PARTITO DI MASSA

Partito della Rifondazione Comunista - Direzione 
Dipartimento Organizzazione - Bollettino interno - NUMERO 21 - luglio 1998
 

FATTI NON PAROLE di Aurelio Crippa

OLTRE NAPOLI di Milziade Caprili

UN PARTITO DI MASSA CHE SI FACCIA SOCIETA’ di Giovanni Russo Spena
SUL CONCETTO DI PARTITO DI MASSA Antonio Gramsci (da “Antologia degli scritti” a cura di Antonio A. Santucci - Editori Riuniti)
INIZIATIVE DEI CIRCOLI DEL P.R.C. SUI PROBLEMI DEL TERRITORIO di Pino Chiezzi
SETTE CITTA’, SETTE CIRCOLI dei lavoratori e delle lavoratrici delle Poste di Roberta Reali
Può anche quella del sondaggio essere una modalità per “ampliare la conoscenza”? Ferrara: una prima risposta di Marco Felloni
Come la Federazione di Tivoli costruisce iniziative sulla sanità di Alfredo Moro
Vertice di Berlino UN PASSO AVANTI PER UN NUOVO INTERNAZIONALISMO di Fausto Sorini
TESSERAMENTO Più di 80 circoli della Lombardia oltre il risultato del 1997. Raggiungere il 100% entro la conclusione della Festa Nazionale di “LIBERAZIONE” di Michele Tedesco


FATTI NON PAROLE

Aurelio Crippa
NO, il nostro Paese non può continuare così.  La mancata introduzione di qualsiasi elemento di riforma sociale  contestualmente all’opera di risanamento, ha visto determinarsi  una divaricazione tra crescita economica ed un bilancio sociale che  per alcuni versi è addirittura peggiorato.  In aprile la disoccupazione cresce ancora, la povertà è salita dal 63%  del 1993 al 75% del 1997 (le famiglie povere salgono a due milioni e  254 mila, con un incremento di 200 mila ed i poveri sono 7 milioni,  350 mila in più rispetto al 1996).  Per la prima volta si parla di un’equazione povertà-lavoro per un  15% circa del totale.  Emerge una condizione d’ingiustizia sociale che pone l’urgenza di  una svolta nelle politiche economiche e sociali.  Nel Paese cresce il disagio, la delusione di massa insieme alla  sfiducia, diffuso è il sentimento di estraneità dalla politica.  La società si sta drammaticamente spaccando con contraddizioni  sociali e di classe sempre più acute, in un processo crescente di  “americanizzazione”.  Tutto ciò si manifesta concretamente con la vertiginosa crescita  della disaffezione al voto, la forma primaria della partecipazione  alla politica.  Cresce così l’ansia nei giovani per il loro futuro, l’insicurezza per le  lavoratrici ed i lavoratori, il senso di emarginazioni fra gli anziani,  mentre le donne più di altri vedono venir meno diritti e conquiste  civili e sociali di questi anni.  La questione che si pone è chiara: chiudere la fase in cui si è  realizzata una politica di risanamento senza determinare  direttamente l’accrescimento delle ingiustizie sociali (è il risultato  della battaglia politica tra noi e le altre forze della maggioranza ed il  governo) per aprire subito una svolta riformatrice nell’azione e  nell’attitudine del governo.  Le priorità assolute del lavoro e del Mezzogiorno necessitano di un  grande progetto, purtroppo ancora assente nell’azione del  governo, fermo a vecchie ricette che hanno già fatto fallimento.  Le nostre proposte le abbiamo avanzate, confrontate con gli altri  Partiti: sono l’espressione concreta e possibile di una svolta  riformatrice.  Ha preso un colpo rilevante ed è caduta almeno per ora, e noi  speriamo per sempre, l’idea di una soluzione presidenzialista quale  nuova forma dello Stato.    Per non fare errori del passato due premesse:  - la prima riguarda la maggioranza: le destre hanno lavorato  attorno ad un’idea a loro congegnale di democrazia delegata e  personalizzazione della politica, di una forma di governo  sovraparlamentare, in modo da metterla al riparo dal conflitto e  dalla conflittualità sociale.  - La seconda è la crisi strisciante del bipolarismo: l’attacco di  Berlusconi non è stato in nome di una “concorrenzialità  estremistica” con AN, ma invece la scelta, il tentativo di far  strada ad un progetto di ricostruzione di un nuovo centro  moderato.  Questo progetto non si ferma per via istituzionale, ma solo per via  politica, costruendo l’alternativa con una sinistra plurale.  La fine della bicamerale è la fine dell’idea secondo la quale il nuovo  era (è) comunque bene.  Nuova fase politica dunque, di cui il Partito deve essere  protagonista a tutti i livelli nel determinare iniziativa,  mobilitazione, lotta, a sostegno delle nostre proposte.  Diamo vita su di esse ad un ampio ed unitario confronto con Partiti,  Associazioni, Organizzazioni, movimenti, presenti nel territorio,  per costruire un nuovo fronte di lotta sociale capace di imprimere  all’azione di governo la svolta riformatrice.  Con lo sviluppo dell’iniziativa politica, l’operare per il  rafforzamento e potenziamento organizzativo del Partito:  l’allargamento del suo insediamento nel territorio, nei luoghi di  lavoro e di studio.  Si conquisti, con l’adesione, una nuova leva di comunisti.  Non di parole abbiamo bisogno, ma di fatti concreti: solo così non si  è forza testimoniale, autoreferenziale.  Non è dei comunisti gettare il sasso e poi ritirare la mano, magari  giustificando in nome e per conto di cosiddetti “interessi generale”  che poi, guarda caso, si rivelano essere quasi sempre quelli di lor  signori.  I problemi reali del Paese si chiamano: lavoro, sanità, trasporti,  casa, in sintesi giustizia sociale.  Di questi vogliamo essere portavoce, con l’impostazione di sempre:  questione sociale e questione democratica sono il tutt’uno della  nostra lotta politica.  Alla politica, quella vera, ci siamo attenuti e ci atteniamo, convinti  più che mai che solo così si può realmente sconfiggere il crescente  disincanto dalla politica ed il pericolo delle destre. 
 INDICE

