121105turchiadi Cristoforo Spinella
L’ultimatum è fissato per stasera. In assenza di una soluzione allo sciopero della fame dei detenuti curdi nelle prigioni della Turchia, che arriva oggi al 55esimo giorno, alla protesta si uniranno anche i deputati del Bdp, unico partito filo-curdo del parlamento di Ankara. Un passo che renderebbe ancor più forte l’iniziativa dei 683 che in 66 carceri hanno deciso di rifiutare il cibo per protestare contro l’isolamen - to di un altro detenuto eccellente, il leader dei ribelli del Pkk Abdullah Öcalan. Unico abitante dell’isolaprigione di Imral, da 15 mesi non vede i suoi avvocati e l’unica persona a parlargli è stato–una volta sola–il fratello Mehmet. Ma la dimensione tutta politica di questa vicenda è emersa da tempo. Già il mese scorso allo sciopero si era aggiunto un altro rappresentante del Bdp, pure lui dietro le sbarre: il sindaco di Van Bekir Kaya, arrestato a giugno con l’ac - cusa di far parte del Kck, che i magistrati turchi considerano il braccio urbano del Pkk (organizzazione terrorista anche per Ue e Usa).

Primo cittadino di una delle maggiori città curde, all’estremità orientale della Turchia, da quando era stato eletto nel 2009 il giovane avvocato aveva già dovuto affrontare momenti difficili, come il devastante terremoto che nell’ottobre dello scorso anno fece oltre 600 morti. In quell’occa - sione le autorità di Ankara vennero criticate per i deficit nei soccorsi, per qualcuno legati anche all’etnia della popolazione colpita.
Da allora, le cose sono persino peggiorate. Mentre lo scontro militare nel sud-est sta causando una violenza sconosciuta almeno dalla metà degli anni Novanta, con oltre 600 morti solo nel 2012, il premier Tayyip Erdoan si mostra sempre più intransigente: «Non è uno sciopero della fame. È solo uno show», ha ribattuto nei giorni scorsi a chi, come il presidente dell’Associazione dei Medici Özdemir Aktan, aveva lanciato l’allarme sui rischi per la salute dei 64 detenuti che non mangiano sin dal 12 settembre: «Dopo 40 giorni possono esserci danni permanenti, dopo 60 si può iniziare a morire». L’urgenza di una soluzione è evidente. Eppure, la risposta delle autorità alle decine di manifestazioni di sostegno è stata solo muscolare: ancora ieri, una protesta del Bdp è stata interrotta con lacrimogeni e cannoni ad acqua. Il timore è che si ripeta la deriva che la Turchia ha già vissuto nel 2000, quando per porre fine all ’ultimo sciopero della fame di massa la polizia fece irruzione nelle prigioni uccidendo 30 detenuti in un’operazione chiamata paradossalmente “Ritorno alla vita”.

Pubblico - 05.11.12

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