5Casini Cesa

di Alfonso Gianni
Si possono ovviamente avere diverse opinioni nel merito delle cose dette da Pierferdinando Casini nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera lo scorso lunedì, ma si deve convenire che il leader di antica scuola democristiana ha parlato chiaro. L’impressione non è certo quella di un’intervista occasionale, ma di un atto politico meditato e preparato. La sua scelta è netta. L’alleanza dei progressisti con i moderati costituisce la sua riposta tanto ai tentativi di riorganizzazione della destra, con l’immancabile ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi, quanto al flop elettorale del Terzo Polo verificatosi nelle recenti elezioni amministrative. Nello stesso tempo essa rappresenta un tentativo di stanare l’attuale leadership del Pd da ogni tipo di atteggiamento reticente e attendista. Infine, e non è cosa da poco, Casini si rivolge al mondo cattolico e più in particolare a quella parte particolarmente attiva che si è manifestata nei convegni di Todi. Esclude esplicitamente la necessità della costruzione di un nuovo partito cattolico, ma nello stesso tempo evita di considerare sufficiente la presenza dei cattolici là dove essi sono già posizionati. Avanza quindi, e qui toni e contenuti dell’intervista si fanno di necessità più sfumati, l’idea del cosiddetto Partito della Nazione, ovvero di una nuova offerta politica fatta “di cattolici e laici, politici e professori, di nuovi e vecchi”. La stoccata ai vari Matteo Renzi è evidente e resa palese in altra parte della intervista.
I tempi della “uscita” di Casini vanno ovviamente messi in relazione all’involuzione della situazione politica e alla perdita di appetibilità del governo in carica. Tanto più che appare improbabile giungere in tempi utili a una riforma elettorale che porti a qualche modifica sostanziale all’impianto del Porcellum. Quindi, quando si voterà, le regole del gioco saranno quelle, a cominciare dall’obbligo di fatto alle coalizioni, al massimo con qualche ritocco irrinunciabile per non scatenare ulteriormente il già crescente assenteismo del corpo elettorale, come l’introduzione di una preferenza, come esplicitamente dice lo stesso Casini. Se poi, circostanza da non escludere, tutto dovesse precipitare di fronte a una perdita di credibilità del governo Monti, a seguito di una conclusione del tutto negativa rispetto alle pallide richieste italiane del vertice europeo di Bruxelles del prossimo 28-29 giugno, e quindi si dovesse giungere ad elezioni anticipate autunnali, il margine temporale e soprattutto politico di qualsiasi tipo di modifica elettorale si chiuderebbe del tutto.
Le reazioni di parte Pd alla sortita di Casini sono state favorevoli, pur non riuscendo a nascondere un certo qual spiazzamento. Il giorno dopo un’intervista di Franceschini ha sintetizzato questo stato d’animo, giocando altresì la carta di un’inclusione di Sel in una alleanza che da quest’ultima raggiungerebbe l’Udc, e mettendo in forte dubbio la congruità della presenza dell’Idv in uno schieramento sì fatto. Il centrosinistra si aprirebbe a destra accentuando in senso moderato immagine e contenuti, oltre che derubricare la questione delle primarie che Casini non vuole.
La replica ora spetta alla sinistra. Mettendo insieme l’intervista di Casini e quella di Franceschini si ha uno snaturamento completo del centrosinistra, un suo seppellimento di fatto. La preponderanza delle tesi moderate, ovvero quelle del tutto in linea e continuiste rispetto alla politica e alle scelte concrete attuate dal governo Monti, è evidente.
D’altro canto lungo questa settimana sarà ulteriormente sancita e santificata dai voti di fiducia alla controriforma del mercato del lavoro che dovrebbe costituire il viatico con il quale Monti dovrebbe presentarsi al vertice europeo, ma che non gli varranno sconti all’intransigenza rigorista capitanata dalla Merkel. Allo stesso tempo una simile impalcatura di relazioni politiche e visioni programmatiche, costituisce un’ulteriore garanzia per le elite politico-finanziarie europee di una piena acquiescenza del parlamento italiano quando si tratterà di ratificare il famigerato fiscal compact.
Il tempo del surplace è finito. La sinistra che c’è deve battere un colpo. A Sel, quale principale forza tutt’ora in campo, spetta in primo luogo l’onere di avanzare una proposta a tutta la sinistra diffusa, quella che si riconosce in altre forme partitiche o che si organizza sul territorio. Al punto cui sono arrivate le cose, questo è il compito principale, prioritario rispetto alla stessa relazione con il Pd. L’obiettivo non può essere la vittoria elettorale a qualunque prezzo, ivi compreso l’assorbimento nel modo di pensare e di agire di chi si vorrebbe sconfiggere.
L’obiettivo di una sinistra moderna è come condurre il nostro paese e l’Europa fuori dalla più grave crisi della storia del capitalismo occidentale (così è per il nostro vecchio continente) senza un massacro sociale, una decurtazione dei diritti, un ulteriore prosciugamento della democrazia. La collocazione al governo o all’opposizione è ovviamente importante, ma non dirimente a questo riguardo e quindi nessuna delle due può essere assunta di per sé come una discriminante.
Seppure in condizioni assai diverse, con contenuti e modalità differenti – ma non opposti – nonché con esiti finali di quadro politico fra loro distanti, la recente esperienza della sinistra francese e di quella greca dimostrano che si può mantenere una coerenza di comportamenti e di programmi, fuggendo ogni sclerosi identitaria, e nello stesso tempo ottenere larghe affermazioni. Anzi di più, si può creare un nuovo senso nella società e non solo ricercare consensi. La ostinata ricerca rabdomantica di un mitico, quanto inesistente, centro sociale e politico non ha pagato in quei due paesi e non lo farà nel nostro, a meno che non si pensi di vincere le elezioni agitando lo spauracchio del grillismo o puntando cinicamente sull’incremento delle astensioni, come è avvenuto nelle ultime elezioni amministrative. Sarebbe il colmo del ridicolo se al posto dei volti dei rappresentanti del mondo finanziario e delle multinazionali che puntano allo scontro diretto con i lavoratori e il sindacato sul modello di Marchionne, dei teorici e dei politici del neoliberismo e del rigore, che hanno condotto il mondo in questa spaventosa crisi, l’immagine del nostro avversario prendesse le sembianze del comico genovese
da paneeacqua.info

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