OLTRE NAPOLI

Milziade Caprili
L’Assemblea dei quadri meridionali (Napoli 13-14 Giugno) è  sicuramente andata bene. Prima di tutto nelle presenze e del sabato  e della domenica: 500 il primo giorno, il doppio nel corso della  seduta della domenica conclusa dall’intervento di Bertinotti. Poi  per il fatto che le presenze erano per davvero di quadri meridionali,  di compagni e compagne (poche, ma poi ci verrò) impegnati nella  direzione di circoli, federazioni, strutture del partito, nelle varie  organizzazioni sindacali, nell’associazionismo, nei diversi livelli  istituzionali. Ci sono state poi presenze individuali (Augusto  Graziani, Giorgio Nebbia, Peppino di Lello, Adriana Buffardi e il  sindaco di Napoli Bassolino) e collettive (Popolo dei Cancelli, i  giovani compagni e le giovani compagne della “brigata” Sarno)  assai significative. Dicevo delle compagne. Qui non ci siamo: sono  state poche le compagne chiamate dalle varie Federazioni a  partecipare all’Assemblea e quindi pochi interventi – anche se  significativi - hanno presentato esperienze di compagne. Una  occasione dunque che è stata deprivata di un fondamentale  arricchimento. Peraltro in un quadro segnatamente positivo, con  interventi che si sono sul serio cimentati con i problemi (e le  potenzialità) del partito meridionale; interventi anche frutto di cose  fatte, di esperienze consolidate, di accenni di movimenti e non  costruiti solo attorno ad un sempre ritornante “dover fare”. La  solida relazione di Giovanni Russo Spena e le conclusioni di  Bertinotti del resto hanno segnalato un grado rilevantissimo di  assunzione nazionale rispetto alle tematiche meridionali: una  conferma, sia chiaro, di un indirizzo già largamente affermato nel  corpo del partito. Dunque: una preparazione che ha attraversato  tutte le regioni meridionali con le iniziative che sono andate sotto il  titolo “verso l’Assemblea dei quadri meridionali”; una Assemblea  positiva attenta, partecipata, sono questi i punti da cui ripartire. Da  cui ripartire, appunto. È questo un problema che si pone più  generalmente: costruiamo molte occasioni nelle quale si affrontano  temi di particolare interesse e poi terminata l’iniziativa rimane  assai poco. Abbiamo detto magari cose interessanti per un  particolare settore, per una regione, per un territorio, ci siamo detti  passaggi che dovrebbero essere organizzati, fatti politici che  dovrebbero essere costruiti, ma molto spesso il seguito del nostro  lavoro non riesce a concretizzare quanto detto.  Da Napoli è uscita con forza la constatazione circa le modalità di  costruzione del partito: nella condizione meridionale non si da un  partito comunista di massa se questo stesso partito non risultasse in  grado di intercettare quell’immenso fenomeno rappresentato dai  disoccupati, dai sottoccupati, dai lavoratori precari, dai lavoratori  socialmente utili, ecc. (e questo ecc. è fatto di donne e uomini in  carne ed ossa); nella condizione meridionale non si da un partito  comunista di massa se questo stesso partito non fosse in grado di  divenire per linea politica, per pratica politica e per spessore dei  propri dirigenti un interlocutore, una parte fondamentale dei  movimenti; nella condizione meridionale non si da un partito di  massa se questo stesso partito non fosse in grado di raccogliere il  positivo delle competizioni elettorali (programmi, rapporti con la  società, alleanze) dismettendo il negativo rappresentato per lo più  dall’elettoralismo; nella condizione meridionale non si da un  partito comunista di massa se questo stesso partito non lavorasse al  proprio radicamento ponendo, per fare un esempio, mente e  impegno organizzativo a costruire un circolo in tutti i paesi dove  prendiamo cento (o più, ovviamente) voti e dove non esistiamo  come struttura organizzativa. 

INDICE

UN PARTITO DI MASSA CHE SI FACCIA SOCIETA'

Riportiamo di seguito il capitoletto relativo ai temi del partito  contenuto nella relazione presentata dal compagno Giovanni Russo  Spena all’Assemblea dei quadri meridionali (Napoli – 13 e 14  giugno 1998)
Giovanni Russo Spena
Il nostro meridionalismo è, insomma, non piagnisteo populista, ma  “laboratorio progettuale”. E noi dobbiamo tendere alla costruzione  di un partito di massa che si faccia società. Non un’inerte appendice,  al di sotto del Garigliano, del partito nazionale, ma un partito  meridionale che sappia rivendicare “identità ed orgoglio  meridionalista”, culture, il proprio modo di vivere i tempi e gli  spazi, di riarticolare la linea politica plasmandola sulla realtà. Penso  al Gramsci di “rivoluzione contro il capitale”: un partito non  autoreferenziale ma solido, tramite di autorganizzazione,  protagonista del proprio futuro, in una concezione  antideterministica della storia. Un partito che fondi la sua linea di  massa sulla coppia territorialità/vertenzialità; che viva, cioè, il  territorio, non solo come luogo di propaganda ma di inchiesta, di  riscoperta di soggettività sociali, di organizzazione del conflitto.  Perché, altrimenti, anche la ripresa dei conflitti, nel Sud, rischia di  annegare nella crescente corporativizzazione della società. Qui,  vedete, noi siamo esposti a due pressioni, contemporanee ed  entrambe forti, che sono il nostro “azzardo” e, insieme, la nostra  “maledizione”: da un lato, ci viene richiesto di agire una politica a  livello di governo; dall’altro, contemporaneamente, di  rappresentare una vera e propria opposizione di sistema. Chi può  negarlo? Non esistono, allora, facili scorciatoie. Facciamo l’esempio  di ciò che accade con i “lavoratori socialmente utili”: noi strappiamo  la governo alcuni risultati, ma essi non sono sufficienti (e non  possono essere considerati tali). E allora, noi dobbiamo fare di  questa vertenza, un punto, certo, di conflitto aspro ed immediato,  ma anche di progetto. La stabilità futura del posto di lavoro; la  gestione piena di questo impegno da parte dell’Agenzia per il Sud;  ma anche, al di là del pur importante dato contingente, nostra  iniziativa prioritaria è il contrapporsi alla svalorizzazione di questi  lavori come l’assistenzialismo (vero, Cofferati?); l’orizzonte,  insomma, in cui inserire la lotta immediata per la stabilità del posto  di lavoro è considerare i lavori a valore d’uso sociale il volano di un  nuovo modello di sviluppo che coniuga la lotta per il lavoro ai  bisogni di ambiente, di cura, di cultura, di formazione. Una grande  battaglia civile, oltre che di classe. Tocca noi, insomma, strappare  risultati immediati, aprire varchi nelle istituzioni, valorizzando la  nostra presenza istituzionale; ma sempre in funzione di una  riorganizzazione sociale dei conflitti dispersi e isolati;  sedimentando anche una fitta rete di “strutture intermedie” (dai  comitati per il lavoro, a sportelli informativi, a strutture consortili).  Dobbiamo sapere difendere e far crescere tutte le forme  organizzate, perché il partito di massa, soprattutto nel Sud, è  proprio un principio di aggregazione all’interno di una società che  si rompe, si sfrangia, si aliena nella delega, si deprime nel sequestro  delle forme della rappresentanza. Saremmo dei poveri illusi se  pensassimo di sopravvivere all’interno di rendite di posizione  istituzionali. 

