121128venezueladi Inês Zuber, parlamentare europea (GUE/NGL) del Partito Comunista Portoghese
L'Unione Europea cerca faticosamente di provare che le persone si identificano nella “cittadinanza” europea. L'operazione di marketing per vendere questa appartenenza forzata che le istituzioni europee cercano di imporre è sempre più evidente nelle innumerevoli iniziative che dicono di voler migliorare e incentivare la partecipazione dei cittadini alla vita dell'Unione Europea.
Nella pianificazione per il 2013 dell' “Anno Europeo dei Cittadini” la Commissione afferma di avere come obiettivo “rafforzare la sensibilizzazione dei cittadini allo statuto di cittadinanza dell'UE, ai loro diritti e al loro significato nella vita quotidiana”.

Vale a dire, un atto disperato per ricordare alle persone perché è importante e utile per loro appartenere all'Unione Europea.
Ma la questione che si dovrebbe porre è un'altra. Come mai le persone, i lavoratori e i popoli non si sentono identificati e non hanno la volontà di partecipare alla vita di un forum che ha la pretesa di considerarsi il padre e l'esempio della democrazia su scala mondiale? Se analizziamo i risultati delle ultime elezioni europee (1999, 2004 e 2009) verifichiamo che la partecipazione elettorale si è situata sempre sotto il 50%, con la tendenza a diminuire (nel 2009 ha votato il 43,39% degli elettori) e con paesi come Romania, repubblica Ceca e Polonia che registrano partecipazioni elettorali sotto il 30%.
Ora, nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, nelle elezioni presidenziali dello scorso 7 ottobre, a cui siamo stati invitati ad assistere come “osservatori elettorali”, il popolo venezuelano è accorso massicciamente alle urne, essendosi accertata una partecipazione elettorale dall'80 all'85% degli elettori, risultato che non ha paragone in paesi in cui il sistema elettorale non impone l'obbligatorietà del voto. E' dal 1998 che il tasso di astensione viene diminuendo nel corso delle molteplici consultazioni elettorali e referendum. Ma il tasso di partecipazione elettorale assume ancora maggiore significato quando si verifica al culmine di un processo di anni, nel quadro della Rivoluzione Bolivariana, di iscrizione della maggioranza della popolazione che era fino al 1998 puramente e semplicemente esclusa dalle liste elettorali. Parliamo di enormi masse rese “invisibili” nei territori dell'informalità, se non addirittura ignorate dalle autorità. Dal 2004 è diminuita dal 10 per cento al 3,5 per cento la percentuale delle persone in età di voto recensita elettoralmente, nello stesso momento in cui si è estesa l'area geografica e si è moltiplicato il numero dei centri di votazione (da 8.278 nel 2004 a 14.055 nel 2012) che ora si trovano disseminati negli spazi rurali e meno urbanizzati. Allo stesso tempo, è noto come il sistema elettorale venezuelano sia stato, dal punto di vista tecnologico, perfezionato, automatizzato e reso utilizzabile dalle diverse forze politiche in tutte le sue fasi di implementazione. Chi ha vissuto quel giorno, sa che il 7 di ottobre non è stato solo un giorno elettorale. E' stata una “festa democratica” a cui hanno partecipato entusiasticamente funzionari pubblici, cittadini scelti per i seggi elettorali, testimoni dei differenti candidati presidenziali e più di 139.000 effettivi delle Forze Armate Nazionali Bolivariane che hanno garantito non solo la sicurezza, ma anche molti altri incombenze elettorali. E, chiaramente, il popolo che non ha disarmato, che non ha desistito dall'esercizio del suo diritto di voto, sebbene molte volte abbia dovuto affrontare più di cinque ore di attesa. Ed è stato così che centinaia di ospiti internazionali che hanno assistito alle elezioni siano tornati riflettendo sulla missione, e che molti di loro abbiano tratto un'autentica lezione democratica dal popolo venezuelano, lezione data alle istituzioni che rappresentano, istituzioni che includono il Parlamento Europeo che dopo questa enorme lezione popolare dovrebbe misurare meglio le proprie azioni quando accetta dibattiti di urgenza che insinuano la mancanza di democrazia nella Repubblica Bolivariana del Venezuela. Questo processo avrebbe anche una sua utilità se, per ipotesi – e se mettessimo da parte la natura antidemocratica dell'UE – le istituzioni europee apprendessero che è con la crescita dei diritti sociali, economici e culturali che si costruisce la democrazia politica. E non, al contrario, con le campagne mediatiche che tentano di convincere le persone a sentirsi “cittadini dell'Unione”.

Traduzione a cura di Marx21.it

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