di Marco Trotta
Cara Amica, Sorella, Compagna, insomma, sì, decidi tu. Tu che hai esposto i cartelli “Genova 2001, ingiustizia e fatta”, durante il concerto di Patti Smith l’altro giorno a Bologna. Io c’ero, dalle file in fondo. A godermi la serata fresca e l’attesa del concerto. Lasciando da parte i pensieri del giorno. Poi ho visto i tuoi cartelli ed ho pensato: bene così, che ci voleva. Poi ho fatto quello che faccio in questi casi: mi sono girato incuriosito cercando gli sguardi di chi osservava come me. E c’era chi applaudiva convinto e chi era scettico: “Ma come, non li avevano condannati i poliziotti?” e “Un altro: no, no sono i manifestanti condannati”, “Ah be’”.
La memoria della verità e la verità della memoria ci dicono che peserà sulla catena di comando dello Stato e della Polizia italiana la serie di inaudite violenze scatenate contro i manifestanti nella Genova del 2001. Alcuni di questi "difensori dell'ordine" sono stati condannati in via definitiva dai tribunali della Repubblica. La vergogna sta sul loro nome e vi rimarrà sempre. Il ricordo commosso va a quelle giornate, al corteo dei migranti dove in mezzo c'ero anch'io...
A Carlo che oggi comunque rimane con noi quando ne parliamo, quando rivediamo quelle immagini tremende. La giornata del 20 Luglio dovrebbe diventare la giornata delle vittime della violenza dello Stato italiano contro i suoi cittadini.
di Wu Ming
Piazza Alimonda, Genova, h. 17:30 circa del 20 luglio 2001. I tutori dell’ordine hanno appena massacrato di botte il fotografo Eligio Paoni, colpevole di aver fotografato da vicino – e troppo presto – il corpo di Carlo Giuliani, e hanno metodicamente distrutto la sua Leica. Nel cerchio rosso, un agente lo trascina sul corpo e gli preme la faccia su quella insanguinata di Carlo (ancora vivo). Non è difficile immaginare cosa gli stia dicendo. Cosa non si doveva sapere delle condizioni del ragazzo in quel momento? Forse la risposta riguarda un sasso, un sasso bianco come il latte che si muove da un punto all’altro del selciato, scompare e ricompare, e a un certo punto è imbrattato di sangue.
di Keynes blog
Ieri la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il cosiddetto “fiscal compact” e il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), l’architrave dell’austerità. Il paese è obbligato quindi, nei prossimi vent’anni, a portare il suo debito pubblico dal 126% (previsioni FMI per il 2012) al 60% del PIL. Si tratta di circa 45 miliardi di risparmi l’anno, miliardo più, miliardo meno, a seconda dell’andamento del ciclo economico. E, si noti, poiché il PIL durante una recessione scende, il rapporto debito/PIL sale. Pertanto il nuovo accordo si configura come una manovra suicida che aggraverà gli effetti di una fase discendente del ciclo.
di Matteo Bartocci
Il senato l'ha approvato il 12 luglio senza dibattito. Lo stesso si appresta a fare oggi la camera. Meno di una settimana di lavoro per ratificare il «fiscal compact», il trattato europeo che impone all'Italia di tagliare 45 miliardi di debito pubblico all'anno per 20 anni (la spending review «cancella» spese per 29 miliardi in 3 anni).
Parallelamente, sempre oggi l'Italia ratificherà definitivamente il Mes («meccanismo europeo di stabilità»), un fondo da 500 miliardi che a fine settembre (subito dopo il pronunciamento della corte costituzionale tedesca) o al più tardi il 1 gennaio prossimo sarà il veicolo per il bail out delle banche e, se necessario, degli stati europei. L'Italia si è impegnata a versare al Mes oltre 15 miliardi in 5 anni.