INDICE

SUL CONCETTO DI PARTITO DI MASSA

Antonio Gramsci (da “Antologia degli scritti” a cura di Antonio A. Santucci - Editori Riuniti)

Quando si vuol scrivere la storia di  un partito politico, in realtà occorre  affrontare tutta una serie di problemi  molto meno semplici di quanto creda,  per es., Roberto Michels (1) che pure è  ritenuto uno specialista in materia.  Cosa sarà la storia di un partito? Sarà  la mera narrazione della vita interna  di una organizzazione politica? Come  essa nasce, i primi gruppi che la  costituiscono, le polemiche ideologiche  attraverso cui si forma il suo  programma e la sua concezione del  mondo e della vita? Si tratterebbe in  tal caso, della storia di ristretti  gruppi intellettuali e talvolta della  biografia politica di una singola  individualità. La cornice del quadro  dovrà, adunque, essere più vasta e  comprensiva. Si dovrà fare la storia di  una determinata massa di uomini che  avrà seguito i promotori, li avrà  sorretti con la sua fiducia, con la sua  lealtà, con la sua disciplina o li avrà  criticati “realisticamente” disperdendosi  o rimanendo passiva di fronte a talune  iniziative. Ma questa massa sarà  costituita solo dagli aderenti al  partito? Sarà sufficiente seguire i  congressi, le votazioni, ecc., cioè  tutto l’insieme di attività e di modi di  esistenza con cui una massa di partito  manifesta la sua volontà? Evidentemente  occorrerà tener conto del gruppo  sociale di cui il partito dato è  espressione e parte più avanzata: la  storia di un partito, cioè, non potrà  non essere la storia di un determinato  gruppo sociale. Ma questo gruppo non è  isolato; ha amici, affini, avversari,  nemici. Solo dal complesso quadro di  tutto l’insieme sociale e statale (e  spesso anche con interferenze  internazionali) risulterà la storia di un  determinato partito, per cui si può  dire che scrivere la storia di un  partito significa niente altro che  scrivere la storia generale di un paese  da un punto di vista monografico, per  porne in risalto un aspetto  caratteristico. Un partito avrà avuto  maggiore o minore significato e peso,  nella misura appunto in cui la sua  particolare attività avrà pesato più o  meno nella determinazione della storia  di un paese.   Ecco quindi che dal modo di scrivere  la storia di un partito risulta quale  concetto si abbia di ciò che è un  partito o debba essere. Il settario si  esalterà nei fatterelli interni, che  avranno per lui un significato esoterico  e lo riempiranno di mistico entusiasmo;  lo storico, pur dando a ogni cosa  l’importanza che ha nel quadro  generale, poserà l’accento soprattutto  sull’efficienza reale del partito, sulla  sua forza determinante, positiva e  negativa, nell’aver contribuito a  creare un evento e anche nell’aver  impedito che altri eventi si compissero. 

