Maurizio Landini, hai detto che alla manifestazione della Fiom del 18 maggio a Roma sarebbe auspicabile la presenza dei precari, degli studenti, dei disoccupati… Insomma, questa sarà la prima grande manifestazione «politica» dopo il terremoto delle elezioni di febbraio.

In prima fila ci sono i metalmeccanici, ma è una manifestazione che il comitato centrale della Fiom ha deciso di organizzare per coinvolgere tutte le persone che vogliono cambiare questa situazione inaccettabile. Al centro c’è soprattutto la difesa del lavoro: la richiesta di ammortizzatori sociali, una politica di tutela dei redditi, il blocco dei licenziamenti, un piano straordinario di investimenti per rilanciare l’economia, la denuncia della folle idea di defiscalizzare gli straordinari… E’ in atto una crisi democratica e non solo nei luoghi di lavoro, abbiamo bisogno di un governo che cambi le cose, è urgente fare di tutto per superare la precarietà. Inoltre, penso che la democrazia vada agita concretamente e che non sia accettabile che le piazze vengano usate solo da coloro che in questi anni hanno fatto danni enormi.

 

A chi ti riferisci?

A Silvio Berlusconi.

 

Perché una manifestazione proprio in questa fase di spaesamento totale dove ancora non si sa quali siano gli interlocutori politici in parlamento?

Siamo davanti a un parlamento che in questi giorni deve eleggere il presidente della Repubblica, in questa fase delicata rivendicare la democrazia nei luoghi di lavoro è un tema decisivo. Non passa giorno senza la chiusura di una fabbrica, senza nuovi licenziamenti, è adesso che bisogna farsi sentire affinché le persone non si sentano sole. Corriamo il rischio di una guerra tra poveri.

 

Perché gli operai ancora una volta non hanno votato i partiti tradizionali della sinistra?

I partiti dovrebbero chiedersi cosa hanno fatto per guadagnarsi quei voti. L’esperienza del governo Monti è stata fallimentare, ed è evidente che ha penalizzato chi lo ha sostenuto. Il nuovo governo deve cambiare rotta puntando a condizionare anche le politiche europee, così non si può andare avanti. Frequentando le assemblee non era complicato capire cosa stava succedendo, era evidente la distanza che c’era fra i partiti della sinistra e i lavoratori spaventati dalla crisi. Io non sono certo sorpreso per quello che è successo alle elezioni.

 

La lacerazione del Pd potrebbe risolversi con la vittoria di Renzi, l’ala destra del partito sul piano delle politiche per il lavoro. Prospettiva preoccupante?

Sono per evitare certe personalizzazioni, ed eviterei anche di appellarmi a qualche salvatore della patria. In questa fase drammatica dobbiamo discutere non di chi ma di che cosa bisogna fare. Il voto di febbraio ha chiesto con grande determinazione alle forze politiche, e direi anche al sindacato, di imboccare nettamente la strada del cambiamento. Dobbiamo stare ai contenuti, e proprio questo non è stato chiaro al momento del voto: adesso voglio capire quali scelte per non precipitare nel dramma e non quali persone, quali leader. Dobbiamo tornare a praticare la democrazia.

 

Grillo ha sempre sparato a zero contro i sindacati ma contemporaneamente ha sempre elogiato la Fiom e il suo ruolo. A questo punto, quale approccio ti sembra utile adottare nei confronti del M5S?

La Fiom ha scritto una lettera a tutti i gruppi parlamentari per chiedere un incontro, quindi anche al M5S. Dirò loro cosa intende fare la Fiom. I sindacati non li scioglie certo Grillo. I lavoratori, per esempio, hanno bisogno di una legge sulla rappresentanza che li metta nella condizione di potersi scegliere i sindacati che vogliono. Loro dicono che uno vale uno, giusto? Vediamo cosa hanno da dire a questo proposito.

 

Marito e moglie, a Civitanova Marche, ieri si sono impiccati per la vergogna di essere diventati poveri. Non passa giorno senza un suicidio legato alla crisi, eppure non fa scandalo.

Una tragedia, un’altra. Questa è una delle ragioni, forse la prima, per cui abbiamo deciso di scendere in piazza il prossimo 18 maggio. Le persone oggi sono disperate perché si sentono sole e noi abbiamo il dovere di tutelarle, di garantire loro un reddito anche quando perdono il lavoro.

 

Tutti adesso parlano di reddito di cittadinanza. E’ una strada percorribile nell’immediato?

Noi siamo stati i primi a parlarne in piazza, a Roma, il 16 ottobre del 2010. Non deve essere uno strumento alternativo alla cassa integrazione, ma bisogna sperimentarlo subito. E’ necessario e doveroso estendere le tutele a chi non ce la fa più.

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