120427grassidi Claudio Grassi

Come era prevedibile il primo turno delle presidenziali francesi ha suscitato un ampio dibattito. La rielezione di Sarkozy o la vittoria di Hollande possono confermare o mettere in discussione le scelte economiche di fondo di tutta Europa. Va considerato inoltre che il loro esito può condizionare elezioni altrettanto importanti che si terranno tra meno di un anno in Germania e in Italia.
Occorre quindi aspettare l’esito del ballottaggio per fare una valutazione che prenda in esame questi scenari. Intanto però – sulla base del risultato dei vari candidati al primo turno – si possono fare alcune considerazioni.


Hollande, una vittoria risicata

Quasi tutti i commentatori ritengono che, con grande probabilità, il vincitore al secondo turno sarà il candidato socialista. A sostegno di questa tesi essi portano due argomenti: non era mai successo che il presidente uscente nelle elezioni per il secondo mandato venisse superato dallo sfidante e, mentre le forze alla sinistra di Hollande lo voteranno (hanno dato infatti immediatamente indicazione di voto a suo favore), altrettanto non succederà per Sarkozy, poiché sia Marine Le Pen sia Bayrou non hanno dato alcuna indicazione di voto. Questa situazione – nonostante che la differenza del risultato tra i due candidati sia risicata – ha fatto sì che molti esponenti politici di sinistra nel nostro Paese abbiano dato una valutazione positiva del primo turno delle presidenziali francesi.

Per quanto mi riguarda ritengo più corretta la valutazione – assai più cauta – data da Marco d’Eramo nell’editoriale de Il Manifesto del 24 aprile. Infatti se è vero che Hollande ha superato Sarkozy e il Front de Gauche ha avuto un ottimo risultato, è altrettanto vero che il sorpasso è molto risicato – poco più di un punto in percentuale – e che vi è stato un risultato forte della estrema destra (il successo di Marine Le Pen è il dato più rilevante di questo primo turno).
Per quanto riguarda i contenuti proposti dal candidato socialista è significativo sottolineare come essi si discostino significativamente da quelli proposti in Italia da Pd. Infatti mentre nei giorni scorsi in Italia è stato votato l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione (art. 81), la proposta più forte avanzata da Hollande è stata proprio la promessa di rivedere il Fiscal Compact. Altra differenza: mentre in Italia si è votata una controriforma pensionistica che ha portato a 66 anni per uomini e donne l’accesso alla pensione – anche in questo caso con il voto del Pd – la proposta del candidato socialista è stata quella di riportare a 60 anni l’età con la quale si può accedere alla pensione (con una anzianità di lavoro di 42 anni).
Vedremo – qualora Hollande dovesse vincere le elezioni – se queste promesse saranno rispettate. Sappiamo che spesso ciò non avviene, come abbiamo dovuto constatare amaramente sia con l’esperienza del Governo Prodi sia con quella di Zapatero. Resta il fatto che queste proposte il Pd non si azzarda nemmeno ad avanzarle, e già questo è di per sé significativo.

Il Fronte Nazionale

Il risultato di Marine Le Pen è assai rilevante. Non può essere letto con l’argomentazione che la stessa percentuale la raggiunse il padre nel 2002. In questi 10 anni sono cambiate tantissime cose e, come giustamente sostiene Dominique Vidal, l’elettore-medio che ha votato oggi Marine Le Pen è in larga parte cambiato. Il voto a Le Pen è oggi profondamente collegato alla crisi economica, alla frantumazione del mondo del lavoro e alla crisi generale delle identità e delle ideologie. I messaggi di Le Pen che hanno fatto breccia hanno parlato direttamente alla pancia dei settori più deboli e più soli della periferia francese (non è un caso che a Parigi la percentuale del FN sia molto bassa, attorno al 6%). L’individuazione di diversi capri espiatori (l’Europa dei banchieri, gli immigrati, i partiti in egual misura corresponsabili di non aver fatto nulla) ha funzionato da obiettivo polemico per tutta quella parte di società francese che non vede prospettive e non crede che la politica possa dargliele. In questo senso si può dire che il Front National, molto probabilmente, ha intercettato un elettorato che avrebbe potuto riporre nella astensione le sue insoddisfazioni. Il fatto che la percentuale dei votanti sia stata – nonostante tutto – molto alta conferma questa ipotesi. Tuttavia l’errore più grave che la sinistra potrebbe fare nel valutare questo voto sarebbe quello di considerarlo un voto organicamente di destra, quindi irrecuperabile. Certo, è stato anche un voto xenofobo e neo-fascista, ma Le Pen ha fatto breccia anche e soprattutto perché le sinistre in questi decenni non sono state capaci di dare una prospettiva ai settori più colpiti dalla crisi e non sono riuscite a costruire, dopo il crollo dei paesi dell’ Est, una nuova identità e una nuovo progetto di trasformazione che – pur riconoscendo il fallimento di quei tentativi – non rinunciasse a proporre una alternativa di società.

