Care compagne e cari compagni
Tanto è il cammino che abbiamo percorso! Era il 2008 quando tra noi iniziò a echeggiare la formula “socializzazione della politica, politicizzazione del sociale” e cosi i primi tentativi di comprensione, il dibattito in sede congressuale, le lunghe discussioni nei circoli, nelle federazioni.
Da quei momenti di confronto si iniziò presto a dare forma alle parole, la nostra voglia di riscatto si fondeva col riscatto sociale, in un paese inginocchiato dalla crisi. Tanti di noi ricorderanno la distribuzione del pane a 1 euro al kg, veicolo attraverso il quale abbiamo costruito delle concrete pratiche sociali.
Si apri così la via al Partito Sociale e le varie articolazioni territoriali, si elaborò il pacchetto anticrisi a sostegno delle iniziative sociali da diffondere in tutto il paese.
E solo dopo un anno la terribile notizia che sconvolse l’Italia, il terremoto in Abruzzo, in quella tragedia, dove tutti ci chiedevamo come aiutare la popolazione, nacquero le Brigate di Solidarietà Attiva, una esperienza che negli anni ha coinvolto centinaia di giovani, compagne e compagni di varia provenienza politica e geografica e ancora oggi tanti sono i briganti che si confrontano e agiscono nei luoghi delle emergenze e nei diversi territori per la costruzione di modelli alternativi.
Nel solco del nostro “camminare domandando” abbiamo organizzato e partecipato ad appuntamenti territoriali, ascoltando testimonianze e visitando i luoghi di una operosità costante, diversi gli incontri con tra noi e gli altri che pratichiamo mutualismo.
Oltre dieci anni di lavoro, passione, militanza, impegno, nella gioia delle relazioni, delle risposte ai bisogni, nelle emergenze. Sono, così, spuntati nuovi papaveri rossi nel vasto campo della resistenza: Gruppi d’Acquisto Popolari, gruppi di acquisto solidali, doposcuola e biblioteche popolari, corsi di italiano per migranti, ambulatori, associazioni collaterali per la promozione di progetti sociali, di cultura e sapere, pratiche di conflittualità sul diritto all’abitare, di tutela dei debitori, casse di resistenza, sportelli sociali nelle case del popolo e nelle federazioni; pratiche sociali che siam riusciti a mappare con uno scrupoloso lavoro d’ inchiesta. (La mappa è possibile sfogliarla all’ interno della pubblicazione.)
Un lavoro diventato ricchezza collettiva, che oggi va rafforzato nella teoria e nella prassi, per proseguire lungo il cammino della trasformazione.
Da Spoleto, durante la conferenza di organizzazione della Rifondazione Comunista, del 2018, abbiamo annunciato il seminario nazionale sul Partito Sociale tenutosi, poi, nel mese di luglio a Paestum (il report in appendice). Dal dibattito è emersa la necessita di fare rete; ed è nata, cosi, la nostra rete dall’acronimo Sol.E.D.A.D (solidarietà, eguaglianza, diritti, autorganizzazione, dignità), sintesi di un mutualismo conflittuale.
Su questi punti, ma non solo, abbiamo costruito con entusiasmo il convegno “Mutualismo e pratiche sociali” dello scorso 29 novembre, un momento intenso di analisi e riflessioni di carattere europeo, sinergicamente abbiamo presentato la pluralità delle nostre pratiche, con le testimonianze dei tanti compagni e delle tante compagne, ragionato sulla confederalità, il mutualismo, la comunità, la fase storica che stiamo vivendo e l’incidenza del covid19 sulle vite.
In questo pamphlet, una raccolta di contributi, testimonianze e riflessioni, provvisorie conclusioni, dei primi dieci anni di Partito Sociale e nuove speranze per il cambiamento, in un futuro in cui "Ognuno di noi deve dare qualcosa, per fare in modo che alcuni di noi non siano costretti a dare tutto." (a Carlo, dedica sul muro di Genova)
Non resta ora che augurarvi
Buona Lettura!

