Finalmente il Consiglio d'Europa ha considerato "insufficienti", le misure prese per superare le violazioni in materia di interruzione della gravidanza, emerse nel 2013 e nel 2015, quando erano state riscontrate disparità di accesso all'interruzione di gravidanza a livello locale e regionale e ha evidenziato come i dati forniti dal governo non dimostrano affatto che il personale medico specializzato e dedicato, richiesto per tale intervento sia inadeguato.
L'Uaar, intervenuta in proposito, ha riportato i dati del Ministero della Salute sulla attuazione della legge 194 aggiornati al 2018. In tale anno il 69% dei ginecologi, il 46,3% degli anestesisti e il 42,2% del personale non medico si sono dichiarati "obiettori di coscienza" rifiutandosi quindi di intervenire in applicazione ad una legge dello Stato. Si tratta di valori in crescita e che evidenziano anche forti differenze a livello regionale: in Molise, per esempio, risulta obiettore il 92,3% del personale, a Bolzano oltre l'87%, in Puglia, Basilicata e Sicilia l'82%. Si tratta di dati inaccettabili, giacché è evidente che le strutture pubbliche tenute a garantire quanto la legge 194 prevede, con questi dati non possono essere adempienti. Il fatto, poi, che in altre regioni i dati siano migliori non sposta la grave responsabilità delle istituzioni nazionali e regionali di non garantire un requisito di diritto previsto da una legge dello Stato, né salva un Paese che si dimostra, ancora una volta, contro le donne e la loro autodeterminazione. A questo si aggiungano le recenti scelte operate soprattutto in Regioni amministrate dalle destre per impedire di fatto l'aborto farmacologico.
Nel quadro delle mobilitazioni per un deciso ampliamento della risposta alla richiesta di interruzione della gravidanza da parte del SSN e che garantisca ogni forma di tutela ed assistenza.
Rifondazione Comunista chiede, dunque, che le amministrazioni provvedano ad ampliare i servizi di ostetricia e ginecologia, assumano medici, anestesisti e personale che permettano l'applicazione della legge 194, a cui come già detto sono tenute le strutture pubbliche, e, consentano alle donne di poter esercitare la propria scelta e, quindi, autodeterminarsi.
La legge 194 è stata una conquista ed è insopportabile che per la sua attuazione si debba ancora lottare .
Il richiamo che giunge dall'UE rappresenta un vero e proprio monito, chiediamo quindi che si proceda ad adeguare le strutture rispondendo coerentemente a quanto il Consiglio d'Europa ha rilevato essere inadeguato ed insufficiente.

Rosa Rinaldi, resp Sanità, PRC-S.E.

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