di Alfio Mastropaolo
È davvero sciocco scandalizzarsi per com'è andato il voto siciliano, come lo è cantare vittoria. È un voto tutt'altro che oscuro, anzi i siciliani hanno parlato forte e chiaro. In uno scenario di crisi drammatica della più grande impresa locale, che è la regione, c'è davvero da stupirsi se 6 elettori su 10 non sono andati a votare? Grazie alla regione campa più di mezza Sicilia. Nulla di male se la regione offrisse dignitosi servizi pubblici e stimolasse lo sviluppo. Invece, la regione è una greppia indecente, in cui sguazza un mediocrissimo ceto politico, che la politica nazionale ha sempre sostenuto.
di red.
L'esultanza del Pd per il voto siciliano, concordo con quanto scritto da Valentino Parlato, è abbastanza fuori luogo. Comprensibile e persino giustificata per la valenza simbolica di un ex-comunista gay eletto presidente della Regione Sicilia, in teoria il luogo che dovrebbe essere custode del più assoluto conservatorismo e tradizionalismo. Ciò che sfata molti luoghi comuni su dove stia oggi "geograficamente" la modernità.
Detto questo e senza volerlo mettere tra parentesi (anzi semmai riflettendo sull'eccessiva timidezza del centrosinistra a trazione Pd sul tema dei diritti civili), il risultato principale
di Angela Mauro
Il processo interno all'Idv è durato due giorni. Ma non ci sono condannati né assolti. A partire dal leader, Antonio Di Pietro, cui l'ufficio politico dell'Italia dei Valori, riunito da ieri con la sola notte di pausa alla sede del partito a due passi da Montecitorio, ha confermato "piena fiducia". All'unanimità. Se ne riparlerà a dicembre, ma non al congresso straordinario richiesto da tempo dal 'dissidente' Massimo Donadi. A dir la verità, Di Pietro si è presentato all'ufficio politico con la proposta di sciogliere il partito. Tattica, irricevibile. E quindi si è deciso che prima di Natale ci sarà un'assemblea generale che proporrà il congresso.
di Pietro Spataro
Di nomi se ne sono sprecati anche troppi: da Italia a Gente che lavora, da Italia pulita alla più tradizionale Forza Italia. Quel che resta del Pdl è ormai alle prese con una spaventosa crisi di identità. Berlusconi pensa che, come accade nelle crisi aziendali, basti un nuovo prodotto e la sua faccia ben ritoccata a trattenere un elettorato che si è disperso. Ma i sondaggi gli hanno fatto sapere che un suo nuovo partito personale oggi vale poco più del cinque per cento. Sarà sicuramente il segno dei tempi: l’uomo della provvidenza non tira più, dopo vent’anni la sua spinta propulsiva
di Angelo D'Orsi
Il termine “antipolitica” sebbene creato dagli studiosi, è diventato un comodo alibi per il ceto politico, la coperta sotto la quale nascondersi davanti alla denuncia delle sue manchevolezze, della corruzione, dell’assenza di senso dello Stato, del vero e proprio mercimonio da troppo tempo perpetrato del ruolo istituzionale al quale cittadini e cittadine inconsapevoli, o male informati, o ingenui, li hanno chiamati.
In buona sostanza, il termine viene usato per bollare con marchio d’infamia coloro che non ci stanno a prendere per buone le ricette del “Palazzo”