1. Cfr. R. Michels, Il partito  politico. Le tendenze oligarghiche  della democrazia moderna, UTET,  Torino, 1924.

INDICE

INIZIATIVE DEI CIRCOLI DEL P.R.C. SUI PROBLEMI DEL TERRITORIO

Le iniziative dei nostri Circoli sui problemi del territorio potrebbero  ad esempio svilupparsi lungo questi filoni di lavoro. 
Strumenti urbanistici
Il territorio di ogni Circolo è oggetto di previsioni urbanistiche che  è necessario le/i compagne/i conoscano. I piani regolatori, le loro  varianti, i Piani particolareggiati di sistemazione di porzioni di  territorio, i Piani di recupero urbano, i Piani di riqualificazione  urbana, i Programmi integrati, i Contratti di quartiere, le  Convenzioni che regolano gli impegni sottoscritti dai vari soggetti  interessati sono tutti strumenti a disposizione della  amministrazione comunale per realizzare interventi di  trasformazione del territorio e degli immobili. Questi strumenti di  intervento consentono di utilizzare finanziamenti pubblici, in  taluni casi sia pubblici che privati, anche con il concorso di risorse  della Unione Europea. In tutti questi strumenti sono contenuti gli  interventi ed i progetti per il futuro di ogni porzione di territorio,  acquisirli, conoscerne i contenuti è il primo fondamento di ogni  iniziativa politica sul territorio.  Da un lato è bene conoscere i contenuti di questi Piani, quanta e di  quale qualità è l’edilizia pubblica, dove sono previsti gli spazi per i  servizi, quanto spazio è dedicato ad essi, quale è la qualità  progettuale degli stessi; come è progettato il riordino della viabilità  e dei parcheggi, se si è tenuto adeguatamente conto dei problemi  sociali ed economici esistenti nell’area interessata e li si è messi in  relazione con le scelte di organizzazione del territorio.  Tutte queste informazioni possono essere reperite presso gli uffici  del Comune che a norma della Legge 241/1990 sono tenuti a fornire  a semplice richiesta.  Questa attività permette di sollecitare e controllare l’andamento dei  lavori di progettazione ed esecuzione, di individuare e denunciare  ritardi, di proporre correzioni ad alcune previsioni ritenute  sbagliate dalla cittadinanza. Il Circolo è così in grado di diventare  soggetto politico attivo per tutti coloro che sono interessati  all’iniziativa, si pensi ad esempio nel caso di un Piano di recupero o  di un Contratto di quartiere alle possibilità di rapporti con gli  inquilini dei caseggiati pubblici che attendono gli interventi di  riqualificazione urbana ed edilizia.  Parimenti questo tipo di iniziativa politica il Circolo può svilupparla  per richiedere, quando non ci sono, la predisposizione di questi  strumenti urbanistici in quartieri bisognosi di manutenzioni e  riorganizzazioni degli spazi e di predisposizione dei servizi. Nelle  periferie ed in molti quartieri di edilizia economica, esistono  situazioni di degrado e di abbandono che, accoppiate a forti  emarginazioni sociali, dal lavoro, dallo studio, dai servizi sociali e  culturali richiedono precise scelte di investimento da parte del  Comune. Per investire nelle periferie il primo passo è avere gli  strumenti urbanistici ed i progetti. Dove non ci sono assume  rilevanza politica che i Circoli si facciano portatori di queste  proposte, costruendole con i cittadini, svolgendo inchieste sui  problemi più urgenti, raccogliendo firme su petizioni da inviare  alle Circoscrizioni ed al Comune. 
Pianificazione e progettazione partecipata
I Circoli possono anche farsi portatori della proposta che sia le scelte  urbanistiche che quelle relative ai singoli progetti siano consegnate  alla partecipazione ed alla elaborazione delle scelte dei cittadini  interessati. Questa è una scelta politica prioritaria, che prende la sua  ragione dai molti scadenti risultati, in termini sociali, che si sono  realizzati delegando ogni scelta agli uffici tecnici. La forma  organizzata della città deve scaturire da una diretta partecipazione  alle scelte di progetto. Riprendersi il proprio territorio, sviluppare  un’attività di conoscenza non scollegata dai bisogni sociali, far  emergere le scelte da un confronto democratico, pubblico,  responsabile ed impegnato da parte di coloro che saranno i primi  utenti della città che si va a trasformare, costituisce un importante  momento di lotta pubblica e di coesione sociali dei cittadini  portatori di interessi collettivi. 
Si stanno realizzando interessanti esperienze di partecipazione  attiva alla progettazione di interventi di riqualificazione delle  periferie: a Torino con le Azioni di sviluppo sociale partecipato, a  Roma con i Laboratori municipali di quartiere, a Firenze con il  Laboratorio di progettazione ecologica, a Pesaro ed Imola con la  Partecipazione alle linee guida dei nuovi Piani regolatori. 
Inchieste sul territorio
In ogni realtà territoriale vi sono situazioni di grave disagio e/o  degrado sociale ed urbanistico che durano da molti anni. Spesso  poco o per nulla affrontati o risolti dalle pubbliche  amministrazioni. Sono situazioni di emarginazione territoriale e  sociale che, quando non porta alla disperazione con le gravi  conseguenze ad essa collegate, sviluppo di criminalità diffusa,  tossicodipendenza, produce in ogni caso un allontanamento, un  isolamento dalla comunità, da un impegno per cambiare lo stato  delle cose. È l’allontanamento non solo dalla politica, ma anche  dalla vita sociale e di relazione. Molte sono le cause di questa  emarginazione. Tra queste non vanno trascurate quelle che  derivano dalle cattive condizioni generali di vita prodotte da una  pessima qualità dell’organizzazione della vita urbana. Case  degradate, mezzi pubblici poco accessibili, poca cura nella pulizia sia  di strade che di giardini, suolo pubblico male organizzato e con  scarsa manutenzione, marciapiedi inesistenti, confusione del  traffico, assenza di servizi necessari, aggravano la condizione  sociale ed accompagnano tutti i fenomeni di emarginazione che  derivano dall’attuale sistema economico e sociale.  Svolgere su questi temi in ogni territorio di competenza del Circolo  una Inchiesta sullo stato del territorio che raccolga informazioni,  descriva e localizzi i principali problemi urbanistici sia dentro che  fuori le città, nelle aree di frangia tra città e campagna, costituisce  una rilevante iniziativa politica, proietta il Circolo nel vivo dei  problemi sociali connessi al degrado urbano ed extra urbano,  consente lo sviluppo di movimenti rivendicativi e di lotta collegati a  problemi reali vissuti ogni giorno dai cittadini, segna una svolta  per riportare la politica ad attività per affermare gli interessi  collettivi, caratterizza il P.R.C.  come forza politica che ha la volontà  e capacità di affrontare i problemi di governo delle città non in  termini di proposizioni o contrapposizioni astratte, ma con analisi,  proposte ed iniziative di lotta sui problemi concreti.  L’inchiesta può essere condotta anche con la partecipazione di  soggetti competenti e disponibili ad una progettazione partecipata,  per riportare sulle mappe dei quartieri le aree che devono essere  riqualificate, quelle per le quali si richiede la destinazione a servizi,  quelle liberate da attività industriali che si vuole sottrarre alle  logiche della speculazione immobiliare. Si possono coinvolgere   tecnici, studenti degli Istituti per geometri, studenti di architettura,  operatori di servizi in grado di indicare carenze di spazi, cattiva  organizzazione delle destinazioni dei luoghi e così via. Si può  giungere a produrre materiale da esporre in piccole mostre, anche  itineranti, anche temporanee, davanti ad alcuni centri di servizio,  presso i mercati, come strumento per raccogliere firme su petizioni,  appelli, richieste di incontri con le autorità competenti.  Risulta evidente da questi sommari appunti che i temi  dell’urbanistica e del governo del territorio sono estremamente  concreti e possono costituire un grande filone di iniziativa politica e  di radicamento di massa del P.R.C. partendo proprio dalla cellula  fondamentale dell’organizzazione del nostro partito, il Circolo,  l’unico soggetto politico in grado di affrontare questi temi in modo  efficace, senza demagogie od astrattezze, attivando le intelligenze  ed energie delle/dei compagne/i in un lavoro di grande proiezione  esterna della nostra attività. 
 
