121108obamaromneyRedazionale
Una volta si diceva che l'uomo più potente del Mondo fosse il Presidente degli Stati Uniti d'America... Ammesso e concesso che fosse vero, e che le "sette sorelle" non fossero mai esistite, possiamo dunque continuare ad affermarlo? La risposta a questa domanda ci consegna probabilmente la chiave di lettura per riportarci sulla terra, e magari consentire ai tanti "dreamers" nostrani di riflettere con maggior pacatezza e buonsenso.  
La rielezione di Barack Obama può forse migliorare qualcosa entro i confini di quel grande paese, sempre che, il Presidente succeduto a se stesso, tenga conto dei molti errori fatti durante il primo mandato; ma vederla come una svolta, o quanto meno un risultato che possa fare la differenza in prospettiva di una ripresa da quella che è unanimemente riconosciuta come una crisi mondiale e strutturale, ci sembra davvero improbabile.

I fatti parlano di un Barack Obama che conta sull'appoggio del Senato (ovviamente democratico) ma non di un Congresso (alter ego del nostro Parlamento) in cui la maggioranza è rimasta saldamente nelle mani dei Repubblicani.  Il rapporto di forze tra il potere del Presidente e quello degli altrettanto potenti governatori degli Stati, è rimasto inalterato. Già questo indica il fatto che gli indirizzi programmatici di Obama avranno dunque bisogno, ogni volta, di "convincere" la Camera dei deputati Americani. Torniamo ora alla questione del potere sollevata in apertura... Le ragioni di questa premessa iniziale sono dettate dalle non poche perplessità che ha suscitato l'eccessiva attenzione che molti hanno riservato a queste elezioni presidenziali. In politica non ci possiamo permettere il lusso di ragionare attraverso pregiudiziali, di alcun genere, e questo vale anche per l'evento Americano. Proprio per questo occorre comprendere che gli equilibri non vengono spostati dall'elezione di un candidato Repubblicano o Democratico che possa essere (criticabili entrambe per l'atteggiamento mostrato negli anni sul fronte della politica estera, portata avanti attraverso conflitti bellici nelle più svariate parti del mondo!) quanto da altri "soggetti" ben più "determinati" e "incisivi". In poche parole, se una volta erano le compagnie petrolifere ed assicurative a scrivere uno spartito dove le note venivano poi suonate dai presidenti di turno, oggi la "musica" viene finemente suonata altrove!
Un "oggi" che dura da quasi trentanni; tanti infatti sono passati, da quando, una sperduta cittadina turistica invernale della Svizzera, è diventata il luogo più importante del pianeta. Più precisamente, da ventotto anni si ritrovano a Davos, circa 250 leader politici, altrettanti economisti seguiti da più di mille manager! Superfluo dire, che il consueto svolgimento (con cadenza annuale) di questo forum economico, rappresenta il più importante appuntamento fra i (veri) potenti del mondo, ai quali è stato dato l'appellativo dei "mille di Davos".  Svelato l'arcano, è forse più comprensibile lo scetticismo che porta a sorridere delle tante sceneggiate consumatesi in televisione sulla "saga" delle presidenziali americane. Opinionisti, giornalisti e anchorman, che si sbeffeggiano, litigano tra loro alternando volti seri a sorrisi di scherno. Ma se il mondo dell'informazione ha mostrato ancora una volta tutta la sua imperfezione, quello della politica non è stato da meno. “Tizio” tifa per Obama, “Caio” vanta una simbiosi con l'agire politico del Presidente eletto, fino al paradosso di arrivare quasi ad un litigio "in famiglia" (Renzi, Bersani, Vendola...chi c'è batta un colpo!). Così, mentre il mondo dei sognatori esulta, magari dispensando (in buona fede?) qualche pillola di speranza, il potere (quello vero!) che non ha bisogno di essere votato, aspetta il momento opportuno per affinare le migliori teorie d'attacco del capitalismo. Il percorso che definisce il nostro futuro e il nostro ruolo nella società neoliberista, prende quindi forma attraverso le modalità che ormai, da tempo, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle.

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