Presentazione

La realizzazione del Partito Sociale - inteso come socializzazione della politica e politicizzazione del sociale - rappresentava un passaggio fondamentale del progetto politico che ha prevalso nel Congresso di Rifondazione Comunista del 2008. Oggi, grazie allo straordinario lavoro svolto da compagne e compagni in diverse realtà, forme di mutualismo, organizzazione e conflittualità sociale diffuse nei territori, sono una costante del nostro lavoro politico tra la gente fra la gente. Abbiamo così sviluppato pratiche tese a dare risposta ai bisogni individuali ed organizzare solidarietà collettiva nella crisi.
Attraverso incontri e riunioni tenutesi nei vari territori emerge in maniera chiara il ruolo del partito sociale e l'affermazione ruolo delle/dei comunist*, oggi: uno strumento per l'auto - emancipazione collettiva dalla schiavitù del mercato e del profitto; una pratica anticapitalista ed ambientalista e di genere che si pone l'obiettivo di una nuova umanità libera ed eguale, agendo nel conflitto capitale/vita e partendo da forme di resistenza per arrivare a forme di auto - organizzazione sociale.
Dieci anni e oltre di Partito Sociale ci consegnano tante le buone pratiche su tutto il territorio nazionale, oggi mappate, e pubblicate in seguito.
Dieci anni di pratiche sociali ci consegnano uno straordinario lavoro dei militanti della Rifondazione Comunista: la fondazione delle BSA, che oggi è lavoro di connessione con i/le compagn@ che provengono da altre soggettività ed esperienze, dalla vendita del pane ad 1 euro alla costituzione dei GAP e GAS come risposta al carovita ed in alcuni casi anche la gestione di banchi alimentari, dai doposcuola sociali alle biblioteche popolari, ai corsi di italiano per migranti favorendone l’ integrazione, senza dimenticare la nascita ed il diffondersi di associazioni collaterali capaci di promuovere progetti sociali, cultura e sapere, forme e pratiche di conflittualità sul diritto all’abitare, sulla tutela popolare dei debitori, alle casse di resistenza. In questi anni è stato possibile il passaggio dalla teoria alla pratica con azioni concrete di mutualismo, ma ancora tanto bisogna fare, partendo dalla consapevolezza che il lavoro di alcuni diventi impegno di tutti.

