Sandro Targetti*
Le dimissioni di Berlusconi e la nascita del Governo Monti rappresentano un passaggio rivelatore delle reali volontà dei poteri dominanti: cambiare “cavallo”per dotarsi di un governo “tecnico” bipartisan che garantisca con maggiore efficacia i diktat delle banche. In questo contesto le destre, PdL e Lega, sia pur in difficoltà e con diverse collocazioni rispetto a questo governo, cercheranno in modo demagogico di recuperare consensi, scaricando sul Pd e sul centro moderato la responsabilità dei provvedimenti più impopolari, in vista delle prossime elezioni. Con la fiducia a Monti, il Pd conferma peraltro quanto ormai sapevamo da tempo, ovvero tutta la sua internità alle compatibilità del capitalismo.
Ricostruire l’opposizione di classe, collegare e rafforzare le diverse lotte, prospettare un’alternativa di sistema ed uno sbocco politico fuori dal bipolarismo: solo così è possibile contrastare la macelleria sociale, agire sulle contraddizioni del centrosinistra e impedire una nuova deriva reazionaria che strumentalizzi la protesta popolare in mancanza di un credibile riferimento a sinistra.
Questo è il nostro compito, un ruolo che avremmo dovuto svolgere fin dal Congresso di Chianciano, praticando la svolta a sinistra e il radicamento nella società, proprio mentre avanzava la crisi economica, da cui il capitale potrà uscire solo con un grande massacro sociale.
E invece nel documento 1, accanto alla giusta riproposizione dell’attualità del comunismo e ad analisi anche condivisibili sulla crisi, mancano poi scelte conseguenti ed in particolare un bilancio rigoroso della esperienza di questi tre anni (come l’operazione politicista della FdS, l’ambiguità delle posizioni sindacali, gli accordi di governo locale col Pd), una esperienza di doppiezze che hanno ancor più logorato la nostra credibilità, il nostro insediamento sociale ed il rapporto con i movimenti più significativi. Le uniche indicazioni operative, il “Fronte Democratico” col Pd e le “primarie di programma”, che avevamo già definito sbagliate e fuori dalla realtà, vengono oggi spazzate via dagli ultimi avvenimenti. La Direzione Nazionale ha dovuto riaprire la discussione, registrando anche una spaccatura all’interno della maggioranza (vedi documento delle compagne Forenza e Barbarossa). Ribadiamo con chiarezza che non possono bastare piccoli aggiustamenti, ma serve una netta svolta di linea politica, per salvare il ruolo ed patrimonio di militanza del Prc. Questo significa: riaggregare su basi e contenuti diversi dalla FdS una sinistra anticapitalista che assuma come referenti i soggetti sociali, politici e sindacali che hanno caratterizzato il 15 ottobre e le diverse esperienze di resistenza alla crisi in tutta Europa, fino a quelle del 17 novembre, dunque con un chiaro profilo indipendente e alternativo al Pd ed al bipolarismo; riprendere, su questa linea e nel vivo delle lotte, il percorso della rifondazione-ricostruzione di un partito comunista per superare senza scorciatorie politiciste l’attuale frammentazione e ristabilire una sostanziale coerenza tra organizzazione e finalità del nostro agire politico, facendo tesoro degli errori e delle esperenze passate.
Questo, per noi, è il compito dell’VIII° congresso di Rifondazione Comunista ed il significato del sostegno al documento 3. Per l’opposizione di classe e l’alternativa di sistema! Contro le destre, alternativi al centrosinistra, fuori dai diktat della Bce e del Governo Monti!
*comitato politico nazionale