Il Documento 1 mi piace molto. In primo luogo perché indaga a fondo sulla fase storica, a livello strutturale e sociale, a livello internazionale e nazionale (ciò che chiamiamo, con spirito di ricerca, crisi costituente della globalizzazione liberista). In secondo luogo perché questa ricerca segna il passaggio dalla fase delle resistenza e della difficile sopravvivenza (congresso di Chianciano) a quella della ricostruzione delle fondamenta di un progetto rivoluzionario (“futura umanità”). In terzo luogo perché mette al centro il tema della costruzione della soggettività organizzata anticapitalista, del partito comunista, sottolineando anche il ruolo del polo autonomo ed indipendente della sinistra alternativa; quest’ultimo, infatti, non può essere considerato solo campo di alleanze partitiche, magari in funzione elettorale, ma connessione fra politica, conflitti sociali, culture e saperi collettivi, con l’individuazione della socializzazione, dell’autogestione, dei valori d’uso dei beni comuni come paradigmi fondativi. Alla crisi organica del capitale, insomma, non rispondiamo con una cultura minimalista e tardo riformista né tantomeno con una cultura catastrofista (il capitale, infatti, non morirà da solo) ma con la “critica dell’economia politica”. Nel Documento 1 l’attualità di Marx viene indicata, non a caso, come punto di riferimento analitico ed ideale (ma anche immediatamente politico – sociale) per la formazione di una nuova generazione di ragazzi e giovani comunisti. L’attualità del comunismo, nel Documento, non viene ipostatizzata come ideologismo massimalista del comizio domenicale; essa traccia, invece, un percorso progressivo, certo difficile ma qualificato. Che parte, ad esempio, dall’analisi della crisi del debito come limpido esempio di lotta di classe padronale e ricollocazione dei poteri forti su scala internazionale (e, quindi, anche nazionale: basti pensare al programma della Confindustria e ai cinque punti programmatici di Montezemolo). La Banca centrale europea usa la frusta del debito come “vincolo esterno” per mettere in riga il proletariato ed emarginare le risorgenti critiche anticapitaliste spesso ridotte a problemi di ordine pubblico dentro una democrazia che diventa sempre più formale ed autoritaria e che subisce una torsione verso uno stato penale globale. Il capitale diventa il vero detentore della sovranità anche statuale commissariando i governi che sono, fra l’altro, consenzienti. Noi siamo parte integrante di un movimento transnazionale che esprime una potenza sociale alternativa e che non può essere strumentalizzato per ipotesi di primarie plebiscitarie all’interno del sistema bipolare maggioritario né per governi di mera alternanza che assumono come programma il diktat della Bce. La soggettività organizzata anticapitalista sorgerà sull’ipotesi di connessione della varie forme del lavoro, della precarietà, della lotta al patriarcato, dei saperi, delle culture, delle conoscenze negate. Siamo di fronte al paradosso di un governo Berlusconi che viene licenziato dagli stessi padroni. Costruire l’alternativa significa, come pregiudiziale, respingere al mittente la lettera liberista di Trichet e Draghi. Il “nuovo ulivo” è il luogo compiacente in cui irrompe, in maniera devastante, il programma della Bce. Noi siamo portatori di un altro punto di vista. Siamo, senza tentennamenti, nei comitati che pongono, in Europa, come negli stati Uniti, come in America Latina, il tema della insolvenza, del non pagamento del debito, della Patrimoniale, del reddito sociale, del “che cosa, come, per chi produrre”. Non banalizziamo, allora, la nostra discussione riducendola nell’imbuto delle alleanze elettorali. E’ una coazione a ripetere disastrosa e diseducante.
Giovanni Russo Spena direzione nazionale