Il Front de Gauche

Il risultato di Melenchon è un bel risultato. È sciocco rapportarlo agli ultimi sondaggi che lo davano al 16% e, sulla base di questo, parlare di un risultato deludente. Anzi proprio questi dati hanno testimoniato una crescita – rispetto al dato di partenza – talmente impetuosa che nessuno aveva saputo prevederla. Il candidato del Front de Gauche, quando è iniziata la campagna elettorale, era accreditato tra il 3 e il 5%. Alle precedenti presidenziali la candidata del Pcf non raggiunse il 2%. Melenchon ha ottenuto più dell’11%, ha riempito le piazze, ha riportato al voto e all’impegno politico molti giovani. Per avere un risultato a due cifre bisogna tornare a trenta anni fa, quando il Pcf candidò Marchais: un’altra epoca storica!
È vero che alle presidenziali scorse ebbero un ottimo risultato le liste trotskiste e che questa volta sono praticamente scomparse. Tuttavia, anche sommando tutti i voti ottenuti dalle sinistre nelle presidenziali scorse, si arriva ad un consenso nettamente più basso di quello attuale.
Non penso di avere sufficienti elementi di conoscenza per spiegare il successo del Front de Gauche. Quello che posso dire è che le forze coinvolte e le modalità organizzative sono molto simili a quelle della Federazione della Sinistra e che quindi se tutto questo è stato possibile in Francia, può esserlo anche in Italia. Azzardo tre elementi che – a mio parere – hanno contribuito a conseguire questo risultato molto positivo. Il primo è stato l’aver proposto un programma elettorale radicalmente alternativo anche rispetto a quello proposto da Hollande, ma non di rottura con esso. La conferma di questo atteggiamento si è concretizzata la sera stessa del primo turno alla chiusura dei seggi quando Melenchon, senza nemmeno aspettare i risultati, ha dato indicazioni di voto per il candidato socialista. Il secondo elemento è stato quello di aver investito molto nella comunicazione, costruendo un messaggio innovativo, allegro, ironico. Distante anni luce dalla cupezza e dal grigiore con cui solitamente la sinistra si propone. Basta vedere questo cliccatissimo video per rendersene conto. In terzo luogo ha funzionato il personaggio. Anche su questo basta guardare il video del comizio di chiusura della campagna elettorale per rendersi conto del carisma e della capacità comunicativa del candidato del Front de Gauche.
In conclusione, a maggior ragione dopo questo risultato elettorale, ci sentiamo di affermare due concetti. In tutta Europa si possono determinare ciclicamente degli arretramenti o degli avanzamenti della sinistra comunista o di alternativa, ma è un dato di fatto che essa abbia uno spazio politico rilevante da rappresentare come si vede in Francia, Spagna, Germania, Portogallo, Grecia, per citare i Paesi più importanti, dove raggiunge – mediamente – consensi attorno al 10%. Resta quindi valida la tesi delle due sinistre. Pensare che quella di alternativa possa entrare in quella moderata è un errore madornale non solo perché espunge qualsiasi progetto di superamento del sistema capitalistico, ma perché consegnerebbe all’astensionismo milioni di persone e farebbe scivolare ancor più a destra le forze di sinistra moderata.

Il secondo elemento è che se in un decennio in Germania, Francia e Spagna le sinistre comuniste e di alternativa sono riuscite ad uscire da una crisi che sembrava irrisolvibile, ciò significa che la stessa cosa può avvenire anche in Italia. Ma per farlo occorre avere l’umiltà di “mettersi a disposizione” per questo progetto. La Federazione della Sinistra deve farlo, riconoscendo che ben pochi dei suoi obiettivi iniziali si sono realizzati. Ma la stessa cosa dovrebbe farla anche Sel, visto che tutto il suo progetto (dentro al centrosinistra per competere attraverso le primarie alla guida del centrosinistra stesso) è completamente saltato. Se si mettesse in campo reciprocamente questa volontà si materializzerebbe immediatamente anche in Italia quanto avvenuto in Francia, Spagna e Germania. Al momento, purtroppo, qualcuno pensa di fare tutto da solo. Ma è una illusione, un ragionamento miope. Facciamo il possibile per evitarlo!

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