di Antonio Sciotto
Per il sindacato guidato da Landini l'azienda e i firmatari del contratto sono pronti ad accettare tagli e salari individuali.
Le rassicurazioni di Sergio Marchionne da Detroit, l'acqua sul fuoco gettata da Cisl e Uil sono serviti a poco: alla Fiat la tensione è sempre più vicina ai livelli di guardia, e dall'annuncio della cassa integrazione a Melfi è stato un precipitare di paure e domande: che fine faranno gli stabilimenti italiani? Non è che la cassa verrà utilizzata per licenziare? Il sospetto, pressante, è stato messo ieri nero su bianco da Michele De Palma, responsabile Fiom per l'auto, che in una nota molto articolata ha dato corpo ai timori delle tute blu: «Il nuovo piano Fabbrica Italia prevede licenziamenti e cancellazione dei minimi», spiega il responsabile Fiom, «con l'accettazione di Fim, Uilm, Fismic e Uglm».
di Ro. Ci
I dati Ocse confermano la quarta posizione dell'Italia nella classifica europea sulla disoccupazione giovanile. Il bollettino pubblicato ieri fissa la quota relativa al 37,1%, di poco inferiore alla disoccupazione dei giovani portoghesi (38,7%), mentre sono ancora irraggiungibili la Grecia con uno spaventoso 57,6% e la Spagna con un altrettanto inquietante 56,5%. Nell'area euro la disoccupazione ha toccato il record del 11,8% con una crescita initerrotta da giugno 2011. A novembre 2012 erano 48,2 milioni i senza lavoro, 13,5 milioni in più dall'inizio della crisi nel luglio del 2008..
Sono gli stessi dati rivelati la scorsa settimana dall'Istat che oggi trovano una conferma rispetto alla media dei paesi Ocse, ferma ad un non meno rassicurante 24,4%, in crescita di 0,2 punti percentuali rispetto all'ultima rilevazione di ottebre 2012.
di Daniela Preziosi
«Dateci un voto meravigliosamente inutile, sono visceralmente stufo di vivere nella società dell'utilitarismo. E poi, a chi chiede un voto utile, risponderei: utile a chi? A cosa?». L'aggettivazione, la prosa, il ritmo sono inconfondibili. È il 5 aprile 2008, Nichi Vendola, presidente della Puglia al primo mandato, chiede un voto per l'Arcobaleno, «la fabbrica della speranza» nel frattempo cannoneggiata dagli appelli al «voto utile» di Walter Veltroni e compagni democratici. Andò come andò, la sinistra e la speranza finirono - temporaneamente, ci auguriamo - asfaltate. L'appello al voto utile, disinvoltamente utilizzato a destra e a sinistra, si laureò come arma letale sull'elettore atterrito dai crolli del governo e dalla frammentazione dei partiti.
di Pasquale Videtta
Sui social network, quando un dirigente del Pd dice cose che profumano poco di sinistra, è matematico leggere tra i militanti di Sel una frase che è diventata come il «ce lo chiede l’Europa»: «per questo bisogna votare il nostro partito». Buono per ogni stagione, il «per questo bisogna votarci» viene ripetuto come un mantra: il Pd dice no alla pasta al pomodoro? «Per questo bisogna votarci. C’è una pasta al sugo migliore». Franceschini dice che la coca cola è migliore della Pepsi? «Per questo bisogna votare Sel. La solita coca cola #OppurePepsi».
In ordine di tempo, il candidato dei «progressisti» (la parola «sinistra» è ormai considerata una bestemmia) Pier Luigi Bersani ha detto: sì al Tav e «nessuno può mettere l’opera in dubbio» (9 Marzo 2012); no ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, travisando le effettive parole di Obama, rinforzate dal sostegno ufficiale del Democratic Party (31 Agosto 2012); no al ripristino dell’art.18 (10 Dicembre 2012),
di Carmine Gazzanni
Silvio Berlusconi continua ad occupare tutti i canali televisivi saltando da una rete all’altra (ma il copione, sempre lo stesso, non sta dando i risultati sperati); Mario Monti è ormai un politico a tutti gli effetti (di quelli da evitare) e lancia insulti e offese a destra e a manca; Pier Luigi Bersani, forse cosciente di una vittoria al momento scontata, se ne sta acquattato per non rischiare di aprir bocca e perdere voti; Beppe Grillo preferisce la strada dell’insulto facile a Giovanni Favia confondendosi, suo malgrado, con la bassa politica degli ultimi giorni.
Il teatrino insomma è ricominciato. Più basso che mai.