di Checchino Antonini

Vietato parlare di mafia in Sicilia, fare nomi e cognomi, rivelare intrecci tra cosche, affari e politica. Altrimenti ti querelano e a farlo potrebbe essere una giunta comunale preoccupata per la rispettabilità del paese. Come se fosse la denuncia delle infiltrazioni e non le mafie a infangare la qualità della vita. Ad Antonio Mazzeo sta accadendo questo per un'inchiesta sulla cittadina di Falcone, nel messinese, uscita sull'ultimo numero di "I Siciliani/giovani", la rivista erede del giornale di Pippo Fava, diretta da Riccardo Orioles. E la vicenda sembra il sequel dell'anatema del nuovo sindaco di Trapani, pochi mesi fa, che ammonì tutti a non parlare di corda in casa degli impiccati, a non parlare di mafia.


Mazzeo, free-lance impegnato sul fronte antimafia e su quello antimilitarista, autore tra l'altro del libro “I Padrini del Ponte" per le edizioni Alegre, sarebbe colpevole di aver definito Falcone «un paradiso mancato»: “Nel cuore di una delle zone nevralgiche della nuova mafia, una tranquilla cittadina di provincia che tanto tranquilla non è
Poteva essere il paradiso. Invece è cemento, cemento, cemento. A destra ci sono la rocca con le rovine e il santuario di Tindari e la straordinaria riserva naturale dei laghetti di Marinello. Dalla parte opposta si scorgono il promontorio di Milazzo e i Peloritani. Di fronte l’azzurro del Tirreno e nello sfondo, nitide, le sette isole Eolie. Falcone, cittadina della provincia di Messina con meno di 3.000 abitanti, poteva essere una delle perle turistiche, ambientali e paesaggistiche della Sicilia. Il territorio, però, è irrimediabilmente deturpato da orribili complessi abitativi, alverari-dormitori per i sempre più pochi turisti dei mesi estivi" (http://www.isiciliani.it/, scarica il pdf del giornale).
La furia dei costruttori si intreccia con quella delle guerre di mafia e tutto ciò nel pezzo “Falcone colonia di mafia fra Tindari e Barcellona" viene spiegato puntiglosamente così come gli affari con i lavori autostradali e ferroviari, le megadiscariche, i piani di urbanizzazione selvaggia, i complessi turistico-immobiliari” mentre le ville di Falcone erano utilizzate da latitanti palermitani e catanesi o ospitavano “killer efferati” come Gerlando Alberti jr, condannato per l’uccisione della diciassettenne Graziella Campagna, testimone inconsapevole di affari mafiosi. La guerra di mafia vide la vittoria di Santo Gullo amico di malavitosi del Nord poi pentito. A sostituirlo, leggiamo nell’articolo di Mazzeo, ci sarebbe oggi Salvatore Calcò Labruzzo, un allevatore originario di Tortorici, attivo nel settore delle estorsioni, come si evince dalla recente inchiesta “Ghota”, in quello dello smaltimento dei rifiuti e c’è il sospetto che abbia condizionato l’esito delle elezioni del maggio 2011. Votatissima sua nipote alle recenti amministrative e il vicesindaco sarebbe affiliato alla loggia massonica “Ausonia” di Barcelloma Pozzo di Gotto, cittadina sede di potentissime cosche. Dice Mazzeo: “Il sindaco Santi Cirella respinge ogni addebito ma la società civile chiede lo scioglimento del consiglio comunale come non è accaduto nella vicina Barcellona Pozzo di Gotto, due volte graziata dal Governo in meno di cinque anni, nonostante i gravissimi rilievi delle commissioni prefettizie d’inchiesta.
Immediata, da parte del tessuto della stampa indipendente e dall'antimafia sociale, la solidarietà ad Antonio Mazzeo. Alcuni siti hanno deciso di rilanciare l'inchiesta dicendo: «Adesso querelateci tutti!».

 

da Il Megafono quotidiano

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