121129governodi Giacomo Russo Spena
Il governo Monti è classista. Inutile girarci intorno e dispiace ritirare fuori categorie novecentesche e teorie marxiane, ma è un dato di fatto. L'ultima sortita di SuperMario ha dell'incredibile: "La sostenibilità futura dei sistemi sanitari nazionali, compreso il nostro, potrebbe non essere garantita", per poi aprire a "forme di finanziamento integrativo". Un modo gentile per comunicarci che dopo la campagna di austerity e di massacro sociale, sarà il turno delle privatizzazioni selvagge.
Non si trovano i soldi per garantire un diritto costituzionale (quello alla salute) ai cittadini, non ci sono i fondi per salvare gli esodati, non si discute per l'introduzione di un meccanismo di tutela sociale come il reddito. Norma presente quasi in tutta Europa.

E poi mannaie per la scuola pubblica, l'università, la ricerca. Le fasce più deboli quelle più tartassate da tasse, in primis l'intollerabile Imu sulla prima casa. Mancano i soldi, la replica del governo dei tecnici. E allora sorgono spontanee delle domande: perché si trovano i fondi per l'acquisto dei cacciabombardieri, al costo di 90 miliardi l'uno? Perché l'ennesimo aiuto alle banche a cui sono contestati dai 4 ai 5 miliardi tra imposte non pagate e sanzioni ma lo Stato ne incasserà poco più di uno, mentre di fronte al piccolo evasore grava l'incubo di Equitalia?
Ma lo spread si è abbassato ribattono ancora i fautori di un Monti-bis quando sul Sole24ore (non la Pravda) Guido Rossi ci spiega come non sia più possibile negare l'evidenza: le politiche di austerità sono servite a salvare ed arricchire le varie istituzioni finanziarie "too big to fail" senza risolvere, anzi peggiorando, la crisi depressiva dell'economia globale. Inoltre il debito pubblico che in un anno di tecnici è salito più che in tre anni di Berlusconi e il disagio sociale cresciuto in maniera esponenziale.
Le statistiche economiche ci consegnano, infatti, un'altra istantanea: l'esecutivo Monti ha aumentato le diseguaglianze nel Paese, la forbice tra i pochi ricchi e i sempre più poveri si sta ampliando enormemente.
"La ragione fondamentale per cui in alcune epoche della mia vita ho avuto qualche interesse per la politica o, con altre parole, ho sentito, se non il dovere, parola troppo ambiziosa, l'esigenza di occuparmi di politica e qualche volta, se pure più raramente, di svolgere attività politica, è sempre stato il disagio di fronte allo spettacolo delle enormi disuguaglianze, tanto sproporzionate quanto ingiustificate, tra ricchi e poveri, tra chi sta alto e chi sta in basso nella scala sociale, tra chi possiede potere, vale a dire capacità di determinare il comportamento altrui, sia nella sfera economica sia in quella politica e ideologica, e chi non ne ha". Così scriveva Norberto Bobbio in un suo fortunato pamphlet pubblicato negli ultimi anni della propria vita (Destra e Sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica).
Ci siamo liberati del berlusconismo, quando del montismo? E siamo sicuri che il pittoresco ex ministro Renato Brunetta (quello dei precari, la parte "peggiore d'Italia") sia più nefasto della distinta signora Elsa Fornero? Molti interrogativi, una sola certezza: bisogna costruire un'alternativa al montismo.

da www.huffingtonpost.it

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