di Alberto Burgio
Se c'è un elemento caratteristico dell'attuale fase politica, questo è la potenza determinante del sistema mediatico. L'Italia, l'Europa, tutto il mondo capitalistico sono nella morsa di una crisi che sta scomponendo le società. Da una parte, la povertà vera. Strutturale, dilagante, senza prospettive di riscatto. Dall'altra, la concentrazione in poche mani di ricchezze immense, intraducibili in misure concrete. In mezzo, aree sociali precarizzate, che vedono messi a rischio i fondamenti stessi della propria condizione di vita: il reddito, l'occupazione, i diritti essenziali.
Ma se il quadro è di per sé limpido nella sua violenza, l'opinione pubblica non riesce a farsene un'immagine chiara, e non sa intravedere vie d'uscita. Oscilla tra angosce apocalittiche e attese fideistiche di uomini provvidenziali (si pensi alla santificazione di Monti al momento della sua incoronazione), appesa alla girandola di numeri che le viene quotidianamente propinata.
di Matteo Pucciarelli
Punto e a capo, siamo alle solite. Uno spettro si aggira per le nostre case. Non è il comunismo, ma il “voto utile”. C’è un altro “ma”, però. Perché più che il “voto utile”, bisognerebbe considerare la presenza del “voto inutile”: pensare di dare un voto di sinistra a chi si allea il giorno dopo le elezioni con Monti – cascasse il mondo, lo ha detto Pier Luigi Bersani – ecco, quello mi sembra un atto abbastanza inutile.
Bisognerebbe tornare indietro con la memoria e ricordarsi di come andò a finire l’ultima volta che si parlò del “voto utile”: chi votò “utilmente”, quella volta, si rese complice di molteplici crimini, tra i quali aver portato in Parlamento Massimo Calearo, Paola Binetti, svariati radicali sempre attenti a salvare più volte la maggioranza di Berlusconi, e una vasta gamma di trasformisti un tanto al chilo.
di Franco Frediani
Prima o poi doveva accadere. Quello che ci sorprende è lo stesso "sorprendersi"(scusate il gioco di parole..) riguardo alla notizia veicolata dai media in queste ore, soprattutto ieri, lunedì 14 gennaio. Evidentemente, Rivoluzione civile, la lista capeggiata da Ingroia, sta raccogliendo più consensi di quanto "qualcuno" si aspettasse; tanto da spingere i vertici del centrosinistra (con il PD in testa) a "pressioni mascherate" e poi smentite, nei confronti di questa nuova Realtà politica! Fin qui siamo ancora nella premessa e nella cronaca. Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad un vero e proprio spostamento dei luoghi della discussione politica. Attraverso la stampa "amica" sono stati inviati messaggi di chiaro stampo "calmierante", all'indirizzo dello stesso ex premier, che si vorrebbe "coinvolgere" dopo il risultato scaturito dalle urne.
di Checchino Antonini
Sarà Rivoluzione civile anche nel Lazio. E correrà da sola, in piena autonomia dal Pd. Un sondaggio riservato nelle mani di Zingaretti la darebbe già al 5,5%.
L'incontro tra Zingaretti e Ingroia non ha portato risultati alla sortita unitaria dell'ex pm di Palermo che, alla vigilia dell'incontro s'era augurato che potesse riuscire con il candidato presidente del centrosinistra «quello che non è riuscito con Bersani». L'ex presidente della Provincia lo aveva quasi gelato: «Se dovesse nascere una lista civica regionale che fonda la propria identità su un programma comune locale certamente potrà svilupparsi un dialogo». Ma in mezzo c'è la questione delle politiche: Zingaretti sarebbe stato fortemente in imbarazzo ad avere nella scheda un simbolo che, a livello nazionale, si presenta come alternativo alla sua coalizione di riferimento.
di Giovanni Russo Spena
Con Prospero Gallinari ho avuto, dall'inizio degli anni '90, un rapporto intenso. Le scelte politiche ed il vissuto di Prospero erano, certo, molto differenti dalle mie scelte. Prospero fondatore e dirigente delle Brigate Rosse; io, comunista pacifista e libertario, che ho sempre pensato il conflitto, anche il più radicale, come totalmente «altro» rispetto alla lotta armata. Eppure ho imparato a comprendere la dignità di Prospero, a maturare rispetto nei suoi confronti.
Lo conobbi all'inizio degli anni '90, in una delle frequenti visite in carcere. Soffriva molto di patologia cardiaca, ma rifuggiva da autocommiserazioni e vittimismi. Nacquero settimanali discussioni, tra due percorsi di vita differenti. Da un lato un pacifista che riteneva il cortocircuito della lotta armata un sostitutismo, una espropriazione dei movimenti, la prospettazione implicita (nel raccordo tra mezzi e fini) di una società comunista autoritaria.