di Pierluigi Giordano Cardone
“Pezzo di merda, Morosini pezzo di merda”. Poi il ‘carico’, con saluti romani e slogan nazisti. Morale della favola? Un coro, qualche decina di imbecilli (di certo non aiutati dall’atteggiamento dell’allenatore della loro squadra del cuore), ma soprattutto un’occasione persa. Resta l’amaro in bocca dopo quanto accaduto ieri a Livorno, dove verso la fine del primo tempo del match clou di Serie B tra i padroni di casa e il Verona, una parte (da sottolineare: una parte) degli ultras veneti ha dimostrato tutta la propria bestialità inneggiando contro lo sfortunato centrocampista amaranto, morto in campo lo scorso 14 aprile a Pescara a causa di un arresto cardiaco.
di Loris Campetti
Ha proprio ragione Susanna Camusso. La segretaria della Cgil ha detto che per fare una politica come quella che sta impoverendo il paese non c'era bisogno dei professori. E ha aggiunto che questa politica bisogna combatterla. Quali armi ha un sindacato per cercare di ribaltare la logica che impone il primato della finanza e preferisce la tassa sul macinato a una seria patrimoniale per recuperare i soldi necessari a riempire le borse degli esattori europei, meglio sarebbe per dare al paese un futuro di lavoro socialmente e ambientalmente sostenibile? Da che mondo è mondo, la prima arma è lo sciopero generale. Difficile incidere sulle scelte politiche limitandosi a un happening a S.Giovanni; difficile, senza mettere in moto un movimento di lotta, far entrare in testa a chi si propone alla guida del paese, magari in alternativa a Berlusconi e in «discontinuità» con Monti, lo slogan di ieri: il lavoro prima di tutto.
di Claudio Grassi
La raccolta firme in difesa del mondo del lavoro rappresenta una straordinaria occasione non soltanto per difendere il principio che non si può accettare la compressione dei diritti, ma anche per identificare e rilanciare il mondo del lavoro come soggetto vitale della e per la democrazia. Ed in ultima analisi è questo anche il migliore antidoto a quel senso diffuso di scollamento e rifiuto verso la politica che troppo frettolosamente viene spesso identificato nella generica formulazione dell’antipolitica.
La modifica dell’art.8 ci ha parlato di una stagione di declino, dove fu messo in atto da un berlusconismo alle sue fasi terminali il maldestro tentativo di ultima supplica verso i poteri forti per evitare la sua cacciata. Si è provato a barattare, perché di questo si è trattato, la possibilità di derogare la contrattazione nazionale in cambio di una maggiore clemenza nei tempi del redde rationem all’interno del capitalismo nostrano.
di Luca Fazio
Non è un corteo, forse è qualcosa di più. E non è solo questione di numeri o di masse oceaniche che sfilano. «Dobbiamo dare voce al mondo del lavoro che appare invisibile, costretto a mettere a rischio se stesso perché il governo lo ignora», dice Susanna Camusso per spiegare le ragioni di questo strano happening che per tutta la giornata trasformerà piazza San Giovanni in un luogo aperto dove il lavoro cercherà di tornare protagonista (ore 10,30-17,30).
Sul palco, prima e dopo l'intervento del segretario generale della Cgil (alle 16), si alternano delegati sindacali, attori, lavoratori, precari e artisti, tra cui Eugenio Finardi; a rappresentare il «villaggio del lavoro», tutt'intorno sono stati allestiti trenta stand regionali per evidenziare come la crisi abbia già lacerato il tessuto produttivo del paese (e troverete anche un banchetto de il manifesto).
di Francesco Piccioni
La legge è uguale per tutti. E soprattutto, di questi tempi, serve a tutelare i più deboli. Specie se la controparte si chiama «Fiat modello Marchionne».
I metalmeccanici della Fiom hanno accolto con compostezza la pubblicazione della sentenza della Corte d'Appello di Roma che ribadisce un concetto semplice, già espresso in primo grado dal giudice del lavoro: nelle assunzioni della newco Fip (Fabbrica Italia Pomigliano) c'è stata «discriminazione collettiva» perché nessun iscritto alla Fiom è stato fatto rientrare tra i 2.000 «neo-assunti». Siccome la Fiat sembra dura d'orezzhio e non intende la necessità di rispettare, se non le leggi, almeno le sentenze dei tribunali, la stessa Corte dà 40 giorni di tempo al Lingotto per riassumere - intanto - i 19 lavoratori che hanno fatto ricorso individualmente, con nome e cognome, insieme alla Fiom.