“Sarà soprattutto una manifestazione di proposta per chiedere un cambiamento e per indicare soluzioni possibili”. Così Maurizio Landini, segretario generale della Fiom spiega il significato della manifestazione del 18 maggio, che lui stesso ha definito “non un giorno di protesta ma un inizio”. “Noi pensiamo che bisogna uscire dalle politiche del governo Berlusconi e del governo Monti – prosegue Landini – e che mettere al centro il lavoro vuol dire in primo luogo cambiare le politiche economiche e sociali”.

 

Rassegna In che modo?

Landini Servono misure di emergenza. Penso al rifinanziamento della cassa in deroga e anche alla questione degli esodati. Ma occorre andare oltre l’emergenza, bloccando i licenziamenti, le riduzioni d’orario e i contratti di solidarietà, e non incentivando lo straordinario come ha fatto il governo Monti. Anche in Italia dobbiamo avere un sistema di tutele universali nel lavoro. Questo vuol dire estendere il sistema assicurativo e aprire anche una discussione sull’istituzione di un reddito di cittadinanza, sia come diritto allo studio sia come strumento per togliere migliaia di persone dal ricatto della precarietà. E poi riteniamo che occorra una legge sulla rappresentanza. Così come è importante fare la riforma elettorale, pensiamo che allo stesso modo le lavoratrici e i lavoratori debbano essere messi nella condizione di poter scegliere il sindacato che vogliono e di potersi esprimere sui contratti che li riguardano. E poi ci vuole una politica industriale vera per impedire la scomparsa di interi settori. Questo vale per la siderurgia come per l’auto. Serve una politica industriale che rimetta in campo un intervento pubblico dello Stato in economia per dare indirizzi e che riattivi un progetto straordinario di investimenti pubblici e privati. Infine la soluzione del problema degli esodati sta dentro un progetto di modifica della riforma delle pensioni, a partire dall’inaccettabile innalzamento dell’età pensionabile.

 

Rassegna La manifestazione del 18, a cui sarà presente anche Gino Strada, lancerà quella che tu hai definito “una nuova coalizione sociale fondata sul lavoro, sulla salute e sulla Costituzione”. Cosa intendi?

Landini Credo che in questa fase sia utile mettere al centro non semplicemente la difesa della Costituzione, ma l’idea che bisogna realizzarla, e che il diritto al lavoro, il diritto alla salute e il diritto all’istruzione diventino progetti su cui innestare un’azione politica e sindacale, proprio perché i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione sono a rischio. Penso al diritto alla salute, penso ai lavoratori che, essendo in cassa integrazione o avendo perduto il posto, non sono più in grado di curarsi. Inoltre siamo di fronte a un tentativo di privatizzazione di molte strutture ospedaliere. Questi temi saranno al centro della manifestazione. Parlerà Gino Strada, che è iscritto onorario della Fiom da almeno 10 anni. Ma non solo lui perché, oltre alla Cgil e alla segreteria della Cgil, l’abbiamo aperta anche ad altri soggetti. Parlerà Stefano Rodotà anche per rappresentare tutto il mondo che fa riferimento alla Costituente dei beni comuni. Parlerà un rappresentante di Libertà e Giustizia proprio per la difesa della Costituzione, così come faremo parlare migranti, giovani, studenti e precari, perché per combattere la precarietà vanno coinvolte anche quelle persone. Fiom e Cgil devono diventare lo strumento che permette di riunificare socialmente l’idea di cambiamento del paese e che permette alle persone di tornare a essere protagoniste del proprio futuro. In questi anni la crisi e le scelte dei governi hanno teso a frantumare e dividere il mondo del lavoro e la società, a contrapporre i giovani con gli anziani. Per questo non dobbiamo limitarci alle parole ma, come sindacato, dobbiamo offrire un terreno di partecipazione alla costruzione di un progetto sociale alternativo a quello che Monti e Berlusconi in questi anni hanno costruito. Quando parlo della costruzione e della riunificazione del lavoro penso a questo: il sindacato, in questo caso la Fiom e la Cgil, deve tornare a essere uno strumento di rappresentanza e di democrazia per il paese.

 

Rassegna Hai accennato al reddito di cittadinanza. Come rispondi a chi obietta che si tratta di una soluzione antilaburista?

Landini Il reddito di cittadinanza è una soluzione abbastanza diffusa in Europa, ma ce ne sono tante forme. Io parto da un dato. Oggi milioni di persone sono precarie e senza tutele, e il sistema assicurativo non è stato finora in grado di risolvere questo problema. La nostra proposta è di estendere gli ammortizzatori sociali, compresa la cassa integrazione, a tutte le forme di lavoro e a tutte le imprese. Inoltre andrebbe introdotto un reddito di cittadinanza sostenuto dalla fiscalità generale, introducendo una progressività, la tassazione delle rendite e la lotta all’evasione. Tutto questo, insisto, va finalizzato al diritto allo studio. Oggi il figlio di un lavoratore dipendente non è in grado di andare all’università o di studiare per ridurre il ricatto della precarietà. Quindi uno strumento di questo genere servirebbe a chi non è occupato, a chi perde il lavoro e a chi non ha più accesso agli ammortizzatori. Poi naturalmente si può discutere sulle forme, in particolare sul fatto che le persone siano disponibili a formarsi e che ci sia un’offerta di lavoro nei loro confronti. Dobbiamo pensare a una cittadinanza europea se davvero vogliamo costruire un’Europa sociale.