Pino Chiezzi 
Capogruppo alla Regione Piemonte
Responsabile urbanistica P.R.C.

INDICE

SETTE CITTA’, SETTE CIRCOLI dei lavoratori e delle lavoratrici delle Poste

Torino, Milano, La Spezia, Perugia, Roma, Napoli e Bari. Sette città,  sette circoli delle lavoratrici e dei lavoratori comunisti delle Poste.  Un’esperienza, questa, voluta con pervicacia e determinazione in  un’azienda dove, da sempre, “essere comunisti” non è facile.  Stiamo, infatti, parlando di una ex amministrazione dello Stato  dove il favore e la clientela erano e restano, il “modus vivendi”.  Dove il sindacato, la CISL, coincide molto spesso con la direzione  aziendale (fino a oggi, infatti, si è potuto essere dirigenti e  rappresentanti sindacali senza alcuna incompatibilità ). Dove,  sempre il sindacato di D’Antoni, ha alle Poste il suo zoccolo duro,  con il 70% del totale dei suoi iscritti. Le Poste, in altre aprole, sono  una cartina di tornasole di quello che ha rappresentato, nel nostro  Paese, il controllo e la gestione della cosa pubblica da parte del  sistema di potere democristiano. In questo scenario, che rischia di  sopravvivere a se stesso, la presenza dei comunisti diventa l’unico  elemento di criticità e di diversità rispetto al regime cislino e alla  subalternità di tutta la CGIL. Quella dei circoli, dicevamo, è  un’esperienza, che nasce e si rafforza sulla contrarietà al processo di  privatizzazione – richiesto sia dal sindacato, sia dall’azienda – che  parlava la solita lingua: esuberi, precarizzazione, flessibilità,  esternalizzazione. Grazie a una battaglia politica, che ha visto un  forte coordinamento tra la Direzione del Partito, i circoli e i gruppi  parlamentari, le Poste, anche se trasformate in S.p.A., resteranno  pubbliche al 100%. Il risultato, però, non ha fatto terminare la  mobilitazione. Infatti, proprio in questo periodo i nostri circoli  sono impegnati in iniziative di lotta e di mobilitazione per sventare  il tentativo, da parte dell’attuale C.d.A., di far passare per “atti  amministrativi” quelle che, invece, sono vere e proprie opzioni di  politica industriale (l’accordo con l’IBM per la gestione dei conti  correnti, la joint-venture per Postel, la vendita degli alloggi).  Presidi, volantinaggi, assemblee sui luoghi di lavoro per parlare e  spiegare a tutti quei lavoratori, abituati alla logica del “non diritto”  e a quella “del favore”, qual’è la proposta dei comunisti per il  servizio postale rilanciato e rifondato, e per la centralità del suo  ruolo pubblico. A questi strumenti di lotta, che da qualche mese, i  postelegrafonici comunisti ne hanno aggiunto un altro: quello  dell’inchiesta. Una iniziativa politica, questa dell’inchiesta, non  facile da gestire visto l’alto numero di dipendenti e la capillarità  diffusa, sul territorio, degli uffici postali. Sicuramente, però,  interessante dal punto di vista dell’indagine e della comprensione  dei disagi di una parte del mondo del lavoro che pur non lavorando  in fabbrica ha, comunque, un trattamento economico e una routine  lavorativa altrettanto mortificante.  La situazione, è evidente, richiede un grande sforzo di  mobilitazione e iniziativa politica non solo da parte dei nostri circoli  ma, anche, da parte dei tanti compagni postelegrafonici iscritti al  nostro Partito nei circoli territoriali. 
 
Roberta Reali
Dipartimento Comunicazione di massa

INDICE

 

Può anche quella del sondaggio essere una modalità per “ampliare la conoscenza”? Ferrara: una prima risposta

