di Daniela Preziosi
La richiesta della procura di Bari contro il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola è pesante: un anno e otto mesi per concorso in abuso d'ufficio. E questo nonostante ieri, in aula, i legali dell'accusa che pure avevano presentato un memoriale, alla fine abbiano fatto tre passi indietro. «I miei avvocati hanno spiegato tecnicamente che non c'è reato», ha detto Lea Cosentino, la Lady Asl pugliese, ex direttrice generale dell'Asl di Bari e accusatrice di Vendola. Lui, il presidente nonché candidato alle primarie del centrosinistra, ieri si è presentato in tribunale ed ha parlato. Fuori dall'aula si è detto «tranquillo». Ma «se dovessi essere condannato mi ritirerei dalla vita pubblica». È stato lui infatti a chiedere il rito abbreviato, per liberarsi prima possibile dalla spada di Damocle che pende su di sé e per forza di cose anche sulle primarie. Ma la sentenza, attesa per ieri, è stata rinviata a mercoledì 31 ottobre.
La vicenda è nota: secondo l'accusa un primario dell'ospedale San Paolo, Paolo Sardella, sarebbe stato favorito da Vendola. A Lea Cosentino il presidente avrebbe chiesto di riaprire i termini per le le domande del concorso per la nomina.
di Guido Scorza
Anche i blogger obbligati a rettificare entro 48 ore, a pena di vedersi condannati a pagare fino a 25 mila euro qualora non arrivino in tempo al mouse. E’ questo il contenuto – o, almeno, una facile e verosimile interpretazione – di un emendamento a firma del Sen. Mugnai [Pdl] e di altri, approvato oggi, dall’assemblea di Palazzo Madama, attraverso il quale si è esteso a tutti i “prodotti editoriali diffusi per via telematica, con periodicità regolare e contraddistinti da una testata” l’obbligo di rettifica previsto dalla legge sulla stampa.
Prevedere l’estensione dell’applicabilità della disciplina sulla stampa a tutti i prodotti editoriali online, purché diffusi con periodicità regolare e contraddistinti da una testata è esattamente il contrario di quanto di recente affermato dalla cassazione e, ancor più di recente dallo stesso Parlamento che ha previsto che le disposizioni sulla stampa si applichino solo a quei prodotti editoriali con ricavi superiori ai cento mila euro l’anno.
“L’alternativa alla fuga dall’Italia dipende da noi”. Promossa da un gruppo di giovani precari verrà lanciata il 10 novembre a Firenze "Noi vogliamo restare", una campagna nazionale di partecipazione politica e impegno sociale su precarietà, lavoro e welfare.
da www.vogliorestare.it
NOI VOGLIAMO RESTARE: L'APPELLO
Più di un italiano su tre, tra i 18 e i 24 anni, è senza lavoro, e negli ultimi 5 anni sono stati persi 1,5 milioni di posti di lavoro tra gli under 35. La disoccupazione giovanile cresce tre volte più velocemente di quella complessiva, con picchi che superano il 50% per le donne nel Mezzogiorno. I pochi che lavorano, se non sono in nero, sono costretti a destreggiarsi tra i vari contratti precari, senza alcuna tutela da parte del sistema di welfare, senza alcuna protezione contro discriminazioni e licenziamenti arbitrari, senza alcuna possibilità di costruirsi autonomamente un percorso di vita dignitoso. Le disparità tra i generi vengono ampliate da una precarietà che è generalizzata, ma da cui le donne escono più difficilmente. Al paradosso di un Paese che ha pochissimi laureati, e non riesce a dare un lavoro neanche a quei pochi, si risponde chiudendo sempre di più l’accesso al sapere ed espellendo un numero sempre crescente di studenti dai luoghi della formazione con tagli e aumenti delle tasse.
a cura di Alessio Arena
Per quelli che, come chi scrive, conoscono e frequentano Madrid da anni, il cambiamento degli equilibri sociali e politici prodotto dalla violenza con cui la crisi economica si è abbattuta sulla Spagna è del tutto evidente.
La città appare ancora ben curata, efficiente, e questo in ragione della posizione privilegiata che essa occupa come capitale dello Stato e dei benefici che le comporta l’essere al centro dell’organizzazione politica ed economica iberica. Tuttavia, sotto l’apparenza placida della normalità, le stridenti, imploranti contraddizioni prodotte dalla disoccupazione record, dalle crescenti politiche di tagli, dall’estendersi delle difficoltà di elementare sopravvivenza a settori sociali che fino a qualche anno fa si ritenevano posti al sicuro dalla fallace crescita economica indotta dalla speculazione finanziaria e immobiliare e di cui il socialista Zapatero si era fatto volto rappresentativo, capace di sedurre e affascinare profondamente la vacua, superficiale sinistra non solo riformista nostrana, conferiscono alla città un’apparenza incongrua, inquietante.
di Paolo Ferrero
Lunedì 29 comincerà a Palermo il processo sulle trattative stato – mafia. Abbiamo chiesto che il governo si costituisca parte civile – come ha già annunciato di voler fare il Comune di Palermo - ed è vergognoso che ancora il governo non abbia assunto una posizione a riguardo. Nel frattempo abbiamo deciso di costituirci parte civile come Partito della Rifondazione Comunista.
I motivi di questa nostra posizione sono semplici.
La Procura della Repubblica di Palermo ipotizza che all’inizio degli anni ’90 si sia verificata una trattativa tra la mafia e organi dello Stato al fine di determinare una modifica dell’azione politica dello stato medesimo.