 

Rassegna A fine 2012 i lavoratori hanno approvato una carta rivendicativa per la riconquista del contratto nazionale attraverso una serie di vertenze aziendali e territoriali per bloccare l’intesa separata del 5 dicembre 2012. È un’iniziativa che ha avuto successo?

Landini I quasi 400 mila metalmeccanici che, votando nelle aziende, hanno approvato la nostra carta considerano inaccettabile l’accordo imposto da Federmeccanica e firmato da Cisl e Uil. Sono stati realizzati già diversi accordi che garantiscono il mantenimento dei diritti. In alcuni territori, in particolare in Emilia ma non solo, si sono addirittura aperti confronti territoriali con le associazioni imprenditoriali e quindi si è aperta un’articolazione di posizioni. E poi ci sono altre due novità positive. Il contratto nazionale con le cooperative metalmeccaniche, siglato il 13 maggio, migliora l’istituto della malattia senza decurtazione dei primi 3 giorni, salvaguarda il ruolo negoziale delle Rsu sull’orario, e non prevede aumenti né dello straordinario obbligatorio né della flessibilità rispetto al contratto del 2008. Inoltre impegna le aziende a ricorrere alla solidarietà e a non fare licenziamenti. L’altra novità è che la Confapi si è resa disponibile a fare una trattativa con tutti e a non avere come riferimento Federmeccanica. È una battaglia ancora aperta, ma va nella direzione giusta perché abbiamo il consenso delle persone, tenuto conto che siamo in una situazione di crisi pesante, con molta cassa integrazione e molta preoccupazione. L’obiettivo che ci siamo dati con la carta rivendicativa, non permettere di peggiorare il contratto nazionale e tenere aperta la prospettiva della riconquista di un contratto nazionale, sta dando i suoi frutti. E anche questo, naturalmente, è uno dei temi al centro della manifestazione del 18.

Rassegna Qual è il tuo giudizio sugli accordi in materia di produttività?

Landini Sono sempre stato convinto che la strada sia quella di defiscalizzare gli aumenti salariali. Siamo in un paese dove la contrattazione di secondo livello, quando non c’è crisi, si fa nel 30 per cento delle imprese. Io penso che alla lunga uno strumento come la defiscalizzazione del salario aziendale rischia di svuotare definitivamente il ruolo dei contratti nazionali, che rimane l’unico strumento di difesa di tutti i lavoratori.

 

Rassegna Come giudichi la ripresa unitaria con Cisl e Uil? Ci saranno ricadute anche per la vostra categoria?

Landini Ciò che è avvenuto nella nostra categoria è molto pesante. Penso in particolare alla Fiat, che sta impedendo ai nostri delegati e iscritti di avere legittimità e di essere presenti, mentre le altre organizzazioni sindacali non fanno nulla per modificare questa situazione. Questo è un problema aperto che va affrontato insieme alla Cgil, perché la Fiat rischia di essere un modello che si estende nel paese. Poi considero molto importante, positivo, il fatto che con Cgil Cisl e Uil si sia giunti a un’intesa che apre alla certificazione della rappresentanza, all’elezione proporzionale della Rsu e soprattutto al fatto che un contratto nazionale per essere valido deve essere firmato da chi rappresenta più del 50 per cento degli iscritti e dei voti, ma anche approvato attraverso il voto dei lavoratori. È una delle battaglie che la Fiom e la Cgil hanno portato avanti in questi anni. Certo, non tutti i problemi sono risolti. Basti pensare che nella riunione Cgil Cisl e Uil del 30 aprile l’unico intervento contrario, proprio su questo punto, è stato quello del segretario della Fim Cisl, che ha dichiarato di non essere d’accordo sul fatto che si facciano votare tutti i lavoratori sui contratti nazionali. Inoltre, se Confindustria pensa di introdurre delle sanzioni o di rimettere in discussione il diritto di sciopero, noi non siamo disponibili. Sono diritti su cui non si tratta, né con la Confindustria, né con chiunque altro. Su questo, del resto, si è espresso anche il direttivo della Cgil. Io personalmente ho già provveduto ad avanzare una proposta e una richiesta di confronto per applicare questi principi alla nostra categoria. Se arriveremo anche a un accordo con Confindustria saremo di fronte a una grande novità, perché la democrazia e il voto dei lavoratori possono essere la condizione per ricostruire le relazioni unitarie. 

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