In prossimità del voto delle amministrative 1999, a circa un anno di  distanza, ci siamo posti il problema di come organizzare il lavoro  politico per non arrivare in ritardo alle elezioni con il grave rischio i  improvvisare. L’esperienza precedente fu caratterizzata da una  certa approssimazione; in parole povere non si aveva il polso della  situazione sul piano organizzativo: Va specificato “a nostra  discolpa” che il circolo “Rosa Luxemburg” (circolo cittadino) è nato  senza l’appoggio di nessun dirigente, quindi quelle necessarie  esperienze tanto importanti per l’organizzazione del Partito. Era  importante per noi, dopo quattro anni di lavoro sul territorio e  nelle istituzioni, trovarci in una condizione già appianata per  tempo. Nelle varie ipotesi abbiamo affrontato una discussione che  valutava la possibilità di commissionare ad una società specializzata  un sondaggio pre-elettorale limitato sono al territorio comunale  cittadino.    Lo scopo non era solo quello di valutare la quantità di consensi  che avremmo potuto avere, sarebbe stato limitante, sarebbe stato  solamente un calcolo probabilistico a nostro favore o no. L’intento  era quello di ampliare la conoscenza, andare oltre: di capire se la  nostra attività, la nostra politica è gradita e se la nostra presenza, su  questo territorio, è visibile; in sostanza se il nostro modo di agire  sarebbe stato in sintonia con l’elettorato di Rifondazione  Comunista e quello potenziale. Abbiamo ritenuto che la conoscenza  di questi dati ci avrebbe dato una possibilità in più, rispetto a quelli  da noi già in possesso, da ora fino alle amministrative ed oltre, per  trovare un assetto più stabile per dare alle nostre iniziative il  massimo impatto sul territorio evitando dispersioni ed  evanescenze. La nostra valutazione, sul risultato del sondaggio, è  sostanzialmente positiva. La crescita del Prc è costante. Non con  balzi clamorosi ma, se il dato viene rispettato, il Prc si dimostra una  forza politica in espansione nel tempo. C’è evidentemente la  possibilità di accrescere giorno dopo giorno la stima, il consenso  verso un elettorato che sempre più approva la nostra politica, il  nostro essere e nel territorio e nell’istituzione (valore da  considerare anche in funzione della bassa visibilità che emerge dal  sondaggio). Questa visione ci viene anche confermata dal grado di  gradimento che si dimostra perfino curioso. Quasi tutti gli  intervistati, compresi nella loro collocazione politica, hanno  dimostrato un buon gradimento della politica del Prc;  probabilmente per la collocazione all’opposizione ad una giunta  Pds-Ulivo. Il dato comunque che emerge con chiarezza è che  Rifondazione raccoglie il suo consenso da tutta la sinistra, Ds in  testa, dimostrandosi unica forza comunista. Disoccupati più vicini  ma anche pensionati, operai, studenti e tutti compresi in quella  parte di società che è sempre più emarginata dalle attenzioni della  politica nazionale. Rifondazione Comunista come forza politica che  raccoglie non un elettorato moderato ma attento arrabbiato, che  non ci sta, che vuole cambiare. Legato alla cultura di sinistra e  disponibile ad alleanze con quella sinistra moderata (e dal  sondaggio emerge) di fatto non ci vuole, non ci riconosce che in  sostanza si svicola da una qualsiasi alleanza che sia diretta. Ma  anche un elettorato che ha scarsa conoscenza di esponenti del  Partito. E’ un dato che ci deve fare riflettere, soprattutto per la  preparazione delle liste dei candidati, e se è vero che ad un  candidato conosciuto c’è l’identificazione politica allora ci deve  essere uno sforzo per migliorare questa condizione. Altro dato che  ci deve far riflettere è lo scostamento che si è verificato tra la  valutazione di una parte dei dirigenti e l’espressione dell’elettorato  di sinistra. Mi riferisco al dato sul sindaco Pds. Mentre la parte in  questione lo ritiene “personaggio” privo di consensi ed  improponibile, di fatto il sondaggio conferma nettamente il  contrario. Bisogna fare attenzione di non porre i propri  convincimenti davanti al ragionamento politico per non rallentare  la costituzione di un partito massa.  Riteniamo che questo strumento possa essere di supporto alle  nostre valutazioni politiche per migliorare la nostra azione. 
 
Marco Felloni
Circolo “Rosa Luxemburg” Ferrara

INDICE

Come la Federazione di Tivoli costruisce iniziative sulla sanità

La Federazione di Tivoli nell’ambito delle sue molteplici iniziative,  ha ravvisato la necessità di avviare un lavoro sulla Sanità e sulla  salute nel suo territorio, individuandone le priorità e le necessità e  le carenze. Costituendo così una Commissione che si occupasse di  sviluppare questo settore.  La prima caratteristica di questa Commissione è stata quella di  invertire una consuetudine. In genere esperti aziendali “da fuori”  della Sanità ci propongono schemi, idee a volte non risolvendo il  problema della loro applicazione in una realtà così complessa come  la Sanità e il suo principale obiettivo la tutela della salute. Ci si è  proposto un modello di aziendalizzazione, che se a livello nazionale  sta mostrando nel suo complesso un fallimento, nel nostro  territorio quello della RMG ha mostrato tutti i segni di un evidente  collasso. Il tentativo nell’avviare il nostro lavoro è stato invece di  proporre dal di dentro, cioè da tutto quello che comporta “SANITA”  un ventaglio di possibilità organizzative usando certamente il  contributo di qualche esperto “aziendale”, ma soprattutto quello  maturato in anni di esperienze fatte dai compagni sul campo  sanitario.  Abbiamo inoltre individuato associazioni, con cui collaborare:  Tribunale dei Diritti del Malato, Psichiatria Democratica, Telefono  Viola, ARESAM (Associazione Regionale per la Salute Mentale), ecc.  E successivamente altre associazioni presenti sul territorio: la  Cooperativa Mongolfiera, Distretto Scolastico, Assoc. Ital.  Emodializzati, AIDO. Siamo ripartiti da un’idea che per la tutela  della salute è necessario “SCEGLIERE DI SCEGLIERE”, e l’unico modo  per farlo è da una parte far capire ai suoi protagonisti le loro  numerose possibilità organizzative e quindi la loro libertà di scelta  del come operare, e dall’altro assumersi la responsabilità di proprie  idee per dei confronti, per provocare le scelte, cioè per costruire  rapporti, dai quali e solo dai quali la reinvenzione e la  partecipazione può scaturire. Per questo si è costituito un circolo  lavoratrici e lavoratori dell’Azienda RMG. Avendo già ottenuto  l’adesione oltre di operatori (infermieri, medici), anche quella del  dirigente dei SERT dell’azienda che ha partecipato anche al  Convegno di Milano.  Ma il nostro lavoro è partito da lontano e con molta modestia con  grandi ambizioni. Quello della lotta per la chiusura dei manicomi.  È presente nel nostro territorio e quindi nell’azienda ASL RMG uno  dei primi grossi manicomi privati del Centro-Sud, quello della  Divina Provvidenza, Opera Don Uva, meglio conosciuto come  Martellona, ospedale religioso e legato al Vaticano. Ebbene con una  campagna culminata con un Convegno “Voliamo via dal nido del  cuculo” , che ha visto la partecipazione di amministratori pubblici,  esperti, operatori.  Da questo Convegno sono scaturite poi numerose iniziative:  presidio di Psiquiatria Democratica, fuori dal manicomio con la  compagna Gabriele, insieme al Telefono Viola, l’intervento della  Commissione Parlamentare “Affari sociali” all’interno  dell’ospedale stesso con la presenza della campagna Cossutta.  Numerosi articoli sul Messaggero, Unità, giornali locali, Manifesto  e Liberazione.  Ma nonostante tutta questa mole di lavoro, questa vicenda non si è  ancora purtroppo conclusa.  Un altro intervento sulla Sanità  è stato fatto insieme al Circolo di  Palombara Sabina, con la distribuzione di un volantino e  un’assemblea pubblica sul Presidio di Pronto Soccorso del locale  Ospedale.  Poi si è costituito nell’Ospedale pubblico S. Giovanni Evangelista di  Tivoli un gruppo di lavoratori comunisti che hanno distribuito un  volantino sempre sulla contraddittoria gestione del Presidente  Cirilli.  Successivamente a questo volantino è seguita un’assemblea  pubblica all’interno dello spesso ospedale sul tema: “Lungo Silenzio  sulla Sanità”, nel quale si denunciava una netta riduzione del  numero di prestazioni ospedaliere: infatti nel giro di due anni le  strutture sanitarie della RMG avrebbero registrato una  diminuzione di oltre 9.000 ricoveri, emorragia che sarebbe da  imputare in qualche modo ad un clima di sfiducia nei confronti  della gestione stessa della ASL.  Due giorni dopo a Subiaco, nella circostanza delle locali elezioni  amministrative, si è tenuta un’Assemblea-Convegno insieme al  candidato-sindaco, sulle R.S.A. (Residenza Sanitarie Assistenziali).  Successivamente nell’ambito della campagna del LILA-BUS sulla  prevenzione dell’AIDS, il nostro partito ha organizzato un giorno di  mobilitazione insieme alla LILA: la mattina a Subiaco insieme alla  locale sezione del Tribunale dei Diritti del Malato davanti alle  scuole; il pomeriggio a Tivoli, insieme ai compagni del circolo, dove  siamo stati avvicinati da numerosissimi giovani.  Infine e non per ultimo, un convegno sull’appello per le due leggi  di iniziativa popolare sulle droghe leggere. La Federazione ha  iniziato una campagna stampa sulla gestione della ASL da parte del  suo Presidente Cirilli.  Durante la marcia della salute, terminata da poco, il Partito  irrobustito da tutto questo lavoro e con la costituzione del Circolo  aziendale, che tra l’altro ha aperto anche uno sportello legale con  due legali per gli utenti della ASL, il nostro partito insieme ai suoi  circoli territoriali ha toccato quasi tutti i presidi pubblici e privati.  Lo stesso circolo aziendale, insieme ad altri lavoratori della ASL, ha  avuto un incontro con la compagna Marina Rossanda, con cui sta  elaborando il lavoro per il prossimo autunno, che si concretizzerà in  numerose iniziative come quella che terremo insieme a tutte le  associazioni di volontariato presenti sul territorio.  Ora siamo realmente un punto di riferimento. 

