Il governo tecnico che avrebbe ‘salvato’ il Paese lascerà una eredità pesantissima ai successori. Il quadro dipinto dall’Istat per il futuro prossimo è devastante.
L’Istituto nazionale di statisctica prevede per il 2012 una riduzione del Pil pari al 2,3, mentre per il 2013, nonostante l’attenuazione degli impulsi sfavorevoli ed un moderato recupero dell’attività economica nel secondo semestre, la variazione media annua dovrebbe mostrare un calo dello 0,5.
Secondo l’Istat la fase di debolezza ciclica, unita alle incertezze legate alle elezioni politiche del prossimo anno, si tradurrà in “significative riduzioni del reddito, con conseguenze negative anche sul tasso di risparmio”.
In Italia la Cgil ha proclamato quattro ore di sciopero generale “per il lavoro e la solidarietà contro l’austerità” da gestire a livello territoriale.
La Confederazione europea dei sindacati (Ces) denuncia: oltre due anni di politiche di austerità non hanno prodotto crescita e la disoccupazione è aumentata, in particolare tra i giovani.
Le tanto sbandierate politiche a favore della crescita sono molto lontane dall’essere realizzate. I pacchetti di bilancio proposti e attuati nei vari Paesi del sud dell’Europa aggravano la recessione economica: pochi sono i Paesi che si salvano e nessun Paese è indenne.
di Emiliano Brancaccio
L’aspetto più inquietante dell’ultimo rapporto Istat non risiede nella notizia che la disoccupazione in Italia ha fatto registrare l’ennesimo picco. L’allarme principale riguarda il 2013: per l’anno prossimo l’istituto nazionale di statistica prevede ancora recessione e un incremento ancor più accentuato dei senza lavoro. L’Istat conferma così lo scenario depressivo che era stato già evocato ad ottobre dal Fondo Monetario Internazionale, con una pesante revisione al ribasso delle previsioni future di crescita della zona euro e soprattutto dell’Italia . Il quadro che si prospetta è dunque dei più funesti, ma in fondo non dovrebbe meravigliare.
di Rossana Rossanda
Le attuali politiche dell'Europa sono indifendibili, un'altra rotta è obbligatoria. Come passare dalla protesta alla proposta e all'unione su una politica diversa. Vero antidoto all'astensione e al grillismo.
Da quando ci siamo trovati, e felicemente, a Firenze il 9 dicembre 2011 al Forum su “La via d’uscita” molto tempo è passato, e pare più lungo per l’infittirsi delle strette dell’“austerità” seguite in Europa dopo la crisi del 2008. La spinta dei movimenti non solo non si è affievolita, al contrario, anche se, come osserva Donatella Della Porta, la loro seconda ondata ha un carattere più nazionale, forse di minor respiro della prima, altermondialista.
di Gianfranco Mascia
La maggioranza dei cittadini non sa ancora cosa ma soprattutto se andare a votare. I sondaggi realizzati in questo periodo, quindi, sono falsati da questo dato.
Probabilmente tra di loro c’è anche chi ha partecipato alla straordinaria stagione di mobilitazione che tra il 2009 e il 2010 ha portato a manifestare milioni di persone, con piazze che chiedevano cose semplici: la risoluzione del conflitto di interessi, nessun bavaglio alla stampa e al web, la fine dei comportamenti lesivi della dignità delle donne, un futuro occupazionale sicuro per i giovani, lavoro per tutti. A questi dobbiamo aggiungere il “popolo dei referendum” che ha ribadito, col voto, che l’acqua deve restare bene comune, il rifiuto del nucleare e l’abolizione del privilegio legato al legittimo impedimento. Senza dimenticare il milione e duecentomila persone che hanno firmato contro il Porcellum.