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di Fausto Sorini

Cipro è l'unico paese dell'Unione europea ad avere un Presidente comunista, il compagno Dimitris Christofias, e dal 1° luglio presiederà per 6 mesi il Consiglio dell'Ue. Certo non potrà far molto, dati i rapporti di forza e di classe interni all'Unione, ma un esempio di come affrontare con senso della dignità e sovranità nazionale, il presidente compagno ce l'ha dato nei giorni scorsi. Il Corriere della Sera (26 giugno 2012) ci informa che “il governo cipriota, che necessita di un'assistenza finanziaria pari a circa 4 miliardi di euro, oltre che rivolgere la sua richiesta agli istituti finanziari dell'Ue per una cifra pari a 1,8 miliardi di euro, si è rivolto anche ad altri paesi extra-Ue come Russia e Cina per accordi bilaterali di aiuti”.

E, scrivono il Corriere e il Sole 24 ore dello stesso giorno, che “da Mosca Cipro ha già ricevuto 2,5 miliardi”, e sarebbe “orientata a chiederle un secondo prestito bilaterale fra i 3 e i 5 miliardi”. Tali prestiti, come è noto per chi conosce le regole cui si attengono i Paesi del BRICS, vengono concessi senza quelle condizioni capestro in termini di interessi, vincoli e pretese di interferenza nella politica interna dei paesi interessati, con modalità assai diverse da quelle in uso nell'Unione europea e nella BCE, che sborsano a condizione che i paesi destinatari del credito si assoggettino a quei rigidi diktat di massacro sociale e di rigore in versione “fiscal compact” che abbiamo visto operare nel caso estremo della Grecia, ma anche nell'Italia del governo Monti.
Questa logica – al di là del merito – umilia e vanifica la sovranità nazionale dei singoli paesi; sovranità che in nome dell'”Europa politica più integrata e federale”, i poteri forti di questa Ue neo-imperialista ed euro-atlantica vorrebbero rendere ancora più subalterni agli interessi dei centri dominanti del capitalismo europeo (altro che “Europa dei popoli”!). Nessuno si faccia fuorviare da certa retorica “europeista” che a volte viene bevuta anche a sinistra senza il minimo senso critico: questa Unione europea “più politica e integrata” che proprio in questi giorni hanno discusso a Bruxelles i vari Merkel, Hollande, Monti, Cameron, con la benedizione del presidente Obama e del nostro Napolitano, è una Unione in cui, per dirla sempre col Corsera, “Bruxelles potrà riscrivere i bilanci dei singoli Stati”; per cui “la Finanziaria di uno Stato che abbia i conti in disordine sarà esaminata in Europa prima ancora di approdare in Parlamento”. E “sarebbe di fatto riscritta a Bruxelles se non convince, e con la pena di multe salate se non si adeguasse”.Ecco perchè la piccola Cipro indica le linee generali di una ipotesi alternativa che potrebbe valere anche per l'Italia, se essa fosse guidata da un governo non succube della Nato e della Ue. Stare o non stare nell'UE e/ nell'euro, non è un dibattito che può essere impostato in modo astratto (la Svizzera e la Norvegia non fanno parte dell'Ue ma sono fortemente integrate nella politica del continente; idem per la Svezia e la Gran Bretagna che sono nell'Ue ma non fanno parte dell'eurozona...). Né tale dibattito può essere risolto con battute semplicistiche secondo cui Ue e euro sono tabù intoccabili, soprattutto a sinistra, che non tengono conto che l'Ue di oggi, nella crisi mondiale, è divenuta cosa assai diversa di quella che fu l'idea di Europa dall'Atlantico agli Urali che in un contesto storico completamente diverso da quello presente affascinò (e illuse) anche alcune personalità di indiscusso profilo progressista, socialdemocratiche e non. La socialdemocrazia liberale europea di oggi, nella sua grande maggioranza e nei suoi assi portanti, non è portatrice di un disegno sostanzialmente alternativo di Europa rispetto a quello delle forze conservatrici imperniate sul Partito popolare europeo: e nel contesto italiano ciò viene messo in luce dalla straordinaria sintonia in materia di Ue che plasticamente ci trasmette il patto strategico tra Casini e Bersani, che in questo profilo “europeista” si colloca organicamente.Siamo chiari: non stiamo ammiccando a rigurgiti di tipo nazionalista o isolazionista che sarebbero fuori dalla storia. Il vero dibattito (e scontro) mondiale sulle questioni valutarie allude ormai – grazie alla spinta che viene dai BRICS, dal Giappone, e soprattutto dalla Cina - all'esigenza secondo cui è ora di porre fine - sia pure gradualmente e possibilmente senza pagare il prezzo di una terza guerra mondiale – al signoraggio neo-imperialista di certe valute (e di certi paesi) rispetto ad altri. Il tema all'ordine del giorno è ormai quello di un sistema valutario internazionale concordato mondialmente e che inevitabilmente porti con sé la fine del primato del dollaro, ma anche di un euro sempre più dominato da un rinascente imperialismo tedesco che – in un contesto dialettico di competizione-concertazione con l'alleato americano - vuole ormai dettare le sue condizioni ai popoli europei.Quello che la piccola Cipro ci indica, in piena autonomia dalla Nato e dai condizionamenti più pesanti di questa Ue di cui essa pure fa parte, è l'esigenza di una diversificazione delle proprie relazioni economiche, politiche, finanziarie dentro e fuori la Ue, con una sguardo attento ai BRICS e a quelle grandi potenze emergenti, come Russia e Cina, che, diversamente dai poteri forti della Ue, concedono prestiti (si pensi alla politica cinese in Africa) senza pretendere di interferire nella politica economica interna dei paesi debitori: semmai stabilendo con essi rapporti di cooperazione mutualmente vantaggiosi, nel rispetto rigoroso delle rispettive sovranità, così come dovrebbe essere in un nuovo ordine mondiale democratico, di cooperazione e di pace. Che non è certo quello che oggi ci viene prefigurato dalla cosiddetta “comunità euro-atlantica” di cui l'Italia e il suo governo sono ancora scandalosamente succubi. E che mentre tratta a Bruxelles come contemperare gli interessi dei poteri forti dei vari paesi, si prepara alla guerra alla Siria.

da Marx21

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