di Paolo Ferrero
Dopo le pensioni, dopo l’articolo 18, ora il governo tecnico sceglie di attaccare la sanità e la scuola pubblica. Altro che spending review, qui Monti ha deciso di demolire lo stato sociale! La riduzione dei posti letto e il drastico taglio al Fondo sanitario nazionale significheranno la chiusura di reparti e ospedali, la privatizzazione dei servizi, il crollo della qualità e della quantità delle prestazioni offerte dal pubblico. E sul fronte dell’istruzione ancora una volta i tagli vanno a colpire università e ricerca pubblici mentre per le scuole private è previsto un aumento dei fondi di ben 200 milioni. Questo si chiama distruggere il welfare state.
di Piero Bevilacqua
Il nuovo soggetto politico dovrebbe convocare un'Assise nazionale in cui discutere di conversione ecologica, piccole opere, nuove economie produttive. Per creare nuovi lavori e uscire dalla recessione con un altro modello di sviluppo
Il lavoro è dunque diventato il centro della discussione pubblica. O, per meglio dire, lo è diventato il tema della sua dilagante mancanza: la disoccupazione. Segno che il fenomeno non è più occultabile, non può essere più imbellettato dalla pubblicità politica corrente. Le liberalizzazioni e la riforma del lavoro con cui il governo ha dilapidato sei mesi di attività non hanno fermato, com'era prevedibile, l'emorragia di posti di lavoro, né arrestato la china in cui il paese va precipitando. Credo che tale nuova centralità dovrebbe costituire oggi l'occasione per afferrare più profondamente il carattere del capitalismo dei nostri anni e al tempo stesso per mettere alla prova la capacità progettuale della sinistra, e in primo luogo di Alba, la formazione che, sin nel suo nome, pone il lavoro al primo posto. Si comprende in effetti poco dei meccanismi posti in atto dal capitale negli ultimi trent'anni per rilanciare il suo processo di accumulazione su scala mondiale, senza guardare a ciò che è accaduto alla classe operaia e in generale al lavoro salariato. La condizione delle masse popolari è la faccia speculare delle metamorfosi del capitale.
di Alfio Mastropaolo
Il governo Monti sta facendo, con vent'anni di ritardo, quel che ci aspettavamo dai governi Berlusconi. Vedasi quanto ha appena scritto Galli della Loggia sulle pagine del Corriere della Sera. Monti applica la sua ricetta con zelo spietato, sospinto da tre fattori fondamentali. Il primo è il suo furore ideologico. È un neoliberale a oltranza, rimasto a bocca asciutta malgrado una lunghissima permanenza della destra al governo, neanche minimamente turbato dai disastri che il neoliberalismo perpetra da almeno un trentennio. Sembra dunque intenzionato a recuperare a tappe forzate il terreno perduto profittando delle drammatiche difficoltà di tutte le forze politiche.
Monti fa il lavoro di Berlusconi Perché il capo dello Stato abbia deciso di rivolgersi a lui è un mistero. Monti è il rappresentante organico di una cosa che in Italia da sempre non c'è, o che quando c'è fa ridere - sempre che non faccia di peggio - ovvero il settore privato, o il capitalismo, o la borghesia.
da ilfattoquotidiano.it
I destinatari sono militari e civili malati di tumori e linfomi ma molto più spesso le loro famiglie. Perché le vicende e le battaglie sono così lunghe che in gran parte i risarcimenti arrivano dopo la morte. Passano anni da quel periodo trascorso in servizio all’estero nelle missioni di pace o dal periodo di leva nei poligoni italiani, in gran parte in Sardegna. Ora nell’elenco dei tagli previsti dal governo tecnico di Monti ci sarà anche il Fondo per le vittime da uranio impoverito. Una sforbiciata di circa la metà: da 21 milioni di euro a 11 per il 2012, di cui 9 già erogati per coprire circa 600 domande. Tutto ciò è contenuto nella bozza del decreto legge del governo Monti. Tra i buoni pasto degli statali e le ferie obbligate per risparmiare si tagliano i soldi per chi si è ammalato dopo aver prestato servizio per lo Stato, secondo la lista per la spending rewiew (revisione spesa pubblica) preparata dal supercommissario Enrico Bondi.
di Fabio Marcelli
Due cose sono chiare.
Primo, una pubblica amministrazione che funzioni costituisce il presupposto ineludibile di ogni Stato che si rispetti. Infatti è solo dalla pubblica amministrazione che il cittadino può ricevere quei servizi che il mercato si è rivelato incapace di erogare e mi riferisco a sanità, cultura, istruzione, ricerca, giustizia, sicurezza e molti altri. Al tempo stesso, solo una pubblica amministrazione che funzioni può esercitare, mediante attività normative ed amministrative, quella tutela dei beni pubblici che si rivela sempre più essenziale nell’attuale difficile frangente della vita nazionale ed internazionale.
Secondo, non può certo dirsi che la pubblica amministrazione, in Italia, funzioni bene, per una congerie di ragioni di ordine storico e politico e soprattutto per il fatto che la stessa è stata sempre ritenuta, dai ceti politici via via alternantisi al governo, solo una fonte del soddisfacimento dei propri interessi particolari.