 
Alfredo Moro
Federazione di Tivoli

INDICE

 

Vertice di Berlino UN PASSO AVANTI PER UN NUOVO INTERNAZIONALISMO

Il 5 giugno scorso si è tenuto a Berlino un incontro al massimo  livello di 19 partiti europei, comunisti e progressisti, che si  collocano a sinistra dell’Internazionale socialista. Era presente una  delegazione del Gruppo parlamentare della Sinistra Unitaria  Europea – Sinistra Verde Nordica (Gue-Ngl), espressione di 14 di  questi partiti: quelli che hanno eletto deputati al Parlamento  europeo (vedi Liberazione del 7 e 9 giugno scorsi).   Dei paesi dell’Unione Europea erano presenti i Segretari dei  maggiori partiti comunisti (francesi, portoghesi, greci, italiani,  spagnoli – rappresentati questi ultimi dalla coalizione di Izquierda  Unida che comprende anche Verdi e Socialisti di sinistra); i  Segretari dei due piccoli PC dell’Austria e del Belgio; i Presidente  della PDS tedesca, del Synaspimos greco e del Partito socialista  olandese (formazioni di sinistra socialista); esponenti del  Movimento dei Cittadini (una piccola formazione di sinistra  socialista uscita dal PS francese), della sinistra democratica irlandese  e di Iniciativa per Catalunya (due formazioni di sinistra  socialdemocratica); esponenti del Partito della Sinistra svedese,  dell’Alleanza di Sinistra finlandese e del Partito Socialista Popolare  danese (formazioni della Sinistra Socialista Nordica a forte  impronta rosso-verde). Erano presenti anche tre partiti di paesi che  non fanno parte (o non ancora) dell’Unione Europea: l’Akel di  Cipro e il Partito Svizzero del Lavoro (comunisti), rappresentati dai  loro Segretari nazionali, e un esponente del Partito della Sinistra  Socialista di Norvegia, assimilabile alle altre formazioni della  sinistra nordica.   Queste 19 formazioni contano complessivamente circa un  milione di iscritti, per lo più organizzati nei maggiori partiti  comunisti, ed una base elettorale di 14-15 milioni di elettori.   Scopo dell’incontro era quello, largamente conseguito, di  verificare le convergenze possibili nell’analisi e nell’azione comune  sul teatro europeo, per definire alcuni elementi di piattaforma  comune su cui rafforzare e rendere permanente la cooperazione tra  i partiti, anche in vista delle elezioni europee del 1999.  Cooperazione non solo a livello istituzionale, ma nel rapporto  coordinato e multilaterale con i movimenti sociali e di lotta esistenti  su scala continentale, con le espressioni più avanzate del  movimento sindacale, con tutte le forze del continente che si  battono per un Europa del lavoro e della giustizia sociale,  alternativa all’Europa di Maastricht, per un progetto di sicurezza  pan-europea, alternativo alla Nato e alla sua espansione ad est. Per  cercare in una parola di attrezzare alla sfida della mondializzazione  capitalistica tutte le forze che si battono per una sovranazionalità  alternativa a quella imperialistica e neo-liberista.   Ciò impone a tutti non solo l’ineludibile radicamento nelle  rispettive e diverse realtà nazionali, ma anche un coordinamento  dell’azione sulle questioni che hanno ormai una forte dimensione  sovranazionale. E che il capitalismo affronta dotandosi di strumenti  di dominazione, appunto, sovranazionale, sempre più efficaci, che  impongono un salto di qualità nella cooperazione delle forze che gli  si oppongono, a partire dai rispettivi contesti regionali e  continentali, senza chiusure nazionale o illusioni eurocentriche, ma  con lo sguardo rivolto alla dimensione ormai planetaria dello  scontro di classe e della lotta per il socialismo. Il che richiede che per  lo meno non si rimuova la riflessione su quali possano essere oggi  le forme concrete, i contenuti, le forze motrici reali (non  immaginarie e puramente testimoniali) di un nuovo  internazionalismo su scala planetaria, di una sorta di Forum  mondiale di tutte le forze che non considerano il capitalismo come  l’orizzonte ultimo della civiltà umana.    L’incontro di Berlino è stato un passo avanti importante, nella  direzione giusta, come traspare dalle decisioni prese:  - convocazione di incontri periodici, semestrali, dei Segretari  dei 19 partiti, in concomitanza con le rotazioni semestrali  della presidenza dell’Unione Europea. Non si tratta, si è fatto  notare, di un circolo “esclusivo” dei 19, ma di un punto di  partenza che guarda all’esigenza di operare con gradualità,  senza pregiudiziali ideologiche, gerarchie o veti di altra  natura, al coinvolgimento pieno di tutte le forze comuniste  e di sinistra antagonista del continente – dal Portogallo agli  Urali, passando per i Balcani – e non solo quelle dei paesi  dell’Unione Europea, come già avviene per Norvegia,  Svizzera e Cipro, che dell’UE non fanno parte (il muro di  Berlino dovrebbe essere caduto per tutti e sarebbe tragico se  esso dovesse sopravvivere solo nei rapporti a sinistra);  -  costituzione di un coordinamento permanente dei  responsabili esteri dei partiti, che – senza confusione di  ruoli – si appoggi alle strutture del Gruppo al Parlamento  europeo e ne utilizzi mezzi e strumenti per consentire  operatività, agilità e continuità al lavoro di coordinamento;  - avvio di un lavoro di definizione di alcuni punti  programmatici comuni o convergenti per “un’altra  Europa”, da cui eventualmente ricavare un appello comune  già in occasione delle elezioni europee del prossimo anno. 
 