Nella tre giorni di Spoleto il tema del mutualismo come pratica sociale dentro il conflitto di classe, dentro la crisi del welfare ha attraversato il nostro dibattito, con nuove considerazioni.
Partendo da noi, dal capire il chi siamo che intreccia il che fare, capire chi siamo per renderci conto di quali segmenti della società oggi questa Rifondazione Comunista rappresenta per promuovere, favorire ed organizzare il fermento sociale, per creare forme di mutuo soccorso rosso tra di noi e tra la gente, dove i nostri circoli, le case del popolo vengano vissute come luoghi di culture critiche, di socialità orizzontale, centri di vita politica ricreativa e di economia altra, dove creare percorsi di formazione tesi al miglioramento di vita, un agire politico che possa favorire strumenti di lotta alla disoccupazione e alla precarietà, al lavoro salariato attraverso forme di socialità lavorative. Nel proseguo del nostro camminare ascoltando domandando siamo poi arrivati ad organizzare la tre giorni sulle pratiche sociali del Partito della Rifondazione Comunista, che si è tenuta a Paestum dal 6 all'8 luglio, è risultata ricca di spunti di analisi e di proposte operative.
Una discussione ampia che ha toccato l'insieme dei temi che concernono le pratiche sociali, allargandosi al senso della nostra azione dentro tali pratiche. Punto di riferimento costante della discussione è stata la considerazione molto realistica sullo stato delle cose per quanto concerne la nostra parte politica e sociale, profondamente segnata da tre debolezze intrecciate tra loro: c'è la debolezza del conflitto, dei sentimenti di solidarietà e delle condizioni materiali di esistenza delle classi popolari. Una situazione che pone obiettive difficoltà alle stesse pratiche mutualistiche, che pure dobbiamo cercare di implementare quanto più possibile, facendo delle nostre sedi (come peraltro avviene già in molte parti) un riferimento concretamente utile proprio sul piano delle esigenze quotidiane delle persone.
Un dibattito che ha messo in rilievo come il nostro Partito faccia molte cose, anche egregie, ma non le comunichi a sufficienza. Il deficit di conoscenza di cosa noi facciamo e come concretamente “costruiamo società” è un limite che deve essere superato. A tal proposito, si è deciso: a) di rilanciare la mappatura, con un lavoro di inchiesta a nostro interno sulle pratiche attivate; e di costruire questo libretto, di rapida consultazione che, partendo dalle elaborazioni, analisi ed esperienze positive che abbiamo già sedimentato, fornisca opportuni input per avviare o sviluppare ulteriormente le pratiche sociali.
Non esiste un “partito sociale”, più o meno collegato gli altri ambiti del partito; ma il Partito stesso o è sociale o semplicemente non è. In sostanza, costruire pratiche sociali significa porsi degli obiettivi ambiziosi, molto al di là della testimonianza dell’esistenza nostra e della pratica di proselitismo. Mettere in campo dinamiche mutualistiche significa spingere per l'autorganizzazione degli sfruttati e degli oppressi di questa società; spingere affinché i settori che stanno nel basso della piramide sociale arrivino a riconoscersi come classe, come agenti attivi del conflitto sociale. Il punto è che c'è un legame stretto tra le attività di mutualismo e le dinamiche di lotta di classe. E per rafforzare tale legame, appare davvero urgente superare il carattere disaggregato nelle pratiche sociali che vengono attivate dalle compagne e dai compagni di Rifondazione. Occorre puntare ad una immagine omogenea del nostro Partito, come insieme di persone realmente capaci di stare dentro le questioni quotidiane che vivono gli uomini e le donne delle nostre classi di riferimento.
Ciò implica, per noi, che le nostre strutture si attivino per contrastare con l’azione, prima ancora che con le parole, la regressione culturale che attraversa gli strati proletari, oggi dominati dalla paura e dalle pulsioni a riversare tale paura contro gli ultimi e i marginali della società, in un generale contesto di minore disponibilità alla solidarietà. È questo sentimento autodistruttivo, di una classe in ripiegamento e con vistosi fenomeni di sbandamento politico e ideale, che noi vogliamo combattere attraverso il mutualismo.
Un indicatore sulla bontà delle nostre pratiche è perciò costituito dal fatto che, seppure siano i compagni e le compagne del Partito ad avviare la pratica mutualistica, cresca comunque, in un breve spazio di tempo, anche la partecipazione attiva dei soggetti sociali. A loro chiediamo di auto-organizzarsi, di prendere in carico le pratiche mutualistiche che all'inizio li avranno visti soltanto come fruitori, di collaborare a sviluppare ed estendere le pratiche di resistenza mutualistica. E questo è null'altro che il primo passo di un agire non più individuale ma come collettivo, come classe sociale.
I settori sociali a cui ci rivolgiamo debbono sapere due cose: chi siamo, e cioè che siamo dei comunisti; e quello che vogliamo fare, e cioè che vogliamo costruire dinamiche di autorganizzazione sociale, capaci di vivere da sole indipendentemente dall'azione dei comunisti. Vogliamo farlo perché la nostra idea di comunismo non è quella del “potere al partito comunista”, ma esattamente quella dell'autorganizzazione e dell’autogoverno dei settori popolari.
Questa concezione non implica un affievolirsi dell’agire da Partito. Tutt’altro. E però dobbiamo metterci a disposizione in modo utile, sapendo in anticipo che proprio l’esempio pratico rafforza il nostro messaggio politico di fondo sul fatto che lo stato di cose presenti sia ingiusto e che bisogna organizzarsi per cambiarlo. Dentro questo quadro dobbiamo investire nelle strutture di mutualismo e nelle pratiche sociali tutte le energie disponibili, da qui l’idea della Rete che caratterizzi tutte le nostre pratiche da Palermo a Trieste, lungo tutta la penisola, che valorizzi il lavoro fatto sinora e metta in rete, che crei una maggiore omogeneità del nostro agire, in una consapevolezza diffusa fuori e dentro di noi, del nostro agire un’opposizione polita e sociale dal sistema ai governi liberisti e delle destre. Da qui nasce Sol.e.d.a.d rete di mutualismo e pratiche sociali.

pubblicazione

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