di Angelo Miotto

Manca meno di una settimana alle elezioni del 6 maggio e, la grande protagonista, è l’incertezza. Un’incertezza che non è mai stata così profonda nella Grecia del bipolarismo più che trentennale, quando vincevano o i conservatori di Nea Dimocratia o i socialisti del Pasok. Quello che vincerà o perderà, il 6 maggio, è il blocco dei partiti (Nea Dimocratia e

Pasok) che sostengono il memorandum del prestito accordato dalla troika lo scorso febbraio.

Se la crisi e l’austerità sono il centro devastante attorno a cui ruota la vita di milioni di greci, le elezioni non possono che esserne lo specchio ed è chiaro come esse si siano trasformate in una sorta di referendum politico, complicato dal fatto che l’opposizione alle politiche economiche è trasversale, assumendo tutte le connotazioni possibili.

Tuttavia, su due cose non ci sono dubbi come confermano tutti i sondaggi: i neonazisti di Alba d’oro entreranno in Parlamento, dove la soglia è del 3 per cento, mentre si trova in grande difficoltà il Pasok, il quale potrebbe trovarsi ad essere addirittura terzo, superato dalla coalizione di sinistra Syriza (12 per cento) in ascesa costante.

Quanto al primo partito, Nea Dimocratia, è fortemente in dubbio la percentuale (38,5 per cento) che ne garantirebbe la maggioranza assoluta e, quindi, la formazione del nuovo governo, per il quale sarà necessario ottenere la fiducia di 151 deputati. Intanto, alla destra di Nea Dimocratia e oltre Alba d’oro, è sicuro il successo elettorale del partito populista “Greci indipendenti” di Panos Kammenos, deputato fuoriuscito dal centro – destra in opposizione al voto con cui il Parlamento ha accolto il secondo prestito. È invece in forse la promozione dell’estrema destra del Laos, punita per aver sostenuto, fino a febbraio, la coalizione con Nea Dimocratia e Pasok che ha sostenuto il governo uscente.

Da parte sua, la sinistra dei tre partiti in Parlamento, non riesce a superare divisioni, litigi e scontri ed è certo che questo non cambierà entro il 6 maggio sebbene, nel loro insieme, Syriza, Kke e Dimar, vantino una dinamica pari a più del 35 per cento di preferenze. In questo clima di profonda e del tutto nuova incertezza politica, si aprono ipotesi e scenari. Se Nea Dimocratia non dovesse riuscire a formare sola il governo, dovrebbe rivolgersi al Pasok. Un’idea, questa, scartata dal leader di Nea Dimocratia Antonis Samaràs ma per nulla irreale. Eppure, se Nea Dimocratia e Pasok non ottenessero i voti necessari a formare il nuovo esecutivo neppure alleandosi, sarebbero costretti a rivolgersi a un altro partito. Quale sarà non è prevedibile, perché tutti i sondaggi confermano che nel prossimo Parlamento entreranno almeno sette partiti.

In tutto questo, la troika è un giocatore di cui tenere conto: a più riprese le elezioni greche sono state osteggiate e ha un che di minaccioso l’annuncio che, dopo la sospensione elettorale, gli inviati di Bce, Fmi e Ue torneranno ad Atene il 15 maggio. È impossibile prevedere quale governo troveranno e se ne troveranno uno. Perché, quest’anno, è tutto diverso: la povertà ha riempito di sé la vita quotidiana delle grandi città, soprattutto di Atene, i greci hanno manifestato e scioperato per mesi con una frequenza e un’adesione mai registrati nei decenni di vita democratica del Paese; i greci, quegli stessi che non hanno mai potuto esprimersi attraverso il voto sull’austerità che ha sconvolto e frantumato diritti, dignità e certezze.

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