121128sanitadi Michela Giachetta
«Signora, suo padre non può stare qui, non abbiamo più posti letto. Sa, i tagli…Dobbiamo trasferirlo in una clinica convenzionata ». Francesco, il padre della signora Anna, ha addosso tre infarti, 5 by pass e 90 anni. Una sera si è sentito male, i parenti lo hanno trasportato all’Ospedale Maggiore di Bologna, quello più vicino alla zona in cui abita. I controlli e l’esito: «Ha poco ferro, servono trasfusioni». Ma al Maggiore non hanno posto. Francesco viene trasferito a Villa Chiara, clinica convenzionata. Nella stanza in cui lo ricoverano c’è un altro paziente, ma un solo tavolino da letto per poter mangiare. Devono fare a turno. Mancano i pappagalli usa e getta per le urine.

L’acqua da bere non viene più fornita, se ne devono fare carico parenti e amici. E non c’è nemmeno spazio per i vestiti nell ’armadietto. «Sa, i tagli…», si sente ripetere per la seconda volta, nell’arco di poche ore, Anna. Spazi ridotti, servizi ridotti. Come in tanti altri nosocomi. Al Pertini, ospedale romano, con un bacino di utenza di 600mila persone, i posti letto vengono aggiunti, in caso di necessità, nei corridoi e nelle stanze: 12 bis, 13 bis, 14 bis. «Quando arriva qualche paziente nuovo mi avvisano con una telefonata da un altro reparto - dice un medico - Il posto letto riusciamo ad aggiungerlo, ma se dobbiamo fare qualche analisi particolare la situazione si complica, perché il letto aggiunto non ha la fonte di ossigeno e tutto quello che hanno gli altri letti». «Capita anche che pazienti appena operati rimangono in medicina non essendoci posti in chirurgia. E l’assistenza è ovviamente diversa», aggiunge un’infermiera.
Al Policlinico di Palermo quando mancano i letti si usano le barelle. «Se ci tagliano i posti e arriva un malato in qualche modo dobbiamo sistemarlo, non possiamo certo mandarlo via», spiega Renato Costa, internista e medico nucleare al Policlinico. Per i materiali, lo scambio da un reparto all’altro è prassi quotidiana. Tutti gli ospedali in Sicilia stanno dando fondo alle riserve di magazzino. «Uno dei maggiori problemi qui da noi è che manca qualsiasi struttura intermedia fra il medico di base e l’ospedale. Non ci sono i servizi territoriali. Per questo i cittadini sono costretti a rivolgersi direttamente al nosocomio », incalza Costa. A Napoli va ancora peggio, non ci sono nemmeno più le barelle disponibili. «In caso di ricovero urgente - si legge in una disposizione della direzione sanitaria dell’ospedale Pellegrini - in caso di negatività della ricerca di posti letto sul territorio e in assenza di letti di degenza e di barelle disponibili nel Presidio, si autorizza il ricovero dei pazienti direttamente in Pronto soccorso utilizzando i materassi sanificati anche senza letto». Pazienti, persone che stanno male buttate per terra. «È una cosa scandalosa - dicono i medici del pronto soccorso - La direzione sta scaricando la responsabilità di questa situazione disastrosa sulle spalle dei medici. Non siamo un Paese in guerra, in questo modo viene messa sotto i piedi la dignità dei medici e dei pazienti». I tagli dei posti letto sono una realtà con cui i cittadini stanno già facendo i conti da tempo. Dal primo gennaio la situazione peggiorerà ulteriormente. Entro fine anno è previsto un taglio complessivo pari a 7mila posti letto in meno in tutta Italia. «Ma quel dato è confrontato sul 2011 – spiega Massimo Cozza, segretario nazionale Fp-Cgil medici – Dal 2000 ad oggi sono 70mila i posti letto tagliati. Arriveremo a poco meno della metà di quelli che ci sono in Francia». Il governo mercoledì scorso ha convocato i sindacati per fare il punto sul Regolamento sui tagli che saranno attuati per i posti letto. «Una razionalizzazione dei reparti serve –puntualizza Cozza - Se si taglia da una parte, però, bisogna costruire dall’altra. Si dovrebbero istituire centri territoriali aperti h 24, con i medici di famiglia che lavorano sette giorni su sette. Questo è quello che è stato annunciato. Ma se non si trovano le risorse quegli annunci rischiano di rimanere solo slogan vuoti di ogni contenuto». Slogan vuoti e sanità al collasso. Questo il presente, il futuro potrebbe essere ancora più nero. «La sostenibilità futura del Servizio sanitario nazionale potrebbe non essere garantita», ha dichiarato nei giorni scorsi il premier Mario Monti, provocando polemiche e reazioni. La Cgil, in maniera netta, aveva replicato: è ormai chiaro che vogliono privatizzare la salute. Ieri il presidente del consiglio ha parzialmente rettificato quella frase: «Sostenere che si deve rendere il servizio pubblico pienamente sostenibile non ha nulla a che vedere con una logica di privatizzazione. Il diritto alla salute e l’organizzazione pubblica dei servizi sono requisiti irrinunciabili». Ma, ha aggiunto Monti, per mantenere il servizio sanitario nazionale è necessario introdurre le «innovazioni e gli adattamenti che la situazione richiede». Se sulle risorse da trovare e sul come trovarle restano molti dubbi, sui tagli c’è piena certezza. Per il 2013 ammontano complessivamente a un miliardo. Tagli «inaccettabili», per le Regioni che ieri, in un documento approvato sulla legge di stabilità, durante la Conferenza delle Regioni, hanno chiesto al governo di «ritornare ad un livello di finanziamento per il 2013 del Fondo sanitario nazionale pari almeno a quello dell ’anno precedente».

da Pubblico

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