da Pubblico
Conto alla rovescia per la formalizzazione del movimento degli Arancioni, con in campo l’ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. Più di un rumor visto che secondo Skytg24 il magistrato avrebbe chiesto l’aspettativa al Consiglio Superiore della Magistratura per motivi elettorali.
Le elezioni politiche in Italia «si terranno anticipatamente», dice il procuratore aggiunto di Palermo. «Ad oggi, però, non ho deciso di essere in lizza per le consultazioni che daranno un nuovo Parlamento e un nuovo governo al nostro Paese. Sto ancora riflettendo, ma venerdì 21 dicembre saro’ a Roma per illustrare il manifesto ‘Io ci sto’ di cui, peraltro, sono il primo firmatario».
Il magistrato era stato invitato nei giorni scorsi dal leader del movimento arancione, Luigi De Magistris, a candidarsi premier.Ingroia è infatti il primo firmatario del Manifesto “Io ci sto”, insieme ai sindaci di Palermo, Leoluca Orlando e di Napoli, Luigi de Magistris, in rappresentanza del Comitato promotore.
(Di seguito l’appello con 70 firme fra le quali Fiorella Mannoia, Piergiorgio Oddifreddi e Gino Strada). Le prossime elezioni politiche saranno un momento costituente per la ricostruzione del nostro paese: dalla nuova legislatura – se ci impegneremo tutti – può nascere un’Italia più civile, più onesta, più giusta. Che sostiene il pubblico e non il privato, rifiuta la guerra, combatte davvero la corruzione e l’evasione.
Ad aprire questa porta verso il futuro saranno i cittadini e le cittadine: non le banche, non i poteri forti, non le cancellerie europee.
Nelle ultime settimane si è andata formando, per molti versi in modo spontaneo e fuori dagli apparati dei partiti, un’area civica e politica che si ispira alla pagina più bella della storia italiana recente: quella dei referendum vittoriosi sull’acqua, sul nucleare e sul legittimo impedimento; quella dei nuovi sindaci che hanno vinto a sorpresa in tanti comuni piccoli e grandi.
di Gaetano Azzariti
È tempo di primarie. Sembra proprio che i partiti esangui della sinistra abbiano trovato una formula magica per superare d'emblée la crisi d'identità nel quale versa l'intero sistema politico. In fondo la soluzione di tutti i problemi è apparsa la più semplice: chiamare a raccolta il popolo della sinistra. E questo ha risposto in massa.
Inebriati dal buon risultato, le primarie nel campo progressista stanno diventando la regola aurea per la selezione del ceto politico. È bene che sia così? Saranno queste a salvare i partiti e quanto resta della sinistra? Forse è opportuna qualche riflessione di sistema che guardi oltre al successo del contingente.
Cominciamo con il dire, allora, che le primarie sono state per la sinistra una scelta obbligata. "Non potevano non farsi", vista l'incapacità delle forze politiche di dare soluzione ai conflitti interni, in particolare tra Renzi e Bersani, ma, più in generale, tra le diverse anime che coesistono senza integrarsi all'interno del Pd.
di Luca Fazio
Umberto Ambrosoli, il giorno dopo la vittoria, ha cominciato a mettere le mani avanti sapendo a quale tipo di abbraccio verrà sottoposto nei prossimi giorni. «La mentalità per cui si salta su carro del vincitore chiedendo posti e potere da oggi non vale più». I partiti del centrosinistra sono avvisati e dovranno muoversi con cautela perché il candidato alla Regione Lombardia potrebbe rivelarsi un osso più duro del previsto. Ambrosoli dice che «riconosce il ruolo fondamentale dei partiti» ma aggiunge anche «ho avuto come punto di riferimento il mondo dell'associazionismo e quindi immagino una squadra che abbia tutte queste componenti».
Non siamo ancora alla lista dei nomi, ma sembra un segnale poco incoraggiante per Pd e Sel, le formazioni che hanno scelto di stare con l'avvocato moderato che vuole allargare - verbo che piace al sindaco Pisapia - soprattutto alla società civile e... al centro.
di Anna Maria Merlo
«Non dimenticare l'elettorato popolare», che ora fa i conti con la realpolitik
Quindici deputati di base del Partito socialista hanno pubblicato un appello indirizzato a François Hollande, per sollecitarlo a «non dimenticare l'elettorato popolare», che «ha svolto un ruolo-chiave» nella sua elezione all'Eliseo. I deputati di base protestano contro la svolta social-liberale del governo e chiedono una politica che tenga conto dell'«aspirazione legittima dei salariati e degli operai modesti a migliorare le loro condizioni materiali di vita».
La lettera è uno dei sintomi del malessere che sta vivendo la sinistra, che ha vinto le elezioni nel maggio (presidenziale) e giugno (legislative) scorsi. Il Senato, con i voti del Parti communiste français (Pcf) e anche dei Verdi (oggi hanno due ministri nel governo Ayrault), che si sono uniti all'opposizione di destra, ha respinto la principale misura della rettifica alla finanziaria 2013: il Cice, il Credito di imposta competitività e occupazione.