di D.D.
«Di quello che ha detto la signora Susanna Camusso condivido praticamente tutto. Sono d'accordo con lei al cento per cento». La loda troppo, e la inguaia, il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi alla segretaria della Cgil. Ma l'aria che tira è quella del minuetto, al primo faccia a faccia fra i due avversari - in senso istituzionale, per lo meno - a Serravalle Pistoiese, dove si svolge la tradizionale festa «Cgil Incontri». È andata talmente bene che c'è chi scherzando l'ha definito «il patto di Serravale». Scherzando fino a un certo punto.
Squinzi si è schierato contro il voto anticipato, «di tutto abbiamo bisogno fuorché di ulteriori traumi», come se le urne fossero un guaio e non un esercizio di democrazia. Ma poi è tutto miele per la leader sindacal: «Ci vorrebbe più concertazione ma concertazione non vuol dire diritto di veto. In questo momento storico è fondamentale la concertazione.
di Mauro Del Corno
E’ durata un paio di giorni la calma sui mercati dopo il vertice europeo che doveva mettere il vecchio continente al riparo dalla tempesta sul debito. E sono sempre di più le persone convinte che sia meglio iniziare a prepararsi al peggio. Maturata questa convinzione, la reazione quasi istintiva è quella di buttarsi sul bene rifugio per eccellenza: l’oro. Non sottoscrivendo qualche pezzo di carta come contratti futures o quote di fondi che investono nel metallo giallo, ma comprando oro fisico, pesanti lingotti e monete sonanti. Come mostrano i dati di Confinvest, uno dei principali operatori italiani nella compravendita di oro fisico, il trend è impressionante.
Da oltre un anno le richieste da parte di privati salgono ogni mese del 30 per cento e negli ultimi tempi si sta registrando un’ulteriore accelerazione. In crescita esponenziale anche la domanda che arriva dalle banche, salita negli ultimi due anni del 200 per cento. Stufi di fregature e decisi a difendere i propri risparmi con le unghie e con i denti, sempre più clienti si recano agli sportelli delle loro filiali a chiedere prodotti finanziari ma lingotti.
di Maria R. Calderoni
Associazione per delinquere. Ladri. Truffatori. A dirlo non è la vox populi o i tenaci seguaci del famoso filosofo di Treviri che proprio in questi giorni a Londra portano in piazza il festival "Marxism 2012". A dirlo, sia pure con british garbo, è lo stesso Downing Street, per bocca di David Cameron in persona: I banchieri che si sono comportati impropriamente devono essere puniti.
E' il via del governo britannico all'inchiesta sullo scandalo dei banchieri ladri. Non proprio banchieri qualsiasi. Si tratta dei "Big Four" , i Quattro Grandi" del sistema finanziario anglosassone, cioè le banche che hanno nome Barclays, Royal Bank of Scotland, Hsbc, Lloyds. Il gotha della finanza di Sua Maestà.
Cameron è chic, quando parla finemente di "comportamenti impropri"; ma non è altrettanto elegante il governatore della Banca d'Inghilterra, un infuriato Mervyn King, che, addirittura nel corso di una pubblica conferenza, ha accusato gli uomini delle Big Four "di trattamento sleale dei clienti", di "manipolazione ingannevole", di "frode sistematica". Cinici, bari e pure ladri, ancorché pagati a peso d'oro (gratifiche da 100 milioni di dollari per esempio aL presidente della Barclays, Bob Diamond).
di Girolamo De Michele
Il 7 luglio 1960, nel corso di una manifestazione sindacale, cinque operai reggiani, tutti iscritti al PCI, sono uccisi dalle forze dell'ordine. I loro nomi, immortalati dalla celebre canzone di Fausto Amodei "Per i morti di Reggio Emilia": Lauro Ferioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli. I morti di Reggio Emilia sono l'apice - non la conclusione - di due settimane di scontri con la polizia, alla quale il capo del governo Tambroni ha dato libertà di aprire il fuoco in "situazioni di emergenza": alla fine si conteranno undici morti e centinaia di feriti. Questi morti costringeranno alle dimissioni il governo Tambroni, monocolore democristiano con il determinante appoggio esterno dei fascisti del M.S.I. e dei monarchici, e apriranno la strada ai futuri governi di centro-sinistra. Ma soprattutto, contrassegneranno in modo repentino un radicale mutamento di clima politico nel paese: l'avvento della generazione dei "ragazzi con le magliette a righe".
di Lorenzo Guadagnucci*
Dunque cinque giudici di Cassazione hanno detto no. No all’arroganza di chi ha permesso ad altissimi dirigenti di polizia di arrivare all’ultimo grado di giudizio sul caso Diaz occupando ruoli operativi elevatissimi; no alla pretesa del potere politico di salvare in qualche modo quei dirigenti. La sentenza del 5 luglio è un terremoto, perché decapita la polizia italiana e condanna per via indiretta la condotta irresponsabile e vile dei poteri politici e di governo che per undici anni hanno protetto vertici di polizia protervi e abbandonato a loro stessi i cittadini, i testimoni, le vittime che hanno invocato giustizia sperando che ci fosse almeno un giudice in grado di accogliere la dura verità dei fatti. Quel giudice c’era. Era negli uffici della procura di Genova (i pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini), nel tribunale d’appello genovese e infine in Cassazione. Ma undici anni di indifferenza, se non di derisione, non si cancellano facilmente ed è quindi il momento di chiamare ciascuno alle proprie responsabilità.