di Filomena Gallo

La Corte europea dei diritti dell'uomo, sancendo l'estendibilità del diritto di accesso alla fecondazione assistita anche per le coppie non infertili ma portatrici di malattie trasmissibili, conferma che la legge 40 viola l'articolo 8 della Dichiarazione Europea dei Diritti dell'uomo relativamente al rispetto della vita familiare. Questa sentenza europea ha il vantaggio di avere portata generale, rispetto alle decisioni prese già in passato, in merito alla questione dai nostri tribunali, e chiaramente diventa fonte primaria per la giurisprudenza del nostro Paese. Giurisprudenza che in vari anni ha smantellato questa legge proibizionista e discriminatoria e lesiva in primis del diritto alla salute dei nostri cittadini ma che ora dovrà tener conto di questa decisione sovranazionale per abolirla definitivamente, se non ci riuscirà una politica inetta.

Come Radicali dell'Associazione Luca Coscioni anche noi vogliamo prenderci una parte del merito di questa sentenza: a Strasburgo c'eravamo a dare un supporto ai ricorrenti Rosetta Costa e Walter Pavan attraverso la presentazione di un «amicus curiae», ovvero un intervento nel procedimento sottoscritto con l'«Associazione Amica Cicogna», «Cerco un bimbo», «L'altra cicogna», insieme con 60 tra parlamentari e europarlamentari di diversi schieramenti politici.
Nella memoria scritta abbiamo fornito il maggior numero possibile di elementi che potevano favorire la formazione di una opinione giuridica e scientifica completa e non parziale, volta a tutelare in maniera effettiva i diritti garantiti dalla Convenzione.
Insieme al nostro contributo sono giunte sui tavoli dei giudici europei anche memorie con argomenti alquanto parziali, impostati su un'etica della sacralità della vita e non della libera scelta, da parte di gruppi organizzati che fanno riferimento ai network degli evangelici fondamentalisti statunitensi. È questo il caso dell'«European Centre for Law and Justice», filiale europea dell'«American Center for Law and Justice», che ha presentato una memoria cui hanno aderito «Il movimento per la Vita» e anche numerosi parlamentari dell'Udc e del Popolo delle Libertà (52 parlamentari).
Evidentemente i giudici hanno preso atto, come parte per giungere alla decisione di ieri, di quanto invece proposto da noi che nel documento fatto pervenire alla Corte Edu abbiamo sottolineato in primis che il divieto della legge 40 in questione non ha fondamento né giuridico e neppure scientifico.
Riporto uno stralcio estrapolato dalla memoria: «La legge numero 40/04 crea quindi una discriminazione per l'accesso alle cure in base alla patologia, poiché chi è infertile può accedere alla fecondazione assistita e può chiedere che sia effettuata la diagnosi sull'embrione e non trasmettere gravi malattie al nascituro. Invece chi non è infertile ma è fertile e portatore di patologie genetiche trasmissibili geneticamente non può accedere alla diagnosi preimpianto che può essere effettuata solo con la fecondazione in vitro. Quindi risulta palese una discriminazione in base alla patologia nell'accesso alle cure. Tale discriminazione crea un danno alla salute della donna fertile che procrea in modo naturale e può poi accedere a tecniche di diagnosi prenatale come la villocentesi, ecografia e amniocentesi e poi accedere all'interruzione di gravidanza che può determinare gravi danni alla salute e che di fatto mina l'assetto psicologico del soggetto. L'interruzione di gravidanza potrebbe essere evitata con una diagnosi sull'embrione prima del trasferimento in utero. L'Italia con il divieto di accesso alla fecondazione medicalmente assistita per le coppie fertili portatrici di patologia genetica non consente nel principio di precauzione il rispetto della salute della donna. Tutto ciò entra in contrasto con l'articolo 8 e 14 della carta Europea dei diritti dell'uomo».
Proprio come confermato ieri dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo.
*Avvocata, segretaria nazionale associazione Luca Coscioni

 

il manifesto 29 agosto 2012

 

 

 

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