Roberta Fantozzi*
In Grecia, impedito il referendum, si insedia un governo di “grande coalizione”. In Italia, impedite le elezioni, si insedia un governo “tecnico”, sostenuto da un “grande coalizione”. In entrambi i casi a capo degli esecutivi sono figure diretta espressione delle élite del finanzcapitalismo. La risposta alla crisi del neoliberismo nel segno della radicalizzazione di quelle politiche, produce la messa in discussione della democrazia nelle forme in cui l’abbiamo conosciuta. Già erosa dall’impianto neoliberista della costruzione europea, la democrazia è messa sotto scacco dall’Euro Plus Pacr e dall’uso della speculazione come vincolo esterno. Dal bipolarismo della II Repubblica si prefigura un’uscita nel segno della reductio ad unum. Il governo Monti tiene il paese all’oscuro dell’agenda che “impressiona” Angela Merkel, schierandosi concretamente con lei contro la sola proposta in grado nell’immediato di contrastare la speculazione all’attacco di tutti i paesi: la trasformazione della Bce in prestatore di ultima istanza con l’acquisto diretto dei titoli degli stati membri. Scelta che abbiamo sostenuto fin dall’esplosione della crisi greca, e che oggi trova consensi sempre più ampi. Ho richiamato tutto questo perché fin dall’inizio del congresso ho considerato centrali nel Documento 1 quelle parti che lo svolgimento del congresso ha relegato in secondo piano, in una discussione che ha visto troppe volte nuovamente dare preminenza alla proposta di alleanza elettorale. Una proposta che era giusto fare, nella stagione berlusconiana, per porsi in una qualche connessione con il sentire diffuso e data la legge elettorale, ma che non è mai stata l’asse strategico del documento. Ne è vero che la nascita del governo Monti sarebbe la dimostrazione di una scarsa capacità di previsione, giacché quella possibilità era chiaramente presente tanto da farci scrivere «I poteri forti stanno operando per dare uno sbocco politico di destra alla crisi del berlusconismo, in nome della salvezza della nazione. Il loro primo obiettivo è sostituire l’impresentabile Berlusconi, ricostruendo la sintonia con la leadership europea della Merkel e della Bce… Da qui nascono i tentativi di scalzare Berlusconi sostituendolo con un governo tecnico-istituzionale, evitando ogni spostamento a sinistra».
La sottolineatura di questi punti serve per indicare una necessità. Quella di usare le conclusioni del nostro congresso per recuperare fino in fondo il senso che avevamo voluto attribuirgli: una «cassetta degli attrezzi» per un partito che sappia farsi «portatore di una critica dell’economia politica del capitalismo attuale e individui i concreti obiettivi di fase», indispensabile a contrastare i processi di “naturalizzazione” della crisi che dobbiamo sconfiggere nel senso comune, perché la sofferenza sociale si trasformi in soggettività conflittuale. Quello di una ripresa della ricerca sulla rifondazione comunista, per uscire dalla resistenza e ricostruire un immaginario della trasformazione, perché un’alternativa di società viva come desiderio. E la necessità urgentissima di un salto di qualità nella costruzione della sinistra di alternativa, cuore vero del documento. Che abbia la capacità di vedere la difficoltà strategica che conosce oggi, non la nostra proposta politica, ma quella di chi ha investito tutto sull’internità al centrosinistra ed usare quella contraddizione per riaprire una discussione. Che investa con nettezza nell’opposizione al governo Monti, nella costruzione del movimento e di luoghi permanenti di connessione tra le soggettività.
*segreteria nazionale