Fausto Sorini
Coordinatore nazionale  Dipartimento Esteri

INDICE

TESSERAMENTO Più di 80 circoli della Lombardia oltre il risultato del 1997. Raggiungere il 100% entro la conclusione della Festa Nazionale di “LIBERAZIONE”

E’ in pieno svolgimento la campagna di tesseramento e di  reclutamento al partito.  I dati del 31 maggio ci dicono che in un solo mese abbiamo tesserato  oltre 1.700 compagni raggiungendo e superando gli 11.000 iscritti,  pari a oltre il 75%.  La Direzione Nazionale del partito ci ha indicato, partendo dai  risultati già acquisiti, la possibilità di raggiungere il 100% del  tesseramento entro la conclusione della festa di LIBERAZIONE.  Le feste di “LIBERAZIONE” devono essere l’occasione per facilitare il  rapporto del partito con i suoi simpatizzanti nel portare avanti  l’opera del suo rafforzamento. Ogni festa di “Liberazione” deve  contenere uno spazio (stand) dedicato alle iniziative di  tesseramento e reclutamento. Tutte le nostre organizzazioni della  Lombardia devono lavorare in questa direzione.  Già più di 80 circoli hanno superato gli iscritti dell’anno scorso e  altre decine si apprestano a farlo.  Si tratta di un impegno ulteriore.   È  importante dove ci sono problemi, incertezze, titubanze,  intervenire tempestivamente per aiutare i compagni a superare le  difficoltà. Tutto il partito deve sentirsi impegnato a conseguire  questo grande risultato.  In particolare dobbiamo continuare a lavorare per la conquista ad  un impegno maggiore – a cominciare dai massimi dirigenti per  finire ai semplici iscritti – nella attività di tesseramento e  reclutamento, non lasciando questo decisivo settore (per la  costruzione del Partito di massa) esclusivamente agli “addetti ai  lavori”.  Sempre più deve affermarsi nel partito la cultura  dell’organizzazione. Tutti i nostri militanti devono sapere   E poi praticare, che la soluzione dei problemi volti a migliorare le  condizioni di vita dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani  passando attraverso un legame stretto con il rafforzamento  organizzativo del partito.  Non sono cose diverse fare la manifestazione per ottenere servizi  sociali adeguati e chiedere nello stesso tempo l’iscrizione al partito;  non sono cose diverse organizzare la lotta degli utenti contro la  privatizzazione delle aziende pubbliche importanti per lo sviluppo  dell’economia del nostro Paese come ad esempio l’ENI e l’AEM e  chiedere un impegno per finanziare il nostro Partito; e ancora  partecipare e organizzare le lotte degli studenti e insegnanti per il  miglioramento della scuola pubblica e contro i finanziamenti di  quella privata e nello stesso tempo chiedere l’impegno a lavorare  nel partito per farlo più grande, per creare le condizioni di un suo  radicamento in tutti i settori della società a partire da quelli del  lavoro e della scuola (studenti).  Ecco compagni, si chiede a tutti noi uno sforzo in questa direzione,  non dobbiamo dare l’impressione che c’è chi pensa e c’è chi deve  eseguire.  La cultura dell’organizzazione nel nostro partito (abbiamo anche  pochi mezzi finanziari) è decisiva per ottenere risultati che durano  nel tempo. Non partiamo da zero, passi in avanti ne abbiamo fatti,  spingiamo tutti insieme nella stesse direzione e senza dubbio gli  obiettivi saranno raggiunti.
Michele Tedesco 
Responsabile Regionale  del tesseramento della Lombardia 

INDICE10-6-98

archivio di Partito di massa
Partito di massa home

informazioni: Umberto Ilari
dal 27-5-98 h 16.35
(I cookies sono inviati dal server che gestisce gratuitamente il conteggio degli accessi e le statistiche per le pagine di PARTITO DI MASSA)

Home page www.rifondazione.it- Partito della Rifondazione Comunista