche efficacia. Senza idee ben chiare e senza alcuni punti fermi, è impossibile raccogliere forze e voti, come ha dimostrato la vicenda dell'arcobaleno. Il documento che vi presentiamo propone quindi una chiara direzione di marcia.

Innanzitutto proponiamo di fare una lista che faccia riferimento al GUE/NGL. Quindi una lista che si ponga con tutta nettezza l'obiettivo di rafforzare il gruppo della sinistra unitaria a livello europeo come gruppo che è non solo autonomo ma ha una politica alternativa a quella del partito socialista europeo. Noi siamo radicalmente contrari alla logica e ai contenuti della grande coalizione e abbiamo una linea diversa e alternativa a quella del PSE o alle logiche trasversali dei verdi. Ogni singolo deputato eletto è necessario per riuscire a riformare il GUE/NGL e sarebbe un vero disastro se venisse meno come esperienza.
Proponiamo di fare una lista unitaria che nasca dal confronto con altri soggetti politici sociali e culturali. Vogliamo ragionare con tutti i soggetti interessati a rilanciare sul terreno europeo il progetto dell'alternativa. La nostra è quindi una proposta aperta, in cui il simbolo di Rifondazione viene messo a disposizione di tutti coloro che vogliono proporre una uscita da sinistra dalla crisi. Riassumendo, una proposta molto qualificata politicamente ma completamente aperta nella sua costruzione.
In terzo luogo, la nostra iniziativa politica per le elezioni europee parte dal programma della Sinistra Europea che abbiamo votato qui in direzione tutti assieme. E' un punto molto avanzato di elaborazione e io credo vada valorizzato anche per il fatto che aggrega varie formazioni politiche europee intorno a un documento unico; ci permette di fare una battaglia comune a livello Europeo. In questo senso io credo che dentro questa lunga campagna di primavera, che sfocia nelle elezioni, noi dovremmo valorizzare al massimo le relazioni che abbiamo con gli altri partiti della Sinistra Europea. Cominceremo da sabato dove sarà presente il coordinatore di Izquierda Unida in una iniziativa che si fa a Perugia, seguiranno tra gli altri, il segretario del Synaspismos, e il co-presidente della Die Linke Bisky. Intrecciare i rapporti con la dimensione internazionale non può che rafforzarci.
Proponiamo di partire dal simbolo di Rifondazione Comunista. Dentro la confusione in cui versa la sinistra bisogna evitare di produrne altra proponendo nuovi simboli, irriconoscibili nel giro di pochi mesi. Credo che il simbolo di rifondazione sia quello più affermato all'interno della sinistra italiana e quello che esprime meglio i contenuti che vogliamo veicolare: è figlio di un ragionamento sulle due sinistre e sulla capacità di stare dentro al movimento altermondialista. Il simbolo di rifondazione esprime meglio di altri la consapevolezza che il terreno dell'alternanza e il terreno dell'alternativa non coincidono e si ripropone il terreno dell'alternativa come terreno su cui depositare la nostra iniziativa politica.

Da domani dobbiamo avanzare questa proposta politica per costruire, in un tempo contenuto - un mese - questo percorso di confronto nei territori, con le aggregazioni locali, con le altre forze politiche. Occorre avviare un percorso per configurare in modo partecipato programma e modalità di presentazione. Dobbiamo cioè di darci uno spazio per lavorare e costruire questa presentazione di una lista di rifondazione che sia però non solo la lista del Partito della Rifondazione Comunista.

E' evidente che questa proposta non coincide con altri progetti che sono stati prospettati in queste settimane. Non coincide con l'ipotesi di cartello, che rischia di replicare la Sinistra Arcobaleno, caratterizzato dalla sommatoria di sigle in assenza di un profilo politico chiaro. Al tempo stesso la proposta che avanziamo è cosa diversa dall'accordo tra Prc e Pdci che avanza il compagno Diliberto; quella proposta ha a mio parere un vizio di politicismo, è caratterizzato dalla sommatoria di due partiti e soprattutto si presta moltissimo, ad essere semplicemente dipinta come una operazione residuale di ceto politico. Il nostro obiettivo è quello di mettere al centro un progetto politico chiaro e una modalità di relazione forte tra livello della politica e quello dell'aggregazione sociale e di movimento.

Sottolineo che questa posizione può avere una sua efficacia nella misura in cui, se la direzione decide di approvarla, il gruppo dirigente, la agisce unitariamente, la fa vivere nel paese con un comune sentire. Quella che vi proponiamo ha l'ambizione di essere una proposta politica unitaria che può superare in avanti quelle sin qui proposte nell'ambito della sinistra. Dobbiamo usarla per uscire da uno schema difensivo in cui tutto viene riferito ai problemi della sinistra; la sinistra deve chiedere di essere votata a partire dalla sua capacità di rispondere alla nuova realtà generata dalla crisi.
E' del tutto evidente che la nostra gente può votare a sinistra se saremo credibili sui contenuti che avanziamo, non se chiediamo semplicemente di salvare la sinistra. Le elezioni dello scorso aprile ne sono un esempio più che eloquente.

Io non vi propongo solo di approvare l'ordine del giorno, ma di approvare un profilo che sia assolutamente unitario, che provi a far vivere nel corpo sociale questa proposta politica. Corrisponde al nostro progetto politico: non settario e auto-referenziale ma chiaro, aperto e partecipato, in alto e in basso.

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