da marx21.it
di Maurizio Musolino
Il voto greco, nel suo complesso, ci consegna un’Europa per certi versi contraddittoria e diversa. Non nelle politiche di fondo, che restano saldamente ancorate alle regole dettate dal Fmi e dalla Bce, ma nelle prospettive a medio-lungo termine. Cerco di spiegarmi meglio.
di Paolo Ferrero
Il risultato delle elezioni greche segna una vera novità nella situazione europea. Per la prima volta una forza di sinistra contro le politiche di austerità europee, dichiaratamente antiliberista e anticapitalista, raggiunge una percentuale del 27% e complessivamente le forze della sinistra antiliberista arrivano attorno al 40%. Lo fa in nome di una altra Europa, di una Europa democratica basta sui diritti sociali e civili, dove il rovesciamento delle attuali politiche europee non è finalizzato ad un nuovo nazionalismo ma ad una nuova Europa.
di Romina Velchi
Promesse e nient'altro. Sono cambiati un po' i toni, ma la sostanza non muta: la riforma del lavoro va approvata così com'è entro il 28 per permettere a Monti di farsi bello al vertice europeo. Quindi niente modifiche alla Camera, ché altrimenti il provvedimento dovrebbe tornare al Senato e allora addio 28. Più o meno è questo quello che il ministro Fornero ha detto ai partiti della "strana maggioranza" nel tavolo convocato ieri.
di Simone Oggionni e Anna Belligero*
La riflessione che ci propongono Lorenzo Zamponi e Claudio Riccio (1) è convincente e soprattutto ha il merito di guardare in avanti. Muove da un punto di partenza oggettivo: ad un anno di distanza dalle elezioni amministrative e, soprattutto, dalla grande vittoria referendaria, dobbiamo registrare un drammatico passo indietro.
Allora la sinistra sociale e quella politica erano state in grado di assestare due colpi fortissimi al governo Berlusconi.
di Giovanni Bronzino
Le seconde elezioni politiche greche del 2012 a distanza di 40 giorni dalle prime per quanto abbiano significato un ulteriore segnale di smarrimento della società greca al collasso economico, è stata l’occasione per molti per poter ripensare al proprio voto meno con la pancia e un comprensibile livore antipolitico. Pare che circa metà di chi aveva votato il 6 maggio, il 16 giugno era pronto a cambiare il proprio voto.